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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19840 - pubb. 11/01/2018.

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Cassazione civile, sez. I, 07 Novembre 1991. Est. De Musis.

Concordato preventivo - Ammissione - Effetti - In genere - Beni ipotecati a favore di istituti di credito fondiario - Azione esecutiva ex art. 42 del T.U. n. 646 del 1905 - Ammissibilità - Esclusione


In tema di credito fondiario, l'art. 42 del T.U. 16 luglio 1905 n. 646, che consente l'applicazione della disciplina del credito fondiario - e quindi delle peculiari formalità di esecuzione coattiva per la riscossione dei crediti da essa previste - anche in caso di fallimento del debitore, per i beni ipotecati agli istituti di credito fondiario, non opera nei confronti del debitore ammesso al concordato preventivo, atteso che il divieto, contenuto nell'art. 168 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267, di inizio o proseguimento di azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore ammesso al concordato preventivo è assoluto, e non derogato, in particolare, dal citato art. 42. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Italo BOLOGNA Presidente
" Renato SGROI Consigliere
" Salvatore NARDINO "
" Rosario DE MUSIS Rel. "
" Giovanni OLLA "
ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

MESSINEO SANTO, elett. dom. in Roma, via F.lli Ruspoli, 8, presso l'avv. Raimondo Marini Clarelli; rapp. e difeso dagli avv.ti Giuseppe Brini e Pier Ugo Montorzi, giusta delega in calce al ricorso.

Ricorrente

contro

ISTITUTO di CREDITO FONDIARIO della TOSCANA, con sede in Firenze, in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione in carica, elett. dom. in Roma, via Bertoloni, n. 14 presso l'avv.to Elia Clarizia, rapp.to e difeso dall'avv.to Giorgio Calzi, giusta delega a margine del controricorso.

Controricorrente

Avverso la sentenza n. 250 della C.A. di Firenze del 13.5.89 - Il Cons. De Musis svolge la relazione.
È presente l'avv. Calci per il resistente.
Il P.M. Dr. Lo Cascio conclude per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Santo Messineo proponeva opposizione alla esecuzione immobiliare promossa nei suoi confronti dall'Istituto di credito fondiario della Toscana deducendo che poiché egli era stato ammesso alla procedura di concordato preventivo non era consentito, ai sensi dell'art. 168 del R.D. 16.3.1942 n. 267, l'esercizio della esecuzione individuale.
Il Tribunale di Firenze respingeva la opposizione e la pronuncia veniva confermata dalla Corte di Appello della stessa città, con sentenza del 13.3.1989, sui rilievi: a) che l'art. 168 non preclude la esecuzione da parte degli Istituti di credito poiché a costoro era accordata una speciale tutela per la salvaguardia di particolari interessi pubblicistici;
b) che l'art. 42 del T.U. 16.7.1905 n. 646 disponeva che la disciplina del credito fondiario (che consentiva formalità peculiari di esecuzione coattiva per la riscossione dei crediti) era applicabile "sempre" e pertanto la locuzione "anche in caso di fallimento", immediatamente successiva, doveva intendersi non quale riduttiva di quell'applicabilità al fallimento, ma quale estensiva della stessa anche ad esso, nonostante questo concretasse la più grave delle procedure fallimentari.
Ha proposto ricorso per cassazione il Messineo; ha resistito, con controricorso seguito da memoria, l'Istituto.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unico motivo si deduce che la Corte di appello, ritenendo ammissibile la esecuzione individuale promossa, in base al T.U. approvato con R.D. 16.7.1905, dall'istituto di credito fondiario nei confronti di soggetto ammesso a concordato preventivo, è incorsa in violazione e falsa applicazione dell'art. 42 di detto decreto, il quale, prevedendo che "le disposizioni della legge e dei regolamenti sul credito fondiario sono sempre applicabili anche in caso di fallimento del debitore per i beni ipotecati agli istituti di credito fondiario", consente quell'esecuzione (anche , ma) solamente nei confronti del debitore assoggettato al fallimento e non pure nei confronti del debitore ammesso alle altre procedure concorsuali. Si aggiunge che la norma: a) in quanto speciale è insuscettibile, ai sensi dell'art. 14 delle preleggi, di applicazione analogica;
b) non può essere interpretato estensivamente, nel senso che il riferimento, in esso contenuto, al fallimento, debba ritenersi comprensivo anche del concordato preventivo perché i due istituti hanno natura diversa in quanto il fallimento è preordinato all'"effetto distruttivo del patrimonio del debitore, laddove il concordato è preordinato allo effetto conservativo di tale patrimonio.
Il motivo è fondato.
La questione dell'applicabilità dell'art. 42 nei confronti del debitore ammesso a concordato preventivo non ha costituito oggetto di esame da parte di questa Corte che, con la sentenza n. 6487 del 6.11.1986, si è limitata ad asserire la soluzione positiva, senza affrontarla "ex professo".
La risoluzione della questione richiede l'esame di due diversi profili, entrambi singolarmente decisivi della stessa:
a) quale sia la portata intrinseca della norma, e cioè se questa in sè consenta l'inizio e la prosecuzione dell'esecuzione individuale, da parte degli istituti di credito fondiario (anche, ma) solo nei confronti del debitore assoggettato al fallimento, oppure sempre, e quindi pure nei confronti del debitore ammesso al concordato preventivo: siffatta indagine riveste una propria autonomia poiché la interpretazione della norma dev'essere condotta sulla base dell'ordinamento nel quale essa è originariamente inserita, e cioè quello del credito fondiario;
b) se, quale che ne sia l'effettivo contenuto, la norma sia (già) in astratto applicabile nei confronti del debitore ammesso al concordato preventivo.
La indagine sub b) è pregiudiziale perché la sua eventuale soluzione negativa assorbirebbe l'indagine sub a). Al fine va premesso che l'orientamento di questa corte (riassunto e precisato nella sentenza n. 2196 del 2.3.1988) è nel senso che la normativa fallimentare (R.D. 16.3.1942 n. 267) e quella sul credito fondiario (R.D. 16.7.1905 n. 646) sono entrambe speciali e pertanto il loro coordinamento va svolto in concreto, accertando se disposizioni di una di esse escludano l'applicazione di disposizione dell'altra.
Ora la disciplina del concordato preventivo esclude che a questo sia applicabile il citato art. 42.
Ed invero il R.D. 16.3.1942 n. 267 regola il fallimento, il concordato preventivo, l'amministrazione controllata e la liquidazione coatta amministrativa contestualmente ed in particolare:
a) contiene la numerazione degli articoli unica e progressiva per tutti gli indicati istituti e non autonoma per ognuno di essi;
b) pone completamente la disciplina del fallimento e regola gli altri istituti singolarmente, mediante un complesso di norme in parte peculiari ad ognuno di essi e in parte recepita, tramite rinvii, dal fallimento salvo alcune norme dell'amministrazione controllata, che sono recepite dal concordato preventivo.).
L'indicato modo di attuazione della contestualità rivela che il legislatore ha avuto una visione globale e unitaria della materia fallimentare e ciò induce a ritenere:
a) in generale: che anche gli istituti diversi dal fallimento hanno una loro disciplina esaustiva;
b) in particolare: che allorché singoli punti della materia hanno ricevuto una regolamentazione differente nei singoli istituti, tale regolamentazione deve ritenersi anch'essa esaustiva e pertanto solo chiari, inequivoci e precisi elementi potrebbero legittimare un'interpretazione estensiva o restrittiva della stessa. Ora:
il fallimento contiene (art. 51) il divieto di azioni esecutive individuali facendo salve diverse disposizioni di legge: in queste va compreso, secondo l'orientamento ormai consolidato, il riportato art. 42, che quelle azioni invece consente allo istituto di credito fondiario; il concordato preventivo contiene (art. 168) lo stesso divieto, senza prevedervi deroghe, e recepisce poi, mediante rinvio, alcune norme del fallimento, specificamente elencate, senza comprendere in queste l'indicato art. 51; l'amministrazione controllata prevede (art. 188) che per la durata della procedura si producano gli effetti stabiliti dagli artt. (167 e) 168; la liquidazione coatta amministrativa dispone (art. 101) la applicabilità delle norme del fallimento contenute nella sezione seconda dal capo terzo, nelle quali è compreso il ripetuto art. 51. L'"excursus" rivela la specificità della regolamentazione del (l'eventuale) concorso del soddisfacimento dei crediti di massa e di quelli individuali sia nel fallimento che nelle altre procedure. Tale considerazione ed i rilievi più sopra esposti (in generale ed in particolare evidenziano che il concordato preventivo, contenendo il divieto di (inizio o proseguimento di) azioni individuali senza prevedere una specifica deroga, pone il divieto in maniera assoluta.
Avvalorano la conclusione i seguenti ulteriori rilievi: la liquidazione coatta amministrativa pone detto divieto mediante rinvio alla norma del fallimento (art. 519 che lo contiene prevedendovi deroghe legislative, laddove il concordato preventivo pone il divieto mediante espressa riformulazione dello stesso, priva di deroga, e ciò nonostante esso concordato rinvii, nel prosieguo, a numerose norme del fallimento: in mancanza di giustificazione (che non si rinviene) della diversità della formulazione del medesimo precetto deve ritenersi che l'autonomia della formulazione nel concordato preventivo abbia avuto la funzione di fissare la assolutezza del divieto; il legislatore della disciplina fallimentare ha tenuto presente quella del credito fondiario, come emerge dal riferimento, contenuto nell'art. 67, terzo comma, agli istituti che quel credito gestiscono: in difetto di un sicuro rinvio, nella disciplina fallimentare, a quella del credito fondiario, pertanto, deve ritenersi che il recepimento della seconda nella prima non sia stato voluto e, quindi, sia stato escluso; la "ratio" comunemente addotta a sostegno del privilegio accordato al credito fondiario, e cioè la destinazione a questo delle disponibilità finanziarie dei relativi istituti (in tal senso: corte costituzionale, ord. n. 393 del 31.3.1988) e, conseguentemente, la tutela della esigenza di una sollecita riscossione dei crediti, non ricorre nel concordato preventivo dal momento che in questo i crediti privilegiati, e quindi il titolare di credito fondiario, hanno diritto al pagamento integrale e (pur se dopo la omologazione) immediato. Il ricorso dev'essere pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa ad altro giudice, il quale si atterrà al seguente principio: il divieto, contenuto nell'art. 168 del R.D. 16.3.1942 n. 267, di inizio o proseguimento di azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore ammesso a concordato preventivo, è assoluto, e non è derogato, in particolare, dall'art. 42 del R.D. 16.7.1995 n. 646. Si demanda al giudice di rinvio la regolamentazione delle spese processuali.

 

P.Q.M.


accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Firenze, in diversa sezione, la quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese processuali del giudizio di cassazione.
Così deciso il 10.1.1991.