Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 14544 - pubb. 01/07/2010

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Cassazione civile, sez. III, 03 Marzo 2010, n. 5067. Est. Vivaldi.


Istruzione e scuole - Personale insegnante - In genere - Danno cagionato a se stesso dall'allievo - Responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante - Natura giuridica - Responsabilità contrattuale - Sussistenza - Fondamento - Conseguenze sul piano della distribuzione dell'onere della prova

Istruzione e scuole - Personale insegnante - In genere - Art. 61, comma secondo, legge n. 312 del 1980 - Portata - Responsabilità dell'insegnante per "culpa in vigilando" - Azioni risarcitorie promosse da terzi in via contrattuale o extracontrattuale - Legittimazione passiva dell'insegnante - Esclusione - Successivo giudizio di rivalsa dell'Amministrazione, condannata a risarcire il danno, nei confronti dell'insegnante - Limitazione ai casi di dolo o colpa grave - Operatività del limite anche nei confronti dei terzi - Esclusione

Impugnazioni civili - Appello - Domande - Nuove - "Causa petendi et petitum" - Risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza di primo grado - Ammissibilità - Condizioni - Avvenuta proposizione, in primo grado, di azione per danni, e riconducibilità degli ulteriori danni agli stessi titoli e natura - Necessità



Nel caso di danno cagionato dall'alunno a se stesso, la responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che - quanto all'istituto scolastico - l'accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell'allievo alla scuola, determina l'instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell'istituto l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso; e che - quanto al precettore dipendente dell'istituto scolastico - tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico, nell'ambito del quale l'insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l'allievo si procuri da solo un danno alla persona. Ne deriva che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell'istituto scolastico e dell'insegnante, è applicabile il regime probatorio desumibile dall'art. 1218 cod. civ., sicché, mentre l'attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull'altra parte incombe l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all'insegnante. (massima ufficiale)

In tema di responsabilità degli insegnanti di scuole statali, l'art. 61, secondo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 - nel prevedere la sostituzione dell'Amministrazione, salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi - esclude in radice la possibilità che gli insegnanti statali siano direttamente convenuti da terzi nelle azioni di risarcimento danni da "culpa in vigilando", quale che sia il titolo - contrattuale o extracontrattuale - dell'azione. Ne deriva, pertanto, che l'insegnante è privo di legittimazione passiva non solo nel caso di azione per danni arrecati da un alunno ad altro alunno (nella quale sia invocata, nell'ambito di un'azione di responsabilità extracontrattuale, la presunzione di cui all'art. 2048, secondo comma, cod. civ.), ma anche nell'ipotesi di danni arrecati dall'allievo a se stesso (ipotesi da far valere secondo i principi della responsabilità contrattuale ex art. 1218 cod. civ.), fermo restando che in entrambi i casi, qualora l'Amministrazione sia condannata a risarcire il danno al terzo o all'alunno autodanneggiatosi, l'insegnante è successivamente obbligato in via di rivalsa soltanto ove sia dimostrata la sussistenza del dolo o della colpa grave, limite, quest'ultimo, operante verso l'Amministrazione ma non verso i terzi. (massima ufficiale)

La domanda di risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza è ammissibile in grado d'appello solo se nel giudizio di primo grado sia stata proposta un'azione di danni e gli ulteriori danni richiesti in appello trovino la loro fonte nella stessa causa e siano della stessa natura di quelli già accertati in primo grado. La nuova pretesa, se priva di tali essenziali e restrittivi requisiti, implicando nuove indagini in ordine alle ragioni poste a base della domanda iniziale e ampliamento del relativo "petitum", costituisce inammissibile domanda nuova. (massima ufficiale)


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