Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21619 - pubb. 11/05/2019

Nuda proprietà e legittimazione passiva all’azione di riduzione in ripristino

Cassazione civile, sez. II, 19 Febbraio 2019, n. 4829. Est. Dongiacomo.


Nuda proprietà - Legittimazione passiva - Riduzione in pristino



Quando le opere edilizie illegittime sono eseguite su un immobile concesso in usufrutto, il legittimato passivo all’azione di riduzione in ripristino ex art. 872 c.c. non è l’usufruttuario bensì il nudo proprietario, cui spetta il potere di intervento modificativo o additivo sul bene.

Quando l’azione di riduzione in ripristino è promossa contro il nudo proprietario, non è necessario integrare il contradditorio con l’usufruttuario pretermesso. L’usufruttuario potrebbe comunque intervenire in giudizio ex art. 105, secondo comma, c.p.c.. (Paola Merli) (riproduzione riservata)


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio - Presidente -

Dott. FEDERICO Guido - Consigliere -

Dott. TEDESCO Giuseppe - Consigliere -

Dott. DONGIACOMO Giuseppe - rel. Consigliere -

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

Svolgimento del processo

S.O. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Frosinone, A.B. e S.G., proprietari del terreno confinante con il proprio, chiedendo che fosse accertata l'intervenuta violazione, ad opera dei convenuti, delle distanze con l'edificazione di un fabbricato destinato ad abitazione e la sopraelevazione di un capannone industriale già appoggiato ad un muro di sua esclusiva proprietà. L'attore, inoltre, ha lamentato la quotidiana immissione di polveri e rumori dal deposito di materiali realizzato dai convenuti, chiedendo la rimozione delle opere illegittime e la cessazione delle turbative.

I convenuti hanno contestato la domanda, deducendo di essere stati espressamente autorizzati alla costruzione dall'attore e chiedendo, in via riconvenzionale, la sua condanna a realizzare la fossa settica che non facesse defluire le acque nel loro terreno e la eliminazione delle piante poste a distanza non regolare, oltre al risarcimento dei danni.

Il tribunale di Frosinone, con sentenza del 2008, ha accolto la domanda principale condannando i convenuti, tra l'altro, ad arretrare il fabbricato realizzato in violazione delle distanze legali dal confine con la proprietà dell'attore ovvero a rimuoverlo, ed a rimuovere il capannone-tettoia realizzato a distanza inferiore a quella legale.

A.B. e S.G. hanno proposto appello avverso la sentenza deducendo che il giudizio di primo grado è stato introdotto e si è svolto nei loro confronti pur essendo soltanto nudi proprietari degli immobili interessati, laddove, invece, M.G., usufruttuaria, pur essendo litisconsorte necessaria degli stessi, è rimasta estranea al giudizio in violazione dell'art. 102 c.p.c., con la conseguente necessità di integrare il contraddittorio nei suoi confronti e di rimettere la causa innanzi al tribunale ai sensi dell'art. 354 c.p.c..

Si è costituita in giudizio, quale erede di S.O., deceduto nelle more, F.M.S., la quale ha resistito al gravame. St.Gi. e S.K., nella qualità di eredi di S.O. sono rimaste, invece, contumaci.

La corte d'appello di Roma, con sentenza del 7/1/2015, ha rigettato l'appello sul rilievo che la legittimazione passiva in ordine all'azione di riduzione in pristino conseguente all'esecuzione, su immobile concesso in usufrutto, di opere edilizie illegittime, perchè realizzate in violazione delle distante legali, spetta al nudo proprietario, potendosi riconoscere all'usufruttuario il solo interesse a spiegare nel giudizio intervento volontario ad adiuvandum, ai sensi dell'art. 105 c.p.c., comma 2, volto a sostenere le ragioni del nudo proprietario alla conservazione del suo immobile, anche quando le opere realizzate a distanza illegittima abbiano riguardato sopravvenute accessioni sulle quali si sia esteso il godimento spettante all'usufruttuario in conformità dell'art. 983 c.c..

S.G., con ricorso notificato in data 4/5/2015, ha chiesto, per un motivo, la cassazione della sentenza.

Ha resistito, con controricorso notificato in data 13.30/6/2015, F.M.S..

 

Motivi della decisione

1. Con l'unico motivo articolato, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 101 e 102 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d'appello ha escluso che, relativamente alla domanda di demolizione del fabbricato edificato in violazione delle distanze legali, il contraddittorio dovesse essere integrato nei riguardi tanto dell'usufruttuario, quanto del nudo proprietario, laddove, al contrario, l'azione diretta alla rimozione delle opere abusivamente eseguite per l'inosservanza delle distanze legali deve essere necessariamente esercitata nei confronti sia dell'uno che dell'altro in quanto la sentenza emessa nei confronti di uno soltanto dei due resterebbe inutiliter data perchè non eseguibile ai danni dell'altro.

2. Il motivo è infondato. Questa Corte, infatti, ha affermato il principio secondo il quale la legittimazione passiva in ordine alla riduzione in pristino conseguente all'esecuzione, su immobile concesso in usufrutto, di opere edilizie illegittime, perchè realizzate in violazione delle distanze legali, spetta al nudo proprietario, potendosi riconoscere all'usufruttuario il solo interesse a spiegare nel giudizio intervento volontario ad adiuvandum, ai sensi dell'art. 105 c.p.c., comma 2, volto a sostenere le ragioni del nudo proprietario alla conservazione del suo immobile, anche quando le opere realizzate a distanza illegittima abbiano riguardato sopravvenute accessioni sulle quali si sia esteso il godimento spettante all'usufruttuario in conformità all'art. 983 c.c. (Cass. n. 5900 del 2010). A tale principio il collegio ritiene di aderire e dare continuità in quanto più specifico e coerente alla natura delle facoltà, di mero godimento e non anche comportanti poteri di diretto intervento, modificativo o additivo, sulla cosa che ne forma oggetto, spettanti all'usufruttuario, in considerazione delle quali l'interesse alla partecipazione al giudizio (in funzione dell'incidenza negativa sulle suddette facoltà dell'eventuale statuizione restitutoria) è da ritenersi meramente riflesso e, pertanto, tutelabile nelle sole forme di un facoltativo intervento adesivo dipendente. Va, quindi, esclusa la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti dell'usufruttuario, nell'ipotesi in cui, come nella specie, l'azione diretta alla riduzione in pristino sia stata spiegata soltanto contro il proprietario, ancorchè nudo, essendo quest'ultimo l'unico soggetto titolare delle facoltà di modificare e incrementare la cosa a lui appartenente e, pertanto, il naturale responsabile dei relativi interventi interessanti il bene, salvi i casi, comunque non comportanti litisconsorzio necessario, ma solo facoltativo, in cui le opere modificative o additive siano state realizzate dall'usufruttuario (Cass. n. 8008 del 2011; conf., più di recente, Cass. n. 22466 del 2014, in motiv.).

3. Il ricorso devèessere, quindi, rigettato.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

5. La Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per l'applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

 

P.Q.M.

La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 4.100,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto della sussistenza dei presupposti per l'applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 28 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2019.