Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 18102 - pubb. 01/07/2010

.

Cassazione civile, sez. I, 28 Gennaio 1994, n. 865. Est. Sensale.


Fallimento - Organi preposti al fallimento - Tribunale fallimentare - Provvedimenti - Decisione dei reclami - Complesso immobiliare della società fallita - Vendita - Ordinanza del giudice delegato - Cooperativa avente in gestione l'azienda - Diritto di prelazione - Riconoscimento in sede di reclamo - Relativo decreto del Tribunale fallimentare - Impugnazione con ricorso per cassazione - Ammissibilità



Il decreto del tribunale fallimentare che, accogliendo il reclamo avverso l'ordinanza del giudice delegato di vendita del complesso immobiliare di proprietà della società fallita, riconosce il diritto della opponente cooperativa, che precedentemente aveva in gestione l'azienda, alla prelazione prevista dall'art. 14 legge n. 49 del 1985, è impugnabile per cassazione , a norma dell'art. 111 Cost., in quanto statuisce, in via decisoria e definitiva, sulla controversia tra il diritto soggettivo dell'aggiudicatario al trasferimento del bene e quello di prelazione vantato dalla opponente. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Francesco FAVARA Presidente

" Antonio SENSALE Rel. Consigliere

" Salvatore NARDINO "

" Angelo GRIECO "

" Vincenzo CARBONE "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

CASSA RURALE DI MEZZOCORONA, SOC. COOP. A.R.ill., elettivamente domiciliata in Roma, Via Orti della Farnesina n. 126, presso lo studio dell'Avvocato Professor Giorgio Stella Richter, che la rappresenta e difende, unitamente all'Avvocato Dott. Andrea di Francia, giusta delega a margine del ricorso.

Ricorrente

contro

TECNOCEM, SOC. COOP. A.R. limitata, elettivamente domicilita in Roma, Via Cosseria n. 5, presso l'Avvocato Enrico Romanelli, che la rappresenta e difende, unitamente all'Avvocato Carlo Dolzani, giusta delega a margine del controricorso.

Controricorrente

e contro

CURATORE FALLIMENTO PEDRON PREFABBRICATI.

Intimato

Avverso il provvedimento del Tribunale di Trento, emesso il 17.1.91. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18.5.93 dal Cons. Rel. Dott. Sensale.

Udito per il ricorrente l'Avvocato G. Stella Richter che ha chiesto l'accoglimento.

Udito per il resistente l'Avvocato E. Romanelli che ha chiesto il rigetto.

Udito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Martinelli che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In data 1 marzo 1989 il curatore del fallimento della S.n.c. "Pedron Prefabbricati di Pedron Guido e C." stipulava, in virtù di autorizzazione del G.D., un contratto di comando del compendio immobiliare di proprietà della fallita società con la "Tecnocem Coop. A.R.L.".

Aggiudicati gl' immobili all'esito del pubblico incanto alla Cassa Rurale di Mezzocorona, nei termini previsti la comodataria chiedeva di potersi avvalere del diritto di prelazione nell'acquisto dell'azienda, ex art. 14 l. n. 49-85.

Il G.D., rilevando che la norma invocata non poteva essere applicata nel territorio della Regione Trentino Alto Adige perché dichiarata incostituzionale (con sentenza n. 165-86) nella parte in cui la disciplina in essa prevista concerne la suddetta regione, di cui era stato invaso l'ambito di legislazione esclusiva, respingeva la richiesta.

Avverso tale provvedimento la Tecnocem Coop. presentava reclamo ai sensi dell'art. 26 L.F.

Il Tribunale di Trento accoglieva la richiesta di esercizio al diritto di prelazione e mandava al G.D. per ogni provvedimento conseguente.

Il collegio argomentava:

- che, come ammesso nello stesso provvedimento reclamato, la soluzione raggiunta costituiva una ingiustificabile forma di disparità di trattamento in danno delle società cooperative aventi sede nella regione;

- che compito dell'interprete dev'essere quello di armonizzare il sistema normativo alle regole ed ai principi di costituzionalità, anche quando, come nel caso di specie, la fonte della violazione dei principi è costituita dalle conseguenze di una sentenza della Corte Costituzionale;

- che dalla lettura della sentenza non era dato comprendere con chiarezza quali fossero le norme abrogate ne' poteva dedursi con certezza che la Corte avesse voluto dichiarare legittime le norme relative alla disciplina della prelazione a favore delle società cooperative;

- che, nell'incertezza dell'interpretazione, doveva essere preferita la soluzione coerente con il principio costituzionale dell'uguaglianza di trattamento, per cui dovevano considerarsi ancora in vigore le norme concernenti quei rapporti che la Regione non può essere chiamata a disciplinare, perché attinenti alla sfera del diritto privato. Contro tale provvedimento la Cassa rurale di Mezzocorona ha proposto ricorso per Cassazione impostato su tre motivi illustrati con memoria.

La Coop. Tecnocem ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente l'inammissibilità del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La controricorrente ha eccepito l'inammissibilità del ricorso sotto il duplice profilo della natura non decisoria del provvedimento impugnato e della carenza di interesse al ricorso.

L'eccezione è infondata in entrambi i profili prospettati. Quanto al primo, giova ricordare che è impugnabile con ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., non solo di decreto con cui il tribunale fallimentare, giudicando in sede di reclamo contro il provvedimento del giudice delegato, decide sulla validità dell'aggiudicazione immobiliare (sent. 13 giugno 1969 n. 2085) o sull'obbligo circa le spese di cancellazione delle ipoteche iscritte sull'immobile (sent. 28 giugno 1969 n. 2337) o, in genere, sulle questioni relative all'aggiudicazione (sent. 12 e 27 maggio 1971 nn. 1365 e 1586), ma in ogni caso in cui il tribunale provveda, positivamente o negativamente, in ordine all'aggiudicazione medesima, trattandosi di provvedimento giurisdizionale avente natura decisoria, in quanto attribuisce (o nega) all'aggiudicatario il diritto al trasferimento del bene (sent. 28 settembre 1973 n. 2426). Si è anche precisato che i provvedimenti del Tribunale fallimentare, su reclamo avverso i decreti del G.D. in tema di operazioni di liquidazione dell'attivo, emessi al fine di risolvere contestazioni insorte sulla legittimità di tali operazioni in correlazione a posizioni di diritto soggettivo assumono carattere decisorio, oltre che definitivo, e sono, pertanto impugnabili con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (sent. 2 aprile 1985 n. 2252; 26 settembre 1990 n. 9737). In termini anche più generali, questa Corte, nell'ammettere il ricorso contro il provvedimento inerente ad un atto esecutivo della procedura concorsuale, ha rilevato che il ricorso è ammissibile per la stessa ragione per cui è ammesso - nel procedimento esecutivo individuale - contro la sentenza pronunziata ai sensi degli artt. 617 e 618 C.P.C., e cioè perché la pronuncia sul reclamo risolve un incidente (di tipo cognitorio) sulla ritualità dell'atto esecutivo del G.D. (sent. 23 aprile 1992 n. 4893). Anche prescindendo da questa impostazione squisitamente processualistica della questione, essa in nessun caso potrebbe ricevere soluzione diversa nel caso concreto. Basta considerare, per affermare che il provvedimento impugnato ha deciso una controversia su diritti, che il Tribunale era chiamato a dare prevalenza ad uno dei due diritti in conflitto: il diritto dell'aggiudicatario ad ottenere il trasferimento dell'immobile subastato (esposto unicamente all'esercizio del potere discrezionale degli organi del fallimento di sospendere la vendita, potere non esercitato nella specie) e il diritto di prelazione vantato dalla Tecnocem (v., per un'analoga fattispecie, con riguardo al diritto di prelazione di cui all'art. 38 l. n. 392-78, sent. 13 gennaio 1981 n. 295). Del pari infondato è il secondo profilo d'inammissibilità per carenza d'interesse, nella Cassa rurale di Mezzocorona, a proporre il ricorso, per il fatto che essa non potrebbe operare a fini di lucro e che è già stata ammessa al passivo per rilevanti importi. Che la ricorrente possa, oppure no, perseguire fini di lucro non esclude che essa possa acquisire la proprietà di beni da utilizzare nella propria gestione, che, anche in assenza del fine di lucro, deve pur sempre svolgersi in modo da coprire i costi; e che essa dia creditrice ammessa al passivo non la priva dell'interesse giuridicamente apprezzabile (che la resistente mostra di confondere con un non rilevante interesse di fatto) a vedersi trasferire l'immobile, tanto che, in tema di esecuzione individuale, anche il creditore può essere ammesso agli incanti, come si argomenta dall'art. 579 C.P.C. che limita l'esclusione da tale partecipazione al solo debitore.

Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della l. 11 marzo 1953 n. 87, con riferimento alla sentenza n. 165 di data 1 luglio 1986 della Corte Costituzionale, censurando il provvedimento impugnato per essersi - il Tribunale - sostituito alla Corte Costituzionale, leggendone peraltro il dispositivo senza la dovuta correlazione con la motivazione, dalla quale risulta chiaramente che la Corte ha ravvisato l'incostituzionalità dell'intero testo dell'art. 14 della l. n. 49 del 1985. La censura è fondata.

Conviene premettere che l'ambito dell'effetto modificativo, nell'ordinamento giuridico, delle pronunzie della Corte Costituzionale, dichiarative della illegittimità di una norma, va individuato non soltanto alla stregua del dispositivo, ma anche, indipendentemente dal fatto che questo presenti un significato letterale univoco, utilizzando la motivazione, tutte le volte in cui ciò si renda necessario per il riscontro dell'oggetto della decisione e delle disposizioni con essa caducate, dato che la motivazione e dispositivo costituiscono elementi di uno stesso atto, unitariamente inteso, reso secondo il modello della sentenza (sent. - S.U. - 24 ottobre 1984 n. 5401 e 16 gennaio 1985 n. 94). Occorre aggiungere che la sentenza della Corte Costituzionale, che dichiari l'illegittimità della legge statale per violazione della sfera di competenza della Regione (o della Provincia), determina una riduzione della sfera territoriale della legge statale, rendendola inapplicabile nel territorio della Regione (o della Provincia), la cui sfera di competenza sia stata ritenuta violata, o, nel Trentino - Alto Adige, in caso di violazione dello Statuto.

È alla stregua di tali principi che la sentenza della Corte Costituzionale 1 luglio 1986 n. 165 dev'essere interpretata ed applicata. Essa ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 1 - 14, 17, 20 e 23 della l. 27 febbraio 1985 n. 49 (Provvedimenti per il credito alla cooperazione e misure urgenti a salvaguardia dei livelli di occupazione) nella parte in cui la disciplina in essi prevista concerne la Regione Trentino - Alto Adige.

La citata legge statale dopo avere previsto l'istituzione e disciplinato il funzionamento del fondo di rotazione per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (Titolo I, artt. 1 - 13), con la finalità, indicata nell'epigrafe della legge, della salvaguardia dei livelli di occupazione, regola, nell'art. 14 (Titolo II), i presupposti e le condizioni di ammissione ai previsti benefici, secondo le modalità indicate negli artt. successivi. Detto articolo, in particolare, dispone che possono essere ammesse ai benefici le cooperative appartenenti al settore di produzione e lavoro in possesso di determinati requisiti o che realizzino, in tutto o in parte, la salvaguardia dell'occupazione dei lavoratori mediante l'acquisto, l'affitto, la gestione anche parziale delle aziende stesse o di singoli rami d'azienda o di gruppo di beni della medesima, oppure mediante iniziative imprenditoriali sostitutive. Con riguardo a quest'ultima ipotesi, e sempre in vista del fine della salvaguardia dell'occupazione, consente alle cooperative, che abbiano in gestione anche parziale le aziende, l'esercizio del diritto di prelazione nell'acquisto delle medesime.

La lettura della norma induce ad un'immediata riflessione: la previsione del diritto di prelazione non tende soltanto a disciplinare, sul piano privatistico, il concorso tra due o più potenziali acquirenti, secondo la logica propria di tale istituto, a favore di una categoria di soggetti che si trovino in una particolare relazione con la cosa e che siano esposti al pericolo di doverla troncare per effetto di una vendita, rispetto alla quale si trovino in una posizione manifestamente più debole. Scopo di quella previsione è anche, ed anzi in via principale e diretta, la realizzazione della finalità d'interesse generale perseguita dalla legge, costituendo un modo alternativo di ammissione alle provvidenze concesse dalla legge stessa, (ossia una modalità di attuazione di tali provvidenze), nell'esercizio di un potere squisitamente pubblicistico dello Stato nel perseguimento dei fini da esso avuti di mira, in quanto la possibilità di sostituirsi ad altri nella gestione dell'impresa si aggiunge e si sostituisce alla possibilità di accesso al fondo speciale.

Non conviene, perciò, la tesi accolta nel provvedimento impugnato, secondo cui la sentenza della Corte Costituzionale non avrebbe eliminato il 2 comma dell'art. 14, non potendosi riferire ai rapporti di diritto privato, che la Regione non disciplina: ciò perché - giova ribadire - la norma in esame ha contenuto pubblicistico e la relativa potestà legislativa non è sottratta alla Regione, pur se di riflesso tocca rapporti privatistici, allo stesso modo in cui non è sottratta alla competenza normativa della Regione Trentino - Alto Adige la disciplina dell'espropriazione per pubblica utilità, anche se tale istituto possa coinvolgere in concreto rapporti di diritto privato e, in genere, diritti soggettivi di natura privatistica.

Nessun ostacolo sussiste, dunque, a ritenere caducato, nell'ambito territoriale della Regione Trentino - Alto Adige, anche il n. 2 del citato art. 14 che attribuisce al gestore dell'azienda il diritto di prelazione, se dalla sentenza della Corte Costituzionale, nella lettura congiunta del dispositivo della motivazione, risulti caducato, nella sua interezza, detto articolo, nella parte in cui concernente la Regione sopra indicata. E, che questa sia la portata citata sentenza, non può esser dubbio.

La Corte Costituzionale si è, innanzi tutto, preoccupata di stabilire l'oggetto e i limiti d'incidenza della l. n. 49785 nella sfera delle competenze degli enti ricorrenti, fra i quali la Regione Trentino - Alto Adige.

Quanto all'oggetto, ha rilevato che sia il Titolo I, sia il Titolo II, operano nel settore e nella materia della cooperazione, volta ad incrementare la produttività e l'occupazione, in quanto la normativa (in essa compreso l'art. 14, nella parte in cui affida alle cooperative il compito di elidere o attenuare le conseguenze della situazione precaria delle imprese attraverso l'acquisto, l'affitto e la gestione delle aziende con il riconoscimento del diritto di prelazione) regola il contenuto e le modalità di sostegno ad interventi di particolare cooperative; ed ha chiaramente confermato che anche il previsto diritto di prelazione svolge, come si è prima rilevato, una funzione direttamente pubblicistica, quale modalità di sostegno dell'occupazione.

Con riguardo all'incidenza della normativa statale, così delineata, la Corte Costituzionale ha, poi, rilevato che l'art. 4 n. 9 dello Statuto speciale della Regione Trentino - Alto Adige (D.P.R. 31 agosto 1972 n. 670) attribuisce alla potestà normativa primaria di detta Regione la materia dello "sviluppo della cooperazione" e della "vigilanza sulle cooperative" e che tale attribuzione è definita e precisata in tutta la sua ampiezza dagli artt. 1 w 2 del D.P.R. n. 472-75, il primo dei quali individua nella Regione l'ente al quale, nell'ambito del suo territorio, sono conferite "le attribuzioni delle Amministrazioni dello Stato in materia di cooperazione, esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato, sia per il tramite di enti o di istituti pubblici a carattere nazionale o sovranazionale"; e il secondo devolve alla Regione, "fra l'altro" la competenza ad "assumere le iniziative e svolgere le attività dirette a promuovere e sviluppare la cooperazione, l'educazione cooperativa ed a realizzare studi e ricerche nel settore cooperativo".

Alla stregua del criterio dell'identificazione dell'ambito delle materie, oggetto della competenza normativa regionale, in base al contenuto proprio di esse ed alla conseguente stretta inerenza delle misure adottate dalla regione (Cfr. Corte Costituzionale 7 giugno 1962 n. 46), alla stessa Corte è apparso chiaro che appartiene alla competenza primaria della Regione Trentino - Alto Adige regolare la "promozione e lo sviluppo della cooperazione" e che la legge n. 49-85 considerato il suo oggetto e confrontatolo con quello riservato alla competenza della Regione suddetta - ne viola, con gli artt. 1 - 14, 17, 20 e 23, la competenza normativa primaria.

Dall'impostazione data al problema, risulta chiaro che le citate norme (compreso l'art. 14 nella parte in cui regola il diritto di prelazione da parte del gestore dell'azienda, una volta definitone il contenuto pubblicistico e la finalità di elidere o attenuare le conseguenze della situazione precaria delle imprese) sono state caducate nella loro interezza e non possono ricevere applicazione, nemmeno parziale, nel territorio della Regione Trentino - Alto Adige. Una volta che le norme in esame non sono "vigenti" nel territorio della Regione Trentino - Alto Adige, un ulteriore problema di costituzionalità delle stesse, sotto altri profili, non ha neppure modo di porsi, posto che, comunque essa fosse risolta, non potrebbe condurre all'applicazione di quelle norme, esclusa "a monte" dalle ragioni contenute nella sentenza n. 165-86; ne' l'esercizio del potere legislativo escluso della Regione, negativamente o positivamente, è, nella fattispecie in esame, sindacabile, consideratamente anche quell'esercizio è oggetto di scelte discrezionali del legislatore regionale, non certo irragionevoli se tengono conto delle esigenze locali, la cui valutazione è ad esso rimessa, trattandosi di materie le quali non possono subire invasioni da parte della norma statale.

Deve quindi concludersi che l'art. 14 della l. statale n. 49-85, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 165-85, non trova applicazione nel territorio della Regione Trentino - Alto Adige, anche nella parte in cui attribuisce alle cooperative, costituite per le finalità di cui allo stesso articolo, il diritto di prelazione nell'acquisto delle aziende precedentemente da esse gestite, con la conseguenza che tale diritto non può essere fatto valere nei confronti dell'aggiudicatario degli stessi beni in sede di vendita fallimentare.

Rimangono assorbite le successive censure, con le quali si deduce la falsa applicazione dell'art. 3 cost., la violazione del più vote citato art. 14, sia perché la prelazione non sarebbe comunque esercitabile nelle vendite coattive ne' per quelle che abbiano oggetto singoli beni.

Pertanto, accolto il primo motivo del ricorso e dichiarati assorbiti gli altri, il provvedimento impugnato va cassato con rinvio al Tribunale di Trento, in altra composizione.

Avvalendosi della facoltà prevista dall'ultimo comma dell'art.385 C.P.C., la Corte ritiene di dovere provvedere sulle spese di questa fase compensandole, in quanto ricorrono giusti motivi.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Trento in altra composizione.

Compensa le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma il 18 maggio 1993.