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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19492 - pubb. 12/04/2018.

La previsione, nel piano di concordato, di una dilazione di pagamento da parte di fornitori strategici deve essere accompagnata da accordi negoziali


Tribunale di Marsala, 26 Aprile 2017. Est. Vaccaro.

Concordato preventivo con continuità aziendale - Fornitori strategici - Obbligo di concedere forniture con dilazione di pagamento - Assenza di specifici accordi negoziali - Esclusione


La previsione, contenuta nel piano di concordato preventivo con continuità aziendale, di ottenere forniture di merce con dilazione di pagamento da determinati fornitori che siano anche creditori non è idonea, in difetto di specifici accordi negoziali, a costituire per costoro un obbligo alla concessione della dilazione. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

Tribunale di Marsala 26 aprile 2017 - Giudice Vaccaro.

 

1 - Con ricorso ante causam ex art. 700 c.p.c., depositato in data 20 gennaio 2017, la società P. s.r.l., premesso di essere stata ammessa, su ricorso depositato il 24 settembre 2013, integrato con nota del 21 aprile 2014, a concordato preventivo “in continuità aziendale” (diretta o soggettiva) ex art. 186 bis l.fall. giusto decreto di omologa del Tribunale di Marsala del 15 luglio 2014, successivamente rettificato in data 17-29/09/2014, ha rappresentato che:

- detto concordato, in conformità al ricorso/proposta ed allegato piano industriale nella sua versione definitiva (pag. 37), prevede il soddisfacimento della classe II dei creditori chirografari, tra i quali gli odierni resistenti, riconosciuti quali “fornitori strategici” ex art. 182 quinquies comma 4 l.fall., nella misura del 46% dei loro crediti (inizialmente indicata nel 55%), in “quattro rate mensili uguali a decorrere dall’inizio del venticinquesimo mese successivo all’omologazione del concordato e con il riconoscimento di interessi al tasso legale per la dilazione”;

- la collocazione degli odierni resistenti tra i creditori chirografari di classe II (‘fornitori strategici’) anziché di classe III (per i quali la percentuale di soddisfacimento prevista è del 13%) si fonda sulla previsione, contenuta nel piano industriale (a pag. 37) a tenore della quale “per consentire il tempestivo assorbimento del riferito debito falcidiato nei tempi indicati, i fornitori strategici assicureranno a P. la continuità degli approvvigionamenti nell’ambito di un nuovo affidamento che contempli una dilazione di giorni 90 per il pagamento delle nuove forniture”;

- detta previsione è, dunque, “il nucleo centrale ed il perno motore del piano concordatario” come meglio esplicitato nel “piano industriale 2013-2017” (pag. 47) e nel business plan (pag. 20 e 38) nonché la ragione giustificativa della collocazione di taluni creditori chirografari nella classe II anziché in quella III.

Ciò posto, la ricorrente ha allegato l’inadempimento da parte di E. s.r.l. (credito concordatario falcidiato al 46% Euro 13.037,79), A.F. s.r.l. (credito concordatario falcidiato al 46% Euro 236.181,93), I.I. S.p.A. (credito concordatario falcidiato al 46% Euro 77.537,19) ed I. S.p.A. (credito concordatario falcidiato al 46% Euro 326.300,69) dell’obbligazione di cui alla citata clausola concordataria (concessione di nuove forniture con dilazione di pagamento a 90 giorni), avendo dette società rifiutato, in prossimità delle scadenze concordatarie, “di dar corso alle forniture commissionate da P. s.r.l. con importo e modalità di pagamento conformi al piano industriale dianzi illustrato, piuttosto pretendendo il pagamento anticipato del corrispettivo della fornitura quale condizione indispensabile per la sua esecuzione”.

1.1. Sulla base di dette premesse e della considerazione che la “violazione del patto contrattuale”, comportando il venir meno del patto sinallagmatico che aveva bilanciato il trattamento più favorevole del 46%, “avrebbe dovuto e potuto ... comportare una rinunzia da parte del creditore al trattamento previsto per la classe 2), e la sua collocazione alla stregua dei creditori chirografari della classe 3) per i quali la percentuale di soddisfacimento prevista è quella del 13% e non del 46%”, la ricorrente ha chiesto in via d’urgenza un “provvedimento giurisdizionale”, nelle more dell’introduzione del giudizio di merito “finalizzato all’accertamento dell’inadempimento da parte di E. s.r.l., A.F. s.r.l., I.I. S.p.A., I. S.p.A. ed il rispetto degli accordi”, che “ristabilisca l’equilibrio della par condicio creditorum”, sussistendo “il fondato timore di subire un pregiudizio grave ed irreparabile, che nasce non soltanto dal tempo necessario alla definizione del giudizio, ma anche dalla condotta ostile del soggetto convenuto” tale da compromettere, nelle more del giudizio di merito, il raggiungimento del risultato richiesto.

Segnatamente, in punto di periculum in mora, la ricorrente ha rappresentato che: “se P. s.r.l. da un lato sarà costretta a pagare nella misura del 46% il credito di A. s.r.l. e contemporaneamente non potrà contare nelle forniture di materia prima per un valore di pari importo con dilazione di pagamento a novanta giorni, si verrà a trovare in grave difficoltà di liquidità non potendo contemporaneamente far fronte al pagamento della rata del credito concordatario e del corrispettivo della fornitura”.

Essa ha, quindi, concluso, chiedendo, in via d’urgenza, un provvedimento cautelare che:

“da un lato impedisca il verificarsi del danno, nei termini dianzi prospettati, e dall’altro ristabilisca la corretta esecuzione del concordato con riferimento ai creditori chirografari di classe (...) (anche per gli effetti palesemente ingiusti nei confronti degli altri creditori della stessa classe e soprattutto di quelli della classe (...) che subirebbero un trattamento deteriore rispetto alla convenuta senza alcuna plausibile giustificazione)”; provvedimento consistente, in via principale, nell’“ordinare ai convenuti di eseguire le forniture di merce nei termini e nei valori previsti nel piano industriale e concordatario” ovvero, in subordine, nel “ disporre la sospensione di ogni pagamento del credito concordatario nei confronti dei medesimi convenuti, fino all’accertamento del diritto del creditore a conseguire ugualmente il pagamento nella misura del 46%”.

1.2 Si sono costituite in giudizio le società resistenti, contestando la ricostruzione in fatto ed in diritto allegata dal ricorrente e la sussistenza dei presupposti per la concessione del provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c.

In dettaglio, con difese parzialmente omogenee, le resistenti hanno negato, sotto il versante del fumus, la sussistenza di qualsivoglia obbligo, contrattualmente assunto, “di riattivare fidi e/o di concedere dilazioni di pagamento di giorni 90 sulle future forniture” (mai oggetto di espressa approvazione e comunque nullo ex artt. 1325 e 1418 c.c. per indeterminatezza dell’oggetto) e la pretestuosità e strumentalità del ricorso in esame.

In subordine, A. ed I. hanno eccepito ex art. 1460 c.c. l’inadempimento della controparte agli obblighi concordatari (sì da paralizzare ogni contrapposta pretesa) nonché A. ed I. la difformità tra il testo della proposta di concordato e correlato piano industriale richiamati da P. s.r.l. nell’odierno procedimento e quanto desumibile dalla proposta di concordato/piano industriale e relazione ex art. 172 l.fall. del Commissario, effettivamente depositati nel fascicolo del concordato n. 7/2013 e sottoposti al vaglio ed approvazione dei creditori.

2 - Ciò premesso in fatto, in limine ritiene questo Giudice infondata l’eccezione preliminare (avanzata dalla resistente I.) di difetto dello ius postulandi dei difensori della ricorrente, per genericità della procura alle liti, posto che “allorché la procura sia apposta in calce al ricorso” o in forma equivalente ex art. 83 comma 3 c.p.c. (“su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto”, anche come allegato, “all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici “la posizione topografica della stessa sia idonea, salvo che dal testo si ricavi il contrario, a dar luogo alla presunzione di riferibilità della procura medesima al giudizio cui l’atto accede, in applicazione del principio interpretativo di conservazione dell’atto giuridico (di cui è espressione, in materia processuale, l’art. 159 cod. proc. civ.), a nulla rilevando né l’assenza di alcun riferimento esplicito al giudizio che si è inteso promuovere, né la formulazione generica del mandato” (Cass. n. 15515 del 14 settembre 2012).

Parimenti ininfluente è il refuso (Tribunale di Messina in luogo del Tribunale di Marsala) contenuto nella procura alle liti rilasciata dalla I. S.p.A. in favore degli avv.ti Francesco D’Angelo e Luigi Belvedere, allegata alla memoria costitutiva e successivamente regolarizzata con attestazione di conformità all’originale, non essendo revocabile in dubbio la riferibilità della procura in esame al giudizio de quo, del quale riporta l’esatto numero di iscrizione a ruolo (oltre il cognome dell’odierno Giudicante).

2.1 Nel merito, alla stregua della delibazione sommaria allo stato degli atti, il ricorso in esame non merita accoglimento e va, pertanto, rigettato.

Difetta, all’evidenza, il fumus boni iuris dell’unica azione sufficientemente determinata (in punto di strumentalità) alla cui tutela sarebbe in concreto preordinata l’odierna azione cautelare: id est, la domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. dell’obbligo ‘a contrarre’ (id est, stipulare nuovi contratti di fornitura di merci con dilazione di pagamento a 90 giorni), asseritamente assunto dai resistenti al momento dell’approvazione - espressa o per silenzio assenso- della proposta di concordato preventivo poi omologata dal Tribunale.

Sul punto, è, infatti, agevole osservare che dalla documentazione in atti non è dato desumere la sussistenza di alcun obbligo “a contrarre” in capo alle resistenti, suscettibile di tutela in forma specifica in un eventuale giudizio ex art. 2932 c.c.

In primo luogo, è pacifico e documentale che la previsione richiamata dalla ricorrente, secondo cui “per consentire il tempestivo assorbimento del riferito debito falcidiato nei tempi indicati, i fornitori strategici assicureranno a P. la continuità degli approvvigionamenti nell’ambito di un nuovo affidamento che contempli una dilazione di giorni 90 per il pagamento delle nuove forniture”, non risulta richiamata nel ricorso/proposta di concordato (neppure nella nota integrativa del 5.12.2013) né nel decreto di omologa e neppure nella relazione ex art. 172 l.fall. del Commissario (men che meno in termini di ‘corrispettivo’ della collocazione di taluni creditori nel rango dei creditori strategici).

Orbene, la collocazione sistematica (nel solo piano industriale) ed il tenore letterale della clausola in esame portano ragionevolmente ad escludere la sussumibilità di detta ‘previsione programmatica’ nell’alveo di un contratto preliminare di vendita plurilaterale (o di più contratti preliminari bilaterali) tra società concordataria e singoli creditori.

Del contratto preliminare (e sua conseguente cogenza) difetterebbero, del resto, gli elementi costitutivi, ed in particolare la determinazione/bilità dell’oggetto, (tempi/ prezzi/natura della merce), a pena di nullità.

Non persuasiva è sul punto la tesi della ricorrente di una determinabilità del presunto oggetto contrattuale, in via deduttiva, in ragione delle precedenti forniture e “per valori equivalenti alle rate di credito pagate”; tesi, invero, disancorata dal tenore letterale della previsione in esame (che nulla prevede sul quantitativo di forniture e ‘valore’ correlato alle rate pagate) e dal contegno delle parti.

Invero, detta previsione appare al più qualificabile come rappresentazione programmatica di un evento futuro, assunto unilateralmente dalla proponente a supporto della fattibilità del piano concordatario in continuità aziendale.

Con la conseguenza che, in difetto di puntuali e vincolanti accordi negoziali con i singoli creditori, la suddetta previsione (unilaterale e programmatica) lascia immutata la libertà di autodeterminazione negoziale dei singoli creditori, ancorché strategici, “per le future forniture”.

Del resto, diversamente opinando, verrebbe disattesa la causa concreta del concordato (che è e rimane il miglior soddisfacimento possibile degli interessi dei creditori nel confronto fra il soddisfacimento raggiungibile dai creditori con il concordato e quello possibile attraverso le alternative concretamente praticabili) e risulterebbe illegittimamente compromessa la libertà negoziale del singolo imprenditore (diritto di rango costituzione ex artt. 2 e 41 Cost.), attraverso forme surrogatone di consenso (silenzio assenso) o addirittura di sacrificio della volontà di alcuni nell’interesse della massa (con la prevalenza della maggioranza), compatibili solo con il contenuto essenziale del concordato preventivo (come delineato nella proposta/ precisato nella relazione informativa del Commissario e omologato dal Tribunale), ma non con eventuali patti/ proposte unilaterali accessorie desumibili aliunde (es. nel piano industriale) e per giunta fonte di ‘obblighi’ in capo a taluni creditori.

Sul punto, merita condivisione il precedente giurisprudenziale citato dalla resistente A.F. s.r.l., a tenore del quale “nel procedimento di concordato preventivo, il potere del tribunale di valutare la fattibilità dell’accordo non può avere ad oggetto la fattibilità del piano, il quale deve essere tenuto distinto dalla proposta che costituisce l’oggetto dell’incontro delle volontà del debitore e dei creditori.

Al piano non potranno, pertanto, essere riferiti eventuali vizi genetici del negozio concordatario in quanto esso altro non è che lo strumento per l’adempimento del concordato, la sua fattibilità potrà avere rilievo esclusivamente nell’ambito dell’eventuale giudizio di risoluzione del concordato” (Corte Appello Firenze 20 maggio 2012).

Tanto vale ad assorbire le ulteriori eccezioni delle resistenti sulla ‘non conoscibilità’ di detta previsione (dunque, non accettata), in ragione delle divergenze contenutistiche tra la documentazione allegata alla proposta di concordato sottoposta al loro vaglio e oggetto di relazione ex art. 172 l.fall. del Commissario e quella (sopravvenuta) depositata dalla ricorrente nell’odierno giudizio.

Ed invero, anche qualora si accedesse alla tesi (come detto non condivisa da questo Giudice) di un presunto accordo negoziale a prestazioni corrispettive tra società ricorrente ed odierne resistenti, sarebbe in ogni caso carente, allo stato degli atti, il fumus boni iuris (in termini di prognosi favorevole della fondatezza di un’azione di adempimento nei confronti delle resistenti), avuto riguardo alle eccezioni di inadempimento degli obblighi concordatari sollevate ex art. 1460 c.c. dai resistenti I. (cfr. funditus pag. 8 e ss. della memoria costitutiva) e A. (cfr. pag. 23 della memoria costitutiva in ordine al ‘declassamento’ di fatto operato dalla ricorrente), titolari del credito (ancorché falcidiato) di importo maggiore.

Eccezioni non superate da alcuna prova contraria di controparte.

Inammissibile, infine, per difetto di strumentalità è l’invocata tutela cautelare sub specie di richiesta di sospensione giudiziale dei pagamenti concordatari ‘per ripristinare la par condicio creditorum’ in un eventuale e non meglio precisato giudizio di merito ‘di accertamento’ (che, invero, immutando i termini dell’accordo concordatario, è destinato ad avere rilievo esclusivamente nell’ambito dell’eventuale giudizio di risoluzione del concordato innanzi al Giudice fallimentare, funzionalmente competente).

In conclusione, all’evidente scopo di non snaturare la funzione ed i presupposti dello strumento cautelare (residuale) invocato, il ricorso in esame va rigettato, difettando qualsivoglia elemento obiettivo e circostanziato, idoneo a fondare il fumus boni iuris, con conseguente assorbimento della valutazione in punto di periculum in mora.

Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in considerazione del credito riconosciuto in sede di concordato a ciascuna delle società resistenti (come allegato) e cumulativamente considerato dalla ricorrente ai fini della determinazione del valore della causa.

Non si ritiene sussistano i presupposti per l’applicazione officiosa della sanzione di cui all’art. 96 comma 3 c.p.c.

(invocata dalla resistente I.), avuto riguardo alle peculiarità del concordato in esame e correlato piano industriale.

P.Q.M.

1. RIGETTA il ricorso