Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21150 - pubb. 31/01/2019

Revoca assembleare dell’amministratore con contestuale nomina del nuovo amministratore e legittimazione a proporre istanza di fallimento

Cassazione civile, sez. I, 26 Novembre 2018, n. 30542. Est. Dolmetta.


Società a responsabilità limitata - Revoca assembleare dell’amministratore - Contestuale nomina del nuovo amministratore -  Proposizione di istanza di fallimento - Legittimazione



Nel caso di revoca assembleare dell’amministratore di una società a responsabilità limitata, con contestuale nomina del nuovo amministratore, spetta a quest’ultimo, e non già al primo, proporre istanza di fallimento in proprio ex articolo 6 legge fallimentare, nonostante la nomina e la revoca relativa non siano ancora state iscritte nel registro delle imprese. (Gabriele Borghi) (riproduzione riservata)


Segnalazione dell'Avv. Gabriele Borghi


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio - Presidente -

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere -

Dott. PAZZI Alberto - Consigliere -

Dott. VELLA Paola - Consigliere -

Dott. dolmetta Aldo Angelo - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

 

Svolgimento del processo

1.- Facendo seguito a una richiesta di fallimento in proprio del 23 febbraio 2015, il Tribunale di Velletri ha dichiarato il fallimento della s.r.l. (*) con sentenza depositata il 2 marzo 2015.

Nel medesimo mese di marzo, peraltro, la società ha chiesto alla Corte di Appello di Roma la revoca del fallimento così dichiarato.

2.- Nel reclamo, la s.r.l. (*) - come rappresentata dall'amministratore unico R.A. - ha esposto di avere presentato l'istanza di fallimento in proprio per mezzo di M.P. Quest'ultima aveva dichiarato di vestire la carica di amministratore unico e rappresentante legale della società, ma in realtà era, in quel momento, ormai cessata da tale funzione: l'assemblea dei soci l'aveva infatti revocata in data 20 febbraio 2015, in ragione del fatto che il precedente 17 febbraio ella aveva provveduto a cedere il 95% del capitale della s.r.l. proprio a R., subito subentrato nella posizione di amministratore.

La società ha altresì aggiunto di non essere insolvente, "in quanto l'unico creditore, Equitalia Sud s.p.a., veniva soddisfatto con pagamenti rateali dilazionati in dodici anni".

3.- La Corte di Appello romana ha respinto il reclamo così proposto, con sentenza depositata il 5 dicembre 2015.

Al riguardo, la Corte territoriale ha osservato che la "società in persona dell'amministratore sig.ra M.P." era senz'altro legittimata a depositare istanza di fallimento in proprio, in quanto la nomina del nuovo amministratore "era stata iscritta nel registro delle imprese in data 27 marzo 2015 (presentata per l'iscrizione il 10 marzo 2015)", dunque in epoca successiva, e che a nulla rilevava la circostanza che la delibera assembleare fosse anteriore alla presentazione dell'istanza.

Stando al vigente regime della rappresentanza nelle s.r.l., che è rappresentato dalla norma dell'art. 2475 (il cui comma 2 rinvia ai commi 4 e 5 dell'art. 2383, scritto per il tipo della s.p.a.) e dalla norma dell'art. 2448 cod. civ., si deve ritenere - così ha in particolare ragionato la sentenza - che "di norma l'efficacia del potere di rappresentanza in capo all'amministrazione decorre da quando la nomina è iscritta nel registro delle imprese": perciò, "poichè tale potere in capo al R. è divenuto efficace dal 27 marzo 2015, legittimamente la società in persona della precedente amministratrice ha presentato istanza per la propria dichiarazione di fallimento".

Venendo poi alla verifica dei requisiti occorrenti per la dichiarazione di fallimento, la sentenza ha in particolare rilevato che il "vino contenuto nei silos, nonchè le somme rinvenute dalla curatela, non offrono contezza dell'effettivo, regolare e continuativo esercizio dell'attività di impresa". "Non è dato, quindi, individuare nè l'attività d'impresa in essere, nè i beni o i mezzi finanziari con i quali la debitrice possa far fronte" al debito erariale; del resto, la stessa "indicata rateizzazione di tale debito non è provata".

4.- Contro questa sentenza è insorta la s.r.l. (*), presentando ricorso affidato a due motivi di cassazione.

Resiste il fallimento della società, con controricorso.

 

Motivi della decisione

5.- I motivi di ricorso denunziano i vizi che qui di seguito vengono richiamati.

Il primo motivo sostiene "violazione e falsa applicazione di norma di diritto e in particolare dell'art. 2475 c.c., art. 2383 c.c., commi 4 e 5, art. 2448 c.c., nonchè L. Fall., art. 6".

A sua volta, il secondo motivo lamenta "violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 5, nonchè omessa e comunque insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)".

6.- Con il primo motivo la società ricorrente assume, in particolare, che la Corte di Appello ha errato nel ritenere la "sig.ra M. legittimata a depositare istanza di fallimento L. Fall., ex art. 6, essendo stata privata di ogni potere da parte dell'assemblea che lo aveva conferito al sig. R.".

"Per quanto riguarda la fattispecie che occupa" - specifica il motivo "il problema non riguarda affatto l'opponibilità o meno ai terzi dell'atto, ma la sua efficacia nei confronti della società e dei soci che terzi non possono essere". "La delibera di revoca e contestuale nomina di nuovo amministratore ha efficacia immediata nello stesso istante in cui viene deliberata e verbalizzata e da quel momento il vecchio amministratore non ha più alcun potere per essergli stato revocato dall'assemblea dei soci".

7.- Il motivo è fondato, secondo i termini che si vengono a puntualizzare.

In proposito, appare prima di tutto opportuno osservare - per potere disporre di un approccio adeguato alla materia - che, nel caso in esame, la questione non si pone unicamente nella prospettiva della nomina del nuovo amministratore (come sembra pensare la sentenza impugnata), nè solo in quella della revoca del vecchio (secondo l'angolo visuale preferito dalla ricorrente).

In realtà, la fattispecie concreta propone un caso di revoca (assembleare) dell'amministratore unico con contestuale nomina del nuovo amministratore, con connessa cognizione della revoca da parte del vecchio amministratore (visto il carattere unilaterale di tale negozio) e accettazione della carica da parte del nuovo (posta qui la natura contrattuale dell'atto).

Data questa situazione, risulta evidentemente da escludere - va per chiarezza senz'altro esplicitato - il profilo problematico rappresentato da un'eventuale prorogatio nella carica del vecchio amministratore.

8.- E' poi da escludere - è bene altresì precisare, sempre percorrendo la via dei rilievi di tratto preliminare - che l'amministratore di società di capitali goda, quand'anche nominato a tempo indeterminato, di un diritto di preavviso che sia assistito di una tutela di carattere reale.

Soccorre al proposito, se non altro, la disciplina propria del contratto del mandato, che - com'è noto - costituisce la figura sistematica di riferimento di base per la disciplina del rapporto di amministrazione di società (avvio e cessazione del rapporto compresi, naturalmente). Dispone infatti la norma dell'art. 1723 c.c., comma 1, che il "mandante può revocare il mandato; ma, se era pattuita l'irrevocabilità, risponde dei danni, salvo che ricorra una giusta causa" di revoca.

9.- Secondo i comuni principi della materia negoziale, il contratto di amministrazione produce, di per sè, effetti dal momento della sua conclusione; così come la revoca prende effetto, per sè, non appena venga comunicata all'amministratore che la subisce. Questa regola vale, in linea di principio, anche per quella parte del rapporto di amministrazione che (in addizione a quella gestoria) è costituita dalla funzione rappresentativa.

Non risulta per nulla condivisibile, di conseguenza, l'affermazione di fondo compiuta dalla sentenza della Corte romana, per cui l'efficacia del potere di rappresentanza dell'amministratore si legherebbe - "di norma", e quindi come regola di base - "all'iscrizione nel registro delle imprese".

10.- Secondo quanto comunemente e correttamente si ritiene, in effetti, la norma dell'art. 2448 c.c. assegna all'iscrizione nel registro delle imprese una forza non già costitutiva (del significato giuridico del fatto di cui all'iscrizione), ma meramente dichiarativa.

Nel senso, appunto, che la positiva iscrizione di un fatto nel registro viene a rendere in ogni caso efficace lo stesso (Le.: opponibile) anche nei confronti dei terzi (secondo quanto è proprio, del resto, della regola generale per la materia di cui al registro delle imprese, come stabilita dalla norma dell'art. 2193 c.c.; ma si veda, altresì, la disposizione di rinvio dell'art. 1400 c.c.).

Laddove la rilevanza del fatto non iscritto (c.d. efficacia negativa della pubblicità del registro) non solo si limita unicamente a investire la posizione dei terzi, ma pure lo fa sempre a condizione che questi ultimi non possano essere considerati, nel concreto della situazione volta a volta esaminata, quali soggetti di buona fede (non dissimile, quanto alla sostanza ultima, la disciplina dettata nella norma generale dell'art. 1396 c.c.).

11.- In definitiva, l'area di efficacia della nomina e della revoca dell'amministratore, che risulta dipendente dall'iscrizione nel registro delle imprese, si manifesta - oltre che intrinsecamente relativa (sia perchè limitata al profilo dell'opponibilità nei confronti di terzi; sia, e più ancora, per la riconosciuta possibilità di provare l'effettiva conoscenza di questi terzi) - espressione di una regola circoscritta e diversa da quella da ritenere di carattere generale.

12.- La fattispecie di presentazione dell'istanza di fallimento in proprio non risulta proporre profili di opponibilità della nomina e della revoca dell'amministratore, che abbia la rappresentanza della società, nei confronti di soggetti terzi: soggetti, questi, in realtà neppure identificabili, al di là dell'indistinto riferimento a quanto estraneo alla società istante il proprio fallimento. Tanto meno si vede in che modo sarebbe possibile declinare, nei confronti di questo contesto, la nozione di efficacia/opponibilità (della nomina e/o della revoca dell'amministratore).

Non è un caso, in effetti, che la sentenza della Corte romana neppure consideri - o anche solo individui - questi profili, nonostante affondi la sua soluzione proprio sulla norma che regola l'efficacia della pubblicità nei confronti dei terzi.

13.- L'accoglimento del primo motivo di ricorso comporta assorbimento del secondo, che contesta la sussistenza della situazione di insolvenza rilevata dalla Corte di Appello, rilevando che "l'unico debito, da cui era gravata la società, era quello nei confronti dell'Agenzia delle Entrate che, al momento della dichiarazione di fallimento, risultava oggetto di istanza di rateazione e di conseguente diminuzione rispetto a quello originario di ben Euro 1.800.000,00 pagati nell'arco di dodici mesi".

14.- In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Di conseguenza, va cassata la sentenza impugnata e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Roma che, in diversa composizione, provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

Nel decidere la controversa, la Corte di Appello si atterrà al seguente principio di diritto: "nel caso di revoca assembleare dell'amministratore di una società a responsabilità limitata, con contestuale nomina del nuovo amministratore, spetta a quest'ultimo, e non già al primo, proporre istanza di fallimento in proprio L. Fall., ex art. 6, nonostante la nomina e la revoca relative non siano ancora state iscritte nel registro delle imprese".

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Roma che, in diversa composizione, la deciderà in conformità al principio di diritto esposto in motivazione e provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2018.