ilcaso.it
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1213 - pubb. 05/05/2008.

Grey market e divieto di contrattazione con clienti retail


Tribunale di Parma, 07 Marzo 2007. Est. Sinisi.

Intermediazione finanziaria – Contrattazione al grey market con clientela retail di titoli in corso di emissione – Negoziazione in conto proprio – Esclusione – Collocamento – Sussistenza.

Grey market – Vendita di obbligazioni in corso di emissione a clientela retail – Divieto – Nullità del contratto – Sussistenza.


Nella fase di grey market, la contrattazione con la clientela c.d. retail, che non acquista ma, piuttosto, prenota un titolo non ancora venuto ad esistenza (del quale, per definizione, non può avere conoscenza), rientra appieno nel collocamento, in quanto l'intermediario solo nominalmente opera su incarico del cliente, per rivelarsi, nei fatti, un incaricato del collocatore con i clienti quali controparti. In tale ipotesi pertanto, non vi è una forma di negoziazione in conto proprio (con l'intermediario quale "dealer"), in quanto si rivela determinante l'interesse dell'intermediario non di lucrare, in termini speculativi, sulla differenza tra prezzo di acquisto e quello di vendita, ma di allocare i titoli tra il pubblico. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

La natura di collocamento attribuibile alla vendita (sottoscrizione) di bonds nella fase del cd. grey market, pone l’operazione in contrasto con il noto divieto vigente in materia (si veda Bollettino Economico della Banca d’Italia n. 41), laddove venga conclusa direttamente con la clientela retail. In altri termini l’eurobond non può essere oggetto di un contratto allorché ad acquistare (rectius a sottoscrivere) sia un cliente retail; l’illiceità dell’oggetto (della cosa la cui proprietà viene trasferita – art. 1470 c.c.) comporta nullità del contratto ai sensi degli artt. 1418, comma secondo e 1346 cod. civ., ovvero del singolo negozio di acquisto. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Ordini di negoziazione, grey market

omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione, notificato in data 29 luglio 2004, A. M., ed altri ventisei, fra i quali anche M. R. e C. N., evocarono in giudizio sedici istituti di credito, fra i quali BANCA ** S.p.A., e la PARMALAT FINANCE B.V., in Amministrazione Straordinaria, con le forme previste dal d.lgs. 17 gennaio 2003 n° 5, per l’accertamento e la declaratoria della nullità e/o dell’inefficacia ovvero dell’annullamento, nei confronti delle convenute, degli ordini di acquisto di notes Parmalat Finance Corporation B.V., e la condanna delle Banche convenute alla restituzione, in loro favore, di tutte le somme impiegate per l'acquisto, nonché al risarcimento dei danni tutti (anche esistenziali e morali) e da occasioni di investimento perdute, da liquidare equitativamente, ed al rimborso di tutte le spese sostenute.

I profili di nullità erano ricondotti alla violazione di norme imperative, per simulazione al fine di eludere l’art. 1410 c.c., e plurima violazione del  T.U. delle disposizioni in materia d'intermediazione finanziaria, adottato con D.Lgs 58/98 (in prosieguo TUF) nonché di numerosi articoli del Regolamento Consob n.11522 del 1998 – attuativo del primo - deducendosi, in particolare, che le banche avevano violato gli artt.94 e 101 TUF, per mancanza del prospetto informativo, e 129 T.U. bancario (D.lgs.385/93), per mancata comunicazione alla Banca d’Italia, non ottemperando ai doveri di diligenza, correttezza e trasparenza, di cui all’art.  21 TUF, posto che né il documento generale sui rischi di investimento finanziari, né il questionario sul profilo dell'investitore, entrambi sottoscritti tempo prima dell'acquisto, potevano ritenersi prova del rispetto dei suddetti doveri, all’uopo richiamando l’art. 21 lett. a) e b)  (informazioni) TUF, e gli artt.27 (conflitto d'interesse), 28 (informazioni sull'investitore e documentazioni), 32 (c.d. best execution rule) Regol.. 

Viceversa dalla sollecitazione ricevuta dalla banca ad investire in titoli privi di rating, di prospetto informativo e di corrispondenza al proprio profilo d'investitore, elementi assertivamente idonei a trarre in errore il cliente, errore percepibile come essenziale e riconoscibile, derivava l’annullabilità del contratto medesimo alla luce degli artt. 1427, 1428 e 1429 c.c..

Evidenziavano, quindi, a fini risarcitori, profili di responsabilità precontrattuale, da prospetto per informazioni false, sulla provenienza olandese dei titoli, ed incomplete – art. 1337 c.c. -, ovvero extracontrattuale, ex art. 2043 c.c., secondo un indirizzo della S.C..

Ulteriore profilo, di risoluzione contrattuale e risarcimento danno, veniva fatto discendere dall’art. 1411 c.c., atteso che le Offering Circulars impegnavano le parti contraenti (emittente e garante e banche collocatrici), nonché i loro aventi causa, a non far circolare in Italia quei titoli fra i piccoli risparmiatori.

Seguivano le notifiche delle comparse di costituzione dei vari convenuti, cui facevano seguito le memorie di replica degli attori e le istanze di fissazione udienza.

Respinta, con ordinanza depositata il 10 agosto 2005, l’eccezione di estinzione dell’intero giudizio, proposta dalla Cassa ***, con decreto ex art. 12, in pari data, il Giudice relatore proponeva al Collegio la separazione dei giudizi, accolta all’esito dell’udienza del 21 dicembre seguente.

Veniva, quindi, instaurato il presente autonomo giudizio sulla domanda delle M. e C.,  la prima contitolare (con M. Ivo) del dossier titoli n. 000/0002227 presso la Banca ** S.p.A., relativa ad un investimento in data 19.03.1999, presso la sede centrale di Parma, € 31.037,92, in notes tasso del 5,50% scadenza 30.03.2009, codice ISIN XS0095639620, emesse dalla Parmalat Finance, confluito, dopo la dipartita del M., nel dossier n.0/9293, cointestato alle attrici

BANCA **, per parte sua, aveva, a suo tempo, eccepito nullità della citazione per indeterminatezza della causa petendi delle domande nei confronti di ciascun istituto; nel merito aveva sostenuto l’infondatezza delle rivendicazioni degli attori, non sussistendo le violazioni del TUF e del Regolamento, non essendosi in presenza di sollecitazione del pubblico risparmio ed avendo i clienti ricevuto il documento sui rischi generali; riguardo al conflitto d’interessi, aveva evidenziato di non aver partecipato ad alcun collocamento dei titoli.

PARMALAT FINANCE B.V. in Amministrazione Straordinaria, aveva notificato la comparsa evidenziando una difficoltà a comprendere la ragione della sua evocazione in giudizio e, quindi, la nullità della citazione; sosteneva, comunque, la improcedibilità dell’azione nei confronti della procedura, posto che qualsiasi pretesa andava accertata nelle sedi proprie, in ossequio al combinato disposto degli artt.4 ter D.L. 347/03 (come da ult. modificato dal D.L.119/04), in relazione all’art. 53 D.lgs.270/1999, tanto più che gli attori si erano insinuati al passivo della amministrazione straordinaria.

Fissata nuova udienza collegiale, in data 1 agosto 2006 veniva formalizzata l’accettazione della procedura alla rinuncia agli atti, nei suoi confronti, da parte dell’attrice.

Depositate dalle parti memorie conclusive, all’odierna udienza, dopo la discussione orale, il Tribunale, avvalendosi del disposto dell’art. 16, comma quinto, D.lgs.5 cit., ha trattenuto la causa per la sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La difesa attrice ha rinunciato agli atti nei confronti della Parmalat Finance Corporation BV a spese compensate e la rinuncia è stata accettata, sicché la causa prosegue ora nei confronti della sola banca venditrice.

In fatto, I. M. e la figlia R. in data 12 febbraio 1996, come risulta dalla documentazione allegata dalla convenuta, avevano sottoscritto un contratto per servizi di negoziazione, ricezione e trasmissione ordini su strumenti finanziari (doc.7 conv.) quindi, in data 19 marzo 1999, impartivano un ordine - confermato come da doc.27 – di acquisto di “Parmalat 3/09 5.5%”, per un valore nominale di € 31.000,00, al prezzo di 100,00; le obbligazioni sono state immesse sul dossier n.0 2227/1, cointestato, somme addebitate – dal 30 marzo 1999 – sul conto corrente n.001 3838/3.

L’operazione, eseguita in contropartita diretta, ha avuto riscontro nel “fissato” n.10556 (doc.8).

L’odierna attrice aveva sottoscritto (doc.11), in data 3 aprile 1998, il documento informativo sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, provvedendo, in pari data, a rispondere in parte al questionario informativo sul profilo degli investitori (doc.14).

Chiarito lo svolgersi del rapporto come riscontrato nella documentazione, si può passare alla disamina delle numerose questioni dedotte dalla difesa M., a sostegno delle gradate domande di nullità, annullamento o risoluzione del contratto.

Già in citazione, in primo luogo, la nullità del collocamento dei titoli viene fatta discendere dalla simulazione, finalizzata alla elusione dell’art. 2410 c.c., nel testo vigente all’epoca.

La domanda è infondata per le ragioni illustrate nella sentenza di questo Tribunale Frati+2/Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza+1, n.877/2005, in quanto l’operazione, se pure poteva avere quale risultato l’elusione del previgente art. 2410 c.c., era consentita.

L’opportunità concessa dal quinto comma dell’art. 16 D.lgs.5/2003, di una motivazione in forma abbreviata, mediante la concisa esposizione delle ragioni di diritto, anche in riferimento a precedenti conformi, consente di rimandare alla stessa pronuncia, per superare le questioni afferenti i profili di nullità fatti discendere dalla violazione degli artt.129 T.U. bancario, per mancata comunicazione alla Banca d’Italia, 21 TUF e 27,28 e 32 Reg. Consob n. 11522/98, norme relative alla intermediazione finanziaria, inerenti l’obbligo di diligenza ed informazione, il divieto di operare in conflitto d’interessi e la c.d.best execution rule.

In conclusionale, la difesa attrice insiste sulla mancanza del prospetto informativo, sostenendo essersi in presenza di una sollecitazione indiretta.

Si ricava dalla lettura della offering circular (allegata dalla difesa convenuta – doc.2) che l’emissione del bond “3/09 5.5%” di Parmalat Finance B.V. è datata 30 marzo 1999, in conseguenza il 19 marzo si era nella fase del c.d.grey market.

Com’è noto, il mercato grigio inizia immediatamente dopo l'annuncio ufficiale di una nuova emissione e termina il giorno di chiusura dell'operazione; è normalmente gestito attraverso brokers, la cui funzione é quella di acquistare e vendere titoli per conto terzi, garantendone l'anonimato e senza assumere rischi per conto proprio; i brokers quotano un prezzo lettera (ask) e denaro (bid) e, per quei prezzi, si impegnano ad acquistare e vendere le azioni in via di emissione. Dal momento che i titoli oggetto della transazione non sono ancora sul mercato, le operazioni di compravendita vengono realizzate a termine, sulla base della clausola "if and when issued".

In detta fase, dunque, è possibile negoziare i titoli di nuova emissione, nei giorni precedenti il loro effettivo collocamento sul mercato primario.

Nell’ampio panorama giurisprudenziale in materia di bonds, poche sono le decisioni adottate per titoli contrattati durante la fase del grey market.

In una fattispecie di acquisto, nel 2000 e nel 2001, dalla Banca Popolare di Lodi, a prezzo pieno "in contropartita diretta", di obbligazioni emesse dal Gruppo Cirio, non esistenti sul mercato, in quanto le due emissioni recavano, rispettivamente, la data del 3.11.2000 e del 6.2.2001, il Tribunale di Roma (sez.IX, arresto dell’8 ottobre 2004) ha sostenuto che “non rientra nell’ipotesi di sollecitazione all’investimento e presenta le caratteristiche della vendita di cosa futura l’offerta di titoli in assenza di prospetto informativo destinata ai soli investitori istituzionali, accompagnata da un semplice documento informativo (cd. offering circular) e caratterizzata da contrattazioni nella fase di grey market, contrattazioni che anticipano il momento della sottoscrizione dei titoli, la quotazione sul mercato ufficiale e la stessa disponibilità dei principali documenti informativi dell’operazione.

Nel prosieguo, peraltro, il Tribunale ha rilevato la violazione da parte della banca convenuta delle regole generali di comportamento sancite dall'art. 21 co. 1 lett. d) TUF e dall'art.  26 D. Consob 11522/98, tra le quali assumeva rilievo primario quella di cui alla lett. e), relativa all’acquisizione di una conoscenza degli strumenti finanziari, adeguata al tipo di prestazione da fornire. “Tale disposizione pone a carico degli intermediari e nell'interesse degli investitori un obbligo di conoscenza, che è più della semplice informazione, sui prodotti da loro offerti, conoscenza che si estende alla loro provenienza, alla situazione degli stessi nei mercati, alla loro destinazione tra il pubblico dei consumatori ... Tanto più, se si considera che la negoziazione in esame è stata posta in essere nel periodo di grey market .. e quindi in epoca antecedente alla prima fisica passibile consegna del titolo e in assenza di rating ...”, ravvisando inadempimento imputabile all'intermediario, condannato a risarcire il danno.

Altra sezione di questo Tribunale (nella pronuncia resa in data 13 maggio 2005), pur concludendo che la violazione delle norme del TUF può portare alla dichiarazione di nullità del contratto, a condizione che la norma violata abbia un contenuto sufficientemente specifico, preciso ed individuato, non potendosi, in caso contrario, far discendere una sanzione tanto grave, qual è quella della nullità del rapporto, se non a fronte di parametri di comportamento sufficientemente precisi e determinati, aveva argomentato – prendendo spunto dal Bollettino Economico della Banca d’Italia n.41/2003 - che “.. secondo l'autorevole opinione dell'organo tecnico di vigilanza, la negoziazione alla clientela è sempre lecita e possibile e come tale non necessita di alcun prospetto, anche in presenza di attività propositiva da parte degli intermediari, ed anche quando tale attività di negoziazione su base individuale avvenga nella fase cosiddetta di grey market [«che va dall'annuncio dell'emissione dei titoli (launch day) alla data di regolamento degli stessi e di versamento del ricavato all'emittente (closing day), dura generalmente dalle due alle quattro settimane. In questa fase possono avvenire sia l'iniziale sottoscrizione dei titoli da parte degli investitori professionali (che li acquistano dalle banche collocatrici facenti parte del consorzio) sia la negoziazione degli stessi con la clientela che ne faccia richiesta»”.

In una fattispecie relativa all’obbligazione floating Rate 05/03 di Cirio Finance Luxembourg SA, la cui emissione era stata deliberata in data 25/05/2000, mentre l’ordine dell’acquisto sarebbe stato impartito in data 18/05/2000, prima, cioè, delle emissione del titolo e senza che fossero note le condizioni economiche, le restrizioni e i soggetti partecipanti al consorzio di collocamento, il Tribunale di Milano ha, invece, rilevato che “.. solo una cerchia limitata di soggetti, operante nel settore professionale della finanza, poteva sapere dell’imminente uscita sul mercato di un’obbligazione Cirio, del tipo di quelle in oggetto .. mentre era impossibile, da parte dell’attore, l’individuazione e la richiesta di acquisto del titolo in questione. Ne discende, allora, la nullità dell’acquisto ex art. 1418 c.c., per impossibilità, non individualità e indeterminatezza dell’oggetto non soddisfacendosi i requisiti dell’art.  1325 c.c.

A tale statuizione non può contrapporsi la prassi dell’acquisto di valori mobiliari nel c.d. periodo di grey market, valendo tale prassi per i titoli già emessi, mentre nel caso di specie la Banca ha ammesso di avere eseguito la negoziazione (il 18/05/2000) quando il prestito rappresentato  dalle obbligazioni non era stato ancora deliberato dagli organi della Cirio Finance di Luxembourg ..” (cfr.Trib.Milano sez.VI, 2 marzo 2006 n.2746; conf. stessa sezione, 31 gennaio 2005).

Più di recente, lo stesso Tribunale (con la sentenza 20 marzo 2006, in causa E.L. c.B.ca Pop.Milano), prendendo spunto da una risposta della Consob (Comunicazione n. DAL/97006042 del 9.7.97), ad una Banca italiana, che intendeva acquistare “a fermo” l’intera emissione di determinati strumenti finanziari per inserirli, in un momento immediatamente successivo, nel paniere da offrire alla propria clientela, presumibilmente non professionale, nel senso di non onerare l’emittente di un prospetto informativo, ha maggiormente approfondito la questione, parlando di “offerta indiretta” violatrice sia della ratio sia della sostanza della legge che, in determinate circostanze, simulano una sollecitazione all’investimento.

“Nella maggior parte di esse appare infatti ravvisabile un tacito accordo fra “Emittente” e “Intermediario” finanziario (il cui ruolo è quello di distribuire tra il pubblico gli strumenti finanziari oggetto del “Collocamento Privato”) o, quantomeno, la consapevolezza che gli strumenti finanziari saranno ri-offerti ai clienti in tempi assai brevi se non addirittura immediatamente .. tuttavia .. nessuna indicazione viene fornita dalle regole dell’Offerta Pubblica circa il momento in cui una sollecitazione ha inizio o termine .. Parte della dottrina italiana concorda con questa interpretazione sostenendo che, affinchè una sollecitazione sia qualificata come privata, è necessario che “l’investimento in valori mobiliari non sia funzionale ad un collocamento dei valori medesimi tra il pubblico dei risparmiatori. In altri termini, se detti valori sono sottoscritti o acquisiti con l’intenzione di farne, subito dopo o una volta decorso qualche tempo, distribuzione tra i risparmiatori, anche l’originaria sollecitazione dovrà essere qualificata come pubblica”.

Al fine di fugare l’indizio dell’esistenza di un accordo tacito di collocamento tra Emittente e Collocatore privato la prassi finanziaria internazionale prevede l’inserzione nei prospetti di collocamento privato delle cc.dd. selling restrictions, in cui si esplicita che l’acquirente non può rivendere i titoli collocati privatamente ad altri soggetti non istituzionali.

Tale divieto è spesso previsto nel contratto tra l’Emittente e il Collocatore privato, ma raramente i prospetti e i contratti di collocamento prevedono che il predetto divieto si estenda ai successivi acquirenti.

E’ comunque pacifico che le selling restrictions non costituiscono nè la prova nè la presunzione della inesistenza di un accordo esplicito o tacito di ridistribuzione, diretta o indiretta, tra l’Emittente e il Collocatore o successivi acquirenti.

La comunicazione Consob afferma poi che “l’offerta secondaria” costituisce semplicemente un’attività di negoziazione.

Ma il modo in cui sono offerti i panieri di strumenti finanziari che molte Banche italiane hanno “messo a disposizione” dei loro clienti nega il carattere “passivo” che solitamente caratterizza le attività di negoziazione ...

Per quanto attiene poi alla uniformità delle condizioni, nel caso dell’operazione esaminata dalla comunicazione Consob, l’Autorità ha rifiutato l’idea che l’“offerta secondaria” costituisse una sollecitazione all’investimento poiché le condizioni offerte a ciascun cliente non professionale non potevano essere considerate “standard”.

Anche su questo punto la posizione della Consob non risulta del tutto convincente.

Ed invero, l’Autorità di Vigilanza non ha presumibilmente considerato il modo in cui gli strumenti finanziari inseriti nel paniere di un intermediario sono effettivamente offerti ai clienti. Gli strumenti finanziari oggetto delle “offerte indirette” non sono generalmente negoziati in alcun mercato accessibile al pubblico. Una volta inseriti nel paniere, sono detenuti attraverso il sistema non regolamentato di negoziazione o quotazione dell’intermediario (sistema di scambio organizzato o “SSO”) che fornisce la quotazione del prezzo di vendita a tutti gli sportelli bancari dell’intermediario.

Pertanto qualsiasi cliente si presenti ad un qualsiasi sportello dell’intermediario nello stesso momento riceverebbe la stessa quotazione.

Appare da ultimo opportuno osservare che l’attività di intermediazione dovrebbe presupporre la “circolazione” del titolo sul mercato.

Quando la vendita ha ad oggetto un titolo che non ha ancora circolato su un mercato, ma che fa parte di una emissione alla fonte, occorre effettuare una più analitica verifica delle modalità attraverso cui esso perviene all’investitore non istituzionale, onde accertare se l’intermediario sia un occulto collocatore  .. Ed invero, in taluni casi .. le Banche hanno acquistato i titoli di nuova emissione (per i quali vi era un divieto di vendita diretta alla clientela retail) in qualità di investitori istituzionali (dunque con esonero del prospetto informativo) ma di fatto non hanno trattenuto i titoli nei loro portafogli, poichè li avevano già ri-venduti, prima che venissero a materiale esistenza, ai piccoli risparmiatori.

Anzi, vendendo i predetti titoli nella fase del cd. grey market, si sono addirittura “autofinanziate” per far fronte al pagamento del corrispettivo che erano tenute a versare alle emittenti/co-manager/partecipanti al consorzio, “drenando” la provvista presso la clientela e di fatto trasferendo su di essa il rischio del collocamento dei titoli unitamente al rischio della insolvenza della emittente ... Non può essere dunque trascurata, e conseguentemente valorizzata, la sostanziale differenza che sussiste fra gli intermediari che si sono limitati a negoziare titoli, acquisendoli di volta in volta sul mercato (o anche vendendoli in contropartita diretta in quanto presenti in portafoglio, ma solo perché in precedenza acquisiti per soddisfare le esigenze della clientela) e gli intermediari che hanno per converso distribuito presso la clientela titoli acquistati sul mercato estero attraverso le proprie consociate che hanno partecipato al consorzio di collocamento.

Per essi non solo può ravvisarsi una posizione di conflitto di interessi rilevante ai fini del T.U.F., ma prima ancora una violazione delle norme di legge sul collocamento, sussistendo una interposizione fittizia dell’investitore istituzionale allo scopo di eludere la normativa più protettiva prevista per “l’offerta pubblica” diretta”.

Conclude la sentenza che tale comportamento, gravemente lesivo del principio - sancito dal T.U.F. - del rispetto dell’integrità dei mercati, diversamente dai restanti obblighi (informativi) eventualmente disattesi posti a carico dell’intermediario “giustifica la sanzione di nullità dei contratti”.

Questo Collegio condivide l’impostazione della pronuncia con la sanzione di nullità dell’operazione, ma propone un proprio percorso argomentativi, che trae spunto dalla differenza tra il collocamento e la negoziazione per conto proprio o conto terzi.

Sotto il profilo normativo, l'art. 1, lett. t) del TUF individua come "<>: ogni offerta, invito a offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma rivolti al pubblico, finalizzati alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti finanziari".

Tale forma di collocamento, di strumenti finanziari in genere, è destinata ad una moltitudine indistinta di soggetti e la sua disciplina è collocata nella parte quarta al titolo secondo, capo primo agli artt. 94 e segg. TUF.

Altre forme di compravendita di titoli, o valori mobiliari, sono previste dal TUF e dal Regolamento CONSOB attuativo

In particolare, va richiamata la c.d. negoziazione su base individuale.

L’art. 1, quinto comma, TUF indica fra i servizi di investimento, tra gli altri, la negoziazione per conto proprio e la negoziazione per conto terzi.

L'art. 32 del Regolamento (rubricato appunto <> ed inserito nella sezione I- Negoziazione, del capo II - Norme per la prestazione dei singoli servizi), riprende detta suddivisione (comma 3 e 4), disponendo che gli intermediari autorizzati devono eseguire entrambe alle migliori condizioni possibili con riferimento al momento, alle dimensioni e alla natura delle operazioni stesse.

La negoziazione per conto proprio presuppone la titolarità del titolo o del valore mobiliare in capo all'intermediario, che in precedenza lo ha acquistato sul mercato finanziario (cfr. art.  32 cit., quinto comma "..gli intermediari autorizzati comunicano all'investitore, all'atto della ricezione dell'ordine, il prezzo al quale sono disposti a comprare o a vendere gli strumenti finanziari ed eseguono la negoziazione contestualmente all'assenso dell'investitore; sul prezzo pattuito non possono applicare alcuna commissione").

Nella prestazione del servizio di negoziazione per conto terzi, invece, l'intermediario acquista sul mercato il titolo o valore mobiliare percependo un compenso per tale attività di sostanziale mediazione (cfr. art. 32, 6° co., : "ferma restando l'applicazione delle commissioni e delle spese, il prezzo praticato all'investitore è esclusivamente quello ricevuto o pagato dall'intermediario").

Tra negoziazione e raccolta ordini da una lato e collocamento dall'altro, sussiste una distinzione netta: vi è negoziazione e ricezione ordini e mediazione (lett. a), d) ed e) dell'art.  1, comma 5°, d.lgs. n. 58 del 1998) quando il cliente fornisce in piena autonomia l'ordine, con l'intermediario che lo esegue; vi è collocamento quando è l'intermediario che - per conto dell'emittente o del proprietario - alloca i titoli operando con il cliente quale controparte.

Nel primo caso l'intermediario, indifferente al titolo, opera su incarico del cliente, nel secondo offre di propria iniziativa, su incarico dell'emittente o del proprietario e quindi nell'interesse di questi (quale controparte del cliente), al cliente stesso, i titoli.

Nel primo caso, il titolo è gia allocato sul mercato e, quindi, è proprio sul mercato che il cliente lo acquista, mentre nel secondo può sia non esserlo (nel caso di incarico fornito dall'emittente ed in tal caso il cliente lo sottoscrive) sia esserlo (nel caso di incarico fornito dal proprietario e quindi il cliente acquista il titolo).

L'elemento discriminante è rappresentato dalla circostanza che nel caso di negoziazione e ricezione l'intermediario, da un lato, agisce quale destinatario dell'incarico del cliente e dall'altro, sulla base di tale incarico, acquista il titolo scelto dal cliente; nel collocamento, di converso, l'intermediario agisce su incarico della controparte del cliente ed offre al cliente titoli offerti proprio dalla controparte medesima.

Si tratta di differenza di ruolo giuridico assunto dall'intermediario, ma si tratta di differenza che attiene anche alla sostanza dell'operazione

e spiega perché solo nel collocamento vi sia la necessità di consegnare il prospetto: nell'offrire un'opzione di acquisto ai clienti, su incarico e nell'interesse della controparte, occorre farsi parte diligente nel fornire ai clienti tutte le informazioni sul titolo oggetto dell'operazione; è un obbligo che incombe su chi offre l'operazione nel proprio interesse.

Di converso, analogo obbligo non può incombere sull'intermediario nella negoziazione e ricezione ordini, in cui l'intermediario stesso acquista un titolo sul mercato per conto del cliente, cui risale la scelta tra i vari titoli in essere sul mercato.

Nella fase di grey market, a parere del Collegio, la contrattazione con la clientela c.d.retail, che non acquista ma, piuttosto, prenota un titolo non ancora venuto ad esistenza (del quale, per definizione, non può avere conoscenza), rientra appieno nel collocamento, in quanto l'intermediario solo nominalmente opera su incarico del cliente, per rivelarsi - nei fatti - un incaricato del collocatore, con i clienti quali controparti. Non vi è una forma di negoziazione in conto proprio (con l'intermediario quale "dealer"), in quanto si rivela determinante l'interesse dell'intermediario non di lucrare, in termini speculativi, sulla differenza tra prezzo di acquisto e quello di vendita, ma di allocare i titoli tra il pubblico.

Nella fattispecie de qua, le notes “Parmalat 5,50% marzo 2009” non sono mai entrate nel portafoglio della banca convenuta, in quanto prima ancora della emissione erano già nel patrimonio del cliente; è, inoltre, significativo, come si ricava dalla offering circular, che fra i collocatori del bond c’era Monte Paschi Siena, del cui “gruppo” fa parte la convenuta, mentre dall’“analisi dei movimenti sul titolo” (doc.17 conv.), si evince che BANCA MONTE – tra il 15 ed il 30 marzo – ebbe ad acquistare, per i clienti, obbligazioni per cui è causa per circa un milione di euro.

Orbene, nel settore dei mercati finanziari maggiore è l’attenzione agli interessi diffusi e più sentita l’esigenza di anticipare la tutela per l’investitore, il quale dev’essere posto in condizione di conoscere, di valutare e di scegliere non soltanto con libertà del volere ma, soprattutto, con piena consapevolezza delle caratteristiche di ciò su cui la sua scelta si orienta e dei rischi economici che ne possono derivare.

In questi mercati, del resto, le merci trattate, ossia i prodotti finanziari, non sono destinate a soddisfare interessi o bisogni primari, bensì a produrre denaro dal denaro, sicchè il solo criterio di orientamento è la valutazione comparata dei rischi e dei rendimenti.

Ben si comprende, quindi, come sia l’esigenza di informare a prevalere, donde la disciplina del prospetto informativo, che ruota, appunto, attorno alla norma chiave dell’art. 94, secondo comma, cit., secondo cui il prospetto deve essere tale da consentire agli investitori un fondato giudizio su tutto quanto rileva nella valutazione della convenienza dell’investimento.

Esso non è solo un insieme di dati storici, ma contiene anche – quanto e molto più del bilancio – indicazioni di prospettive future, stimate possibili o probabili dall’emittente, nonché giudizi valutativi, raffronti con i valori di altre imprese ragionevolmente comparabili e così via.

La predisposizione del prospetto, soprattutto, è importante nell’ipotesi – quale quella de qua - di eurobonds, di futura emissione, ancora privi di rating, in quanto consente alla Consob di esercitare un controllo di attendibilità sull’insieme dei dati forniti dall’Emittente, in quanto volto a garantire che gli enunciati valutativi, e le previsioni indicate nel prospetto, non siano macroscopicamente incongrui o logicamente incompatibili con i dati storici di cui la stessa Autorità sia in possesso o si possano considerare notori.

Qualora la Consob ravvisi motivi di incompletezza, incongruità od inattendibilità del prospetto, se si tratta di prodotti non già quotati né diffusi, potrebbe rifiutarne l’approvazione, così inibendo la sollecitazione, altrimenti potrà ottenere una correzione del prospetto.

Per poter compiutamente esercitare tali poteri l’Autorità può ricorrere ai mezzi istruttori direttamente enunciati dall’art. 115 e richiamati dall’art. 97, primo comma, lett.b, TUF, fra i quali anche l’ispezione.

Palese l'intenzione del legislatore, che ha inteso circondare d'opportune cautele, a tutela dell'investitore, l'appello al pubblico risparmio, al fine di evitare che la collettività dei risparmiatori sia tratta in inganno da pubblicità e da altre forme di sollecitazione all'investimento in prodotti finanziari di dubbia o scarsa solidità, imponendo all'art.  94 TUF un preventivo controllo dì un ente pubblico (la CONSOB) sulla veridicità delle informazioni diffuse, prevedendo appunto l'obbligo del prospetto informativo.

L’assenza dell’obbligo di prospetto agevola l’Emittente, in quanto esclude interferenze dell’Autorità, cosa che la normativa consente solo in caso di sollecitazione rivolta ad investitori professionali.

La natura di collocamento attribuibile alla vendita (sottoscrizione) di bonds nella fase del cd. grey market, pone l’operazione in contrasto con il noto divieto vigente in materia, laddove venga conclusa direttamente, come nel caso de quo, con la clientela retail,.

“In relazione alla possibile vendita di eurobbligazioni ad investitori privati – si legge nel Bollettino Economico della Banca d’Italia n.41 – in Italia l’assenza del prospetto informativo previsto per le offerte pubbliche impedisce alle banche, sia a quelle che sottoscrivono inizialmente i titoli sia a quelle che li acquistano dalle banche collocatrici, di sollecitare il pubblico a comperare valori mobiliari ..”.

In altri termini l’eurobond non può essere oggetto di un contratto allorché ad acquistare (rectius a sottoscrivere) sia un cliente retail, l’illiceità dell’oggetto (della cosa la cui proprietà viene trasferita – art. 1470 c.c.) comporta nullità del contratto ai sensi degli artt.1418, comma secondo e 1346 c.c., vale a dire, per quanto interessa la presente fattispecie, del singolo negozio di acquisto.

In conseguenza la convenuta va condannata alla restituzione di quanto a suo tempo percepito per l’operazione nulla, detratto quanto, nelle more eventualmente incassato, per cedole, dai clienti.

Riguardo alle ulteriori richieste, in particolare, al risarcimento dei danni esistenziali e morali subiti dall’attrice, nonché dei danni da occasioni di investimento perdute, spese di assistenza legale per ammissione al passivo e querela, alcun elemento a riscontro del patito danno è stato fornito dalla difesa delle attrici.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza, nella misura in dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, ogni diversa od ulteriore istanza, eccezione o deduzione disattesa, così provvede:

a) dichiara estinto il giudizio nella parte concernente PARMALAT FINANCE CORP. BV;

b) dichiara la nullità della operazione – ordine di acquisto – perfezionata tra le parti in data 19 marzo 1999 e, per l’effetto, dichiara tenuta e condanna BANCA ** S.p.A. a restituire alle attrici  € 31.037,92 oltre interessi pattizi dalla domanda al soddisfo, previa detrazione di quanto eventualmente incassato dalle clienti nel periodo di detenzione nel loro dossier titoli delle obbligazioni “Parmalat Finance Corporation BV 5,50% 30 marzo 2009”;

c) rigetta le ulteriori domande risarcitorie;

d) condanna la banca convenuta al pagamento delle spese di causa  che liquida, in favore delle attrici, in complessivi € 3.700,00, di cui € 10,00+190,00 per esborsi, € 3.500,00, per diritti ed onorario di avvocato, oltre rimb. forf., i.v.a. e c.p.a. come per legge, con distrazione in favore dell’avv. * dichiaratasi anticipataria;

Così deciso in Parma, il 30 maggio 2007.