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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 18089 - pubb. 01/07/2010.

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Cassazione civile, sez. I, 25 Ottobre 1996. Est. De Musis.

Fallimento - Liquidazione dell'attivo - Vendita di immobili - Modalità - Offerte in aumento successive all'incanto ed all'aggiudicazione - Sospensione o revoca della vendita - Mancanza - Indizione, da parte del giudice delegato, di un nuovo incanto, in luogo della gara tra gli offerenti - Ulteriori offerte in aumento - Ammissibilità - Esclusione


In tema di liquidazione dell'attivo fallimentare mediante vendita di immobili, nell'ipotesi in cui il giudice delegato, dopo l'espletamento dell'incanto e la conseguente aggiudicazione, disponga, sulla base di offerte in aumento - senza contemporaneamente provvedere a sospendere o revocare la disposta vendita - anziché la gara tra gli offerenti (artt. 573 e 584 cod. proc. civ., un nuovo incanto, non sono ammesse dopo l'espletamento di questo, con conseguente aggiudicazione, (ulteriori) offerte in aumento. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Mario CORDA Presidente

" Mario Rosario DE MUSIS Rel. Consigliere

" Ugo VITRONE "

" Giuseppe SALMÈ "

" Laura MILANI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

V.M.D. di VITIELLO MICHELE E. C. SAS, in persona del socio accomandatario, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ANAPO 29, presso l'avvocato DARIO DI GRAVIO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato VINCENZO SAVARESE, giusta delega in calce al ricorso;

Ricorrente

contro

ORSA MINORE SRL, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA G. B. VICO, 22, presso l'avvocato PANCRAZIO BELLACOSA, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;

Controricorrente

nonché contro

CURATELA del FALLIMENTO MANIFATTURE di NOCERA INFERIORE, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA V.LE TIZIANO 80, presso l'avvocato P. RICCIARDI, rappresentata e difesa dall'avvocato EDILBERTO RICCIARDI, giusta delega in calce al controricorso;

Controricorrente

avverso il provvedimento del Tribunale di NOCERA INFERIORE, depositato l'08-09-95 (235-94 R.F.).

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15-07-96 dal Relatore Consigliere Dott. Mario Rosario DE MUSIS;

udito per il ricorrente, l'Avvocato Di Gravio, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito per il resistente, Fallimento Manifatture Nocera Inferiore, l'Avvocato Riccardi, che ha chiesto l'inammissibilità o comunque il rigetto del ricorso;

udito per il resistente, Orsa Minore, l'Avvocato Bellacosa, che ha chiesto l'inammissiblità del ricorso;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale dello Stato Dott. Franco MOROZZO DELLA ROCCA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTO

Il giudice delegato al fallimento "Manifatture di nocera Inferiore s.p.a.": con ordinanza del 7-12-1994 dispone la vendita con incanto, per l'udienza del 1-2-1995, di un immobile; con ordinanza del 7-3-1995, emessa dopo l'aggiudicazione, avendo due soggetti, tra i quali, la s.a.s. "V.M.D. di Vitiello Michele e C.", fatto offerte in aumento di un sesto, dispose la vendita dell'immobile, per l'udienza del 17-5-1995, al prezzo maggiorato; con ordinanza del 4-7-1995, emessa dopo la nuova aggiudicazione, dichiarò inammissibile la nuova offerto di aumento di un sesto fatto con atto depositato il 26-5-1995 dalla menzionata società.

Avverso quest'ultima ordinanza la società propose reclamo, ai sensi dell'art. 26 della legge fallimentare, che il Tribunale di Nocera inferiore respinse, con sentenza del 6-9-1995, affermando: a) che la dichiarazione di inammissibilità dell'offerta a causa della sua intempestività era errata, benché tale questione non fosse decisiva, perché l'offerta era tempestiva rispetto al secondo incanto, al quale essa si riferiva: b) che con la ordinanza - la quale non costituiva implicito provvedimento di sospensione della vendita ai sensi dell'art. 108 della legge fallimentare perché non solo non faceva alcun riferimento alle condizioni che tale sospensione consentono ma conteneva formale rilevazione della non ricorrenza delle stesse - era stato disposto nuovo incanto, e non, come invece prevedeva l'art. 584 c.p.c., la gara tra gli offerenti;

c) che, stante l'unitarieta tra il procedimento di (primo) incanto e quello successivo introdotto dalle offerte in aumento, nella specie il secondo incanto doveva essere considerato assimilabile alla gara tra gli offerenti, che invece avrebbe dovuto essere disposta; d) che l'ordinanza di indizione del nuovo incanto, in quanto determinata espressamente dalle offerte in aumento, esprimeva la "continuità" del procedimento di vendita, considerato altresì che con essa ordinanza non poteva ritenersi disposta ne' la sospensione della vendita ai sensi dell'art. 108 della legge fallimentare - e ciò per il motivo più sopra indicato - ne' la revoca della stessa - e ciò sià per il contenuto formale dell'ordinanza stessa che perla rilevata unitarietà del procedimento di vendita; e) che pertanto doveva ritenersi che con l'ordinanza di indizione del nuovo incanto il giudice delegato non aveva inteso aprire una diversa fase del procedimento di vendita, così immutando rispetto alla previsione dell'art. 573 c.p.c. (indizione di gara tra gli offerenti): con conseguente inammissiblità di nuove offerte in aumento. Ha proposto ricorso per cassazione la soccombente; hanno resistito, con controricorso, il fallimento e la s.r.l. "Orsa Minore" (aggiudicataria nel secondo incanto); la ricorrente ha presentato memoria.

DIRITTO

Con i quattro motivi di ricorso si deduce che il Tribunale è incorso, rispettivamente: 1) in violazione e falsa applicazione degli artt. 105 e 108 R.D. 16-3-1942 n. 267 e 112 e 584 c.p.c. nonché in vizio di motivazione: a) perché avendo affermato, in accoglimento della prima doglianza, che l'offerta di aumento del sesto era tempestiva, avrebbe dovuto conseguentemente rinviare gli atti al giudice delegato demandandogli di provvedere alla gara tra gli offerenti; b) perché ha omesso di esaminare le ulteriori doglianze secondo le quali l'ordinanza di indizione del nuovo incanto avrebbe dovuto essere considerata quale provvedimento implicito di sospensione della precedente vendita; 2) in violazione e falsa applicazione degli artt. 105 e 108 del R.D. 16-3-1942 n. 267 e 573 e 576 e segg. c.p.c. nonché in vizio di motivazione per aver contraddittoriamente affermato che era stata disposta nuova vendita con incanto e che quella in precedenza disposta non doveva considerarsi sospesa o revocata; 3) in violazione e falsa applicazione degli artt. 105 e 108 R.D. 16-3-1942, n. 267 nonché in vizio di motivazione perché dopo il secondo incanto, e nonostante fosse stata proposta doglianza sul punto, ha omesso di disporre, ai sensi dell'art. 108 citato, la sospensione della vendita, provvedimento questo che era necessitato dal fatto che la nuova offerta in aumento doveva essere considerata notevolmente superiore al giusto prezzo dell'immobile; 4) in vizio di motivazione perché ha omesso di pronunziarsi sulla doglianza che dovesse procedersi con speditezza e semplicità alla vendita poiché nell'immobile erano depositati macchinari dei quali lo smontaggio e l'asporto richiedevano particolare specializzazione.

La censura sub a) del primo motivo è infondata perché, come emerge dal provvedimento del giudice delegato riportato nel ricorso,. la secondo offerta in aumento è stata dichiarata inammissibile non solo perché tardiva ma anche perché non consentita dopo la gara tra gli offerenti: e pertanto la esclusione della prima causa di inammissibilità non importava di per sè l'obbligo del Tribunale di disporre i provvedimenti conseguenziali, dovendo invece esso esaminare, come ha fatto, la ricorrenza della secondo causa di inammissibilità.

La censura sub b) dello stesso motivo nonché i rimanenti motivi, nella parte in cui denunziano vizio di motivazione, e che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibli in quanto il ricorso è stato proposto ai sensi dell'art. 111, secondo comma, della Costituzione e il provvedimento impugnato contiene ampia ed esauriente motivazione; quindi non v'è spazio per il controllo della stessa in quanto secondo l'orientamento di questa Corte con il ricorso del tipo più sopra indicato il vizio di motivazione è denunziabile solo se concreta violazione di legge, e ciò si verifica solo se la motivazione è assolutamente carente o meramente apparente o assolutamente contraddittoria e sempre che tali vizi emergano dal provvedimento e non richiedano raffronto con le risultanze probatorie.

Alla luce di tale principio sono in particolare inammissibili: il secondo motivo perché la "ratio decidendi" del Tribunale consistente nel ritenere che il secondo incanto costituiva sostanzialmente una gara tra gli offerenti esclude la ricorrenza della denunziata contraddittorietà; il terzo motivo perché deve ritenersi che il Tribunale, avendo esaminato la doglianza concernente la mancata adozione, da parte del giudice delegato, del provvedimento di sospensione della vendita, ai sensi dell'art. 108 della legge fallimentare, ed avendo affermato che correttamente tale giudice aveva escluso la ricorrenza dei presupposti per l'adozione di quel provvedimento, ha implicitamente affermato che le medesime considerazioni che escludevano vizi nella mancata adozione del provvedimento da parte del giudice delegato escludevano che esso Tribunale potesse adottare il provvedimento stesso. Nel resto le censure propongono la seguente questione: se sia ammissibile l'offerta di aumento del sesto dopo l'aggiudicazione emessa a conclusione di un incanto disposto dal giudice delegato sulla base di offerte di aumenti del sesto fatte dopo l'aggiudicazione seguita al precedente primo incanto.

Al riguardo va precisato che non è censurata l'affermazione del Tribunale che dopo la gara tra gli offerenti, alla quale si deve procedere, ai sensi degli art. 584 e 573 c.p.c., a seguito di offerte di aumento del sesto, non siano consentite (ulteriori) offerte in aumento.

Il punto sul quale la ricorrente fa leva, e ciò in contrasto con l'affermazione del Tribunale, è che la indicazione, dopo le offerte in aumento, e in luogo della gara tra gli offerenti, di un (secondo) incanto, determina una cesura tra il procedimento di primo incanto conclusosi con l'aggiudicazione e il procedimento introdotto con la indizione del secondo incanto, e quindi l'autonomia di quest'ultimo, con conseguente applicazione a questo stesso della disciplina del primo incanto nella parte in cui consente offerte in aumento. Per la risoluzione della questione occorre tener conto del recente orientamento di questa Corte secondo il quale la gara tra gli offerenti, conseguente a offerte di aumento del sesto, costituisce una fase ulteriore del procedimento di vendita che con l'aggiudicazione deve ritenersi definitivamente concluso - la quale è retta da regole proprie e da un diverso sistema di aggiudicazione, e nella quale conseguentemente sono ammesse offerte di acquisto, ai sensi dell'art. 584 c.p.c. - non solo da parte di coloro che avendone o non il titolo non abbiano preso parte al precedente incanto, ma anche - da parte di coloro che dopo l'aggiudicazione non abbiano fatto l'aumento del sesto e di coloro che lo abbiano fatto tardivamente dopo la scadenza dei dieci giorni (Cass., n. 8187-1993). Ora la prospettazione della ricorrente prende evidentemente le mosse dal rilievo che la gara tra gli offerenti costituisce, rispetto all'incanto, una fase di ambito partecipativo più limitata, in quanto circoscritta solo a determinati soggetti: è su tale premessa difatti che deve ritenersi fondata la ulteriore deduzione della stessa ricorrente che la indizione di un secondo incanto dopo le offerte di aumento del sesto non può che dar luogo ad una fase equiparata a quella di primo incanto, con conseguente ammissibilità di (ulteriori) offerte in aumento.

Ma in base all'orientamento può sopra riportato - secondo il quale anche la gara tra gli offerenti è "aperta" - detta premessa è venuta meno, con la conseguenza che è venuta meno altresì, in quanto supportata da tale premessa, la considerazione secondo la quale la indizione dell'incanto dopo le offerte in aumento non potrebbe che concretare imprescindibilmente una fase assimilabile al primo incanto (con conseguente applicabilità della disciplina di questo concernente offerte in aumento).

Poiché, difatti, la fase della gara tra gli offerenti viene ad avere lo stesso ambito di partecipazione della fase di primo incanto, non ricorre la circostanza - diversità di tale ambito - che supportava la considerazione che difettasse la condizione di equiparabilità del secondo incanto alla gara tra gli offerenti. E pertanto non si può far discindere dalla mera indizione di un (secondo) incanto in luogo della gara tra gli offerenti la conclusione che quest'ultimo incanto debba costituire necessariamente un nuovo incanto equiparabile al primo e non possa invece essere considerato quale concretante sostanzialmente tale gara. Conclusione, quest'ultima, alla quale invece il Tribunale è pervenuto sulla precipua considerazione che il provvedimento di indizione del secondo incanto era stato determinato dalle offerte in aumento.

E tale conclusione, che indubbiamente riveste fondamento logico, trova ora supporto nella ritenuta identità dell'ambito partecipativo delle due gare.

Va peraltro rilevato che l'essere (secondo il recente orientamento) la gara tra gli offerenti "aperta", al pari del primo incanto, non consente di desumere la conseguente necessaria applicabilità alla gara della stessa disciplina del primo incanto concernente l'ammissiblità di offerte in aumento: e ciò perché la disciplina normativa (art. 584 c.p.c.) ammette le stesse solo dopo il primo incanto, mostrando così di non voler protrarre all'infinito il procedimento di vendita, come invece avverrebbe se si ritenessero consentite tali offerte anche dopo la gara tra gli offerenti. E non contraddice l'indicata conclusione la ammissibilità di offerte in aumento dopo un secondo incanto provocato da un provvedimento caducatorio del primo incanto perché in tal caso la dichiarata caducazione renderebbe "primo" il secondo incanto. Dalle svolte considerazioni può trarsi il seguente principio: allorché il giudice (delegato al fallimento), dopo l'espletamento dell'incanto e la conseguente aggiudicazione, disponga, sulla base di offerte in aumento - senza contemporaneamente provvedere a sospendere o revocare la disposta vendita - anziché la gara tra gli offerenti, ai sensi degli artt. 573 e 584 c.p.c., un (nuovo) incanto, non sono ammesse, dopo l'espletamento di questo stesso con conseguente aggiudicazione, (ulteriori) offerte in aumento.

La sentenza impugnata, pertanto, essendo nel dispositivo conforme a diritto, secondo le considerazioni più sopra svolte, va tenuta ferma, salvo la correzione della motivazione, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., nel senso più sopra riportato.

Giusti motivi consigliano la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa le spese processuali tra tutte le parti.

Così deciso il 15-7-1996.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 25 OTTOBRE 1996