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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 13057 - pubb. 15/07/2015.

Rito sommario in appello: con citazione. E a proposito di mediazione e provvigione


Appello di Milano, 01 Ottobre 2014. Pres., est. Marescotti.

Rito Sommario di cognizione – Appello – Atto introduttivo – Forma della citazione – Sussiste

Mediazione – Diritto del mediatore alla provvigione – Presupposti


In materia di rito sommario di cognizione, l'appello, ex art. 702-quater cod. proc. civ., ha la funzione di un mezzo d'impugnazione, senza il quale l'ordinanza emessa ex art. 702 - bis cod. proc. civ. passerebbe in giudicato, e prefigura un procedimento che, seppure non dettagliatamente specificato nella norma, ricalca significativamente quello dell'appello (art. 345 cod. proc. civ., comma 2); l’art. 702-quater cod.proc.civ. stabilisce una unica deroga al procedimento di appello, riferita alla ammissibilità eventuale di nuovi mezzi di prova MA non vi sono ragioni per ritenere che la semplificazione della procedura per la trattazione della causa in primo grado e la previsione che nei procedimenti sommari di cognizione la domanda possa essere proposta con ricorso siano elementi idonei a determinare una cristallizzazione delle forme degli atti anche per i gradi successivi, tali da produrre la ultrattività del rito semplificato anche in appello. Costituisce interpretazione più conforme alle regole processuali che governano le impugnazioni in appello ritenere che per effetto del rinvio ordinario alle norme generali dettate per il procedimento di primo grado davanti al tribunale (art. 359 cod.proc.civ.) l’impugnazione debba essere proposta mediante atto di citazione. Il fatto che eventualmente l’impugnazione sia stata proposta mediante ricorso non costituisce ragione di nullità o irregolarità effettiva e i requisiti della tempestività dell’impugnazione devono essere esaminati considerando che l’adempimento richiesto per la instaurazione del giudizio avrebbe dovuto essere la notificazione di un atto di citazione e non un ricorso. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Il diritto del mediatore alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'attività intermediatrice ed è sufficiente che, anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo, la "messa in relazione" delle stesse costituisca l'antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione del contratto. La prestazione del mediatore ben può esaurirsi nel ritrovamento e nell'indicazione di uno dei contraenti, indipendentemente dal suo intervento nelle varie fasi delle trattative sino alla stipulazione del negozio; il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'opera dallo stesso svolta, senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative, fino all'accordo definitivo. Anche la semplice attività del reperimento e della indicazione dell'altro contraente, o nella segnalazione dell'affare, legittima il diritto alla provvigione. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

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