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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20536 - pubb. 28/09/2018.

È revocabile l’alienazione dell’immobile alla badante in cambio di assistenza


Cassazione civile, sez. VI, 20 Luglio 2018. Est. Lina Rubino.

Azione revocatoria ordinaria – Alienazione della nuda proprietà di immobile alla badante – In cambio dell’obbligo di assistenza – Natura onerosa – Sussiste – Scientia damni – Sussiste


Ove l’acquirente acquisti non gratuitamente e all’esito della instaurazione di un rapporto fiduciario, rendendo inverosimile il fatto di non essere a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente, deve ritenersi fondata l’azione revocatoria dell’alienazione.

[Nella fattispecie, la debitrice aveva trasferito alla propria badante la nuda proprietà dell’unico immobile di sua proprietà, in cambio dell’impegno dell’acquirente a prestarle assistenza per gli anni a venire. La Corte ha ravvisato l’assenza dello spirito di liberalità in relazione all’obbligo di assistenza morale e materiale assunto dall’acquirente; e, in considerazione del fatto che tale attività costituiva la prosecuzione dell’assistenza prestata già in passato, ha dedotto che quest’ultima non potesse non essere a conoscenza nel dettaglio della situazione anche patrimoniale della persona che si obbligava ad assistere.] (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide - Presidente -

Dott. RUBINO Lina - rel. Consigliere -

Dott. CIRILLO Francesco Maria - Consigliere -

Dott. DELL’UTRI Marco - Consigliere -

Dott. TATANGELO Augusto - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

Rilevato che:

1. P.L. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi ed illustrato da memoria contro C.E., avverso la sentenza n.649/2017 della Corte di Appello de L'Aquila.

2. Il C. resiste con controricorso.

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta infondatezza dello stesso. Il decreto di fissazione dell'udienza camerale e la proposta sono stati notificati agli avvocati delle parti.

Considerato che:

1. Il Collegio, tenuto conto anche del contenuto della memoria, condivide le conclusioni del relatore nel senso della manifesta infondatezza del ricorso.

2. C.E., premesso di essere creditore di Ce.Te. di una somma di denaro, evocava in giudizio questa e la ricorrente P. per sentir dichiarare l'inefficacia nei propri confronti del contratto di mantenimento con il quale la Ce. aveva trasferito alla P. la nuda proprietà dell'unico immobile di sua proprietà, trattenendone l'usufrutto, in cambio dell'impegno della P. a prestarle assistenza per gli anni a venire. La domanda veniva accolta.

L'appello della P. veniva rigettato con la sentenza qui impugnata, nella quale si affermava che, in relazione ai rapporti pregressi tra le parti, risultanti anche dal tenore del contratto di mantenimento contenente il trasferimento della proprietà, dai quali risultava una precedente conoscenza tra le due donne, una delle quali già prestava assistenza all'altra, ed un rapporto di fiducia tra le stesse, potesse ritenersi sussistente in capo alla acquirente la consapevolezza che quell'atto di trasferimento, relativo all'unico bene immobile della Ce., fosse idoneo a pregiudicare le ragioni dei creditori.

Con i motivi di ricorso, l'acquirente P. contesta la violazione degli artt. 2901, 2697 e 1140 c.c., nonchè artt. 115 e 116 c.p.c., affermando che se è ben vero che è sufficiente, ai fini della accoglibilità della revocatoria, la prova della generica conoscenza del pregiudizio che l'atto di disposizione patrimoniale possa recare al terzo, in questo caso la corte d'appello si sia accontentata di molto meno, ovvero di una conoscibilità meramente ipotetica.

Con il secondo motivo si duole della violazione degli artt. 2901, 2727 e 2729 c.c., per aver la corte d'appello fondato la propria valutazione su elementi presuntivi del tutto insufficienti.

I motivi, che sfiorano l'inammissibilità, specie il secondo, perchè più o meno indirettamente volti a contestare la valutazione degli elementi posti a fondamento del proprio convincimento operata dalla corte d'appello, sono comunque infondati.

Infatti, la corte, nel ricostruire gli elementi della fattispecie, ha elaborato compiutamente la sua valutazione reputando che nel caso in esame il terzo acquirente, ovvero la P., non fosse un soggetto del tutto estraneo rispetto al venditore, che, non avendo avuto alcun rapporto precedente con essa, non era tenuta se non nell'ambito delle regole di prudenza che precedono il compimento di un acquisto immobiliare, a conoscere la solidità patrimoniale o meno della venditrice e l'esistenza di situazioni debitorie. Al contrario, considerata sia la tipologia di contratto che le parti andavano a concludere, sia il preciso contenuto delle clausole contrattuali, in cui la acquirente acquistava la nuda proprietà dell'immobile ma non gratuitamente, assumendo al contrario un obbligo di assistenza morale e materiale e precisi obblighi infermieristici nei confronti della venditrice per tutto il prosieguo della vita di questa, e che tale attività costituiva la prosecuzione dell'assistenza prestata già in passato, ne ha dedotto, con un ragionamento presuntivo che non presta il fianco alle critiche, che la stessa, proprio perchè il trasferimento di proprietà arrivava all'esito della instaurazione di un rapporto fiduciario, non poteva non essere a conoscenza nel dettaglio della situazione anche patrimoniale della persona che si obbligava ad assistere. Ha cioè correttamente esteso ai rapporti di fiducia fondati su una prestazione lavorativa continuata e a diretto favore della persona quella valutazione, di solito tratta in relazione a persone legate da vincoli di parentela o affettivo, di inverosimiglianza che il terzo, così legato al dominus, non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente (Cass. n. 5359 del 2009).

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, comma 1 quater.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico della ricorrente le spese di lite sostenute dal controricorrente e le liquida in complessivi Euro 4.100,00 per compensi, oltre 200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, il 19 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2018.