Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 17817 - pubb. 01/07/2010

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Cassazione civile, sez. I, 12 Maggio 1998, n. 4774. Est. Pignataro.


Liquidazione coatta amministrativa - Commissario liquidatore - Affermazioni ed ammissioni compiute in giudizio - Efficacia probatoria - Insussistenza



Il commissario liquidatore, al pari del curatore del fallimento, non dispone dei diritti della massa dei creditori della società in liquidazione coatta amministrativa, così che, alle affermazioni da lui compiute in sede giudiziale, non può attribuirsi il valore di ammissione di fatti, di natura confessoria, idonea a sollevare la controparte dall'onere della prova in ordine alla sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per l'opponibilità alla procedura di determinati atti o negozi giuridici. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Vincenzo BALDASSARRE - Presidente -

Dott. Giovanni OLLA - Consigliere -

Dott. Alessandro CRISCUOLO - Consigliere -

Dott. Alberto PIGNATARO - Rel. Consigliere -

Dott. Giuseppe SALMÈ - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:

CENTRO SVILUPPO LEASING SpA, in liquidazione coatta amministrativa, in persona del Commissario Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA SABOTINO 2/A, presso l'avvocato PAOLO CARLONI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato MARIO RAVINALE, giusta delega in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

MONTE PASCHI FACTOR SpA già PRIME FACTOR SpA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE ROSSINI 9, presso l'avvocato NATALINO IRTI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIORGIO DE NOVA, giusta procura speciale per Notaio Giuseppe Motta di Torino rep. 48880 del 23.2.1995;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 952/94 della Corte d'Appello di TORINO, depositata il 12/07/94; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/01/98 dal Consigliere Dott. Alberto PIGNATARO;

udito per il ricorrente, l'Avvocato Carloni, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito per il resistente, l'Avvocato De Nova, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele CENICCOLA che ha concluso per l'accoglimento del primo e terzo motivo, rigetto del secondo motivo del ricorso. Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 17 aprile 1990 la s.p.a. "Centro sviluppo leasing" in liquidazione coatta amministrativa conveniva in giudizio, dinanzi al tribunale di Torino, la s.p.a. Prime Factor.

Premesso che nel novembre 1986 tra le due società era stato stipulato un contratto di factoring avente per oggetto la cessione di crediti derivanti da contratti di leasing o di mutuo e che le cessioni in essere alla data di apertura della procedura concorsuale (novembre 1988) per L.1.263.000.000 erano inopponibili alla procedura poiché di esse la società cessionaria non aveva dato comunicazione ai debitori ceduti mediante la notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario prescritta dall'art.1265 c.c. ma con semplici raccomandate per di più prive di certezza della data, l'attrice chiedeva che, previa dichiarazione dell'inopponibilità alla procedura delle cessioni di credito, la società convenuta fosse condannata alla restituzione della predetta somma, oltre agli interessi legali ed al maggior danno.

La società convenuta resisteva alla domanda ed in via riconvenzionale chiedeva l'accertamento del proprio controcredito per anticipazioni indicato in L.1.123.000.000.

Il tribunale adito rigettava la domanda proposta dalla società attrice (ritenendo sufficiente, ai fini dell'opponibilità delle cessioni di credito alla procedura concorsuale della società cedente ai sensi degli artt. 45 l.fall. e 2914 n.2 c.c., le comunicazioni con atti scritti aventi data certa) e dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale (dovendo avvenire l'accertamento dei crediti nei confronti di detta procedura nelle forme di cui all'art.209 l.fall). Proposta impugnazione dalla società in liquidazione coatta amministrativa e nella resistenza della Montepaschi Factor (già Prime Factor) che censurava, con appello incidentale, la pronuncia di compensazione delle spese processuali, la corte d'appello di Torino, con sentenza del 12 luglio 1994, rigettava entrambi gli appelli. In motivazione considerava, per quanto rileva in questa sede:

che andava condivisa la soluzione data dal tribunale al problema dell'opponibilità alla procedura concorsuale delle cessioni di credito in questione poiché, a tal fine, non assumeva rilievo tanto il mezzo utilizzato per la comunicazione delle cessioni ai debitori ceduti, quanto la certezza delle date delle stesse in epoca anteriore all'apertura della procedura, equiparabile al pignoramento agli effetti dell'art.2914 n.2 c.c.; che la conferma della esattezza di tale conclusione poteva trarsi, da un lato, dal disposto dell'art.5 della l. 21 febbraio 1991 n.52 (di disciplina della cessione dei crediti di impresa), poiché tale norma riconosce come equipollente alla "notifica" della cessione il pagamento del corrispettivo della stessa da parte del cessionario purché avente data certa anteriore all'apertura della procedura concorsuale nei confronti del cedente e, dall'altro lato, dalla considerazione che nella specie occorreva far riferimento al contratto di factoring concluso il 4 novembre 1986, ed avente data certa siccome sottoposto a "repertorazione notarile", trattandosi di un contratto di cessione globale di tutti i crediti presenti e futuri con carattere traslativo (e non meramente normativo o preliminare); che la situazione di fatto endoprocessuale era tale da far ritenere pacifica la circostanza dell'avvenuta comunicazione delle cessioni a tutti i debitori, da parte della società Prime Factor mediante lettere raccomandate.

Per la cassazione di tale sentenza il Centro sviluppo leasing in l.c.a. ha proposto ricorso basato su tre motivi, al quale resiste con controricorso la società intimata. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1 - Per ragioni di priorità logico-giuridica deve essere esaminato preliminarmente il secondo motivo di ricorso con il quale il ricorrente, denunziando violazione degli artt. 2915 n.3 (recte: n.2), 1264 e 1265 c.c. nonché degli artt. 44, 45 e 200 l.fall., deduce che la corte d'appello avrebbe errato nell'escludere che, per l'opponibilità delle cessioni di credito alla massa dei creditori della società cedente posta in liquidazione coatta amministrativa, occorresse la notificazione delle stesse ai debitori ceduti a mezzo di ufficiale giudiziario.

Il motivo è infondato.

È vero che dalla risalente giurisprudenza di questa corte richiamata dal ricorrente (v. in particolare sentenze 21 aprile 1961 n. 890 e 27 aprile 1962 n. 948) è stato affermato il principio secondo cui perché la cessione dei crediti sia opponibile ai terzi è necessario che essa venga notificata al debitore ceduto mediante ufficiale giudiziario in quanto la intimazione in tale forma corrisponde ad un mezzo legale di pubblicità.

A tale indirizzo non può darsi, però, continuità, dovendosi tener conto dell'evoluzione della dottrina e della giurisprudenza di merito al riguardo nonché delle esigenze di snellezza e speditezza dei rapporti giuridici particolarmente rilevanti in tema di contratti di factoring (come nella fattispecie concernente un contratto concluso prima dell'entrata in vigore della legge n.52 del 1991). Anzitutto deve considerarsi che per notificazione può intendersi in senso lato qualsiasi attività diretta a produrre conoscenza di un atto e che in detta ampia nozione la notificazione ai sensi del codice di rito costituisce una "species". Il mezzo della notificazione mediante ufficiale giudiziario riguarda propriamente gli atti processuali per i quali essa è espressamente prevista. Pertanto, deve ritenersi che l'uso da parte del legislatore, al di fuori dell'ambito processuale del termine "notificazione" può servire anche ad indicare una forma di comunicazione per gli atti di carattere recettizio diversa da quella tramite ufficiale giudiziario, come risulta ad esempio dall'art.2 del r.d.l. 21 settembre 1933 n.1345 (che disciplina la cessione di credito effettuata nella cambiale) nel quale è prevista la notificazione anche a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno. E con specifico riferimento all'art.1265 c.c. non può trascurarsi la circostanza che, come emerge dai lavori preparatori del vigente codice civile, all'attuale formulazione della norma si è pervenuti con la esclusione del riferimento alla notifica per ufficiale giudiziario prevista nel corso di detti lavori.

Nè alla "notificazione" della cessione di credito può attribuirsi realmente natura e valore di mezzo legale di pubblicità sia pure rudimentale.

Invero, come si è osservato in dottrina, la funzione della pubblicità è quella di realizzare la conoscibilità che si traduce in conoscenza in forza di una presunzione "iuris et de iure", mentre la "notificazione" ha come scopo quello di portare la cessione di credito a conoscenza effettiva del debitore ceduto ed il suo ambito di efficacia è limitato al ceduto ed a determinati terzi (cessionari dello stesso credito o creditori pignoranti del cedente). È indubbio che agli effetti delle disposizioni dettate dagli artt. 2914 n.2 e 1265 c.c., 45 e 200 l.fall. occorre che la cessione di credito sia stata "notificata" al debitore ceduto o sia stata da lui accettata con atto di data certa anteriore al pignoramento, al quale è equiparabile il fallimento o l'apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa nei confronti del cedente (v. Cass. n. 9997/1996, Cass. 1413/1996, Cass. n. 9650/1990, Cass.n. 3657/1984). Costituisce ugualmente principio fermo nella giurisprudenza di questa corte (v. "ex plurimis" e da ultimo: sentenza n. 8387/1997) che la "notificazione" della cessione prevista dall'art.1264 c.c. non si identifica con quella effettuata ai sensi dell'ordinamento processuale, ma costituisce un atto a forma libera e che anche l'atto di accettazione non è soggetto a particolari termini o formalità. Ora, il problema dell'interpretazione dell'espressione "cessione notificata", è unitario e va risolto con riguardo a tutte le disposizioni normative sopra citate (art. 1264, 1265, 2914 n.2 c.c.) in quanto è uguale il termine "notificata" in esse usato. L'identico termine usato dal legislatore non può essere interpretato come "comunicato in qualunque modo" ai fini dello art.1264 c.c. e come "notificato per ufficiale giudiziario" ai fini degli artt. 1265 e 2914 n 2 c.c.. L'elemento essenziale considerato da queste due ultime norme ai fini dell'opponibilità della cessione del credito ai creditori "in executivis" del cedente è costituito dal fatto che risultino da atto avente data certa anteriore al pignoramento la comunicazione della cessione al debitore ceduto o l'accettazione della stessa da parte di quest'ultimo ovvero anche il pagamento del credito dal debitore al cessionario (v. Cass. n. 9650/1990 e n. 1413/1996 sopra citate), senza che occorra necessariamente la notificazione di un atto a mezzo di ufficiale giudiziario.

Diversamente opinando, l'istituto della cessione di credito verrebbe ad essere privato di ogni utilità pratica soprattutto con riguardo ai contratti di factoring, nei quali il numero delle cessioni effettuate - anche per piccoli importi - è di regola molto elevato, ed in relazione all'esigenza di snellezza e speditezza dei relativi rapporti giuridici.

L'esaminato motivo di ricorso va, quindi, respinto. 2 - Con il primo motivo, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 35, 204 e 206 l.fall. nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c., il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che esso ricorrente, con il proprio comportamento "endoprocessuale", avesse confermato o ammesso l'esistenza di documentazione con data certa analoga a quella prodotta in giudizio dalla società Prime Factor, omettendo di considerare che la mancanza di idonea documentazione era stata dedotta con l'atto di appello e che il commissario liquidatore non può disporre dei diritti della massa dei creditori e rendere dichiarazioni di natura confessoria. Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata ha affermato che la circostanza della comunicazione ai debitori ceduti delle singole cessioni di credito con lettere raccomandate poteva ritenersi pacificamente stabilita tra i contendenti poiché il commissario liquidatore, anche nell'atto introduttivo del giudizio, l'aveva ammessa.

Nel pervenire a questa conclusione la corte territoriale è incorsa nella violazione delle norme di legge denunziate dal ricorrente. Essa, infatti, ha mostrato di fondare il proprio convincimento su asserite ammissioni del commissario liquidatore, senza tener conto dei limiti contenuti nelle norme di cui agli artt.31,35, 204 e 206 l.fall. in base ai quali il commissario liquidatore, come il curatore fallimentare, non dispone dei diritti della massa dei creditori della società in liquidazione coatta amministrativa. Pertanto, alle affermazioni dallo stesso fatte non può attribuirsi valore di ammissioni di fatti idonee ad esonerare la controparte dall'onere della prova in ordine alla sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per l'opponibilità alla massa dei creditori di determinati atti o negozi giuridici.

Nè giova alla tesi della controricorrente il richiamo al principio secondo il quale i fatti possono essere considerati pacifici quando una parte abbia impostato la propria difesa su argomenti logicamente incompatibili con il disconoscimento dei fatti medesimi. Invero, come risulta dal controricorso (pag.17) il Centro sviluppo leasing in l.c.a., nell'atto di appello (pag.9), aveva anche dedotto che non vi era prova delle comunicazioni delle cessioni di credito con atti di data certa.

3 - Con il terzo motivo, denunziando nuovamente violazione e falsa applicazione degli artt. 2914 n.3 (recte:n.2) c.c., 44, 45 e 200 l.fall. nonché vizio di motivazione, il ricorrente addebita alla corte di appello di avere attribuito rilievo, con riguardo alla certezza di data, non già alle comunicazioni delle cessioni di credito ai debitori ceduti bensì al contratto di cessione, contrariamente all'inequivoco disposto dell'art.2914 n.2 c.c.. Il motivo è fondato.

La corte territoriale ha affermato l'opponibilità delle cessioni dei crediti in questione anche in base all'autonoma considerazione che nella specie si doveva aver riguardo al contratto di factoring ed alla sua data (4 novembre 1986), poiché questa era certa risultando da "repertorazione notarile".

Tale argomentazione non è corretta posto che, come si è detto nell'esaminare il secondo motivo, ai sensi e per gli effetti degli artt. 2914 n.2 c.c. e 45 l.fall., per l'opponibilità al commissario liquidatore (o al curatore fallimentare del cedente) della cessione di credito l'elemento rilevante non è la certezza della data del contratto di cessione ma la certezza della data della comunicazione della cessione al debitore ceduto in epoca anteriore all'apertura della procedura concorsuale.

Sussiste, pertanto, la violazione delle predette norme denunciata dal ricorrente.

4 - In conclusione devono essere accolti il primo ed il terzo motivo di ricorso, mentre va respinto il secondo motivo. In relazione alle censure accolte la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa ad altro giudice di merito che si designa in una diversa sezione della corte d'appello di Torino cui si demanda di provvedere anche sulle spese di questo giudizio di cassazione.

P. Q. M.

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso e rigetta il secondo. In relazione alle censure accolte cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della corte d'appello di Torino.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 1998

Depositato in Cancelleria il 12 Maggio 1998