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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 18896 - pubb. 10/01/2017.

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Cassazione civile, sez. I, 20 Giugno 2000, n. 8363. Est. Accattatis.

Perdita della capacità processuale del fallito - Processi in corso - Interruzione automatica - Esclusione - Dichiarazione in giudizio dell'evento interruttivo - Necessità - Sentenza emessa nei confronti del fallito - Nullità - Esclusione - Inopponibilità ai creditori - Sussistenza


L'inizio della procedura fallimentare non produce effetti interruttivi automatici sui processi in corso in cui il fallito sia parte , atteso che la perdita della capacità processuale a seguito di dichiarazione di fallimento non si sottrae alla disciplina di cui all'art. 300 cod. proc. civ., prevedente, a tal fine, la necessità della dichiarazione in giudizio dell'evento; in difetto di tale dichiarazione, il processo prosegue tra le parti originarie (almeno fino a quando non si costituisca il soggetto legittimato) e l'eventuale sentenza pronunciata nei confronti del fallito non è nulla, ne' "inutiliter data", bensì soltanto inopponibile alla massa dei creditori, rispetto ai quali il giudizio in tal modo proseguito costituisce "res inter alias acta". (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Giovanni OLLA - Presidente -

Dott. Vincenzo FERRO - Consigliere -

Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI - Consigliere -

Dott. Antonio GISOTTI - Consigliere -

Dott. Walter CELENTANO - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:

ONCEAS SpA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA E. BAFILE 5, presso l'avvocato GREGORI TINA, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato VILLANI ALCIDE, giusta delega in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

FALLIMENTO FOTO EXTRA SpA;

- intimato -

avverso la sentenza n. 2675/96 della Corte d'Appello di MILANO, depositata il 20/09/96;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/01/2000 dal Consigliere Dott. Walter CELENTANO;

udito per il ricorrente, l'Avvocato Gregori, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo NARDI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

La Soc. Onceas p.a. richiese ed ottenne che fosse emessa un'ingiunzione di pagamento nei confronti della S.r.l. Foto Extra, già ditta (individuale) Foto Extra di Viscido Teresa, per somme costituenti corrispettivi di forniture.

La debitrice propose opposizione deducendo di "non aver mai intrattenuto rapporti commerciali con la società Onceas" e di "essere persona giuridica diversa dalla ditta individuale Foto Extra della Viscido".

Il Tribunale di Milano (sentenza n. 2807 del 5.3.1992), accolta l'opposizione, revocò il decreto ingiuntivo.

Nel giudizio di appello si costituirono, in luogo della debitrice opponente, la curatela del fallimento della stessa, dichiarato con sentenza del 19.01.1991, e Lucio Pastorino già amministratore unico della società fallita.

Con sentenza emessa il 20.09.1996 la Corte territoriale, respinta la tesi (prospettata dall'appellante nella comparsa conclusionale) della nullità della sentenza del tribunale in conseguenza dell'omessa interruzione del processo per il sopravvenuto fallimento della debitrice opponente, rigettò l'appello nel merito con la motivazione che "non soltanto non era stata provata la cessione di azienda dalla ditta individuale della Viscido alla società di capitali (Foto Extra s.r.l.) successivamente costituita, esistendo soltanto elementi indiziari in tal senso, ma neanche era stata provata l'iscrizione dei debiti nella prima nei libri contabili obbligatori, iscrizione che avrebbe costituito il presupposto della responsabilità della cessionaria per i debiti stessi". Avverso la sentenza ha proposto ricorso la Soc. Onceas. L'intimata curatela non si è costituita.

Motivi della decisione

La ricorrente denuncia con due motivi:

1^ - la violazione degli artt. 43 e 46 della legge fallimentare e dell'art.300 c.p.c. per l'omessa declaratoria di improcedibilità del giudizio di primo grado.

La tesi svolta sul punto è nel senso che, sopravvenute nel corso del giudizio la perdita di capacità della parte, conseguente alla dichiarazione del suo fallimento, e la legittimazione sostitutiva necessaria del curatore ex art. 43 l.f., il procuratore della parte cui tali eventi si riferiscano debba necessariamente dichiararli in giudizio, secondo la norma dell'art. 300 c.p.c., pena l'irrituale prosecuzione del giudizio stesso. Irritualità che la Corte di merito secondo l'assunto, avrebbe dovuto rilevare e dichiarare nel caso di specie essendo appunto mancata, nel primo grado, la suddetta dichiarazione del procuratore della s.r.l. Foto Extra, dichiarata fallita.

2^ - la violazione degli artt. 2560 e degli artt. 2727, 2729 c.c. nonché dell'art.116 c.p.c.; l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione relativamente agli elementi indiziari acquisiti al giudizio, che avrebbero dovuto suffragare la tesi dell'avvenuta cessione di azienda e della conoscenza o anche della conoscibilità, da parte della cessionaria dei debiti della ditta cedente.

Il primo motivo è infondato.

Con l'affermazione che "il procuratore dell'opponente a decreto ingiuntivo non è tenuto a dichiarare che nel corso del giudizio è intervenuto il fallimento del suo assistito" e che "la sentenza pronunciata in esito a tale giudizio non è nulla bensì semplicemente inopponibile al fallimento, ove contenga accertamenti pregiudizievoli per la massa dei creditori", i giudici dell'appello si sono sostanzialmente attenuto ai principi di diritto costituenti nella materia, jus receptum.

Questa Corte ha più volte affermato, infatti che l'inizio della procedura fallimentare non produce effetti interruttivi automatici nei processi in cui sia parte il debitore, non sottraendosi la perdita della capacità processuale del debitore fallito alla disciplina dell'art. 300 c.p.c. (necessità della dichiarazione in giudizio dell'evento). In difetto della dichiarazione del procuratore, il giudizio prosegue tra le parti originarie, almeno sino a quando non si costituisca il soggetto legittimato, e la sentenza eventualmente pronunciata nei confronti del fallito, a causa della mancata interruzione del giudizio non è ne' nulla ne' inutiliter data, bensì soltanto inopponibile alla massa dei creditori rispetto ai quali il giudizio in tal modo proseguito costituisce res inter alios acta (v. ex multis Cass. 1994 n. 8191, Cass. 1993 n. 11950 e 1588, Cass. 1989 n. 1368). È escluso dunque dallo stesso sistema processuale che le norme della legge fallimentare - gli artt. 42 e 43 - impongano una lettura dell'art. 300 c.p.c. nel senso voluto dalla ricorrente, tale che il procuratore debba necessariamente dichiarare l'evento interruttivo verificatosi in capo alla parte che egli rappresenta. Le ragioni del fallimento sono fatte salve in ogni caso o attraverso la costituzione in giudizio del curatore, in luogo della parte dichiarata fallita, ovvero attraverso l'inopponibilità al fallimento stesso della sentenza resa nei confronti del debitore fallito, allorché il contenuto della pronuncia sia tale che un pregiudizio di carattere patrimoniale ne possa derivare per i creditori.

In relazione al secondo motivo di ricorso deve osservarsi quanto segue.

Deve premettersi che il caso del conferimento di un'azienda individuale ad una società, sia essa di persone o di capitali, si verifica un fenomeno traslativo che è soggetto, ove il trasferimento riguardi l'intera struttura aziendale o parti di essa idonee a costituire autonome unità organizzative o produttive, alle disposizioni dettate, per gli aspetti generali del fenomeno stesso dagli artt.2558 e ss. del codice civile (v. Cass 1990 n 1963). La norma dell'art. 2560 regola autonomamente, ossia con disposizione destinata a trovare applicazione una volta che il fenomeno traslativo si sia compiuto, la sorte dei debiti gravanti sull'azienda ceduta per quel che riguarda la responsabilità dell'acquirente della stessa responsabilità inderogabilmente condizionata all'iscrizione dei debiti nei libri obbligatori della cedente (v. Cass. n. 1429 del 1999, n. 4367 e n. 6173 del 1998 ed altre conformi). Il conferimento della ditta "Foto Extra" della Viscido nella omonima società a r.l. e la responsabilità di quest'ultima per i debiti inerenti all'esercizio della prima e anteriori al trasferimento, hanno costituito - come del resto imponeva il giudizio sulla fondatezza o meno della pretesa creditoria fatta valere dalla soc. Onceas nei confronti della soc. Foto Extra - due momenti autonomi dell'accertamento dei giudici di merito, risoltosi con il duplice rilievo della Corte milanese che a) non soltanto non era stata provata la cessione di azienda dalla ditta individuale della Viscido alla società di capitali successivamente costituita; b) neanche era stata provata l'iscrizione dei debiti della prima nei libri contabili obbligatori, iscrizione che avrebbe costituito il presupposto della responsabilità della cessionaria per i debiti stessi.

Dunque, il giudizio di infondatezza della domanda di pagamento proposta dalla soc. Onceas appare sorretto da una duplicità di ragioni costituenti l'una rispetto all'altra una ratio decidendi autonoma, ciascuna in grado di sorreggere giuridicamente la decisione di merito o nel senso della insussistenza (difetto di prova) del dedotto fenomeno traslativo tra la ditta individuale della Viscido e la società Foto Extra ovvero nel senso dell'insussistenza dell'elemento costitutivo della responsabilità della società stessa (l'iscrizione del debito nei libri contabili della ditta, che, a cagione del carattere eccezionale della norma dell'art. 2560 c.c., non può essere surrogato dalla conoscenza dei debiti che il cessionario possa aver avuto da altre fonti, tanto meno da una condizione di conoscibilità: in tal senso, Cass. n. 1726 del 1972). Soltanto la prima di tali ragioni, nella motivazione datane dalla sentenza impugnata, è censurata dalla ricorrente. Il motivo di ricorso è svolto, infatti con riferimento esclusivo a quegli elementi anche indiziari, che i giudici dell'appello non avrebbero tenuto in considerazione, quali avrebbero integrato la prova della cessione di azienda tra la ditta individuale e la omonima società di capitali, e a tali argomentazioni soltanto relativamente alla questione di merito, la ricorrente ha affidato il ricorso. L'esame di tale motivo d'impugnazione risulta, pertanto, inammissibile, essendo principio di diritto quello secondo il quale "qualora la sentenza del giudice di merito si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l'omessa impugnazione, con il ricorso per cassazione, anche di una soltanto di tali ragioni, in nessun caso può dar luogo alla cassazione della sentenza, in quanto l'eventuale accoglimento delle censure riferite alle altre ragioni non inciderebbe sulla ratio decidendi non censurata, con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe pur sempre fondata su di essa" (v. Cass. 1995 n. 237, n. 1675). Il ricorso va dunque rigettato.

Non è luogo a pronuncia sulle spese.

P. Q. M.

la Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 gennaio 2000. Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2000