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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1015 - pubb. 29/10/2007.

Contratto quadro e ordini, relazione e natura giuridica


Tribunale di Biella, 26 Gennaio 2007. Est. Eleonora Reggiani.

Intermediazione finanziaria – Nullità degli ordini di negoziazione per mancanza del contratto quadro – Sussistenza.

Contratto per la prestazione dei servizi di investimento – Natura – Contratto di mandato integrato da norme inderogabili.

Contratto per la prestazione dei servizi di investimento – Natura di negozio gestorio – Atti di negoziazione – Adempimento degli obblighi del contratto di mandato.


La sanzione della nullità per difetto di forma scritta è prevista ex lege solo per il cd. contratto quadro, mentre per quanto riguarda i singoli ordini, è lasciata alle parti la facoltà di regolare le forme (ad substantiam o ad probationem) da adottare. Ne consegue che La mancanza di un contratto quadro valido rende senza titolo ogni ulteriore attività eseguita dall’intermediario, compresa l’esecuzione dell’ordine per cui è causa. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

La prestazione di servizi di investimento può oramai considerarsi un contratto nominato, regolato da speciali norme di settore, ma la figura giuridica base, cui esso si ricollega, e in cui trova disciplina in mancanza delle speciali disposizioni previste, è il contratto di mandato. La peculiarità dell’oggetto del mandato (acquisto e vendita di prodotti finanziari) coinvolge interessi primari tutelati dall’ordinamento e giustifica la disciplina speciale disegnata dalle norme del t.u.f. che hanno natura di norme inderogabili che tracciano uno schema legale dal quale l’intermediario e il risparmiatore che concludono “un contratto relativo alla prestazione dei servizi di investimento” non possono discostarsi. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Il contratto quadro per la gestione dei servizi di investimento deve contenere il programma non solo dell’attività indispensabile alla conclusione del negozio gestorio ma anche di tutti gli sviluppi esecutivi. Dal contratto scaturisce dunque il rapporto gestorio, costituito da un complesso di diritti ed obblighi reciproci tra le parti, tra i quali è caratteristico l’obbligo dell’agente di impiegare la propria attività per la realizzazione dell’interesse del mandante. In tale ricostruzione, l’ordine del cliente è un’istruzione (art. 1711 secondo comma c.c.) del mandante al mandatario per l’esecuzione del mandato. Tale atto di negoziazione, inteso come adempimento finale degli obblighi nascenti dal contratto di mandato, va annoverato nella categoria dei cosiddetti negozi di attuazione. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Contratti, natura e contenuto

Contratti, forma

Ordini di negoziazione, nullità


omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato l’attore conveniva in giudizio la Banca Sella s.p.a., esponendo quanto segue: Quaglia Federico, da tempo cliente della convenuta, in data 02.03.00, essendo interessato ad investire denaro in titoli obbligazionari, a seguito di un colloquio con un funzionario della banca, che gli aveva indicato il nominativo di alcuni prodotti finanziari, sottoscriveva un modulo di bonifico in bianco per la somma di euro 98.126,81, senza tuttavia autorizzare l’acquisto, poi fatto, di azioni emesse dalla Sella Global Strategy Sicav; dopo reiterate richieste di spiegazioni, finalmente la convenuta rendeva noto che non aveva trovato nessuna documentazione scritta nel fascicolo riferito al caso in oggetto. L’attore rilevava quindi: che la banca in violazione dell’art. 21 t.u.f. aveva acquistato titoli senza avere espressamente pattuito tale acquisto col cliente e senza informare quest’ultimo in ordine alla natura e alle caratteristiche di tali titoli; che la banca in violazione dell’art. 28 regolamento Consob 11522/98 aveva effettuato l’operazione senza richiedere al cliente informazioni sull’esperienza dell’investitore, sulla sua situazione finanziaria e gli obiettivi di investimento, senza consegnare il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari e senza fornire informazioni sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni generali dell’operazione stessa; che la banca in violazione dell’art. 29 regolamento Consob 11522/98 aveva eseguito un’operazione inadeguata in quanto troppo rischiosa per il cliente; che la banca in violazione dell’art. 23 t.u.f. aveva operato senza far sottoscrivere all’attore alcun contratto né ordine scritto; che la banca in violazione dell’art. 27 regolamento Consob 11522/98 aveva compiuto l’operazione in conflitto d’interessi, senza rendere nota tale circostanza. Chiedeva pertanto l’accoglimento delle conclusioni in epigrafe.

Si costituiva in giudizio la convenuta, chiedendo in via preliminare lo spostamento della prima udienza, per chiamare in causa la Sicav che aveva emesso le azioni acquistate, ma poi rinunciava a citarla in giudizio. Nel merito contestava in toto le allegazioni avversarie, chiedendone il rigetto, ed evidenziava la malafede dell’attore, che da tempo aveva ingenerato la prassi di far eseguire gli ordini prima della formalizzazione e poi aveva fatto valere in giudizio tale vizio formale. Contestava quindi an equantum della responsabilità.

Espletato l’interpello di parte convenuta, escussi i testi ammessi, veniva rigettata la richiesta di CTU contabile. Fissata quindi udienza di precisazione delle conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione, previa concessione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Occorre in primo luogo richiamare integralmente il contenuto dell’ordinanza 23.03.05, che ha statuito sulle istanze istruttorie formulate dalle parti.

Sempre in via preliminare si deve rilevare che parte convenuta, nel precisare le proprie difese ed eccezioni, in memoria ex art. 183 c.p.c. datata 16.07.03, ha espressamente allegato che “Nella fattispecie Banca Sella, contrariamente a quanto ex adverso sostenuto, non ha espletato attività di gestione di investimenti, limitandosi ad eseguire l’ordine di acquisto di un pacchetto di azioni, ordine proveniente dall’attore”.

Non è pertanto fondata l’eccezione secondo la quale la convenuta non può ritenersi legittimo contradditore di parte attrice, posto che la materia del contendere riguarda in primo luogo la verifica dell’esistenza e della validità dell’ordine di acquisto delle azioni appena indicate o, in subordine, la verifica dell’adempimento da parte della convenuta degli obblighi connessi alla prestazione di tale servizio.

Nel merito la domanda risulta fondata nei termini che vengono di seguito evidenziati.

Parte attrice ha allegato che la banca in violazione dell’art. 23 t.u.f. ha operato senza far sottoscrivere all’attore alcun contratto né ordine scritto.

Occorre prima di tutto richiamare il disposto dell’art. 23 t.u.f., ove è statuito che “1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca d'Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo. 2. E' nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tali casi nulla è dovuto. 3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente”.

Si tenga presente che, ai sensi dell’art. 1 comma 5 d.l.vo cit., “Per ‘servizi di investimento’ si intendono le seguenti attività, quando hanno per oggetto strumenti finanziari: a) negoziazione per conto proprio; b) negoziazione per conto terzi; c) collocamento, con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente; d) gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi; e) ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione.”

Com’è noto, con delibera n. 11522 del 01.07.98 (e succ. mod.) la Consob ha adottato il regolamento di attuazione del t.u.f. concernente la disciplina degli intermediari che, con riguardo ai servizi di investimento, contiene disposizioni di carattere generale (artt. 26-31) e disposizioni speciali per la prestazione dei singoli servizi (artt. 32 e ss.).

Al comma 1 dell’art. 30 regolamento Consob 11522/98 è così stabilito: “Gli intermediari autorizzati non possono fornire i loro servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto; una copia di tale contratto è consegnata all’investitore”. E al successivo comma 3 del medesimo art. si legge: “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle prestazioni di servizi: a) di collocamento, ivi compresi quelli di offerta fuori sede e di promozione e collocamento a distanza; b) accessori, fatta eccezione per quelli di concessione di finanziamenti agli investitori e di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari”

Deve senza dubbio escludersi che il rapporto oggetto del presente giudizio sia riconducibile alla prestazione del servizio di collocamento (in senso proprio) di strumenti finanziari, che ai sensi del citato art. 30 comma 3 regolamento Consob è esente dall’obbligo di forma scritta.

La stessa Consob ha infatti chiarito che il servizio di collocamento “si caratterizza per essere un accordo tra l’emittente (o offerente) e l’intermediario collocatore, finalizzato all’offerta al pubblico, da parte di quest’ultimo, degli strumenti finanziari emessi, a condizioni di prezzo e (frequentemente) di tipo predeterminate” (v. Comunicazione DAL/97006042 del 09.07.97; Comunicazione DIN/1049452 del 21.06.01; Comunicazione DIN/1079230 del 19.10.01), come pure si evince dall’art. 35 regolamento Consob 11522/98, nel quale viene disciplinato il rapporto tra collocatore ed emittente (“Nella prestazione del servizio di collocamento gli intermediari autorizzati si attengono alle disposizioni dettate dall’offerente o dal soggetto che organizza e costituisce il consorzio di collocamento al fine di assicurare l’uniformità delle procedure di offerta e di riparto”).

Le modalità con le quali la banca intende "proporre" alla propria clientela l'acquisto dei titoli, che intende collocare, può presentare i connotati una normale attività di negoziazione anche in contropartita diretta con la clientela, in esecuzione di ordini di acquisto ricevuti dalla stessa (sebbene conferiti a seguito di una "proposta" da parte della banca). È evidente che se invece la banca procede alla realizzazione di una campagna di offerta con modalità caratterizzate dalla formulazione di proposte standardizzate, e quindi dall'effettuazione di transazioni non "negoziate" con i clienti, allora l'operazione presenta i connotati dell'offerta al pubblico (v. ancora Comunicazione DAL/97006042 del 9 luglio 1997).

D’accordo con un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (v. da ultimo Trib. Milano 25.07.05 in www.ilcaso.it) e con l’interpretazione da ultimo espressa anche dalla Consob (v. comunicazione n. DIN/5055217 in data 03.08.05, in risposta a un quesito concernente proprio la forma degli ordini di negoziazione della clientela), questo giudice ritiene che la formaad substantiam richiesta dall’art. 23 d.l.vo supra cit. debba essere senza dubbio riferita esclusivamente al contratto di negoziazione (c.d. contratto quadro, o master agreement) e non anche ai singoli ordini di compravendita, impartiti nell’ambito dei servizi prestati in esecuzione del sopra menzionato contratto quadro.

Tale convincimento si fonda sul rilievo secondo cui l’art. 30 comma 2 lett. c) regolamento Consob n. 11522/98 rimette all’autonomia delle parti di stabilire nel sopra menzionato le modalità attraverso cui possono essere impartiti ordini ed istruzioni (art. 30 regolamento cit.: “Contratti con gli investitori - 1. Gli intermediari autorizzati non possono fornire i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto; una copia di tale contratto è consegnata all'investitore. 2. Il contratto con l'investitore deve: a) specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche; b) stabilire il periodo di validità e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le modificazioni del contratto stesso; c) indicare le modalità attraverso cui l'investitore può impartire ordini e istruzioni; …omissis…”).

In altre parole, la sanzione della nullità per difetto di forma scritta è prevista ex lege solo per il cd. contratto quadro, mentre per quanto riguarda i singoli ordini, è lasciata alle parti di regolare le forme (ad substantiam o ad probationem) da adottare.

Ciò premesso, senza dubbio nella specie la ricezione e l’esecuzione dell’ordine di acquisto per conto dell’attore costituisce attività compresa nella nozione di prestazione di servizi d’investimento supra riportata (art. 1 t.u.f.), che conseguentemente richiede la stipula per iscritto di un contratto quadro (art. 23 t.u.f.).

Non vi è tuttavia agli atti la prova della stipula per iscritto di tale contratto quadro.

E, com’è noto la prova dell’esistenza del contratto formale ad substantiampuò essere data solo con l'acquisizione al processo dell'atto scritto, non essendo utilmente invocabili ne' la prova testimoniale ne' la confessione (giudiziale o stragiudiziale) (v. Cass. 02.01.97 n. 2; 04.06.93 n. 6232).

La mancanza di un contratto quadro valido rende senza titolo ogni ulteriore attività eseguita dall’intermediario, compresa l’esecuzione dell’ordine per cui è causa.

Si consideri infatti che in base allo schema contrattuale legale, la negoziazione per conto terzi di prodotti finanziari trova la su giustificazione nel contratto relativo alla prestazione di servizi d’investimento (cfr. art. 23 t.u.f.)

L’inesistenza o l’invalidità del contratto relativo alla prestazione di servizi d’investimento poi si ripercuote sull’atto d’acquisto, che ne costituisce negozio di attuazione, determinandone la nullità per mancanza di causa.

Si consideri che la prestazione di servizi di investimento è oramai un contratto nominato, regolato da speciali norme di settore, ma la figura giuridica base, cui esso si ricollega, e in cui trova disciplina, in mancanza delle speciali disposizioni previste, è il contratto di mandato.

La peculiarità dell’oggetto del mandato (acquisto e vendita di prodotti finanziari) coinvolge interessi primari tutelati dall’ordinamento e giustifica la disciplina speciale disegnata dalle norme del t.u.f.

La forza di tali norme va intesa nel senso che si tratta di norme inderogabili, con la conseguenza che l’intermediario e il risparmiatore nel concludere “un contratto relativo alla prestazione dei servizi di investimento” (art. 23 del TUF e 30 del Regolamento) non possono discostarsi dallo schema legale.

Il contratto di mandato ad acquistare prodotti finanziari (il cd. contratto quadro) è così regolato non solo dal mandante, che, come si dirà, impartisce istruzioni al mandatario-intermediario ma anche dalle norme di settore primarie e secondarie. Esso ha, come il generale contratto di mandato, una causa gestoria. Deve infatti contenere il programma non solo dell’attività indispensabile alla conclusione del negozio gestorio ma anche di tutti gli sviluppi esecutivi. Dal contratto scaturisce dunque il rapporto gestorio, costituito da un complesso di diritti ed obblighi reciproci tra le parti, tra i quali è caratteristico l’obbligo dell’agente di impiegare la propria attività per la realizzazione dell’interesse del mandante.

In tale ricostruzione, l’ordine del cliente è un’istruzione (art. 1711 secondo comma c.c.) del mandante al mandatario per l’esecuzione del mandato.

Nel mandato ad acquistare e vendere prodotti finanziari, dunque le istruzioni, ovvero gli ordini di acquisto, possono essere emessi contestualmente alla sottoscrizione del contratto relativo alla prestazione dei servizi di investimento ovvero, come generalmente accade, nel corso della esecuzione del rapporto gestorio che, per sua natura, è prolungato nel tempo, a seconda delle esigenze di investimento e disinvestimento del cliente. Tali ordini ex lege non possono però mai essere emessi in mancanza del contratto che ne costituisce il fondamento.

Nel caso di specie è invece stato emesso un ordine di acquisto di prodotti finanziari, senza che le parti avessero validamente regolato – in contrasto con le tassative previsioni di legge - il rapporto gestorio.

Il compimento dell’atto gestorio, ovvero l’acquisto o vendita di prodotti finanziari, è una compravendita, ma soltanto nei rapporti tra intermediario e terzo venditore, perché rispetto al mandato la negoziazione integra l’esecuzione del contratto, in quanto è finalizzato a realizzare l’interesse del mandante ad investire il proprio denaro.

Tale atto di negoziazione, inteso come adempimento finale degli obblighi nascenti dal contratto di mandato, va annoverato nella categoria dei cosiddetti negozi di attuazione. Lo spostamento patrimoniale conseguente alla negoziazione trova la sua giustificazione nel complessivo programma contrattuale, il cui nucleo centrale è costituito dal contratto relativo alla prestazione dei servizi d’investimento che è, come detto, presidiato dal legislatore con requisiti formali e di contenuto.

Ebbene la negoziazione dei prodotti finanziari, quale negozio d’attuazione, non può sopravvivere alla mancanza del contratto che esso, quale atto d’adempimento, è preordinato ad attuare.

L’atto di acquisto delle azioni è pertanto nullo, mancando il contratto scritto per la prestazione di servizi di investimento, che costituisce il titolo giustificativo di tale prestazione (così Trib. Rovereto 18.01.06 in www.ilcaso.it)

Non rileva dunque il comportamento tenuto dalle parti in esecuzione del rapporto, non essendo il contratto nullo suscettibile di convalida (art. 1423 c.c.).

Neppure può applicarsi il disposto dell’art. 1711 c.c. o il disposto dell’art. 1712 c.c., pure invocati da parte convenuta. Tali norme disciplinano rispettivamente il caso di ratifica di attività esorbitante rispetto al mandato e quello di approvazione tacita del mandato, fattispecie relative a casi in cui opera comunque un valido contratto di mandato, ben distinte da quella in esame, ove invece l’attività è resa in mancanza di un valido titolo.

Né può ritenersi configurabile la malafede o l’abuso del diritto da parte dell’attore (cd. exceptio doli generalis).

Com’è noto, la nullità può essere fatta valere in ogni tempo e la decisione sull’an e sul quando della relativa proposizione è ovviamente subordinata a un concreto interesse del soggetto legittimato a proporla. Peraltro nella specie è lo stesso legislatore che attribuisce al solo cliente la legittimazione a far valere la nullità di cui al citato art. 23 t.u.f., che infatti è prevista e regolata esclusivamente a protezione dei suoi interessi.

Deve pertanto ritenersi fondata la richiesta di restituzione delle somme impiegate dalla banca convenuta per compiere per conto dell’attore l’acquisto in esame.

Com’è noto, la disciplina delle obbligazioni derivanti dalla declaratoria di nullità di un negozio va desunta, quanto alle reciproche restituzioni, dai principi propri della ripetizione dell'indebito oggettivo (art. 2033 c.c.) (v. da ultimo Cass. 13.4.05 n. 7651).

L’attore ha quindi diritto ad ottenere la ripetizione ex art. 2033 c.c. delle somme dell’attore impiegate dalla banca per l’esecuzione del sopra descritto ordine d’acquisto (v. Cass. 05.12.70 n. 2565, per un caso di nullità formale del mandato senza rappresentanza).

L’attore, senza contestazione della convenuta, ha allegato che per tale operazione la banca ha impiegato la somma di euro 98.126,81.

Non risulta provato che i titoli siano stati venduti, sicchè nessuna somma deve essere sottratta da tale importo.

Sempre in applicazione dell’art. 2033 c.c., il solvens ha diritto agli interessi sulla somma erogata per l’esecuzione del contratto nullo dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda.

Com’è noto il riconoscimento degli interessi sulla somma da restituire presuppone soltanto l'avvenuta proposizione in giudizio della relativa domanda da parte del solvens, mentre la buona fede dell’accipiens - la cui sussistenza comporta l'attribuzione di detti interessi con decorrenza dalla data della domanda stessa, anziché da quella dell'indebito pagamento - si presume e può essere esclusa soltanto dalla prova della consapevolezza da parte dell'accipiens medesimo dell'insussistenza di un suo diritto al pagamento (v. tra le tante Cass. 27.12.94 n. 11177).

Nel caso di specie tale prova non può ritenersi sussistente, tenuto conto dell’affidamento ingenerato dalla condotta dell’attore, riferita dal teste Panizza.

Spetta pertanto all’attore la restituzione delle somme sopra indicate, con gli interessi legali dalla data del 17.05.02 (v. data della notificazione dell’atto di citazione).

L’obbligo di restituzione delle somme di denaro costituisce debito pecuniario, dal momento che ha ad oggetto fin dalla sua origine il pagamento di somme di denaro, e pertanto, non essendo specificamente allegato né provato che gli attori abbiano subito un danno ulteriore ex art. 1224 comma 2 c.c., ad essi non va attribuita alcun’altra somma.

In particolare l’attore non ha concretamente allegato né provato l’effettività e la natura dei suoi abituali investimenti e pertanto non ha provato di avere subito un danno da mancato guadagno non coperto dalla corresponsione degli interessi. La prova di ciò non può essere demandata al CTU, in violazione dell’onere di allegazione e di prova, gravante sulla parte interessata.

In conclusione, dichiarata la nullità dell’ordine di acquisto, parte convenuta deve essere condannata alla restituzione agli attori della somma di euro 98.126,81 oltre interessi legali dal 17.05.02.

Non è utilmente invocato il disposto dell’art. 1227 commi 1 e 2 c.c. da parte della convenuta, dettato in tema di responsabilità (contrattuale o extracontrattuale) e non in tema di restituzioni conseguenti alla declaratoria di nullità.

Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e gravano pertanto su parte convenuta.

P.Q.M.

il Tribunale di Biella ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando:

1) dichiara la nullità dell’acquisto delle azioni Sella Global Strategy Sicav, effettuato dalla convenuta in data 02.03.00 con valuta per l’attore al 07.03.00 in mancanza del relativo contratto scritto per la prestazione di servizi d’investimento;

2) dichiara tenuta e condanna la convenuta alla restituzione all’attore della somma di euro 98.126,81, oltre interessi legali dal 17.05.02 al saldo;

3) dichiara tenuta e condanna parte convenuta al pagamento delle spese processuali sostenute dall’attore, liquidate in complessivi euro 4.300,00 (di cui euro 1819,00 per diritti, euro 574,99 per spese e il resto per onorari), oltre 12,5 % su diritti ed onorari ex art. 14 t.f., I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Biella in data 26.01.07

IL GIUDICE ESTENSORE

dott.ssa Eleonora Reggiani