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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 11751 - pubb. 09/12/2014.

Azione revocatoria di beni costituiti in fondo patrimoniale


Tribunale di Benevento, 03 Ottobre 2014. Est. Galasso.

Azione revocatoria - Beni impignorabili - Fondo patrimoniale - Distinzione - Natura temporanea del vincolo - Ammissibilità


Deve ammettersi che anche il creditore, il quale non possa procedere ad esecuzione forzata su beni del fondo patrimoniale, possa dolersi della circostanza che tali beni siano stati alienati a terzi, e proporre domanda di inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c.
Relativamente alla revocatoria fallimentare di atti di disposizione di beni impignorabili per legge, la S.C. si è espressa negativamente (Cass. civ., Sez. I, 20 novembre 1997, n. 11564): la condizione del bene appartenente al fondo patrimoniale, tuttavia, è diversa, da quella del bene oggettivamente impignorabile: non soltanto l’esenzione dall’azione esecutiva è limitata a determinate obbligazioni, ma, inoltre, il fondo è destinato necessariamente a cessare, in un momento certus an, incertus quando, ai sensi dell’art. 171, commi 1 e 2, c.c.: al più tardi, alla morte di uno dei coniugi (che comporta lo scioglimento del matrimonio: art. 149, co. 1, c.c.), od al raggiungimento della maggiore età, da parte del più giovane degli eventuali figli minorenni. Il vincolo sui beni, quindi, è relativo e, soprattutto, sicuramente temporaneo. Da ciò consegue che il creditore può vedersi privo della possibilità di aggredire il bene al momento dell’estinzione del vincolo, ove tale bene sia stato alienato prima di tale momento: e l’azione revocatoria, che mira a garantire l’effettività della responsabilità patrimoniale, non può non costituire lo strumento per prevenire questo effetto pregiudizievole, considerando anche, del resto, che il debitore risponde con i beni presenti e con quelli futuri (art. 2740, co. 1, c.c.: i beni del fondo sono in una sorta di posizione intermedia, essendo già presenti nel patrimonio, ma essendo rimandato ad un momento futuro il conseguimento della piena suscettibilità all’esecuzione forzata). Per affinità di materia, in mancanza di decisioni di legittimità relative alla revocabilità di atti di disposizione di beni del fondo, si consideri (in un senso, che sembra conforme a quanto testè affermato) quanto ha affermato la giurisprudenza sull’alienazione dei beni dotali (Cass. civ., Sez. II, 5 luglio 2000, n. 8952). La Corte di Cassazione, dunque, ha sostenuto che i creditori possono vantare un’aspettativa di garanzia, condizionata all’esistenza del bene (nel patrimonio da aggredire) al momento della cessazione del vincolo, ed alla circostanza che il bene non sia stato alienato per necessità od utilità evidente: nel caso del fondo patrimoniale, allora, come già detto innanzi, la possibile permanenza del bene, al momento della cessazione del vincolo, fonda tanto l’interesse ad agire del creditore estraneo ai bisogni familiari, sia l’eventus damni, mentre la necessità od utilità evidente dell’alienazione debbono ricorrere, e possono essere sindacate, soltanto laddove occorra (e ciò non accadeva nel caso di specie), in presenza di figli minori, l’autorizzazione giudiziale (art. 169 c.c.). (Luigi Galasso) (riproduzione riservata)

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