Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20455 - pubb. 12/09/2018

Il giudice non può disapplicare gli atti amministrativi legittimi sindacandone il merito

Cassazione Sez. Un. Civili, 25 Maggio 2018, n. 13193. Est. Virgilio.


Opposizione a cartella esattoriale – Pagamento di servizio comunale a tariffa piena – Contestazione nel merito dell’esclusione dall’applicazione della tariffa agevolata – Potere di disapplicazione dell’atto amministrativo – Non sussiste



Il potere di disapplicazione degli atti amministrativi può essere esercitato anche nelle controversie in cui sia parte la pubblica amministrazione, e non già soltanto in quelle tra privati. Ai fini dell’esercizio in concreto di tale potere è necessario che: a) il provvedimento amministrativo non costituisca l’oggetto della controversia, ma si configuri quale mero antecedente logico, sicché la questione della sua legittimità si prospetti come pregiudiziale in senso tecnico e non come principale; b) il provvedimento sia affetto da vizi di legittimità, come tali lesivi di diritti – mentre il sindacato del giudice è escluso con riguardo alle valutazioni di merito attinenti all’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione.
[Nella fattispecie, è stata confermata la riforma della sentenza di primo grado che aveva censurato nel merito la scelta del Comune di prevedere, ai fini dell’esclusione dal beneficio del pagamento della mensa scolastica a tariffa agevolata, accanto all’ISEE, criteri ulteriori di selezione – nel caso specifico, il possesso o l’utilizzo di veicoli di grossa cilindrata.] (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato - Primo Presidente f.f. -

Dott. AMOROSO Giovanni - Presidente di Sez. -

Dott. NAPPI Aniello - Consigliere -

Dott. VIRGILIO Biagio - rel. Consigliere -

Dott. CIRILLO Ettore - Consigliere -

Dott. BERRINO Umberto - Consigliere -

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi - Consigliere -

Dott. SCARANO Luigi Alessandro - Consigliere -

Dott. SCRIMA Antonietta - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 

Svolgimento del processo

1. B.S. propose opposizione avverso la cartella esattoriale con la quale il Comune di Chieri le aveva chiesto il pagamento relativo al servizio di mensa scolastica - fruito dal figlio minore - in base alla tariffa piena, anzichè a quella agevolata che l'opponente aveva applicato nonostante il rigetto della relativa istanza, pagamento fondato sul regolamento comunale (approvato con Delib. n. 94 del 2010 e modificato con Delib. n. 69 del 2011), il quale escludeva dal beneficio, per quanto qui rileva, il nucleo familiare "in possesso a titolo di proprietà o di utilizzo di un'autovettura di cilindrata superiore a 2500 c.c.".

La B. sostenne di avere diritto alla tariffa agevolata sia perchè l'autovettura era intestata all'ex convivente, genitore del bambino, in comproprietà col di lui padre, sia in considerazione della vetustà del veicolo.

Con successivo atto di citazione, la B., avendo nelle more provveduto al versamento della somma recata dalla cartella per evitare la sospensione del servizio di scuolabus, chiese la condanna del Comune alla restituzione dell'importo versato (pari ad Euro 467,28).

Il giudice di pace di Chieri, riuniti i giudizi ed affermata la propria giurisdizione, accolse la domanda con sentenza del 29 gennaio 2014.

Il Comune di Chieri propose appello, che è stato accolto dal Tribunale di Torino con sentenza del 18 giugno 2015.

Il Tribunale ha ritenuto che il primo giudice aveva erroneamente proceduto alla disapplicazione del regolamento comunale, potere che gli era precluso trattandosi di un giudizio in cui era parte la p.a. e che concerneva una situazione giuridica soggettiva qualificabile come di interesse legittimo e non di diritto soggettivo. In tal modo il giudice di pace aveva anche violato i principi regolatori della materia in materia di disapplicazione degli atti amministrativi, per cui andava respinta l'eccezione dell'appellata di inammissibilità del gravame per violazione dell'art. 339 c.p.c., comma 3.

Ha aggiunto che il primo giudice aveva illegittimamente sindacato, sancendone il carattere discriminatorio, il contenuto del provvedimento amministrativo in esame, col quale il Comune aveva invece espresso la propria discrezionalità in tema di prestazioni sociali agevolate, secondo le previsioni dettate dal D.Lgs. n. 109 del 1998.

Ha, in conclusione, accertato il diritto del Comune di percepire la somma suddetta e condannato la B. a versarla nuovamente al Comune, che l'aveva nel frattempo restituita.

2. Avverso detta sentenza B.S. ha proposto ricorso per cassazione articolato in otto motivi.

3. Ha resistito con controricorso il Comune di Chieri.

4. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 7 e art. 133, lett. b) e c), (cod. proc. amm.) per avere il Tribunale di Chieri negato la giurisdizione del giudice ordinario in controversia relativa al corrispettivo dovuto per la fornitura del servizio pubblico di mensa scolastica.

Con il secondo motivo lamenta - in relazione, fra l'altro, alle medesime norme anzidette - che il giudice a quo ha erroneamente qualificato come interesse legittimo, anzichè come diritto soggettivo, la posizione giuridica dedotta in giudizio ai fini della giusta determinazione del corrispettivo in questione.

Col terzo motivo è denunciata la violazione degli artt. 112, 329 e 359 c.p.c. e del cit. D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 9, per avere il giudice d'appello violato il giudicato interno sulla giurisdizione.

Con la quarta censura la ricorrente si duole del fatto che il Tribunale, in violazione del cit. D.Lgs. n. 104 del 2010, artt. 4, 7, 9 e 133, ha negato, nella fattispecie, il potere del giudice ordinario di disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo.

Col quinto motivo lamenta, in subordine, che il giudice a quo, in contraddizione con il presupposto diniego della giurisdizione del giudice ordinario, abbia deciso la causa nel merito, anzichè rimetterla davanti al giudice amministrativo.

Con il sesto, il settimo e l'ottavo motivo, infine, la ricorrente denuncia: a) violazione degli artt. 112, 113 c.p.c., art. 339 c.p.c., comma 3 e art. 342 c.p.c. e art. 111 Cost., là dove il giudice a quo ha rigettato l'eccezione di inammissibilità dell'appello del Comune, formulata dall'appellata per la mancata indicazione dei principi regolatori della materia posti a base della sentenza di primo grado, pronunciata secondo equità (sesto motivo); b) violazione dei principi regolatori della materia in relazione alla interpretazione dei contratti (principi derivati dagli artt. 1341, 1370, 1371, 2597 c.c., D.Lgs. n. 109 del 1998 e dalle norme a tutela del consumatore), in base ai quali la delibera comunale in esame non può trovare applicazione nei confronti della ricorrente, non contemplando la comunione del bene e il compossesso, e quindi l'uso saltuario del bene medesimo (settimo motivo); c) violazione degli artt. 112, 115 e 324 c.p.c., art. 2909 c.c., D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 7, dei principi regolatori della materia relativa al contratto di somministrazione, nonchè dell'art. 1418 c.c., artt. 3 e 111 Cost., in virtù dei quali, in via subordinata, la delibera de qua deve essere disapplicata (ottavo motivo).

2.1. Il ricorso va complessivamente rigettato, anche se la motivazione della sentenza impugnata deve essere parzialmente corretta ai sensi dell'art. 384 c.p.c., u.c..

2.2. Sono innanzitutto inammissibili il primo, il terzo e il quinto motivo, in quanto il presupposto sul quale si basano, e cioè che il Tribunale di Chieri abbia negato la propria giurisdizione, è chiaramente smentito dalla sentenza impugnata, con la quale il giudice a quo, previa implicita conferma della propria giurisdizione (quand'anche, in ipotesi, imposta dal giudicato interno formatosi sul punto), ha deciso la causa nel merito.

2.3. Il secondo motivo, attinente alla qualificazione giuridica della posizione soggettiva fatta valere in giudizio, è fondato.

Va, in primo luogo, ribadito il consolidato principio della giurisprudenza di queste sezioni unite secondo il quale, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il cosiddetto petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell'intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio (tra le più recenti, Cass., Sez. U., 21/5/2014, n. 11229; 15/1/2015, n. 604; 15/12/2016, n. 25836; 15/9/2017, n. 21522).

Nella fattispecie, la controversia concerne la determinazione del corrispettivo preteso dal Comune per la fornitura del pubblico servizio di mensa scolastica e la posizione del privato - mentre è di interesse legittimo (suscettibile di tutela solo presso il giudice amministrativo) rispetto al provvedimento generale di determinazione della tariffa assume la consistenza del diritto soggettivo, tutelabile dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria, per quanto concerne l'accertamento dell'inesistenza del potere dell'ente di pretendere la prestazione pecuniaria, in assoluto o in un determinato ammontare, giacchè, in tal caso, vengono in contestazione diritti ed obblighi di fonte contrattuale privata e ben potendo il giudice ordinario verificare incidentalmente la legittimità e l'efficacia dei provvedimenti dell'autorità amministrativa determinativi o modificativi della tariffa (Cass., Sez. U., 17/3/2004, n. 5412; 3/2/2014, n. 2295).

2.4. Il quarto motivo attiene all'esercizio, da parte del giudice ordinario, del potere di disapplicazione degli atti amministrativi e ai suoi limiti, soggettivi ed oggettivi.

In primo luogo, deve ritenersi - contrariamente a quanto affermato dal giudice a quo, che ha sul punto richiamato Cass., Sez. U., 6/2/2015, n. 2244 - che il detto potere può essere esercitato anche nelle controversie in cui sia parte la pubblica amministrazione, e non già soltanto in quelle tra privati: il fatto, cioè, che il giudizio si svolga tra un privato e una pubblica amministrazione non preclude affatto, di per sè, ai sensi della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, all. E, il potere del giudice ordinario di esaminare incidentalmente il provvedimento amministrativo ai fini della sua eventuale disapplicazione (tra altre, Cass., Sez. U., 6/8/1975, n. 2987; 10/9/2004, n. 18263; 9/1/2007, n. 116; 5/6/2014, n. 12644).

Ciò precisato, ai fini dell'esercizio in concreto del potere di disapplicazione è però necessario che ricorrano le seguenti due condizioni oggettive: a) il provvedimento amministrativo non può costituire l'oggetto diretto della controversia, cioè non può venire in rilievo come fondamento del diritto dedotto in giudizio, bensì deve configurarsi quale mero antecedente logico, sicchè la questione della sua legittimità si prospetti come pregiudiziale in senso tecnico e non come principale (tra le tante, Cass., Sez. U., n. 2987 del 1975 e n. 2244 del 2015, citt.; Cass. nn. 22/2/2002, n. 2588; 13/9/2006, n. 19659; 10/1/2017, n. 276); b) il provvedimento deve essere affetto da vizi di legittimità, come tali lesivi di diritti, mentre il sindacato del giudice è escluso con riguardo alle valutazioni di merito attinenti all'esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione (tra altre, Cass., Sez. U., n. 18263 del 2004 e n. 116 del 2007, citt.; Cass. 22/2/2010, n. 4242; 6/3/2013, n. 5588).

2.5. La statuizione del Tribunale di Chieri, nella parte in cui ha ritenuto che, nella fattispecie, il primo giudice ha esercitato il potere di disapplicazione al di fuori dei limiti consentiti, e in particolare di quello suindicato al punto b), è corretta.

Il giudice di pace, infatti, là dove ha considerato discriminatoria la previsione del regolamento comunale in questione, perchè riferita al solo elemento della cilindrata del veicolo, senza tener conto della vetustà dello stesso (e quindi del suo valore economico) e della frequenza del suo uso (costante o, come nella specie, saltuaria), ha evidentemente espresso un sindacato non di legittimità, bensì di merito del provvedimento: ha, cioè, censurato la scelta discrezionale dell'ente in tema di requisiti di accesso alla prestazione agevolata de qua, compiuta - peraltro, in modo non manifestamente irragionevole - in base al potere, attribuito agli enti erogatori dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109, art. 3, comma 1, di prevedere, al fine di fruire del beneficio, "accanto all'indicatore della situazione economica equivalente (....), criteri ulteriori di selezione dei beneficiari".

Il quarto motivo deve essere, pertanto, rigettato.

2.6. Il sesto motivo è infondato.

Il Tribunale ha, infatti, espressamente esaminato l'eccezione di inammissibilità dell'appello ex art. 339 c.p.c., comma 3, rigettandola sulla base del rilievo che l'appello conteneva l'indicazione dei principi regolatori della materia che si assumevano violati dalla sentenza del giudice di pace pronunciata secondo equità.

L'esame diretto degli atti conferma l'esattezza della statuizione.

2.7. Infine, l'esame del settimo e dell'ottavo motivo, con i quali si insiste sulla necessità di disapplicare la Delib. Comunale in questione, resta assorbito a seguito del rigetto del quarto motivo.

3. In conclusione, il ricorso, previa correzione della motivazione della sentenza impugnata nei sensi sopra specificati, va rigettato.

4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 1200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2018.