Diritto del Lavoro


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 15982 - pubb. 21/10/2016

Rito del lavoro: inosservanza del termine dilatorio a comparire e nullità dell’atto di appello

Cassazione civile, sez. IV, lavoro, 10 Ottobre 2016, n. 20335. Est. Torrice.


Rito del lavoro: l’inosservanza del termine dilatorio a comparire non comporta nullità dell’atto di appello – Differenza con il rito ordinario – Nullità della sola notificazione sanabile con la costituzione spontanea dell'appellato o ex art. 291 c.p.c. – Efficacia “ex tunc” della sanatoria ex art. 291 c.p.c. applicabile a tutte le nullità in genere della notificazione, derivanti da vizi che non consentono all'atto di raggiungere lo scopo a cui è destinato, ossia la regolare costituzione del rapporto processuale



Nel rito del lavoro l'inosservanza, in sede di ricorso in appello, del termine dilatorio a comparire non è configurabile come vizio di forma e di contenuto dell'atto introduttivo, atteso che, a differenza di quanto avviene nel rito ordinario, essa si verifica quando l'impugnazione è stata già proposta mediante il deposito dei ricorso in cancelleria, mentre nel procedimento ordinario di cognizione il giorno dell'udienza di comparizione è fissato dalla parte, considerato altresì, che tale giorno è fissato, nel rito dei lavoro, dal giudice col suo provvedimento. Pertanto, tale inosservanza non comporta la nullità dello stesso atto di appello, bensì quella della sua notificazione, sanabile "ex tunc" per effetto di spontanea costituzione dell'appellato o di rinnovazione, disposta dal giudice ex art. 291 c.p.c., costituendo questa norma espressione di un principio generale dell'ordinamento, riferibile ad ogni atto che introduce il rapporto processuale e lo ricostituisce in una nuova fase giudiziale, per cui sono sanabili "ex tunc", con effetto retroattivo a seguito della rinnovazione disposta dal giudice, non solo le nullità contemplate dall'art. 160 c.p.c., ma tutte le nullità in genere della notificazione, derivanti da vizi che non consentono all'atto di raggiungere lo scopo a cui è destinato, ossia la regolare costituzione del rapporto processuale, senza che rilevi che tali nullità trovino la loro origine in una causa imputabile all'ufficiale giudiziario o alla parte istante. (Patrizia Perrino) (riproduzione riservata)


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