Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1364 - pubb. 28/10/2008

Exeptio doli generalis e buona fede del garante

Tribunale Milano, 10 Luglio 2008. Est. Carla Romana Raineri.


Fideiussione – Contratto autonomo di garanzia – Obbligo del garante di comportarsi secondo buona fede – Violazione – Exceptio doli generalis – Fondatezza.



Nell’ambito delle garanzie autonome, il garante è tenuto a comportarsi secondo diligenza e buona fede anche nell’interesse del debitore principale. Egli ha quindi l’obbligo di far valere l’eccezione relativa al fine illecito o fraudolento che viene perseguito e, qualora accolga la richiesta di pagamento del beneficiario in presenza di prove evidenti della sua pretestuosità, tiene un comportamento a sua volta abusivo, con la conseguenza che non potrà agire in rivalsa verso il debitore principale per violazione del principio di buona fede che costituisce una fonte integrativa degli effetti degli atti di autonomia privata. (Nel caso di specie, il debitore ha eccepito la violazione degli obblighi di buona fede alla compagnia di assicurazioni che aveva agito in rivalsa dopo aver accolto la richiesta di pagamento dell’amministrazione finanziaria in difetto di valida notifica dell’atto amministrativo). (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


 


 r.g. 31952/2004

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atti di citazione notificati in data 22 aprile 2004 la A. Ass.ni S.p.a. conveniva in giudizio la società “Ai * s.a.s. di B. A. & C.” in persona del rappresentante legale pro tempore, nonché la Sig.ra B. A., in qualità di socio accomandatario, ed il Sig. I. V., in qualità di socio accomandante e responsabile ai sensi dell’art. 2320 c.c., per sentirli condannare, in solido tra loro o in alternativa, al pagamento della somma di Euro 14.550,29, dovuta in rivalsa, oltre accessori, esercitando un’azione di regresso nei confronti degli obbligati principali in riferimento ad una fideiussione escussa dall’Ufficio IVA di Varese.

I convenuti si costituivano in giudizio con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 18.06.2004 contestando la pretesa attorea e deducendo in particolare l’inesistenza giuridica del titolo impositivo costituito dall’avviso di rettifica n. 604749/2001 emesso dall’Ufficio I VA di Varese per l’anno di imposta 1997 in quanto mai notificato.

Alla prima udienza, tenutasi il 16 settembre 2004, il Giudice autorizzava la chiamata in causa del terzo: Agenzia delle Entrate, Ufficio distaccato di Busto Arsizio, divenuto nell’anno 2001 territorialmente competente in luogo dell’originario Ufficio IVA di Varese.

Parte convenuta chiamava quindi in causa l’Agenzia delle Entrate, Ufficio distaccato di Busto Arsizio, con atto notificato all’Avvocatura Distrettuale dello Stato il 30 settembre 2004, chiedendo, qualora fosse stata accolta la domanda di parte attrice, la condanna del terzo chiamato al pagamento in favore della società convenuta della complessiva somma di Euro 14.550,29, riscossa in virtù della polizza fideiussoria n. 33372838.2 del 22.04.1998 rilasciata dalla A. S.p.a. a favore della beneficiaria Amministrazione Finanziaria (Ufficio IVA di Varese), maggiorata degli interessi maturati dalla data di escussione della polizza stessa al saldo.

La terza chiamata si costituiva in giudizio con atto depositato in data 9 novembre 2004 eccependo in via preliminare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e concludendo perché fosse dichiarata inammissibile, improponibile e comunque infondata qualsiasi domanda proposta nei suoi confronti.

Il Giudice concedeva i termini di cui all’art. 183 c.p.c. per le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio in favore della terza chiamata e della convenuta.

In data 25 marzo 2005 i convenuti depositavano memoria ex art. 183 con la quale contestavano l’eccezione di carenza di giurisdizione del Tribunale di Milano svolta in via preliminare dall’Agenzia delle Entrate.

Alla successiva udienza del 19 aprile 2005 i procuratori delle parti si riportavano ai rispettivi atti ed il Giudice si riservava sulle istanze formulate.

Con ordinanza in pari data il Giudice scioglieva la riserva e, pur ritenendo la causa suscettibile di decisione alla stregua di quanto già versato in atti, rilevando che la memoria di parte convenuta del 25.03.05 si concludeva con la riserva di ulteriori mezzi istruttori, concedeva termine per la definitiva articolazione dei mezzi istruttori e per prova contraria, rinviando pertanto la causa al 27 settembre 2005. La causa a tale udienza veniva stimata matura per la decisione ed il Giudice fissava per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 4 ottobre 2007, autorizzando in tale sede il deposito di eventuali pronunce della Commissione Tributaria rilevanti per la decisione.

All’udienza del 4 ottobre 2007 le parti precisavano le conclusioni come da fogli separati; parte convenuta segnalava che la Commissione Tributaria Regionale di Milano si era nel frattempo pronunciata con sentenza n. 117/16/5, emessa in data 29 settembre 2005 e depositata in data 12 gennaio 2006 con la quale confermava la pronuncia di primo grado in punto inesistenza della notificazione dell’avviso di rettifica e chiedeva di poter depositare copia conforme all’originale della stessa. Parte attrice si opponeva a tale richiesta; il Giudice ne autorizzava il deposito trattenendo la causa in decisione e fissando termini brevi per il deposito di comparse conclusionali ed eventuali repliche.

Successivamente, con ordinanza resa fuori udienza in data 17 dicembre 2007, il Giudice, cui veniva riassegnata la presente causa in ragione della temporanea destinazione del primo magistrato ad altro Ufficio, ritenutane la necessità, convocava nuovamente le parti innanzi a sé all’udienza del 14.02.08 per ottenere chiarimenti in merito alle produzioni documentali, ritenute tra loro contrastanti.

Ottenuti i chiarimenti richiesti in udienza, la causa veniva infine trattenuta in decisione con concessione, su istanza del difensore di parte convenuta, di nuovi termini di legge per il deposito di comparsa conclusionale e repliche, ferme restando le conclusioni già in precedenza precisate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La pretesa di parte attrice avente ad oggetto la domanda di rimborso dell’importo versato si fonda sull’assunto dell’impossibilità per la stessa di poter sollevare eccezioni alla richiesta di pagamento effettuata dalla Agenzia delle Entrate, e ciò in base all’art. 5 del contratto di polizza fideiussoria n. 33372838 stipulato in data 22.04.1998.

L’assunto non è condivisibile.

Ed invero, quand’anche si vertesse in tema di contratto autonomo di garanzia, le eccezioni cosiddette letterali, ossia quelle che si fondano sull’ambito di applicazione/operatività della garanzia, devono ritenersi sempre proponibili.

L’art. 1, rubricato “Delimitazioni della Garanzia”, nel garantire all’Amministrazione Finanziaria il pagamento delle somme dovute dal contribuente “a seguito di atto amministrativo notificato”, sancisce quale indefettibile presupposto di operatività della polizza stessa la previa notifica di un atto amministrativo impositivo.

In altri termini l’art. 1 prevede che l’Amministrazione Finanziaria possa escutere la fidejussione solo laddove abbia validamente notificato al contribuente-contraente un provvedimento amministrativo e vincola la garante Compagnia A. S.p.a. a corrispondere quanto chiestole solo in seguito alla notifica dell’atto impositivo stesso al contribuente.

La A. S.p.a., pertanto, in ottemperanza a siffatto obbligo contrattuale, per effettuare un valido pagamento, avrebbe dovuto riscontrare non solo la sussistenza della mera emissione di un atto amministrativo, ma anche, e preliminarmente, la regolare notifica dello stesso al soggetto contraente della polizza.

Nella specie il difetto di notificazione risultava ictu oculi dalla nota datata 11.10.2001 dell’Ufficio IVA di Varese ove si legge “avviso non ritirato” (doc. 3 di parte attrice).

Parte convenuta contesta dunque alla A. S.p.a. di aver pagato senza aver minimamente riscontrato l’esistenza del requisito previsto dall’art. 1 della polizza che legittimava la prestazione fidejussoria e cioè la valida ed efficace notifica dell’avviso di rettifica.

Giova sul punto rilevare che la necessità della notifica, quale indefettibile presupposto, non emerge solamente dal citato art. 1, ma è altresì espressamente ribadita dal contenuto dell’art. 5 del contratto fideujussorio.

Infatti, in detta disposizione la società garante si obbliga a versare “le somme richieste dall’Ufficio IVA o dall’Ufficio delle Entrate ai sensi dell’art. 1” (e, quindi, a seguito di atto amministrativo notificato) e tale adempimento deve essere effettuato “entro 60 giorni dalla data di notifica al contraente dell’atto amministrativo” (ancora una volta si richiama il presupposto essenziale della notifica).

Nel caso in esame l’Ufficio IVA non ha legittimamente notificato l’Avviso di Rettifica né presso la sede legale della società convenuta, né tantomeno ai soci e legali rappresentanti della stessa.

Per contro, la Compagnia A. S.p.a., senza curarsi di verificare la sussistenza dell’indispensabile notifica dell’atto impositivo, ha comunque effettuato il pagamento all’Erario, omettendo altresì ogni preventiva comunicazione al contribuente-contraente, in totale spregio e violazione di quanto previsto dall’art. 1 del contratto di polizza fideiussoria.

Ne consegue che la società garante, avendo pagato nonostante l’inesistenza delle condizioni contrattuali previste a fondamento della fidejussione, ha effettuato un versamento illegittimo e non dovuto.

Peraltro, pur ammettendo che la polizza di cui è causa configuri un “contratto autonomo di garanzia”, sussiste pur sempre la possibilità di sollevare la exceptio doli generalis, che permette al garante di paralizzare l’azione del creditore che escuta illegittimamente ed abusivamente la garanzia.

La Cassazione si è più volte espressa sul punto, affermando che “nelle garanzie autonome, l’assunzione da parte del garante dell’impegno di effettuare il pagamento a semplice richiesta del beneficiario della garanzia e la sua rinunzia ad opporre le eccezioni inerenti il rapporto principale, (…) non escludono l’operatività del principio della buona fede, quale fonte integrativa degli effetti degli atti di autonomia privata, in virtù del quale deve ritenersi giustificato il rifiuto del pagamento, qualora esistano prove evidenti del carattere fraudolento (o anche solo abusivo) della richiesta del beneficiario; tale rifiuto non rappresenta una mera facoltà, ma un dovere del garante, il quale è legato al debitore principale da un rapporto di mandato, che è tenuto ad adempiere con diligenza e secondo buonafede, con la conseguenza che l'accoglimento della richiesta di pagamento avanzata dal beneficiario in presenza di prove evidenti della sua pretestuosità preclude al garante la possibilità di agire in rivalsa nei confronti del debitore principale”.

(cfr. fra tutte Cass n. 5997/06)

In conclusione, secondo i Giudici di legittimità, ove vi sia la c.d. prova liquida del fine illecito o anche solo fraudolento che viene perseguito con la riscossione, il garante non solo ha la facoltà, ma il dovere di far valere l'eccezione (perché questa eccezione è anche nell'interesse del debitore principale ad evitare rivalse del garante che lo costringano a non semplici ripetizioni dal creditore fraudolento). Ne consegue che il garante che non sollevi l'eccezione tiene un comportamento a sua volta abusivo e non conforme a buona fede e diligenza, con il precipitato che non potrà agire in rivalsa verso il debitore principale in quanto sono stati violati gli obblighi discendenti dal principio di buona fede.

Nel caso in esame non era necessaria una complessa indagine probatoria perché la mala fede (se non addirittura il dolo) dell'Amministrazione creditrice emerge da c.d. "prove liquide", ovvero evidenti.

Ed invero, l’Amministrazione Finanziaria, una volta verificato che l’avviso di rettifica non era stato ritirato, non ha proceduto ad effettuare una nuova notifica nei modi e nei termini di legge, ma ha invece chiesto direttamente il pagamento alla A. S.p.a. azionando la garanzia.

L’omessa notifica, per contro, non potrà non essere apprezzata dalla A. S.p.a. (nella nota datata 11.10.2001 si legge chiaramente “avviso non ritirato”) che riveste la qualità di operatore professionale e specifico del settore.

Non senza evidenziare che la società attrice, prima di effettuare il pagamento all’Erario, non si è curata di verificare la sussistenza o meno di un eventuale antecedente adempimento da parte del contribuente-contraente come espressamente previsto dall’art. 5 della polizza fideiussoria, né ha comunicato a titolo informativo al contraente quanto stava accadendo (la società convenuta è venuta a conoscenza dell’effettuato pagamento solo il 23 giugno 2003, a seguito di intimazione di pagamento, ben sette mesi dopo l’impugnazione del ruolo e della Cartella di pagamento avvenuta il 16 novembre 2002 e diciannove mesi dopo la richiesta di pagamento effettuata dall’Ufficio IVA con nota del 11.11.2001).

Al riguardo si sottolinea che la nota datata 08.02.2002, indirizzata al Sig. I. V., con la quale parte attrice asserisce di aver informato il cliente, non risulta pervenuta al destinatario ed in ogni caso la lettera intima il rimborso del pagamento che si assume già effettuato.

La A. S.p.a. ha poi effettuato il pagamento il 14.02.2002 e, quindi, oltre il termine previsto dall’art. 5 della polizza che prevede espressamente il termine di 60 giorni dalla data di notifica al contraente dell’atto amministrativo.

Pertanto non solo ha pagato male, ma nel tempo occorrente ad adempiere i suoi obblighi avrebbe ben potuto secondo i dettami di buona fede e normale diligenza, provvedere ai riscontri omessi.

In conclusione, anche laddove si accolga la prospettazione di parte attrice sulla natura della garanzia di cui è causa, in virtù degli obblighi di protezione posti dal principio della buona fede, quale fonte integrativa degli effetti degli atti di privata autonomia, l’exceptio doli ben poteva, ed anzi doveva, essere nella specie sollevata.

Da ultimo si osserva che la fondatezza delle ragioni addotte dalla difesa di parte convenuta in ordine al difetto di notifica dell’atto impositivo risulta consacrata nelle due sentenze rese dagli organi di giustizia tributaria (cfr. sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, confermata in appello dalla Commissione Tributaria Regionale).

L’eccezione di difetto di giurisdizione del Giudice ordinario sollevata dalla difesa della terza chiamata (Agenzia delle Entrate), resta questione in concreto irrilevante atteso che la domanda nei confronti di tale parte processuale è stata svolta solo dalle parti convenute e subordinatamente all’accoglimento della domanda di parte attrice, che viene qui respinta.

Al rigetto della domanda attorea consegue la condanna di A. S.p.a. alla rifusione delle spese processuali delle parti convenute.. Vengono invece compensate le spese di lite tra convenuti e terza chiamata potendosi ritenere “in astratto” accoglibile nei confronti di quest’ultima una domanda di ripetizione di indebito fondata sulle sentenze tributarie prodotte e considerato che tale parte ha dato comunque causa, con il suo comportamento, al contenzioso in atto.

P.Q.M.

Il G.I., in funzione di Giudice Unico, definitivamente pronunciando:

·                  respinge la domanda di parte attrice;

·                  condanna la A. Riunione Adriatica di Sicurtà Ass.ni S.p.a. a pagare, in favore delle parti convenute, le spese del presente grado di giudizio che si liquidano in Euro 300,00 per esborsi; Euro 2,870,00 per diritti; Euro 3.500,00 per onorari;

·                  dichiara interamente compensate le spese di lite tra i convenuti e la terza chiamata.


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