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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19760 - pubb. 26/05/2018.

Opposizione allo stato passivo per mancata ammissione di prove testimoniali


Cassazione civile, sez. VI, 07 Marzo 2017. Est. Genovese.

Ricorso per cassazione - Motivi del ricorso - Vizi di motivazione - Omessa ammissione di prova testimoniale o di altra prova - Vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia - Configurabilità - Condizioni - Denuncia in sede di legittimità - Requisiti - Fattispecie


Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento.

(Nella specie, la S.C. ha ritenuto carente di motivazione la mancata ammissione delle prove testimoniali, articolate in un ricorso di opposizione allo stato passivo fallimentare e letteralmente riprodotte nel ricorso per cassazione, miranti a dimostrare l’“an debeatur” del credito e, quindi, inerenti a circostanze decisive ai fini della richiesta di ammissione al passivo). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo - Presidente -

Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere -

Dott. GENOVESE Francesco Antonio - rel. Consigliere -

Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

 

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell'art. 380 - bis c.p.c.:

"Con Decreto in data 6 agosto 2015, il Tribunale di Pavia, ha respinto l'opposizione proposta dall'Arch. U.P., avverso la propria esclusione dallo stato passivo fallimentare del (*) S.p.A., in quanto il proprio credito, derivante dall'attività professionale svolta a favore della società in bonis, era stato considerato sfornito di prova dal GD. Secondo il giudice circondariale, i mezzi di prova prodotti (i mandati professionali) non avevano data certa e non erano indicativi del lavoro svolto, neppure nell'an.

Avverso il decreto del Giudice circondariale ha proposto ricorso per cassazione l'Arch. U.P., con atto notificato il 28 settembre 2015, sulla base di un unico motivo, articolato in quattro profili, con i quali lamenta la nullità della sentenza, per totale difetto della motivazione (art. 360 c.p.c., n. 4).

La Curatela ha resistito con controricorso.

Il ricorso appare manifestamente fondato, in quanto del tutto carente della motivazione in ordine alla mancata ammissione delle prove testimoniali articolate nel ricorso L.Fall., ex art. 98, e riprodotte, nel loro tenore testuale, alle pp. 6-9 del ricorso per cassazione, e miranti a dimostrare che la medesima creditrice aveva svolto una serie di attività professionali per conto della società fallita (an del credito), ossia su circostanze decisive ai fini della richiesta ammissione al passivo fallimentare del credito professionale.

A tale proposito questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 11457 del 2007) ha affermato il principio di diritto secondo cui "Il vizio di motivazione ammissione della prova testimoniale o di può essere denunciato per cassazione solo cui essa abbia determinato l'omissione di su un punto decisivo della controversia e, la prova non ammessa ovvero non esaminata sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la "ratio decidendi" venga a trovarsi priva di fondamento.".

Nella specie, peraltro, si riscontra una completa assenza di motivazione da parte del giudice circondariale, il quale ha del tutto omesso di spiegare per quali ragioni i testi indicati e le circostanze sulle quali essi sono stati chiamati a testimoniare non possano dimostrare lo svolgimento di una attività professionale per conto della società prima della sua dichiarazione di fallimento e, perciò, non possano costituire la base accertativa del credito maturato verso la mandante.

Escludere il credito della professionista solo sulla base della mancanza di data certa dei mandati versati in atti, senza indicare perché la ordinaria prova testimoniale richiesta (come nella quasi totalità dell'accertamento di rapporti di lavoro, subordinati o autonomi, poco importa: cfr. Cass. Sez. L, Sentenza n. 66 del 2015) non sia ammissibile, contrasta con i principi del giusto processo e del diritto alla prova che ne costituisce una delle scansioni necessarie ed ineludibili.

In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale ai sensi dell'art. 380 - bis c.p.c., e art. 375 c.p.c., n. 5".

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia contenuta nella relazione (sopra riportata), alla quale sono state mosse solo osservazioni adesive, da parte della ricorrente;

che, perciò, il ricorso, manifestamente fondato, deve essere accolto, con la cassazione del decreto impugnato e il rinvio della causa, anche per le spese di questa fase, al Tribunale di Pavia, che, in diversa composizione, nel decidere nuovamente della vertenza si atterrà al principio di diritto sopra richiamato.

 

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato, e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, al Tribunale di Pavia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-la sezione civile della Corte di cassazione, il 21 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2017.