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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20488 - pubb. 18/09/2018.

Prova dell’affidamento raggiungibile attraverso l’analisi dall’estratto conto scalare


Tribunale di Padova, 31 Agosto 2018. Est. Maria Antonia Maiolino.

Contratti bancari – Conto corrente – Ripetizione di indebiti – Affidamento – Prova – Produzione del contratto – Prova raggiungibile aliunde

Contratti bancari – Conto corrente – Ripetizione di indebiti – Affidamento – Prova – Eccezione di prescrizione – Onere della banca di indicare in modo analitico le rimesse solutorie – Eslcusione


La mancata produzione in giudizio del contratto non impedisce di ricavare aliunde la prova documentale dell’esistenza dell’affidamento concesso dalla banca al correntista ricorrendo, come nel caso di specie, all’estratto conto scalare dal quale risulta l’addebito di interessi “entrofido” ed “extrafido”. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Se è vero che, ai fini della eccezione di prescrizione, la banca non ha l’onere di indicare puntualmente i versamenti solutori, perché questi potranno essere ricostruiti con CTU contabile, è però vero che la stessa ha l’onere di sollevare l’eccezione di prescrizione in modo corretto e coerente con il corredo istruttorio disponibile in giudizio (ovvero corredata dai relativi presupposti in fatto), giacché, solo se l’eccezione è formulata in modo corretto, sulla base della stessa sarà costruito il quesito peritale.

La banca non ha dunque l’onere di individuare analiticamente i versamenti, ma ha l’onere di indicare (correttamente) il criterio sulla cui base individuarli tramite CTU contabile: il che significa, ad esempio, che, se si debba valutare l’eccezione di prescrizione con riferimento ai versamenti effettuati su di un conto affidato, la distinzione tra versamenti con natura solutoria e versamenti con natura ripristinatoria presuppone che sia nota la misura dell’affidamento, giacché solo i versamenti intervenuti a fronte di un saldo passivo superiore a detto importo assumono natura solutoria.

In conclusione, sul punto, nel momento in cui si ritiene dimostrata l’esistenza di un affidamento, non è in assoluto impossibile discutere di eccezione di prescrizione e di versamenti solutori e ripristinatori: di tali concetti però – si ribadisce - si può discutere solo se sia nota una soglia numerica, oltre la quale i versamenti diventano solutori e cessano di essere meramente ripristinatori.  (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

n. 9499/2012 r.g.

omissis

1) accertarsi e dichiararsi la nullità, inefficacia e illegittimità, o in subordine l’annullamento:

- delle clausole dei rapporti di conto corrente n. 49409, 49409.41 e 10304 e delle aperture di credito e di tutti i rapporti in essere tra le parti, documentati in atti, le cui competenze sono state addebitate sui citati conti ordinari e sugli altri conti documentati in atti, contenenti la capitalizzazione trimestrale di interessi a debito; delle spese, competenze e degli oneri indebitamente applicati nel corso dell’intero rapporto;

- dei tassi di interesse attivi e passivi applicati nei suddetti rapporti, perché indeterminati, privi di pattuizione scritta e/o applicati dalla banca mediante il rinvio agli usi di piazza e agli accordi interbancari;

- delle date cd. valuta e delle spese a vario titolo addebitate perché non concordate espressamente e per iscritto;

- della commissione di massimo scoperto applicata dalla banca convenuta nei menzionati contratti, per mancanza di causa, indeterminatezza e/o carenza di pattuizione scritta;

- della capitalizzazione trimestrale della commissione di massimo scoperto effettuata dalla convenuta;

2) accertarsi se gli interessi applicati dalla banca convenuta nel corso del rapporto contrattuale hanno superato la soglia usura; nell’ipotesi affermativa, condannarsi la banca medesima alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte a tale titolo, ai sensi dell'art. 1815 cod. civ. o nella misura quantificata in corso di causa, con rivalutazione monetaria e interessi di mora dal dovuto al saldo;

3) condannarsi controparte al pagamento, a favore della società attrice, degli interessi attivi, che risulteranno dovuti a seguito dell'epurazione di tutte le voci di spesa illegittimamente applicate dalla banca negli intercorsi rapporti contrattuali e contestate nel presente atto, maggiorati di rivalutazione monetaria e interessi di mora;

4) per l’effetto di quanto esposto ai punti che precedono, in via principale accertarsi il reale saldo dare/avere dei conti corrente n. 49409, 49409.41 e n. 10304, e di tutti i conti corrente, c/c satelliti e contratti di finanziamento, documentati in atti secondo le conclusioni della consulenza dr. Pieretti 10.10.17 (rideterminazione saldo c/c n. 49409 al 9.1.14 in euro 21.540,90 a credito della correntista; rideterminazione saldo finale c/c n. 10304 in euro 74.884,20 o in subordine in euro 66.859,12 a favore di parte attrice), con conseguente ordine di annotazione in conto del saldo corretto. Con riguardo al conto corrente estinto n. 10304, condannarsi altresì la banca convenuta alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte dalla società attrice per i titoli sopra dedotti, quantificate dal CTU in € 74.884,20 nell’Ipotesi n. 1 e in € 66.859,12 nell’Ipotesi n. 2 (pag. 10-11 CTU), con interessi legali dal dovuto al saldo.

5) Competenze, spese processuali, spese di consulenza tecnica di parte e d’ufficio interamente rifusi.

 

La società A. Y. s.r.l. cita in giudizio Banca X. s.p.a., quale successore di Banca Agricola Mantovana, con cui aveva acceso il rapporto di conto corrente n. 49409, che all’agosto 2012 registrava un saldo passivo di circa € 68.000; su detto conto nel 2011 era stato girocontato il saldo passivo maturato sul rapporto n. 10304.

L’attrice si duole dell’addebito in conto di interessi non pattuiti, della loro capitalizzazione, dell’addebito di commissioni non pattuite e comunque illegittime oltre che dell’addebito di interessi superiori alla soglia antiusura: chiede pertanto la rideterminazione dell’esatto saldo dei due conti e la condanna della banca a quanto indebitamente incassato.

La banca convenuta con riferimento al rapporto n. 49409 ha eccepito la prescrizione del diritto restitutorio vantato con riferimento ai versamenti effettuati prima dell’8.10.2002 e comunque ha chiesto il rigetto di ogni domanda attorea.

 

L’eccezione di prescrizione

L’eccezione di prescrizione formulata dalla banca con riferimento al conto n. 49409 non è fondata, con la precisazione che nel caso in esame non assume rilievo la questione, lungamente dibattuta anche negli scritti conclusivi, della indicazione puntuale dei versamenti che risulterebbero coinvolti dalla dedotta prescrizione: risulta piuttosto dirimente la problematica della prova dell’affidamento in conto.

Nell’ordinanza 9.1.2017 si è già osservato che dagli estratti conto ed in particolare ad esempio dallo scalare 31.3.1996 emerge che la banca ha addebitato alla correntista interessi debitori in misura diversa a seconda che fossero entro o oltre una determinata soglia denominandoli “entrofido” gli interessi in misura inferiore ed “extrafido” gli interessi in misura superiore (doc. n. 1 attoreo): circostanza che inequivocabilmente conferma che il conto fosse assistito da affidamento; il mero fatto che non sia stato depositato il contratto avente ad oggetto limiti e condizioni dell’affidamento non fa certo venir meno la circostanza di fatto esposta, che trova specifico supporto documentale.

D’altra parte, se in tema di c.d. contratto monofirma si afferma che “Anche quindi a voler ritenere che non risulti una copia firmata del contratto da parte della banca, l'intento di questa di avvalersi del contratto risulterebbe comunque, oltre che dal deposito del documento in giudizio, dalle manifestazioni di volontà da questa esternate ai ricorrenti nel corso del rapporto di conto corrente da cui si evidenziava la volontà di avvalersi del contratto (bastano a tal fine le comunicazione degli estratti conto) con conseguenze perfezionamento dello stesso” (Cass. n. 4564/2012 in motivazione, orientamento definitivamente confermato da SSUU 898/2018), non pare poi sostenibile che i medesimi estratti conto non valgano a dimostrare l’esistenza di un contratto di affidamento, da cui è sorta la distinzione della doppia tipologia di interessi debitori addebitati.

Cosicché, come anticipato, non è conferente il richiamo della banca al precedente Cass. n. 4372/2018, che ha affermato che chi solleva l’eccezione di prescrizione non è onerato anche dell’individuazione analitica delle “rimesse” solutorie, distinguendole dalle ripristinatorie.

È invero del tutto condivisibile la tesi sostenuta, per cui la banca non ha l’onere di indicare puntualmente i versamenti solutori, perché questi potranno essere ricostruiti con ctu contabile. Ha l’onere però di sollevare l’eccezione di prescrizione in modo corretto e coerente con il corredo istruttorio disponibile in giudizio (ovvero corredata dai relativi presupposti in fatto), giacché, solo se l’eccezione è formulata in modo corretto, sulla base della stessa sarà costruito il quesito peritale; quindi – in sintesi - la banca non ha l’onere di individuare analiticamente i versamenti, ma ha l’onere di indicare (correttamente) il criterio sulla cui base individuarli tramite ctu contabile: il che significa, ad esempio, che, se si debba valutare l’eccezione di prescrizione con riferimento ai versamenti effettuati su di un conto affidato, la distinzione tra versamenti con natura solutoria e versamenti con natura ripristinatoria presuppone che sia nota la misura dell’affidamento, giacché solo i versamenti intervenuti a fronte di un saldo passivo superiore a detto importo assumono natura solutoria.

In conclusione sul punto, nel momento in cui si ritiene dimostrata l’esistenza di un affidamento, non è in assoluto impossibile discutere di eccezione di prescrizione e di versamenti solutori e ripristinatori: di tali concetti però – si ribadisce - si può discutere solo se sia nota una soglia numerica, oltre la quale i versamenti diventano solutori e cessano di essere meramente ripristinatori.

La banca convenuta invece nulla ha dedotto al riguardo, cosicché non è stato possibile chiedere al ctu una distinzione tra versamenti con natura solutoria e versamenti con natura ripristinatoria: ovvero – si ribadisce -, nel momento in cui si riconosca l’esistenza di un affidamento del rapporto, è onere della banca che sollevi l’eccezione di prescrizione indicare per quale somma detto affidamento sia stato accordato, perché solo con riferimento a detta somma potranno essere distinti contabilmente i versamenti solutori da quelli ripristinatori. Nel momento in cui nulla sia dedotto in giudizio e tanto meno dimostrato con riferimento alla soglia di affidamento, non potrà che concludersi con il rigetto dell’eccezione di prescrizione, non essendo stato possibile svolgere alcun accertamento al riguardo.

Concludendo, l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca va rigettata.

 

Le questioni di merito

Conto n. 49409

Nel merito, il conto n. 49409 è stato acceso nel 1989 (doc. n. 5 convenuta), con un contratto che però non contiene alcuna previsione di natura economica: in assenza di prova scritta in ordine alle previsioni economiche del rapporto (ammontare degli interessi debitori e creditori, pattuizione di commissioni e spese, pattuizione di c.d. giorni-valuta, eccetera) non resterà che ricostruire il rapporto espungendo gli addebiti per commissioni e spese e sostituendo i tassi di interesse applicati con il tasso legale e successivamente al 1993 con il tasso di cui all’art. 117 tub; andrà altresì eliminato l’effetto della capitalizzazione degli interessi e del gioco delle valute.

La banca ha depositato l’estratto della Gazzetta Ufficiale 1.6.2000 ove ha dato conto dell’avvio della reciproca identica capitalizzazione degli interessi (doc. n. 17): non è però condivisibile la tesi difensiva della convenuta, laddove rivendica la legittimità dell’anatocismo successivo all’1.7.2000 per il conto n. 49409 (con riferimento al secondo rapporto oggetto di giudizio il problema – come si vedrà - resta assorbito dalla considerazione dell’assenza di qualsiasi pattuizione in ordine alla capitalizzazione, mancando il contratto).

Va invero ricordato che il d.lgs 342/1999 all’art. 25 (commi I, II e III) ha modificato l’art. 120 TUB: il secondo comma ha stabilito la legittimità dell’anatocismo bancario a condizioni di reciprocità, demandando al CICR di stabilire le condizioni per l’ammissibilità dell’istituto; il terzo comma ha poi previsto una disciplina transitoria e di sanatoria per il passato, stabilendo che le clausole relative alla capitalizzazione contenute in contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera CICR (22.4.2000), sono valide ed efficaci fino a tale data e, dopo di essa, debbono esser adeguate al disposto della delibera stessa, che avrebbe stabilito le modalità dell’adeguamento.

La delibera CICR ha in effetti introdotto i criteri per la legittimità della capitalizzazione degli interessi ed all’art. 7 ha espressamente disciplinato la sanatoria per i contratti che prevedevano la clausola nulla anteriormente alla sua entrata in vigore: “1. Le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente delibera devono essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30 giugno 2000 e i relativi effetti si producono a decorrere dal successivo 1o luglio. 2. Qualora le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari, entro il medesimo termine del 30 giugno 2000, possono provvedere all'adeguamento, in via generale, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Di tali nuove condizioni deve essere fornita opportuna notizia per iscritto alla clientela alla prima occasione utile e, comunque, entro il 31 dicembre 2000. 3. Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela”.

Cosicché, riassumendo, la sanatoria per le clausole che prevedono l’anatocismo anteriori al 22.4.2000 trova la propria giustificazione nel citato art. 7 della delibera CICR, che a sua volta trova la propria giustificazione nell’art. 25 d.lgs 342/1999: cioè, è solo l’atto di normazione primaria che consentiva all’atto di normazione secondaria – la circolare – di introdurre una norma che modificava retroattivamente la norma di legge che vietava l’anatocismo.

L’art. 25, terzo comma, è stato però dichiarato incostituzionale con sentenza n. 425/2000: ed era proprio il terzo comma a costituire la fonte del citato art. 7 della delibera CICR., in quanto proprio il terzo comma introduceva una disciplina transitoria e di sanatoria per il passato.

Si deve pertanto concludere che, una volta venuta meno la norma primaria, è divenuto inefficace anche il citato art. 7 della delibera che doveva costituirne attuazione ed in ogni caso non trova più fondamento normativo la tesi della possibilità di sanare le clausole nulle per violazione dell’art. 1283 c.c.

Deve quindi concludersi che la previsione inerente la capitalizzazione degli interessi passivi anteriore all’aprile 2000 è nulla e tale va considerata per tutta la durata del rapporto contrattuale, con conseguente necessità di ricalcolare l’andamento del conto anche oltre l’adeguamento della banca alla previsione di obbligatoria reciprocità della capitalizzazione degli interessi.

Conto n. 10304

Per il conto n. 10304 non è stato invece depositato alcun documento contrattuale, cosicché, oltre all’eliminazione degli addebiti menzionati sopra, i tassi di interesse vanno sostituiti con gli interessi legali: ci si trova infatti non in presenza di un contratto correttamente concluso sotto il profilo formale in cui sia nulla la pattuizione relativa agli interessi, presupposto che giustifica le conseguenze di cui all’art. 117 tub, come avvenuto infatti per il primo rapporto esaminato, bensì di un rapporto che non è possibile ricondurre alla fattispecie contrattuale del rapporto di conto corrente per l’assenza di qualsiasi valida pattuizione per iscritto al riguardo.

In particolare, la banca sostiene che il proprio doc. n. 6, datato 20.8.2003, conterrebbe la pattuizione contrattuale di alcune linee di credito, con previsione di ammontare di tasso debitorio e commissione di massimo scoperto nonché capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, risultando così eccessivamente penalizzante la ricostruzione del rapporto con azzeramento di qualsiasi spesa e commissione e sostituzione degli interessi con il tasso legale.

La difesa non convince per due autonomi ordini di motivi.

In primo luogo deve considerarsi che in assenza di un contratto di conto corrente a monte validamente concluso non pare corretto applicare determinate condizioni economiche a partire da una determinata data, giacché quelle condizioni economiche rimangono prive di un supporto contrattuale originario: è come se si modificasse la data di adempimento di un contratto preliminare di compravendita immobiliare senza alcun documento che attribuisca ad una parte l’obbligo di trasferire l’immobile ed all’altra l’obbligo di acquistarlo e pagarlo.

In secondo luogo non vi è alcuna prova che il documento citato si riferisca proprio al conto n. 10304, risultando privo di alcun riferimento a detto rapporto. La tesi per cui questo sarebbe stato l’unico conto corrente acceso al 2003 presso Banca Antoniana Popolare Veneta è in primo luogo sfornita di prova; in secondo luogo smentita dagli ulteriori rapporti accessori pendenti con il medesimo istituto di credito e che la stessa convenuta ricorda in conclusionale: che quei rapporti fossero privi di un accordo contrattuale simile a quello di cui al doc. n. 6 è del resto mera affermazione di parte, atteso che la banca non ha depositato i documenti contrattuali all’origine di quei rapporti, cosicché non è stato possibile condurre alcun raffronto sui documenti.

Da ultimo va per completezza osservato come quel documento sub n. 6 al quand’anche fossero superate le prime due obiezioni giustificherebbe al massimo l’addebito di interessi debitori nella misura ivi indicata: ma non giustificherebbe l’addebito di commissione di massimo scoperto, pattuita in maniera generica e quindi invalida perché priva di riferimenti temporali; non giustificherebbe la capitalizzazione degli interessi passivi, giacché il documento riguarda solo quelli debitori e quindi non garantisce alcuna reciprocità; non giustificherebbe il meccanismo c.d. dei giorni-valuta, non regolamentato, né l’addebito di altre commissioni.

Considerazioni analoghe valgono per i documenti successivi (da n. 7 a n. 12): anche ove vi sia il riferimento al conto n. 10304 non può che escludersi l’applicazione delle singole condizioni economiche in assenza di un valido contratto di conto corrente a monte: va in sostanza richiamata la considerazione svolta al primo punto.

Concludendo, non ricorrono i presupposti per l’integrazione della consulenza tecnica secondo le richieste di parte convenuta.

Va da ultimo osservato come non è stata disposta la ricostruzione dei due rapporti anche tenendo conto di eventuale superamento del tasso antiusura nel corso degli anni: entrambi i rapporti infatti sono anteriori al 1996, cosicché, quand’anche addebito superiore alla soglia vi fosse stato e lo stesso fosse risultato giuridicamente rilevante secondo gli insegnamenti della Giurisprudenza più recente, lo stesso al più andava sostituito con la sostituzione del tasso debitorio con il tasso soglia periodicamente rilevato (Cass. n. 602/2013 in motivazione). Nel momento però in cui entrambi i rapporti sono stati ricostruiti previa sostituzione del tasso debitorio con il tasso ex art. 117 tub ovvero con il tasso legale, è pacifico che la soluzione risulta più vantaggiosa per la società correntista rispetto alla soluzione della sostituzione del tasso debitorio concretamente applicato con il tasso soglia, sempre necessariamente superiore al tasso ex art. 117 tub o al tasso legale.

 

Gli esiti della ctu contabile e le conclusioni

Il conto 49409 è stato ricostruito dal 2.1.1996, primo estratto conto disponibile, fino all’ultimo movimento del 9.1.2014; il conto n. 10304 è stato ricostruito dalla sua apertura il 5.5.1997 fino all’ultimo movimento registrato del 9.3.2009.

La perizia contabile rispetta i criteri indicati nel quesito peritale conferito al consulente; in particolare va sottolineato che l’effetto anatocistico è stato eliminato con riferimento a tutti gli addebiti operati in conto che avessero natura di interessi, anche se maturati in altri rapporti: così è avvenuto per i conti n. 54176 e n. 49418, giacché gli interessi passivi ivi maturati venivano periodicamente girocontati (e quindi addebitati) nel conto n. 49409, nonché per i conti n. 10872, n. 14032 e n. 311078 i cui addebiti venivano “girocontati” sul conto n. 10304.

Per brevità di esposizione può quindi farsi diretto riferimento agli esiti della ctu contabile, non avendo neppure la banca convenuta contestato la metodologia adottata dal perito, se non per le questioni di diritto risolte a monte dal tribunale in sede di conferimento dell’incarico peritale.

Il consulente ha redatto due elaborati, che differiscono solo perché il secondo (c.d. integrazione del 14.3.2018) valorizza anche l’addebito in conto della ritenuta fiscale del 27%.

In conclusione, per il conto n. 49409, tenendo conto del saldo debitorio registrato al 9.1.2014 di € 102.339,45, espunti gli addebiti privi di supporto contrattuale e gli effetti di capitalizzazione e giorni valuta e riconteggiati gli interessi passivi ed attivi, il saldo finale positivo ricostruito ammonta alla stessa data ad € 13.696,07, già al netto della ritenuta fiscale.

Per il conto n. 10304, tenendo conto del saldo debitorio al 9.3.2009 di € 583,5, il saldo positivo ricostruito alla stessa data ammonta ad € 68.812,83 al netto delle ritenute fiscali. Detta soluzione corrisponde alla c.d. ipotesi I proposta dal ctu, ovvero alla ricostruzione che non valorizza le modifiche alle condizioni economiche contrattuali che sarebbero intervenute nel tempo: si è infatti già dato conto del fatto che i documenti da n. 6 a n. 12 della convenuta non valgono a giustificare la diversa soluzione invocata dalla convenuta.

Rideterminato il saldo negli importi indicati, le somme configurano oggettivamente addebiti effettuati dalla banca in assenza di titolo e quindi ai sensi dell’art. 2033 configurano il c.d. indebito oggettivo. I relativi importi devono effettivamente essere oggetto di condanna restitutoria in favore della società correntista, atteso che si tratta di somme che già tengono conto del saldo passivo (non corretto) registrato dalla banca, quindi si tratta di somme che la società attrice ha già indebitamente pagato alla banca in assenza di titolo.

Concludendo, la banca convenuta va condannata a restituire alla società attrice la somma complessiva di € 82.508,9, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, atteso che ai sensi dell’art. 2033 c.c. non è configurabile mala fede in capo alla convenuta alla luce del dibattito e contrasto giurisprudenziale registrato in materia bancaria negli ultimi anni.

Dalla soccombenza discende la condanna della convenuta alla rifusione delle spese di lite sostenute dall’attrice, liquidate come in dispositivo; per le stesse ragioni le spese di ctu vanno poste in via definitiva a carico della banca soccombente.

Dalla soccombenza discende la condanna della convenuta alla rifusione delle spese di lite sostenute dall’attrice, liquidate come in dispositivo; per le stesse ragioni le spese di ctu vanno poste in via definitiva a carico della banca soccombente, che dovrà farsi carico anche delle spese sostenute dall’attrice per l’assistenza tecnica del proprio ctp: la somma chiesta dal professionista di € 5.000 appare congrua alla luce degli accertamenti svolti, come motivato in sede di liquidazione del compenso al ctu.

Dall’art. 282 c.p.c. discende la provvisoria esecutività della presente decisione.

 

PQM

Il Tribunale di Padova, I sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe indicata (r.g. n. 9499/2012), disattesa ogni diversa istanza, domanda ed eccezione, così provvede:

·         Rigetta l’eccezione di prescrizione sollevata dalla convenuta;

·         Rideterminati i saldi corretti dei rapporti oggetto di giudizio, condanna la banca convenuta a restituire alla società attrice la somma di € 82.508,9, oltre interessi legali dall’8.10.2012 al saldo;

·         condanna la convenuta alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi € 13.430, oltre € 458 per anticipazioni, € 5.000 per ctp, 15% per rimborso forfettario, iva e cpa come per legge;

·         pone le spese di ctu in via definitiva a carico della convenuta.