Diritto dei Mercati Finanziari


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 36 - pubb. 01/07/2007

Onere della prova, informazione e trasparenza

Tribunale Firenze, 18 Febbraio 2005. Est. Pezzuti.


Intermediazione finanziaria – Regolamento Consob – Efficacia di norme di legge – Sussistenza.

Intermediazione finanziaria – Contenuti dell’informazione – Specificità – Clausole di stile – Inefficacia – Valutazione del mercato e delle agenzie di rating – Rilevanza.

Intermediazione finanziaria – Informazione dovuta dall’intermediario – Modalità di comunicazione con il cliente – Trasparenza – Necessità.

Intermediazione finanziaria – Violazione degli obblighi informativi – Natura imperativa – Tutela dell’integrità del mercato – Nullità – Sussistenza.



L’efficacia esterna delle norme prodotte dalla Consob nell’esercizio della sua potestà regolamentare non differisce, in quanto ad effetti prodotti sull’agire dei privati, dalle norme che derivano dall’ermeneusi di una legge o di un regolamento governativo e ciò a prescidenre dal problema della collocazione nella sistematica delle fonti e dall’esito della risoluzione di eventuali antinomie. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

L’informazione che l’intermediario di prodotti finanziari deve dare all’investitore ai sensi degli artt. 21 del TUF e 28 del reg. Consob 11522/1998 deve essere il più possibile specifica tale da consentire al cliente di comprendere e stabilire il tipo, la natura e la portata delle informazioni fornite. Ne consegue che, nell’ipotesi di negoziazione di obbligazioni argentine, la solo indicazione del rischio come “alto” non costituisce un’informazione adeguata sulla natura, sui rischi e sulla implicazione dell’operazione. Il riferimento alla “aleatorietà” delle quotazioni del mercato internazionale è affermazione generica e priva di qualsiasi significato specifico e parimenti irrilevante è la circostanza che il cliente fosse informato della “il liquidità” del titolo. Simili diciture apposte sull’ordine di acquisto si risolvono in mere clausole di stile come tali inadeguate ad esonerare l’intermediario da fornire la prova positiva del tipo di informazione concretamente dato, che, nel caso specifico, implicava una indicazione non generica della natura altamente rischiosa dell’investimento secondo la valutazione operata dalle maggiori agenzie specializzate in materia, elemento questo che la banca è tenuta a conoscere ed a comunicare al cliente al fine di consentirgli di effettuare una scelta consapevole, dovendosi in proposito ritenere che la valutazione del titolo da parte del mercato costituisca fattore rilevante in quanto idoneo ad influenzare il processo decisionale dell’investitore. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

La norma contenuta nell’art. 29 del reg. Consob n. 11522/1998, laddove è previsto che gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione, impone alla banca di comportarsi con trasparenza nella prestazione dei servizi di investimento e accessori. La regola della trasparenza dispiega, infatti, i suoi effetti, non solo sul piano contenutistico, ma anche sulle modalità di comunicazione che devono garantire chiarezza e comprensibilità ed essere adeguate alle tecniche di contatto utilizzate con la clientela. Da ciò consegue che i moduli presentati ai clienti bancari per la sottoscrizione devono essere redatti con chiarezza, al fine di consentire agli stessi una chiara e immediata rilevazione della portata e dei rischi dell’operazione. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

La prospettiva da cui muove la disciplina del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria e nella quale sono confluite regole già vigenti e regola di nuove coniazione, riguarda, in generale, la regolamentazione del mercato finanziario con particolare attenzione alla tutela degli interessi pubblici sottesi alle regole. Nella vigenza della legge n° 1 del 1991, parte della dottrina aveva attribuito a ai canoni di diligenza, di correttezza un carattere ridondante o, addirittura, meramente ripetitivo delle disposizioni codicistiche.
Gli interventi del legislatore successivi al recepimento della direttiva Cee n° 22 del 1993 concorrono ad attribuire autonoma e specifica rilevanza alla previsione contenuta nell’art. 21 del decreto legislativo n° 58 del 1998, con la conseguenza che, se nella disciplina anteriore gli obblighi di diligenza e di correttezza erano espressamente finalizzati alla "cura dell’interesse del cliente", con l’art. 17 del d. lgs. 415/1996 e con l’art. 21 T.U.F. (norme ispirate alla disciplina comunitaria), tali obblighi sono imposti anche e soprattutto "nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati”. Ne consegue che i principi di correttezza e diligenza, contenuti nella disciplina dei servizi di investimento, esprimono concetti più ampi di quelli sottesi alle norme codicistiche, “operando non soltanto nel quadro di un rapporto obbligatorio con l’investitore per la tutela del soddisfacimento del suo interesse, ma anche più in generale (e in via di principio) in relazione allo svolgimento dell’attività economica come canone di condotta volto a realizzare una leale competizione e a garantire l’integrità del mercato". Pertanto, nel contesto della nuova normativa la diligenza e la correttezza sono canoni di condotta riconducibili alle pratiche del commercio e agli usi imprenditoriali, mentre nel contesto codicistico non possono mai prescindere dall’esistenza di un rapporto giuridicamente rilevante tra due parti definite e precisamente individuate.
La conseguenza di tali presupposti è la nullità degli ordini di acquisto impartiti in violazione di tali norme. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Segnalazione dell'Avv. Pierluigi Parrini




Svolgimento del processo

1. L. F. e R. R. F. hanno chiesto l’accertamento della nullità dei contratti con i quali, nel corso del mese di gennaio del 2001, hanno acquistato dei bond argentini e la condanna della società Cassa di Risparmio di Firenze alla restituzione in favore del primo della somma di 63.000 euro e in favore della seconda della somma di 52.000 euro, impiegata per tali acquisti.

2. A sostegno della domanda gli attori, premesso di essere entrambi pensionati e a digiuno di ogni esperienza nel settore finanziario, hanno dedotto che, su sollecitazione di una dipendente della società convenuta, avevano, nel gennaio 2001, ordinato l’acquisto di bond argentini; che tali contratti erano nulli in quanto l’istituto di credito, che agiva anche in conflitto di interesse, non aveva rilasciato copie degli ordini, non aveva presentato alcun prospetto informativo dei titoli e non aveva prospettato i rischi dell’operazione.

3. La società Cassa di Risparmio di Firenze si è costituita e ha chiesto al Tribunale di “dichiarare la inammissibilità della domanda attrice per incompatibilità della stessa con il mandato conferito all’Associazione per la Tutela degli Interessi degli Investitori in Titoli Argentini coinvolti nella ‘Crisi Argentina” e “in ipotesi” il rigetto della domanda.

4. L’istituto di credito convenuto ha, quindi, sostenuto che le copie degli ordini erano state regolarmente consegnate agli attori, che “parte attrice” era “già operatore esperto del mercato finanziario”, che “il richiamo alla rischiosità dell’operazione” era “parte integrante degli ordini”, che “nessuno poteva presagire il ‘default’” dei titoli argentini e che i titoli erano stati reperiti “direttamente sul mercato”.

5. La causa, senza lo svolgimento di alcuna attività istruttoria, è stata trattenuta per la decisione sulle seguenti conclusioni.

Conclusioni delle parti

6. Per L. F. e R. R. F.: “Piaccia al Tribunale Ill.mo annullare i contratti di vendita dei titoli Bond Argentina di cui alla premessa e conseguentemente, dato atto che gli attori pongono a disposizione della convenuta i titoli predetti, condannare la C.R.F. S.p.a. a restituire a L. F. € 63.000,00 con interessi e rivalutazione monetaria (a titolo di risarcimento danni), quanto a € 12.000,00 dal 2.01.01 e quanto a € 51.000.000 dal 26.01.01 al saldo, a R. R. € 52.000,00 con interessi e rivalutazione monetaria (a titolo di risarcimento danni) dal 17.01.01 al saldo. In ipotesi e salvo gravame condannare la C.R.F. S.p.A. a risarcire il danno, in misura pari alla differenza fra il valore di mercato al momento della decisione dei titoli e la somma investita con aggiunta sulla somma così risultante di interessi e rivalutazione monetaria dal di dell’acquisto al momento della decisione. Disporre che sulla somma così calcolata vengano aggiunti e calcolati interessi e rivalutazione monetaria dal dì della decisione al saldo. Condannare in ogni caso la C.R.F. a restituire agli attori rispettivamente € 11,78 e € 11,77 somme addebitate per richiesta copia dei moduli con interessi dal 25.03.03 al saldo. Con condanna in ogni caso al pagamento di spese ed onorari di causa e successive occorrendo oltre C.A.P. e I.V.A.”.

7. Per la società Cassa di Risparmio di Firenze: “in tesi: Piaccia al Tribunale di Firenze dichiarare l’inammissibilità della domanda attrice per incompatibilità della stessa con il mandato conferito all’Associazione per la Tutela degli Interessi degli Investitori in Titoli Argentini coinvolti nella ‘Crisi Argentina’. In ipotesi: Piaccia all’Illustrissimo Tribunale di Firenze, contrariis reiectis, respingere perché infondate in fatto ed in diritto le domande tutte proposte dai Signori L. F. e R. R. F. contro la Cassa di Risparmio di Firenze S.p.a.”.

 

Eccezione preliminare della Cassa di Risparmio di Firenze

8. La società Cassa di Risparmio di Firenze ha chiesto, preliminarmente, al Tribunale di “dichiarare la inammissibilità della domanda attrice per incompatibilità della stessa con il mandato conferito all’Associazione per la Tutela degli Interessi degli Investitori in Titoli Argentini coinvolti nella ‘Crisi Argentina”.

9. L’eccezione, riproposta anche nella memoria depositata il 3 dicembre 2003, nel verbale di udienza del 29 gennaio 2004 e in comparsa conclusionale, è del tutto infondata. Non è chiaro cosa il procuratore dell’istituto di credito intenda per “incompatibilità”; in ogni caso, L. F. e R. R. F. delegando l’”Associazione per la Tutela degli Interessi degli Investitori in Titoli Argentini” a rappresentarli “nelle trattative si crediti derivanti dai titoli” non hanno ceduto a tale ente alcun diritto e tanto meno hanno rinunciato a qualsivoglia credito o azione nei confronti dell’istituto di credito convenuto.

10. L’istituto di credito convenuto sostiene che “tali mandati configurano una volontà transattiva da parte attrice, del tutto in contrasto con l’azione risarcitoria proposta”. Il giudicante non rileva alcuna incompatibilità tra l’adesione da parte degli attori a un’associazione diretta a tutelare gli interessi degli utenti bancari perseguendo una transazione e la promozione da parte dei medesimi del presente giudizio.

 

Normativa da applicare

11. Stabilisce l’art. 21 del decreto legislativo n° 58 del 1998 che nella prestazione dei servizi di investimento e accessori, i soggetti abilitati devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati e acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.

12. A sua volta il regolamento della Consob n° 11522 del 1998, dopo aver chiarito, all’art. 26, che gli intermediari autorizzati devono operare nell'interesse degli investitori e dell'integrità del mercato mobiliare e in modo coerente con i principi e le regole generali del decreto legislativo n° 58 del 1998, specifica che, essi, prima di iniziare la prestazione dei servizi di investimento, devono:

a) chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonchè circa la sua propensione al rischio.

b) consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari

13. Gli intermediari autorizzati, inoltre, non possono effettuare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento.

14. Ancora il terzo comma dell’art. 29 del regolamento richiamato precisa che gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione.

 

Valore della normativa Consob

15. I criteri generali, contenuti nella normativa in esame, concretano dei canoni di comportamento immediatamente precettivi, anche a prescindere dalla loro sussunzione e specificazione in norme regolamentari.

16. E’ opinione ormai consolidata quella che individua nei regolamenti della Consob, non solo un’espressione di potestà ontologicamente normativa, ma anche una fonte idonea ad incidere con modalità particolarmente incisive sulla sfera giuridica soggettiva dei destinatari delle norme.

17. Si tratta, insomma, di disposizioni costitutive di diritto, che vanno ad integrare l’ordinamento giuridico generale, a condizionare l’autonomia negoziale, ad incidere sui rapporti interprivati, a costituire un parametro generale ed astratto della validità degli atti e dei comportamenti realizzati dagli operatori del mercato.

18. Prescindendo dal problema della collocazione nella sistematica delle fonti e dall’esito della risoluzione di eventuali antinomie, insomma, l’efficacia esterna delle norme prodotte dalla Consob nell’esercizio della sua potestà regolamentare non differisce, in quanto ad effetti prodotti sull’agire dei privati, dalle norme che derivano dall’ermeneusi di una legge o di un regolamento governativo.

19. Tali regole sono, insomma, parte integrante dell’ordinamento generale: salva l’eventuale illegittimità della disposizione che le prevede o la loro natura indipendente, nulla osta a che simili norme possano costituire fonte di invalidità o di inefficacia di un negozio giuridico, ovvero fattispecie astratta con cui confrontare un comportamento colpevole o doloso ad esse contrario e in relazione alla quale stabilire la responsabilità del suo autore.

20. Ad eguale conclusione si perverebbe anche qualora si volesse addirittura escludere l’efficacia dei regolamenti della Consob sui rapporti interprivati. Secondo questa posizione, infatti, la violazione degli obblighi sanciti dai “provvedimenti” della Consob comporterebbe,ex se, le sole conseguenze interdittive e sanzionatorie. La mancata ottemperanza ad obblighi e divieti sanciti in via regolamentare determinerebbe, in ogni caso, effetti indiretti sui rapporti negoziali posti tra privati: sarebbe comunque sufficiente ad integrare la colpa inerente al neminem laedere, a determinare un’inversione dell’onere della prova nell’ambito della responsabilità contrattuale ed a provocare la nullità di contratti per assenza di elementi essenziali prestabiliti per via di fonte primaria.

 

Obbligo di richiedere all’investitore le informazioni necessarie

21. Nella fattispecie in esame la società Cassa di Risparmio di Firenze non ha osservato le descritte regole di comportamento.

22. L’art. 28 del richiamato regolamento della Consob prevede, come si è visto, che prima di iniziare la prestazione dei servizi di investimento, gli intermediari autorizzati devono chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonchè circa la sua propensione al rischio.

23. La società convenuta non ha fornito alcuna prova scritta o orale del fatto che i propri funzionari abbiano chiesto a L. F. e a R. R. F. tali notizie. Ciò basta, di per sé, a rendere le operazioni illegittime.

 

Obbligo di consegnare il documento sui rischi generali

24. La stessa norma prescrive che gli intermediari debbano consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari. La società convenuta non ha fornito la prova di aver consegnato a L. F. e a R. R. F. tale documento.

25. In comparsa di risposta il procuratore della società convenuta scrive: “La spedizione delle relative e prescritte note informative è avvenuta nel pieno rispetto della normativa vigente”. Non risulta tuttavia che la banca convenuta abbia consegnato agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari.

26. Va, peraltro, ricordato che tale informativa non può essere generica, ma deve essere il più possibile particolareggiata ed attagliata allo specifico investimento. Nel caso in esame, invece, la società convenuta non ha prodotto in giudizio tale nota informativa e si è limitata a chiedere l’ammissione di una prova per testimoni, sulla quale peraltro non ha insistito in sede di precisazione della conclusioni, del tutto generica sul punto.

 

Obbligo di fornire le informazioni necessarie sull’investimento

27. Il secondo comma dell’art. 28 del regolamento richiamato precisa che gli intermediari autorizzati devono fornire all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento.

28. Ritiene il giudicante che la società convenuta non abbia fornito la prova neppure dell’espletamento di tale obbligo. Invero i tre ordini di acquisti sottoscritti dagli investitori recano la dizione “Si dà atto che mi avete fornito le informazioni necessarie e sufficienti ai fini della completa valutazione del grado di rischiosità della presente operazione”.

29. Inoltre, in calce all’ordine, si legge che il cliente “è al corrente a) del fatto che si tratta di investimento in obbligazione di emittente ad alto rischio b) dell’aleatorietà delle quotazioni sul mercato internazionale c) della illiquidità del titolo e ne accetta tutti i rischi conseguenti”.

30. Anche qualora si voglia ritenere che con la produzione di tale dichiarazione la banca convenuta abbia dimostrato di aver illustrato agli attori il rischio delle operazioni finanziarie intraprese, occorre comunque rilevare che, tramite essa, non è dato comprendere e stabilire il tipo, la natura e la portata delle informazioni fornite.

31. Mentre, infatti, la prima dichiarazione, sopra riportata, è del tutto generica, tramite la seconda non è possibile stabilire che tipo di rischio sia stato indicato dalla banca. La sola indicazione del rischio come “alto” non costituisce certo un’informazione adeguata sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della operazione. Il riferimento all’”aleatorietà” delle quotazioni sul mercato internazionale è un affermazione generica e priva di qualsiasi significato specifico. Parimenti irrilevante è la circostanza che il cliente fosse informato della “illiquidità” del titolo.

32. Siamo pertanto in presenza di clausole di mero stile tali da non esonerare l’istituto dall’onere di fornire la prova positiva del tipo di informazione concretamente dato.

33. Peraltro le clausole in questione, ove davvero valide e significative, sarebbero anche inefficaci alla luce del disposto di cui all’art. 1469 bis n. 18 c.c. traducendosi, di fatto, se non accompagnate dalla dimostrazione di un’effettiva e completa informazione, in una limitazione per la difesa del consumatore e di responsabilità per il professionista.

34. Orbene deve ritenersi che la banca avrebbe dovuto fornire una completa informazione circa i rischi connessi a quella specifica operazione che i clienti intendevano porre in essere (obbligo imposto anche dal primo comma dell’art. 11 della direttiva 93/22 CEE del 10-5-1993), dovendo l’intermediario finanziario agire con la diligenza dell’operatore particolarmente qualificato  nell’ambito di un rapporto in cui gli è imposto di tutelare l’interesse dei clienti obbligo implicante l’indicazione, non generica, della natura altamente rischiosa dell’investimento secondo la valutazione operata dalle maggiori agenzie specializzate in materia, dato questo che la banca è tenuta a conoscere e, quindi, a comunicare al cliente al fine di consentirgli di effettuare una scelta consapevole, dovendosi in proposito ritenere che la valutazione del titolo da parte del mercato costituisca fattore rilevante in quanto idoneo ad influenzare il processo decisionale dell’investitore.

 

Circa l’iniziativa dell’operazione

35. Del tutto irrilevante è la circostanza evidenziata dall’istituto di credito negli atti difensivi e anche sugli ordini sottoscritti dagli attori secondo cui l’acquisto delle obbligazioni argentine sarebbe stata richiesta espressamente dal cliente.

36. Gli obblighi sanciti dal legislatore a carico l'istituto bancario fanno sì che il suo compito non è circoscritto a quello di una supina mera ricezione degli ordini, ma a un’attività molto diversa e ulteriore attività che in sostanza in quella che si può definire una consulenza.

37. Basti richiamare il terzo comma dell’art. 29 del regolamento della Consob laddove è previsto che gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione.

38. Peraltro l’obbligo di indicare che l’operazione non è adeguata per il cliente richiede necessariamente e preliminarmente la raccolta dal medesimo di tutte le informazioni utili per procedere a tale valutazione, sicché in difetto di tali comportamenti da parte dei funzionari bancari rimane poco rilevante la circostanza che l’operazione sia stata suggerita dal cliente o proposta dall’intermediario.

 

Obbligo di trasparenza

39. Sulla base della norma sopra richiamata la banca è tenuta, nella prestazione dei servizi di investimento e accessori, a comportarsi con “trasparenza”. L’imposizione di tale obbligo a carico dell’intermediario significa anche che i moduli presentati ai clienti bancari per la sottoscrizione devono essere redatti con chiarezza, al fine di consentire agli stessi una chiara e immediata rilevazione della portata e dei rischi dell’operazione.

40. La regola della trasparenza dispiega i suoi effetti, non solo sul piano contenutistico, ma anche sulle modalità di comunicazione, che devono garantire chiarezza e comprensibilità ed essere adeguate alle tecniche di contatto utilizzate con la clientela.

41. Nel caso in esame i moduli sottoscritti da L. F. e da R. R. F. non rispondono a tale requisito. Essi, infatti, recano l’annotazione “Si dà atto che mi avete fornito le informazioni necessarie e sufficienti ai fini della completa valutazione del grado di rischiosità della presente operazione” in caratteri minuti e non facilmente distinguibili dal resto del testo e inseriti in un solo periodo contenente altre disposizioni.

42. Nel modulo poi si leggono cinque preposizioni precedute ognuna di esse da una casella bianca, senza alcuna indicazione in ordine alle modalità di compilazione. Nessuna di tali caselle risulta sbarrata. Tra le frasi in questione si legge “l’operazione non appare adeguata alla Vostra situazione finanziaria ed ai Vostri obiettivi di investimento” e quella “l’operazione non appare adeguata alla Vostra situazione finanziaria ed ai Vostri obiettivi di investimento, in quanto eseguita su mercato non regolamentato”. La mancata apposizione di un segno di spunta sulla casella bianca apposta sulla destra rispetto a tali proposizione lascia quasi intendere che la banca abbia ritenuto le operazioni in questione, pur indicate come ad “alto rischio”, come adeguate alle persone degli investitori.

43. Va rilevato, ancora, che la frase con quale si afferma che il cliente “è al corrente a) del fatto che si tratta di investimento in obbligazione di emittente ad alto rischio b) dell’aleatorietà delle quotazioni sul mercato internazionale c) della illiquidità del titolo e ne accetta tutti i rischi conseguenti” è scritta su un tagliando sovrapposto al modulo e legato ad esso sembra da spillette.

44. Il modulo in questione non è, quindi, né chiaro né trasparente ma estremamente confuso e contraddittorio. Non si può, infatti, ritenere che il rispetto dell’obbligo di trasparenza si esaurisca nella consegna di un tale ordine scritto. Non si può presumere che sia pienamente consapevole l’investitore, cui l’intermediario ha consegnato i suddetti documenti e questi non deve ritenere che il mero rispetto dell’obbligo in questione renda il cliente capace di tutelare da sé il proprio interesse e di assumersi i rischi dell’investimento compiuto.

45. Invero, l’intermediario deve comunque assicurare all’investitore la propria assistenza e la propria guida nella scelta delle operazioni da compiere, anche al di là delle asettiche e standardizzate informazioni riportate nel documento.

46. La “conoscenza” deve essere una conoscenza effettiva ed anche alla luce del dettato dell’art. 82, comma 3, del Regolamento Consob, l’intermediario (o il promotore) deve verificare che il cliente abbia compreso le caratteristiche essenziali dell'operazione proposta, non solo con riguardo ai relativi costi e rischi patrimoniali, ma anche con riferimento alla sua adeguatezza in rapporto alla situazione dell'investitore.

 

Onere della prova

47. L’art. 23 del decreto legislativo n° 58 del 1998, al sesto comma, specifica che, nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta.

48. La diligenza richiesta all’intermediario è quella specifica esigibile dagli intermediari professionali del settore (in applicazione della regola generale sancita dall’art. 1176 comma 2 c.c.). Il riferimento alla diligenza contenuto in questa norma non costituisce una mera ripetizione della regola codicistica, ma vuole significare che la posizione dell’intermediario sul mercato determina uno specifico affidamento di chi entra in contatto con lui nelle sue qualità e abilità professionali.

49. Funzione essenziale della norma è quella di trasferire sull’intermediario la prova dei fatti che rientrano nella sua sfera di controllo, si attribuisce al contraente dotato della migliore conoscenza delle dinamiche del mercato il compito di individuare le circostanze che hanno determinato un pregiudizio economico per l’investitore.

50. Nel caso in esame, invece, la società Cassa di Risparmio di Firenze non ha fornito, pertanto, alcuna dimostrazione di avere adottato nella conclusione e nell’esecuzione dei contratti per cui è causa la necessaria diligenza, secondo le norme sopra illustrate.

51. La società convenuta, oltre ad aver prodotto una documentazione carente e incompleta (si veda il richiamo nelle copie degli ordini prodotti “continua a pag. 10” privo di ogni significato in assenza del documento completo) ha chiesto, in comparsa di risposta, l’ammissione di una prova per testimoni, sulla quale non ha neppure insistito in sede di precisazione di conclusione, del tutto generica.

52. La necessità di specificare i fatti, imposta dall'art. 244 c.p.c., sui quali i testimoni sono chiamati a deporre può ritenersi soddisfatta solo ove, ancorché non precisati tutti i loro minuti dettagli, i fatti stessi siano esposti nei loro elementi essenziali e siano indicate le circostanze basilari che consentano al giudice di controllare l'influenza e la pertinenza della prova offerta e per mettere la parte, contro la quale la prova è  diretta, in grado di formulare un'adeguata prova contraria (Cass., 11 ottobre 1989, n. 4056; 15 aprile 1987, n. 3728; 30 maggio 1983, n. 3716).

53. Nel caso in esame la prova di cui si chiede l'ammissione, con riferimento all’unico capitolo di qualche rilevanza, il terzo (“E’ vero che agli stessi Signori L. F. e R. R. F. furono fornite, dalla citata Filiale della Cassa?i”), è, al contrario, articolata in modo tale da non chiarire le modalità essenziali di tempo, di luogo e di svolgimento dei fatti dedotti.

54. Va, in particolare, evidenziato che l’informazione degli attori costituisce un momento saliente nell’ambito della vicenda contrattuale intercorsa tra le parti ed è stato oggetto di specifica e ripetuta contestazione da parte di L. F. e di R. R. F.. L'indagine sulla specificità va condotta, non soltanto alla stregua della letterale formulazione dei capitoli articolati dalla parte istante, ma ponendo altresì il loro contenuto in relazione agli altri atti di causa ed alle deduzioni del contendenti (Cass. 3 ottobre 1995, n° 10371) e, proprio in tale ottica, la prova di cui la società convenuta ha chiesto l’ammissione mostra i suoi limiti.

 

Il comportamento processuale della banca convenuta

51. Va, inoltre, sottolineato il comportamento processuale dell’istituto di credito convenuto. Anche a prescindere dalla prima eccezione del tutto infondata, va rilevato che il legale rappresentante della banca convenuta non è comparso all’udienza ex art. 183 del codice di procedura civile senza alcun giustificato motivo.

52. Tale comportamento risulta ancor più grave ove si consideri che la società convenuta, dopo aver impedito con l’assenza del proprio legale rappresentante, lo svolgimento del tentativo di conciliazione, ha chiesto all’udienza del 21 ottobre 2004, fissata per la precisazione delle conclusioni, “un rinvio per instaurare una trattativa”.

53. Va, ancora, sottolineato che, nel corso della prima udienza di trattazione della causa, gli attori hanno manifestato delle perplessità in ordine alle copie degli ordini prodotti dalla banca convenuta dichiarando di non ricordare “di avere firmato dei moduli con delle strisce sopraggiunte” e hanno invitato l’istituto di credito a produrre gli originali dei medesimi. Parte convenuta, nella successiva memoria ex art. 184 del c.p.c., ha dedotto “che gli originali, di spettanza della Banca, potrebbero essere prodotti in giudizio sulla base di uno specifico provvedimento del Giudice Istruttore”.

54. Con la conseguenza che l’istituto di credito, in violazione degli obblighi di trasparenza sopra descritti e dell’onere dalla prova su di lei incombente, non ha nemmeno prodotto gli originali dei tre ordini sottoscritti dagli attori.

55. Tale comportamento processuale, valutato ai sensi del secondo comma dell’art. 116 del codice di procedura civile, conferma l’infondatezza delle difese espresse dalla società convenuta.

 

Nullità degli ordini

56. La normativa richiamata è posta a tutela dell’ordine pubblico economico e, dunque, si sostanzia in norme imperative, la cui violazione impone la reazione dell’ordinamento attraverso il rimedio della nullità del contratto, anche a prescindere da un’espressa previsione in tal senso da parte del legislatore ordinario.

57. Questo principio è stato sancito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 7 marzo 2001 n. 3272), secondo cui “in presenza di un negozio contrario a norme imperative, la mancanza di un’espressa sanzione di nullità, non è rilevante ai fini della nullità dell'atto negoziale in conflitto con il divieto, in quanto vi sopperisce l'art. 1418, comma 1, c.c., che rappresenta un principio generale rivolto a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione dei precetti imperativi non si accompagna una previsione di nullità”.

58. Pertanto, un contratto di investimento, concluso senza l’osservanza delle regole di condotta dettate dalla normativa richiamata, deve essere dichiarato nullo, perché contrario all’esigenza di trasparenza dei servizi finanziari che è esigenza di ordine pubblico.

59. I principi di condotta imposti a carico degli intermediari finanziari dalla legge speciale, imprimono ai comportamenti dovuti una logica che non può essere letta riduttivamente, nel quadro della disciplina del mandato e, quindi, nell’ottica di un semplice inadempimento contrattuale.

60. Infatti se a questa figura giuridica si può per taluni aspetti riferirsi, questo deve essere fatto tenendo presenti quei contenuti normativi che, connotandola attribuiscono alla fattispecie elementi differenziatori individuati nella complessità di obblighi posti a carico dell'intermediario.

61. La prospettiva da cui muove la disciplina del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria e nella quale sono confluite regole già vigenti e regola di nuove coniazione, riguarda, in generale, la regolamentazione del mercato finanziario con particolare attenzione alla tutela degli interessi pubblici sottesi alle regole. La protezione offerta agli investitori è considerata solo di riflesso.

62. Nella vigenza della legge n° 1 del 1991, parte della dottrina aveva attribuito a ai canoni di diligenza, di correttezza un carattere ridondante o, addirittura, meramente ripetitivo delle disposizioni codicistiche. Senonchè gli interventi del legislatore successivi al recepimento della direttiva n° 22 del 1993 della Cee concorrono ad attribuire autonoma e specifica rilevanza alla previsione contenuta nell’art. 21 del decreto legislativo n° 58 del 1998. Infatti, se nel contesto della legge precedente gli obblighi di diligenza e correttezza risultavano espressamente finalizzati alla "cura dell’interesse del cliente", con l’art. 17 d.lgs. 415/1996 e con l’art. 21 T.U.F. (norme ispirate alla disciplina comunitaria), tali obblighi sono imposti anche e soprattutto "nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati”.

63. Ne consegue che correttezza e diligenza, di cui alla disciplina dei servizi di investimento, esprimono concetti più ampi di quelli sottesi alle norme codicistiche, "operando non soltanto nel quadro di un rapporto obbligatorio con l’investitore per la tutela del soddisfacimento del suo interesse, ma anche più in generale (e in via di principio) in relazione allo svolgimento dell’attività economica come canone di condotta volto a realizzare una leale competizione e a garantire l’integrità del mercato". Pertanto, nel contesto della nuova normativa la diligenza e la correttezza sono canoni di condotta riconducibili alle pratiche del commercio e agli usi imprenditoriali, mentre nel contesto codicistico non possono mai prescindere dall’esistenza di un rapporto giuridicamente rilevante tra due parti definite e precisamente individuate.

64. Ne consegue, pertanto, che gli ordini di acquisti delle obbligazioni argentine sottoscritti da da L. F. e da R. R. F. vanno dichiarati nulli

 

Rimborso

65. La società Cassa di Risparmio di Firenze va, quindi, condannata al rimborsare agli attori le somme impiegate nell’acquisto di tali titoli. Ne consegue, pertanto, che la società convenuta va condannata a pagare a L. F. la somma di 63.000 euro e a R. R. la somma di 52.000 euro, oltre per entrambi i debiti agli interessi nella misura legale con decorrenza dal 9 maggio 2003 (data di notificazione della domanda), dovendosi presumere la buona fede dell’accipiens. Anche nell'ipotesi di specie trova applicazione il principio per cui la buona fede si presume in difetto di specifiche prove contrarie e può ritenersi esclusa solo dalla prova della consapevolezza, da parte dello stesso accipiens dell'inesistenza di un suo diritto al pagamento effettuato a suo favore.

66. Con l'entrata in vigore della l. 26 novembre 1990 n. 353 il saggio di interessi legali deve ritenersi determinato secondo le oscillazioni dell’inflazione. Sono pertanto venuti meno i presupposti  posti a base del risarcimento del maggior danno derivante dal deprezzamento della moneta e della cumulabilità con gli interessi. La norma di cui al primo comma dell'art. 1224 c.c. ha recuperato l'originaria funzione di assicurare un risarcimento minimo e forfetario, indipendentemente da qualsiasi prova di danno, con la conseguenza che non sussiste più spazio al riconoscimento di altri danni forfetariamente calcolati, legati al tasso d'inflazione, ferma restando, per il creditore, la possibilità di chiedere e dimostrare il maggior danno.

67. Il maggior danno da svalutazione monetaria va provato e, pur essendo vero che, in difetto di prove specifiche, soccorre il potere del giudice di far ricorso a criteri presuntivi in ordine alla possibilità d'impiego del danaro, coerenti con la situazione personale e professionale del creditore, non si può prescindere dall'assolvimento, da parte del creditore stesso, quanto meno di un onere di allegazione che consenta al giudice di verificare se, tenuto conto di dette qualità personali e professionali, il danno richiesto possa essersi verosimilmente prodotto.

68. Il creditore non può, infatti, ritenersi esonerato dall'allegazione e prova, ancorché nell'ambito della categoria di appartenenza, degli elementi in forza dei quali il danno ulteriore può essere quantificato, atteso che, con particolare riguardo alla molteplicità delle categorie predette, il ricorso ad elementi presuntivi, o a fatti di comune esperienza non può certo tradursi automaticamente in parametri fissi comunque applicabili e deve ritenersi consentito soltanto in stretta correlazione con le qualità e le condizioni della categoria cui appartiene il creditore, e che esclusivamente alla luce di tali dati personalizzati, che l'interessato ha l'onere di fornire, sussistono i presupposti per una valutazione, secondo criteri di probabilità e normalità, delle modalità di utilizzazione del denaro e, quindi, degli effetti, nel caso concreto, della sua R.rdata disponibilità.

69. Nel caso in esame, pertanto, non avendo L. F. e R. R. F. in alcun modo dedotto e provato il maggior danno conseguente alla mancata restituzione della somma dovuta, la domanda di risarcimento va rigettata

70. L. F. e R. R. F. hanno, anche, chiesto la condanna della società Cassa di Risparmio alla restituzione della somma di 11,78 euro sostenuta dal primo e di quella di 11.77 euro sostenuta dalla seconda per la richiesta della copia dei moduli.

71. La spesa sostenuta dagli attori, per richiedere la copia degli ordine da loro sottoscrittiti, non è un pregiudizio che trovi fonte immediata e diretta nella violazione da parte della banca convenuta degli obblighi di legge sopra descritti. Ne consegue, pertanto, il rigetto della domanda.

 

Spese del giudizio

72. In applicazione del principio stabilito dall'art. 91 c.p.c. la società Cassa di Risparmio di Firenze va condannata anche al rimborso delle spese processuali che, tenuto conto della natura e del valore della controversia, dell'importanza e del numero delle questioni trattate e all'attività svolta dal difensore innanzi al giudice, si liquidano in complessivi 15.397,25 euro oltre all’I.V.A. e al C.P.A., di cui euro 2.652,20 per diritti ed euro 10.680 per onorario, euro 1.634,81 quale rimborso forfetario sulle spese generali e infine euro 430.24 quali spese effettivamente sostenute.

per questi motivi

Il Tribunale, definitivamente decidendo, condanna la società Cassa di Risparmio di Firenze a pagare a L. F. la somma di 63.000 euro e a R. R. la somma di 52.000 euro, oltre per entrambi i debiti agli interessi nella misura legale con decorrenza dal 9 maggio 2003 ed al rimborso delle spese processuali, liquidate in complessivi euro 15.397,25 euro oltre all’I.V.A. e al C.P.A.

Così deciso il 18 febbraio 2005 in Firenze.