Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19905 - pubb. 07/06/2018

Soglie di fallibilità ed irrilevanza dell'abbreviazione dell'esercizio ad opera dall'imprenditore

Cassazione civile, sez. I, 24 Maggio 2018, n. 12963. Est. Pazzi.


Fallimento - Dichiarazione - Presupposti - Soglie di fallibilità - Abbreviazione dell'esercizio compiuta dall'imprenditore - Irrilevanza



Il disposto della L. Fall., art. 1, comma 2, lett. a) e b), predetermina soglie calibrate su una prospettiva temporale annua di valutazione che non possono essere vanificate da un scelta di abbreviazione dell'esercizio compiuta dall'imprenditore; i tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento da apprezzare ai fini della verifica dei presupposti di fallibilità devono pertanto intendersi come esercizi aventi ciascuno durata annuale, a meno che non sia trascorso un lasso di tempo inferiore dall'inizio dell'attività dell'impresa. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



Segnalazione del Dott. Simone Cagliari


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio - Presidente -

Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere -

Dott. TERRUSI Francesco - Consigliere -

Dott. PAZZI Alberto - rel. Consigliere -

Dott. FICHERA Giuseppe - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

 

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 30 novembre 2015 il Tribunale di Torino, in accoglimento dell'istanza presentata da (*) s.r.l., dichiarava il fallimento di (*) s.r.l. in liquidazione, ritenendo che la società debitrice avesse superato la soglia di fallibilità prevista dalla L. Fall., art. 1, rispetto all'attivo nell'esercizio chiuso al 30 giugno 2012; a giudizio del Tribunale non assumeva invece rilievo la delibera di anticipazione della chiusura dell'esercizio al 28 febbraio 2015 assunta in sede assembleare il 13 febbraio 2015 e il bilancio chiuso a quella data, dato che gli esercizi rilevanti ai fini della dichiarazione di fallimento non potevano che essere di durata coincidente ed equivalente all'anno solare.

2. Con sentenza depositata il 25 febbraio 2016 la Corte d'Appello di Torino revocava la declaratoria di fallimento pronunciata in primo grado constatando che la L. Fall., art. 1, comma 2, faceva esclusivo riferimento alla nozione di esercizio, che era liberamente determinabile dall'assemblea societaria in assenza di un'espressa previsione che imponesse una sua durata in misura pari all'anno solare.

3. Ha proposto ricorso per cassazione contro questa pronuncia (*) s.r.l. affidandosi a un unico motivo di impugnazione.

Ha resistito con controricorso (*) s.r.l. in liquidazione.

Il fallimento di (*) s.r.l. in liquidazione, benchè ritualmente intimato, non ha svolto alcuna difesa.

Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c..

 

Motivi della decisione

3. Il motivo di ricorso presentato denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. Fall., art. 1, in quanto la Corte d'Appello di Torino avrebbe erroneamente escluso, in tesi di parte ricorrente, la fallibilità della convenuta ritenendo che la locuzione che si riferisce ai tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento possa riguardare esercizi infrannuali: in tesi di parte ricorrente la disciplina introdotta dalle norme correttive previste dal D.Lgs. n. 169 del 2007, avrebbe invece individuato l'imprenditore fallibile sulla base di parametri soggettivi di tipo quantitativo, fissati dalla L. Fall., art. 1, comma 2, lett. a) e b), da ancorarsi a requisiti certi su base annua evincibili dai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi della durata di dodici mesi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento.

4. Il motivo di ricorso presentato è fondato.

4.1 Il legislatore all'interno delle misure correttive introdotte con il d.lgs. 169/2007, nello sforzo di fissare il regime delle esenzioni alla procedura fallimentare con la maggior oggettività possibile, ha fatto ricorso a parametri meramente dimensionali riferiti all'attivo patrimoniale, ai ricavi lordi e all'indebitamento individuando limiti numerici fissi al fine di stabilire i confini della fallibilità.

I due parametri relativi a dati storici, costituiti ai sensi della L. Fall., art. 1, comma 2, lett. a) e b), dall'ammontare dell'attivo patrimoniale e dei ricavi lordi, sono stati espressamente stabiliti dal legislatore della riforma con riferimento non solo ai tre esercizi antecedenti, ma anche a uno specifico ammontare complessivo annuo individuato come soglia di rilevanza.

Non è dunque condivisibile l'assunto della corte territoriale che, valorizzando il richiamo normativo all'esercizio, disgiunge quest'ultimo dal criterio cronologico in base al quale il singolo requisito deve essere apprezzato.

Peraltro una simile operazione interpretativa, oltre a contrastare con il dato letterale del disposto normativo, ne inficia le scelte operate in termini di individuazione dei confini della fallibilità, poichè una riduzione della durata dell'esercizio toglie all'evidenza valore a una valutazione delle soglie di rilevanza effettuata dal legislatore rispetto ad un arco temporale di durata annuale.

In altri termini il legislatore ha individuato le soglie dimensionali di un imprenditore la cui insolvenza provoca allarme e deve essere rimossa e ha predeterminato le stesse calibrandole su una prospettiva temporale annua di valutazione.

Si tratta di dato oggettivo che va visto alla luce della normale durata "annuale" di un esercizio e non può essere soggettivizzato, compromettendo la valutazione discrezionale compiuta dal legislatore nella fissazione dei limiti di rilevanza attraverso un ridimensionamento del periodo di riferimento.

Dunque i requisiti relativi all'ammontare dell'attivo patrimoniale e dei ricavi lordi devono giocoforza riferirsi al triennio coincidente con i tre esercizi più prossimi alla presentazione dell'istanza di fallimento, con l'unica eccezione, espressamente prevista da ambedue le disposizioni in esame, di un'impresa che abbia dato inizio alla propria attività da minor tempo (la quale, ferma ove possibile la prospettiva annuale di valutazione onde non inficiare la scelta legislativa di individuazione delle soglie di fallibilità, presenterà requisiti relativi a un arco temporale di durata inferiore al triennio).

La compagine sociale rimane libera di modificare l'epoca di chiusura del proprio esercizio incidendo sulla durata complessiva dello stesso, ma tale deliberazione, se adottata nell'imminenza del procedimento per la dichiarazione di fallimento, non rileva ai fini dell'apprezzamento dell'avvenuto superamento delle soglie di fallibilità, le quali debbono rimanere ancorate a riferimenti, eventualmente riclassificati, di portata annuale.

4.2 Una simile interpretazione corrisponde al costante orientamento di questa corte che in tema di requisiti dimensionali per l'esonero dalla fallibilità dell'imprenditore commerciale ha sempre inteso che la L. Fall., art. 1, comma 2, lett. a), (nel testo modificato dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169) facesse riferimento a un arco temporale di durata triennale corrispondente agli ultimi tre esercizi antecedenti alla data del deposito dell'istanza di fallimento (Cass. 27/5/2015 n. 10952, Cass. 14/1/2016 n. 501).

4.3 Deve pertanto essere affermato il seguente principio:

"il disposto della L. Fall., art. 1, comma 2, lett. a) e b), predetermina soglie calibrate su una prospettiva temporale annua di valutazione che non possono essere vanificate da un scelta di abbreviazione dell'esercizio compiuta dall'imprenditore; i tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento da apprezzare ai fini della verifica dei presupposti di fallibilità devono pertanto intendersi come esercizi aventi ciascuno durata annuale, a meno che non sia trascorso un lasso di tempo inferiore dall'inizio dell'attività dell'impresa".

5. La sentenza impugnata andrà dunque cassata, con rinvio della causa alla corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2018.