Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 618 - pubb. 01/01/2007

Data certa, rilevabilità, eccezione

Appello Brescia, 10 Marzo 2004. Est. Oldi.


Mancanza di data certa – Rilevabilità d’ufficio – Esclusione – Eccezione del curatore fallimentare – Necessità.

Amministrazione controllata – Rapporto di collaborazione professionale – Atto di ordinaria ovvero di straordinaria amministrazione – Criterio discretivo.



 


 


omissis 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al giudice delegato del Tribunale di Mantova, depositato in cancelleria il 19 novembre 1999, Roberto Morselli proponeva opposizione allo stato passivo del fallimento della società Belleli s.p.a., esponendo: di avere tempestivamente insinuato nella procedura un proprio credito derivante da svolgimento di attività di consulenza nell’area tecnica, chiedendone la collocazione al rango privilegiato per la somma di lire 57.490.000 al lordo delle ritenute; di essersi vista respinta l’istanza, con motivazione secondo la quale non sarebbero state provate la natura e l’esecuzione della prestazione. Tanto premesso, e denunciato l’erroneità del deliberato, chiedeva che il credito fosse ammesso al passivo fallimentare in prededuzione.

Il curatore, comparso dapprima personalmente all’udienza per opporsi alla domanda, si asteneva in seguito dal costruirsi.

Pervenuta la causa in decisone il Tribunale, con sentenza in data 6 dicembre 2001/14 febbraio 2002, rigettava l’opposizione.

La motivazione prendeva le mosse dal rilevare che il contratto prodotto dall’istante a supporto della domanda era sfornito di data certa e non provava il concreto espletamento dell’attività ivi contemplata. Di seguito osservava quel collegio che il capitolo di prova orale articolato nel ricorso in opposizione era privo di rilevanza in quanto, anche nel caso di risposta affermativa da parte dei testi, non sarebbe stato possibile desumere la natura dell’attività in concreto svolta, né le effettive modalità di espletamento di essa. Infine reputava il Tribunale che, attesa l’entità del compenso preteso, e considerato che all’epoca la Belleli s.p.a. si trovava in amministrazione controllata, per l’assunzione dell’impegno di spesa sarebbe stata necessaria la previa autorizzazione del giudice delegato, di fatto mai richiesta.

Avverso tale sentenza interponeva appello a questa Corte il Morselli, deducendo censure riconducibili a tre motivi. Il fallimento appellato si costituiva per resistere al gravame, di cui deduceva l’infondatezza.

Precisate le conclusioni come in epigrafe, all’udienza del 10 dicembre 2003 la Corte assegnava termine alle parti per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche, riservandosi la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo di gravame l’appellante si duole che il Tribunale abbia rilevato – d’ufficio, in che non gli era consentito in assenza di eccezione di parte – la mancanza di data certa del documento contrattuale, sebbene si vertesse in una fattispecie nella quale il contratto dedotto in giudizio non richiedeva la forma scritta, né ad substantiam né ad probationem.

Col secondo motivo il Morselli, pur riconoscendo come incontrovertibile il fatto che la scrittura prodotta non valga a provare l’effettivo svolgimento delle prestazioni pattuite, evidenzia che alla dimostrazione di questo era diretta la prova testimoniale dedotta in primo grado. Lamenta in proposito l’appellante che il primo giudice abbia respinto l’istanza istruttoria, sul rilevo per cui la risposta affermativa dei testi non avrebbe consentito di desumere l’attività svolta in concreto, né le modalità effettive del suo svolgimento; osserva che la natura dell’attività che egli era tenuto a svolgere emergeva in tutta chiarezza dal documento negoziale, e consisteva in una prestazione d’opera intellettuale nell’ambito di una collaborazione professionale in forma coordinata e continuativa. Egli, in sostanza, era chiamato a dare supporto e consulenza specialistica, in via esclusiva, al Gruppo Belleli per progettazione, costruzione, collaudo, nonché trasporto e sollevamento eventuale delle apparecchiature.

Il terzo motivo di gravame coglie l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la rilevante entità del compenso pattuito avrebbe richiesto che la Belleli s.p.a., trovandosi in stato d’amministrazione controllata, chiedesse preventivamente l’autorizzazione del giudice delegato. Il Morselli contrasta tale convincimento osservando che l’ingaggio di un tecnico di alto livello, necessario per il superamento della situazione di difficoltà in cui l’impresa versava, rientrava nell’ordinaria amministrazione e non richiedeva, perciò, l’autorizzazione del giudice delegato.

Ad un esame complessivo delle doglianze suesposte ritiene la Corte che la decisione assunta dal Tribunale meriti sostanziale conferma, pur non essendo condivisibili nella loro totalità le argomentazioni destinate a sorreggerla.

Mette conto, innanzi tutto, di dare atto della fondatezza della censura con cui l’appellante rimprovera al primo giudice d’aver rilevato d’ufficio l’inopponibilità al fallimento, per mancanza di data certa, del contratto incorporante il conferimento dell’incarico professionale. A tanto, invero, non era possibile pervenire in mancanza di apposita eccezionale del curatore, il quale non si è mai costituito in primo grado, pur avendo presenziato ad alcune udienze.

Devesi poi dissentire dall’affermazione, che si legge nella sentenza impugnata, secondo cui la stipulazione di un contratto come quello dedotto in giudizio concreterebbe un atto di straordinaria amministrazione. In effetti, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità (v. Cass. 25 giugno 2002 n. 9262), nel rapporto di collaborazione professionale il discrimen fra gli atti di ordinaria  e straordinaria  amministrazione non è dato l’entità del compenso, ma dalla finalità di concepire, mettere in atto e gestire gli strumenti  operativi utili a recuperare la vitalità e la capacità produttiva e reddituale dell’impresa in amministrazione controllata.

La verifica di adeguatezza dell’incarico alla funzione perseguita, che dunque prescinde dall’ammontare della spesa, richiederebbe nel caso specifico un’attenta disamina della tipologia delle prestazioni pattuite, secondo le risultanze della scrittura prodotta dal Morselli; a tale indagine il giudice non ha, invece, acceduto: né appare utile dedicarvisi in questa sede di gravame, già ravvisandosi l’esistenza di altre, assorbenti, ragioni atte a giustificare il rigetto dell’opposizione.

Ci si riferisce alla totale mancanza di prova in ordine dell’effettivo espletamento, da parte del Morselli, delle prestazioni per il compenso delle quali egli ha inteso chiedere l’ammissione al passivo.

Come riconosciuto dallo stesso appellante, invero, è incontrovertibile che dal prodotto contratto non sia possibile trarre la prova dell’espletamento effettivo dell’attività professionale ivi descritta; onde la prova medesima dovrebbe emergere aliunde.

Il Morselli ha dedotto in prime cure, chiedendone l’ammissione con istanza riproposta in questa sede, un capitolo di prova testimoniale del seguente contenuto: “Vero che le suddette fatture furono consegnate all’Ing. Sergio Garrone, amministratore  della società e al capo  del personale Dott. Giovanni Boni e furono contestualmente vistate da quest’ultimo”.  Il giudizio d’irrilevanza della prova così formulata, espresso dal Tribunale, non può essere che condiviso.

Ed invero, a prescindere dal  vizio di genericità che discende dall’uso del termine “suddette” per identificare delle fatture in ordine alle quali nessun’altra indicazione è ivi fornita (giacché il capitolo di prova è unico, non si sa a quali fatture ci si intende riferire), resta fermo il rilievo inerente all’inidoneità della circostanza rispetto al fine di dimostrare l’effettivo svolgimento delle prestazioni professionali e la natura di esse.

L’appellante mostra di ritenere che la prova della natura delle prestazioni svolte sia preordinata esclusivamente ad una valutazione della congruità del compenso. In realtà, prioritaria valenza assume la circostanza ai fini stessi dell’an debeatur; giacché il prestatore d’opera che intenda reclamare un compenso per l’attività svolta ha l’onore, innanzi tutto, di allegare e provare la tipologia delle prestazioni concretamente espletate. A tal fine non giova al Morselli richiamarsi alle pattuizioni contrattuali: giacché non interessa accertare quali compiti gli fossero stati affidati con previsione ex ante, ma piuttosto in che modo l’attività di collaborazione, se effettivamente svolta, si sia realizzato in concreto.

A tanto non giova il capitolo di prova orale dedotto dall’odierno appellante, giacché – come esattamente osservato dal collegio di primo istanza – l’eventuale conferma testimoniale di quanto ivi descritto non recherebbe alcun utile elemento per i fini sopra evidenziati: invero, del tutto sconosciuta la natura delle prestazioni svolte dal Morselli, che nelle fatture prodotte sono genericamente indicate con la dizione “consulenza”. D’altra parte, il fatto che le fatture medesime siano stare vistate dal capo del personale non reca alcun contributo alla fondatezza della domanda, non potendo certamente un semplice visto assurgere al rango di ricognizione di debito (per di più da parte di soggetto diverso dal legale rappresentante della società).

Conclusivamente gli atti di causa non offrono elementi probatori idonei a recar sostegno alla domanda proposta dal Morselli: né l’istanza istruttoria ribadita in questa sede appare utile al fine.

Alla stregua delle suesposte considerazioni, la sentenza impugnata merita sostanziale conferma, pur dovendosene correggere la motivazione nei termini dianzi esposti.

Le spese del presente grado sono da porre a carico dell’appellante, risultato soccombente, e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando:

rigetta l’appello proposto da Roberto Morselli contro il fallimento della società Belleli s.p.a., avverso la sentenza del Tribunale di Mantova in data 6 dicembre 2001/14 febbraio 2002;

condanna l’appellante al rimborso i favore del fallimento appellato delle spese del presente grado di giudizio, liquida in euro 3.039,89, in essi compresi euro 574,43 per diritti di procuratore ed euro 2.130,00 per onorari di avvocato.