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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1051 - pubb. 03/12/2007.

Prova dell'informazione e testimonianza del funzionario della banca


Tribunale di Vicenza, 15 Giugno 2007. Est. Limitone.

Contratti in genere – Intermediazione finanziaria – Inosservanza di obblighi informativi – Nullità – Esclusione – Responsabilità precontrattuale – Sussiste – Risarcimento del danno – Ammissibilità – Criteri (artt. 21, lett. a) e b), d.lgs. n. 58/1998; 28 Reg. CONSOB n. 11522/1998; artt. 1337, 1338 c.c.).

Contratti in genere – Intermediazione finanziaria – Mancanza di informazioni sulla propensione al rischio del cliente – Accentuazione degli obblighi di diligenza e di informazione – Sussistenza (art. 21, lett. a) e b), d.lgs. n. 58/1998; art. 28 Reg. CONSOB n. 11522/1998).

Contratti in genere – Intermediazione finanziaria – Osservanza degli obblighi informativi – Prova scritta – Necessità – Prova orale del funzionario stipulante – Inammissibilità (art. 21, lett. a) e b), d.lgs. n. 58/1998; artt. 28 Reg. CONSOB n. 11522/1998).


La violazione degli obblighi informativi in materia di intermediazione mobiliare non genera la radicale nullità del negozio stipulato, poiché tali informazioni costituiscono elementi estrinseci alla fattispecie negoziale, essendo utili solo per la valutazione della convenienza dell’operazione, che non può dirsi perciò mancante del consenso. Rimane l’obbligo risarcitorio fondato sulla responsabilità contrattuale di cui all’art. 1337 c.c., per la perdita subita in conseguenza delle operazioni bancarie compiute senza adeguata informazione e ragguagliato al minor vantaggio o maggior aggravio economico causato dal contegno sleale della parte. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

L’assenza di informazioni circa la propensione al rischio del risparmiatore non può certo rendere adeguata qualsiasi operazione, anzi deve vincolare chi propone l’investimento a maggiore cautela e a maggiore diligenza nelle proposte e nell’assolvere gli obblighi informativi in relazione al rischio connesso ad ogni singola operazione. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

La prova di avere fornito le indispensabili informazioni circa la natura ed il rischio di un investimento non può essere data oralmente dallo stesso funzionario di banca che ha posto in essere l’operazione con le modalità non corrette, per l’intrinseca inattendibilità della testimonianza. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Doveri informativi dell’intermediario, natura e contenuto

Doveri informativi dell’intermediario, violazione, rimedi, resp. precontrattuale

Doveri informativi dell’intermediario, rimedi, onere della prova e nesso di causalità

omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 8.8.2006 P. P. chiamava in giudizio Banca ** spa, esponendo: di avere acquistato il 12.9.2000 su indicazione di un consulente finanziario del Banco **, presso il quale intratteneva un rapporto di conto corrente, bond argentini, titolo 9023583, per l’importo di € 77.883,39; di avere riscosso l’unica cedola il 21.6.2001; che il giorno successivo il titolo ha perso il 70%; di avere conservato il titolo, che ora ha un valore del 28% rispetto a quello iniziale; di essere stato indotto all’investimento senza un’adeguata informazione e senza aver sottoscritto il documento sui rischi generali dell’investimento; che già con bollettino del 3.7.2000 la CONSOB aveva invitato tutti gli intermediari finanziari ad evidenziare il carattere speculativo dei bond argentini agli investitori non animati da tale intento; che la Banca non si era neppure preoccupata di consigliare all’attore il disinvestimento; che risultavano violati gli artt. 21, 28 e 29 del Reg. CONSOB n. 11522/98; che perciò il contratto era nullo o, al più, doveva essere risolto per inadempimento, con il risarcimento del danno spettante all’attore, da quantificare secondo equità.

Si costituiva la Banca, affermando di avere consegnato il 1.7.1999 all’attore il documento sui rischi generali degli investimenti e che P. non aveva fornito le informazioni sugli obiettivi di investimento, la sua situazione finanziaria, la propensione al rischio e l’esperienza in strumenti finanziari; che P. aveva intrattenuto rapporti finanziari con la Banca anche di alto rischio, con diversi conferimenti e disinvestimenti anche per importi elevati, con un portafoglio complessivo di oltre € 400.000,00, caratterizzato da investimenti di tipo speculativo, quali titoli azionari e fondi azionari speculativi, con rischio medio alto; di non aver prestato alcuna consulenza tramite i suoi dipendenti; di avere adempiuto agli obblighi di cui agli artt. 21, 28, co. 2, e 26 Reg. CONSOB, come si evince dalla sottoscrizione apposta dal P. sui documenti consegnatigli il 1.7.1999 (sia quello sui rischi generali degli investimenti che quello sul suo profilo soggettivo); di avergli spiegato tutte le caratteristiche dei bond argentini al momento dell’acquisto; di non avere obblighi informativi sull’andamento dei titoli acquistati; che non era dimostrato nesso causale tra l’ipotetico difetto di informativa ed il danno patito; che si era trattato comunque di operazioni adeguate, ex art. 29 Reg. CONSOB, anche considerando che l’investimento si riferiva al 18% del patrimonio dell’attore; che la domanda di nullità era infondata, essendo estranea  tale sanzione alle fattispecie de quibus; che non vi era stato alcun inadempimento della Banca, per cui anche la risoluzione non poteva configurarsi; che gli interessi sarebbero dovuti dalla domanda, in assenza di mala fede della Banca; che andrebbe computato, oltre alla cedola, anche il valore dei titoli residui; che l’indice di benchmarknon era valido criterio per stabilire il danno in ipotesi subito.

Seguiva rituale scambio di memorie.

Con istanza depositata il 28.12.2006, P. P. chiedeva la fissazione dell’udienza davanti al Collegio.

La causa era istruita solo documentalmente e discussa all’udienza del 15.6.2007, quindi veniva trattenuta dal Collegio per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE 

L’attore lamenta di essere stato indotto da un funzionario di Banca ** ad acquistare titoli bond argentini in un momento in cui gli stessi già erano caratterizzati da elevata rischiosità, senza essere stato adeguatamente posto al corrente del rischio cui si sottoponeva con tale acquisto.

A questo proposito, occorre in primo luogo chiarire che l’eventuale esperienza del soggetto che acquista non esime l’intermediario dai propri obblighi informativi.

Il fatto che l’investitore possa considerarsi esperto di strumenti finanziari perché aduso ad operazioni caratterizzate dalla ricerca di alti rendimenti non esime l’intermediario dagli obblighi informativi, anche se diversamente calibrati a seconda della tipologia del cliente, giacché la esigenza di conoscere le caratteristiche dello specifico investimento offerto è propria di ogni investitore, anche di quello più disposto a correre rischi (App. Milano 19 dicembre 2006 n. 3070, il caso.it).

Ciò premesso, la domanda è fondata.

Risulta, infatti, che al momento dell’acquisto (12.9.2000) la Banca già sapeva, o doveva comunque saperlo usando la normale diligenza dell’operatore finanziario, che i bond argentini erano titoli ad elevato rischio, obbligazioni “adatte unicamente a investitori speculativi e in grado di valutare e sostenere rischi speciali” (Notiziario CONSOB del 3.7.2000, doc. 8 attoreo, pag. 5).

In questa situazione conoscitiva, la Banca aveva l’obbligo di avvisare il cliente del grado di rischio cui andava incontro con quello specifico acquisto, anche se il cliente era connotato da elevata professionalità.

L’obbligo di informazione si ricava oltre che dalla norma di cui all’art. 21, co. 1, lett. a) d.lgs. n. 58/1998 (diligenza e correttezza), anche, e più specificamente, da quella di cui all’art. 28 del Reg. CONSOB n. 11522/1998, secondo il quale gli intermediari devono fornire all’investitore, prima di ogni operazione, informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione in atto, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento.

Naturalmente, la prova di avere fornito tali indispensabili informazioni non può essere fornita oralmente dallo stesso funzionario di banca che ha posto in essere l’operazione con le modalità non corrette, sia per la chiara difficoltà di chiunque ad ammettere di avere male operato, anche per le responsabilità che potrebbero gravare su quel soggetto, sia perché lo stesso funzionario potrebbe essere chiamato in causa in manleva dalla Banca, per non avere posto in essere l’operazione secundum legem.

Ragion per cui non può ritenersi ammissibile la testimonianza del funzionario della Banca ** A.C., unico teste citato, sulle circostanze dell’operazione per cui è causa.

Ne consegue un onere della Banca collocatrice di predisporre documentalmente la prova di aver informato adeguatamente il cliente circa il rischio dell’operazione che intende compiere, attesa la possibile inattendibilità di altri funzionari che abbiano eventualmente assistito alla stipula con compiti fidefacenti d’istituto.

Analogo discorso riguarda l’adeguatezza della operazione rispetto al profilo di rischio che il P. non ha voluto fornire.

L’assenza di informazioni circa la propensione al rischio del risparmiatore non può certo rendere adeguata qualsiasi operazione, benché nel caso di specie potesse ritenersi tale, anzi deve vincolare chi propone l’investimento a maggiore cautela e a maggiore diligenza nelle proposte e nell’assolvere gli obblighi informativi in relazione al rischio connesso ad ogni singola operazione.

Deve dunque ritenersi che l’ordine di acquisto sia avvenuto in palese violazione degli obblighi di informativa di cui agli artt. 21, lett. a) e b), d.lgs. n. 58/1998 e 28 Reg. CONSOB n. 11522/1998.

Le norme violate dal collocatore costituiscono senz’altro norme imperative (Cass. 29 settembre 2005 n. 19024, Mass. CED n. 583654), essendo poste a tutela di interessi pubblicistici che trascendono gli interessi delle parti, individuabili, da un lato, nella tutela dei risparmiatori uti singuli, e dall’altro lato nella tutela del risparmio pubblico quale elemento di valore dell’economia nazionale, oltre al corretto andamento delle contrattazioni di borsa in funzione antispeculativa, pure in funzione dell’efficienza del mercato dei valori mobiliari (cfr., sui valori tutelati dalle norme in materia di collocamento del risparmio privato, Cass. 7 marzo 2001 n. 3272, Fall.2002, 377 e G.civ. 2001, I, 2109).

Alle violazioni de quibus non necessariamente consegue la radicale nullità del negozio stipulato in occasione delle stesse, poiché gli obblighi di informazione sono elementi estrinseci alla stretta fattispecie negoziale, in quanto non riguardano elementi strutturali del contratto, ma soltanto utili per la valutazione della convenienza o meno dell’operazione, sicché la loro violazione neppure dà luogo a mancanza del consenso del cliente (Cass. 29 settembre 2005 n. 19024, Mass. CED n. 583654; Cass. 9 gennaio 2004 n. 111; Cass. 25 settembre 2003 n. 14234).

Rimane tuttavia un obbligo risarcitorio per la perdita subita dal cliente in conseguenza delle operazioni compiute illegittimamente senza adeguata informazione, cioè a dire che l’illegittimità della non informazione è di per sé stessa fonte di una autonoma responsabilità del soggetto collocatore, a prescindere dalla non incidenza della sua attività illegittima sull’atto negoziale, che rimane valido.

Il risarcimento, in tali ipotesi, deve essere ragguagliato al minor vantaggio o maggior aggravio economico causato dal contegno sleale di una parte (Cass. 11 luglio 1976 n. 2840; Cass. 16 agosto 1990 n. 8318).

La violazione degli obblighi di informazione di cui si tratta costituisce infatti un’ipotesi di responsabilità contrattuale (così intesa in quanto consegue alla violazione di specifici obblighi di legge o contrattuali) che può essere fatta risalire alla norma di cui all’art. 1337 c.c., che impone, alla stregua di una clausola generale, di astenersi da comportamenti maliziosi o anche solo reticenti, nonché di fornire alla controparte ogni elemento rilevante ai fini della stipulazione del contratto, che la stessa parte conosca o debba conoscere con l’ordinaria diligenza (cfr. Cass. 29 settembre 2005 n. 19024,Mass. CED n. 583654, che però qualifica la stessa come responsabilità extracontrattuale, in quanto precontrattuale).

Cosicché la violazione della norma di cui all’art. 1337 c.c. diventa rilevante non solo nei casi in cui si verifichi la rottura ingiustificata delle trattative (con la mancata conclusione del contratto) o il contratto sia invalido o inefficace (artt. 1338, 1398 c.c.), ma anche ove il contratto posto in essere sia valido ed efficace, e tuttavia fonte di pregiudizio per la parte che ha subito il comportamento scorretto (cfr., analogamente, l’art. 1440 c.c.; Cass. 29 settembre 2005 n. 19024, Mass. CED n. 583654).

Sotto altro profilo, la natura pubblicistica delle norme violate e la oggettiva prevalenza degli interessi tutelati fanno sì che la violazione degli specifici obblighi informativi si imponga come causa di responsabilità del soggetto che ha non correttamente collocato i titoli infruttuosi, a prescindere dalla dimostrazione, che dovrebbe in ipotesi dare l’acquirente, per cui – se fosse stato adeguatamente informato - avrebbe acquistato titoli con un rendimento migliore, poiché ciò corrisponde ad una valutazione di mero fatto, eventualmente acquisibile nel processo ad iniziativa del soggetto collocatore, ma certo non considerata rilevante dal Legislatore nell’imporre in termini oggettivi, e a tutela di interessi generali, i ridetti obblighi di informazione.

Non può essere perciò condivisa l’impostazione per cui chi ha subito il danno dovrebbe dimostrare che avrebbe acquistato titoli diversi e che, con essi, non avrebbe avuto le stesse perdite.

Si tratta, dunque, soltanto di risarcire una perdita conseguente alla violazione di un obbligo di legge posto come tale a tutela del risparmio, senza incidenza sul negozio e senza dover indagare su eventuali vicende negoziali alternative, il che atterrebbe alla sfera privatorum, mentre la vicenda omissiva attiene al diritto pubblico dell’economia.

Il risarcimento deve essere determinato nella misura del valore monetario perduto nell’operazione in conseguenza del mancato assolvimento colpevole dell’obbligo di informativa, dedotta la cedola che l’attore ha incassato (pari ad € 5.906,25) ed il controvalore dei titoli argentini ancora detenuti dall’attore (€ 25.140,00), trattandosi di somme non contestate.

Sul residuo si devono calcolare gli interessi legali dal giorno della domanda giudiziale, in quanto si tratta di inadempimento contrattuale (v. Cass. 9 febbraio 2005 n. 2634) fino all’effettivo saldo.

Non resta margine per apprezzare un eventuale concorso di colpa del danneggiato, ai sensi del richiamato art. 1227 c.c., posto che la colpa di non averlo informato esaurisce l’intera fattispecie di responsabilità.

Le questioni non espressamente esaminate si reputano assorbite.

Le spese seguono, per legge, la soccombenza.

P.  Q.  M. 

Il Tribunale, in composizione collegiale,

definitivamente pronunciando;

ogni contraria ed altra istanza rigettata;

condanna Banca ** spa a pagare a P. P. la somma di € 47.030,40, con gli interessi al tasso legale dall’8.8.2006 al saldo effettivo;

condanna Banca ** spa al pagamento delle spese processuali in favore di P. P., che liquida in complessivi € 7.166,38, di cui € 12,50 per spese in senso stretto, € 794,88 per spese generali, € 1.547,00 per diritti ed € 4.812,00 per onorari, oltre cpa (2%) ed iva (20%).

Così deciso in Camera di consiglio il giorno 15.6.2007.