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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20271 - pubb. 26/07/2018.

L’e-mail fa piena prova se colui contro cui è prodotta non ne contesta la conformità ai fatti in essa rappresentati


Cassazione civile, sez. VI, 14 Maggio 2018. Est. Scarpa.

Prova civile – E-mail – Non contestata quanto alla conformità ai fatti rappresentati – Valore probatorio – Affermazione


L’e-mail, seppur priva di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche, ovvero fra le rappresentazioni meccaniche indicate, con elencazione non tassativa, dall’art.2712 c.c., e dunque forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime. [Nella fattispecie, la Corte ha confermato la sentenza d’appello che ha riconosciuto l’esistenza di un contratto di fornitura e del conseguente credito azionato in sede monitoria sulla base di uno scambio di mail tra i rappresentanti di due società, mail non contestate quanto alla loro provenienza e testuale contenuto.] (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice - Presidente -

Dott. D’ASCOLA Pasquale - Consigliere -

Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere -

Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -

Dott. SCARPA Antonio - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

La ricorrente s.n.c. Non solo nautica di C.G. e P. impugna per tre motivi (violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione; violazione dell'art. 2697 c.c.; violazione e falsa applicazione, nonchè vizio di motivazione, in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c.) la sentenza della Corte d'Appello di Milano n. 4448/2016 del 29 novembre 2016.

Resiste con controricorso la N. Logistic Europe BV. La sentenza impugnata ha rigettato l'appello formulato dalla stessa Non solo nautica s.n.c. avverso la pronuncia resa in primo grado il 15 gennaio 2016 dal Tribunale di Milano.

Il giudizio ebbe inizio con decreto ingiuntivo per l'importo di Euro 82.834,88, oltre interessi legali, intimato dalla N. Logistic Europe BV alla Non solo nautica s.n.c. per il pagamento di strumentazioni di navi da diporto ordinate da quest'ultima. Il Tribunale di Milano, preso atto dell'avvenuto pagamento in corso di causa della somma di Euro 18.000,00, revocò il Decreto Ingiuntivo e condannò la Non solo nautica s.n.c. al pagamento dell'importo residuo dovuto pari ad Euro 64.834,88. La Corte d'Appello di Milano ha ritenuto che il credito azionato, e quindi il rapporto commerciale intercorso fra le parti, fossero stati provati dallo scambio di mail intervenuto il 13 ottobre 2011 e il 24 novembre 2011 fra P.C., financial controller della N. e C.P., socio della s.n.c. Non solo nautica, avendo quest'ultimo proposto un piano di rientro per i crediti scaduti, ammontanti ad Euro 82.834,88, piano accettato dalla N.. La documentazione acquisita, ad avviso della Corte di Milano, rendeva superflue le ulteriori deduzioni istruttorie per prova testimoniale della debitrice opponente a decreto ingiuntivo. La condanna alle spese del processo è stata, infine, giustificata dai giudici di appello per la permanente soccombenza della s.n.c. Non solo nautica, nonostante il pagamento parziale avvenuto in corso di lite e la conseguente revoca dell'ingiunzione.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c., in relazione all'art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l'adunanza della Camera di consiglio.

Quanto al primo motivo, le dedotte violazioni degli artt. 115 e 116 c.p.c., sono prive di consistenza, atteso che la violazione dell'art. 115 c.p.c., può essere ipotizzata come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha deciso la causa sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre; mentre la violazione dell'art. 116 c.p.c., è idonea ad integrare il vizio di cui all'art. 360 c.p.c., n. 4, denunciabile per cassazione, solo quando il giudice di merito abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, e non per lamentare che lo stesso abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova (Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11892).

E' invece inammissibile la doglianza fondata sul parametro dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto questo, come riformulato del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, contempla soltanto il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo. Tale vizio non risulta in ogni caso denunciato nel rispetto delle previsioni dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

La Corte d'Appello di Milano ha ritenuto che il contratto di fornitura intercorso fra le parti, ed il conseguente credito azionato in sede monitoria, fosse stato provato dallo scambio di mail intervenuto il 13 ottobre 2011 e il 24 novembre 2011 tra i rappresentanti delle due società, mail non contestate "quanto alla loro provenienza e testuale contenuto".

Ai sensi del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 1, comma 1, lett. p), (Codice dell'amministrazione digitale), la e-mail costituisce un "documento informatico", ovvero un "documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti". L'e-mail, pertanto, seppur priva di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche, ovvero fra le rappresentazioni meccaniche indicate, con elencazione non tassativa, dall'art. 2712 c.c. e dunque forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime (arg. già da Cass. Sez. 3, 24/11/2005, n. 24814).

Poichè nella mail del 13 ottobre 2011 C.P., socio della s.n.c. Non solo nautica, si era impegnato a rientrare dalla propria esposizione debitoria, quantificata in Euro 82.834,88, la Corte d'Appello di Milano, correttamente operando la ripartizione dell'onere della prova, ha ritenuto dimostrata l'esistenza del rapporto contrattuale, nonchè verificato l'importo del credito azionato col decreto ingiuntivo.

E' del pari infondato il secondo motivo di ricorso. La doglianza relativa alla violazione del precetto di cui all'art. 2697 c.c., è configurabile soltanto nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella norma, ed integra motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, mentre la censura che investe la valutazione delle prove può essere fatta valere nei limiti già richiamati del vigente n. 5 del medesimo art. 360 (Cass. Sez. 3, 17/06/2013, n. 15107).

Il secondo motivo rivela inoltre profili di inammissibilità, in quanto, qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha sempre l'onere, ai sensi dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonchè di dimostrare sia l'esistenza di un nesso eziologico tra l'omesso accoglimento dell'istanza e l'errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell'errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove (da ultimo, Cass. Sez. 6-1, 04/10/2017, n. 23194). Peraltro, l'ammissione delle prove testimoniali sulle stesse circostanze già oggetto di prova documentale prodotta costituisce un potere tipicamente discrezionale del giudice di merito, il quale può ritenere superflua l'ulteriore assunzione della prova per testimoni ove ritenga sufficientemente istruita la causa, con giudizio che si sottrae al sindacato di legittimità se congruamente motivato anche per implicito dal complesso della motivazione (Cass. Sez. 3, 12/07/2005, n. 14611).

E' infine da respingere anche il terzo motivo di ricorso. Nel procedimento per ingiunzione, la fase monitoria e quella di cognizione che si apre con l'opposizione, fanno parte di un unico processo, nel quale l'onere delle spese è regolato in base all'esito finale del giudizio di opposizione ed alla complessiva valutazione dello svolgimento di esso e della soccombenza; di conseguenza, l'accoglimento parziale dell'opposizione avverso il decreto ingiuntivo, sebbene implichi la revoca dello stesso, non comporta necessariamente il venir meno della condanna dell'ingiunto (poi opponente) al pagamento delle spese di lite. Nel liquidare tali spese, quindi, non viola affatto il disposto degli artt. 91 e 92 c.p.c., il giudice che lasci le stesse interamente a carico della parte ingiunta, allorquando la revoca del decreto ingiuntivo sia dipesa, come nella specie, dal pagamento (per di più parziale) della somma recata dal decreto monitorio nel corso del giudizio di opposizione (Cass. Sez. 6-1, 21/07/2017, n. 18125; Cass. Sez. 3, 12/05/2015, n. 9587; Cass. Sez. 1, 01/02/2007, n. 2217).

Il ricorso va perciò rigettato e la ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater - dell'obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione integralmente rigettata.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile - 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 20 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2018