Diritto e Procedura Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20082 - pubb. 03/07/2018

Obbligatorietà della PEC per le comunicazioni di cancelleria

Cassazione civile, sez. II, 10 Maggio 2018, n. 11316. Est. Criscuolo.


Processo civile – Comunicazioni – Mediante PEC – Necessità – Sussiste – Derogabilità – In caso di impossibilità non imputabile al destinatario – Affermazione



Per i processi a cui risulta applicabile la disciplina dettata dalla L. n.221 del 2012, le comunicazioni di cancelleria devono essere eseguite esclusivamente presso l’indirizzo PEC del difensore della parte, potendosi ricorrere alla trasmissione del biglietto a mezzo telefax o con rimessione all’ufficiale giudiziario per la notifica solo ove non sia possibile effettuare la comunicazione a mezzo PEC per causa non imputabile al destinatario. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio - Presidente -

Dott. FEDERICO Guido - Consigliere -

Dott. PICARONI Elisa - Consigliere -

Dott. SABATO Raffaele - Consigliere -

Dott. CRISCUOLO Mauro - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

1. Con atto di citazione notificato il 26.3.2009 P.W., P.B., P.M. (quest'ultimo in proprio e quale procuratore generale di P.D.) e P.E. proponevano appello avverso la sentenza del Tribunale di Cassino n. 205/2009, depositata il 24.2.2009, con la quale erano state accolte le domande di usucapione e di condanna alla estirpazione di alcune piante a distanza non legale dal confine proposte dalle attrici P.A. e Ma..

Nel costituirsi, queste ultime eccepivano la nullità del gravame e ne contestavano comunque la fondatezza, chiedendone il rigetto. Le suddette appellate proponevano, altresì, appello incidentate con riferimento al muro edificato dagli appellanti, chiedendone la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi.

All'udienza dell'1.3.2012 la causa veniva assegnata in decisione, per poi essere rimessa sul ruolo con ordinanza collegiale del 30.10-5.11.2012, con la quale veniva disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti di A.T., parte del giudizio di primo grado.

La Corte d'Appello di Roma, con sentenza del 2.8.2013, ha dichiarato inammissibile l'appello sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni:

1) con l'ordinanza di integrazione del contraddittorio nei confronti della A. era stato assegnato termine sino al 30.12.2012 per l'incombente;

2) l'ordinanza era stata comunicata a mezzo fax, ex art. 136 c.p.c., u.c., alla parte appellante, ma non era stata ottemperata da quest'ultima, la quale non aveva neppure tentato di effettuare la prescritta notificazione entro il termine perentorio assegnato;

3) in accoglimento dell'eccezione sollevata dalla parte appellata nel corpo del verbale di udienza del 18.4.2113, andava, di conseguenza, dichiarata l'inammissibilità dell'impugnazione ex art. 331 c.p.c., comma 2, rilevabile, comunque, anche d'ufficio, vertendosi in ipotesi di litisconsorzio "processuale" e di causa "inscindibile";

4) per quanto concerneva l'appello incidentale delle appellate (anch'esso non notificato alla A.), doveva ritenersi che le stesse vi avessero implicitamente rinunziato, alla luce del contenuto della seconda comparsa conclusionale del 17.6.2013.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso P.W., P.B., P.M. (quest'ultimo in proprio e quale procuratore generale di P.D.), tutti eredi di P.G., nonchè P.E., sulla base di quattro motivi.

P.A. e Pa.Ma. hanno resistito con controricorso.

2. Preliminarmente, deve essere disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso per essere stato tardivamente notificato.

Nel caso di specie, premesso che la sentenza d'appello risulta notificata presso lo studio del procuratore domiciliatario dei ricorrenti in data 8.11.2013 e che, quindi, il termine entro cui notificare il ricorso per cassazione scadeva il 7.1.2014, gli stessi hanno, dapprima, e proprio l'ultimo giorno utile, chiesto la notifica all'Unep indirizzandola presso lo studio dell'avv. Michele Miraglia (domiciliatario delle resistenti in grado di appello) in (OMISSIS) e, poi, resisi conto che medio tempore il professionista aveva trasferito lo studio in Roma alla via dei Villini n. 15, hanno provveduto, sempre a mezzo Unep, in data 20.1.2014 a notificarlo in quest'ultimo luogo.

Orbene, come si ricava dall'intestazione della sentenza impugnata ed in considerazione anche delle affermazioni contenute nel controricorso, le controricorrenti in grado di appello erano rappresentate e difese dagli avv. Giancarlo, Alessia ed Emiliano Mignanelli del foro di Cassino, avendo quindi correttamente eletto domicilio presso lo studio dell'avv. Michele Miraglia, il quale svolgeva il ruolo di solo domiciliatario. Tale qualità appare confermata anche da quanto si legge a pag. 4 del controricorso, laddove viene ribadita la qualità di solo domiciliatario dell'avv. Miraglia.

A tal fine deve quindi farsi richiamo a quanto sostenuto da questa Corte nella sua più autorevole composizione nella sentenza n. 14594 del 2016, la quale, nel chiarire che, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell'esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa, ha affrontato anche ex professo il problema che si pone nell'ipotesi in cui il domiciliatario venga a trasferire la sede del proprio studio.

Le Sezioni Unite hanno, infatti, reputato necessario distinguere due ipotesi, a seconda che il procuratore eserciti o meno la sua attività professionale, nel circondario del Tribunale ovvero del diverso ufficio giudiziario (nel caso di specie Corte d'Appello, ed avendo la giurisprudenza - Cass. S.U. n. 10143/2012 esteso la previsione di cui al R.D. n. 37 del 1934, art. 82 anche all'ipotesi in cui la parte sia assistita da avvocato iscritto ad un albo del distretto della corte d'appello ove si svolge il giudizio, ma diverso da quello ove ha sede la stessa corte d'appello) in cui si svolge la controversia.

Infatti, nel caso di difensore che svolga le sue funzioni nello stesso circondario del Tribunale, a cui egli sia professionalmente assegnato, è onere della parte interessata ad eseguire la notifica accertare, anche mediante riscontro delle risultanze dell'albo professionale, quale sia l'effettivo domicilio professionale del difensore, con la conseguenza che non può ritenersi giustificata l'indicazione nella richiesta di notificazione di un indirizzo diverso, ancorchè eventualmente corrispondente a indicazione fornita dal medesimo difensore nel giudizio non seguita da comunicazione nell'ambito del giudizio del successivo mutamento" (Cass. sez. un., 24 luglio 2009, n. 17352, richiamando Cass. sez. un., 18 febbraio 2009, n. 3818).

Le stesse sentenze delle Sezioni unite indicano una soluzione diversa per il caso (come quello in esame) in cui il difensore svolga le sue funzioni in un altro circondario ed abbia proceduto all'elezione di domicilio ai sensi del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, dovendosi in tal caso reputare che solo in caso di svolgimento di attività al di fuori della circoscrizione di assegnazione si delinea un obbligo di comunicare i mutamenti di domicilio, che invece non sussiste quando il procuratore operi nel suo circondario (così, in particolare, sez. un., 3818/2009.

Nel caso di specie quindi la notifica dell'impugnazione al procuratore delle controricorrenti, i cui difensori avevano eletto domicilio ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, presso un altro procuratore, assegnato alla circoscrizione dell'ufficio giudiziario adito, andava effettuata nel luogo indicato come domicilio eletto in forza degli artt. 330 e 141 c.p.c., senza che al notificante fosse fatto onere di riscontrare previamente la correttezza di quell'indirizzo presso il locale albo professionale, perchè era onere della parte che aveva eletto domicilio comunicare alla controparte gli eventuali mutamenti.

Ne deriva che i ricorrenti non avevano l'onere di controllare che l'indirizzo dello studio del procuratore domiciliatario delle intimate fosse mutato rispetto a quello dichiarato nel corso del giudizio e riportato nell'intestazione della sentenza impugnata (dovendosi escludere che la sola indicazione del nuovo studio contenuta nelle deleghe conferite al domiciliatario per la partecipazione alle udienze - delle quali non risulta peraltro nemmeno riprodotto il contenuto in controricorso - si configuri alla stregua di una valida comunicazione del mutamento del domicilio) e quindi non hanno errato nel richiedere la notificazione presso lo studio del procuratore domiciliatario indicato in sentenza.

L'esclusione dell'imputabilità di un errore a carico dei ricorrenti, impone poi di dover verificare quale comportamento avrebbero dovuto tenere dopo aver preso atto del fatto che, a causa del trasferimento dello studio, la notifica richiesta non era andata a buon fine.

Deve darsi quindi seguito a quanto affermato dalle S.U. nella citata n. 14594/2016, nel senso che, una volta non andata a buon fine la notifica per ragioni non imputabili alla parte, ed appreso dell'esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, la medesima deve attivarsi con immediatezza per riprendere il processo notificatorio e deve svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento. Questi requisiti di immediatezza e tempestività non possono ritenersi sussistenti qualora sia stato superato il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data rigorosa prova.

Nella fattispecie, si ricava che la prima notifica, poi non perfezionatasi per il trasferimento dello studio dell'avv. Miraglia, era stata richiesta in data 7/1/2014 e che la procedura notificatoria è stata autonomamente riattivata dai ricorrenti in data 20/1/2014, nel rispetto del termine dimidiato di cui all'art. 325 c.p.c. per la proposizione del ricorso in cassazione, impedendo in tal modo il maturare della eccepita decadenza.

3. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la errata e falsa applicazione dell'art. 136 c.p.c., u.c., la mancata applicazione degli artt. 134 e 176 c.p.c., D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 4, (conv. con mod. dalla L. n. 221 del 2012) e D.Lgs. n. 193 del 2009, art. 4, in relazione ai dd.mm. Giustizia 21.2.2011 n. 44 e 15.10.2012 n. 209, nonchè la violazione dei principi di "legale scienza" (con riferimento all'art. 360 c.p.c., n. 4), per non aver la corte d'appello considerato che alla data del 5.11.2012 (in cui era stata adottata l'ordinanza di integrazione del contraddittorio) gli artt. 134 e 176 c.p.c. non prevedevano più la comunicazione a mezzo telefax (poichè parzialmente abrogate dalla L. n. 183 del 2011, art. 25 ed implicitamente abrogate dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16), che la Pec della sua difesa era a disposizione dell'ufficio (siccome inserita nel data base dei registri generali e pubblicata sul sito istituzionale e sul registro generale), che alla comunicazione mediante UNEP o telefax era possibile ricorrere solo qualora non fosse stato possibile procedere a mezzo pec e che, comunque, il rapporto di trasmissione rilasciato da un fax non offre la piena prova in ordine all'avvenuta ricezione.

3.1. Il motivo appare fondato.

L'art. 136 c.p.c., commi 2 e 3 prevedono, a decorrere dal 14 dicembre 2011, che:

"Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, ovvero trasmesso a mezzo posta elettronica certificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

Salvo che la legge disponga diversamente, se non è possibile procedere ai sensi del comma che precede, il biglietto viene trasmesso a mezzo telefax, o è rimesso all'ufficiale giudiziario per la notifica".

In particolare, quest'ultimo comma è stato sostituito dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, a decorrere, ai sensi dell'art. 36 della stessa legge, dai trenta giorni successivi al 1 gennaio 2012. Il testo recitava: "Le comunicazioni possono essere eseguite a mezzo telefax o a mezzo posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi". Il comma era stato aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. b), n. 2, L. n. 263, cit., con effetto a partire dal 1 marzo 2006.

Successivamente è intervenuto il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16, pubbl. in data 19/10/2012, il cui quarto comma recita:

4. Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma dell'art. 148 c.p.p., comma 2-bis, artt. 149 e 150 c.p.p. e art. 151 c.p.p., comma 2. La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria.

Quanto all'efficacia temporale di tale disposizione, ai sensi del comma 9 del medesimo art. 16 si prevede poi che:

Le disposizioni dei commi da 4 a 8 acquistano efficacia:

a) a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria di cui sono destinatari i difensori, nei procedimenti civili pendenti dinanzi ai tribunali e alle corti d'appello che, alla predetta data sono già stati individuati dai decreti ministeriali previsti dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 51, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133;

b) a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto per le comunicazioni e le notificazioni di cui alla lettera a), per i procedimenti civili pendenti dinanzi ai tribunali ed alle corti di appello che alla data di entrata in vigore del presente decreto non sono stati individuati dai decreti ministeriali previsti dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 51, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133;

c) a decorrere dal trecentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto per le comunicazioni e le notificazioni di cui ai commi 4 e 7, dirette a destinatari diversi dai difensori nei procedimenti civili pendenti dinanzi ai tribunali ed alle corti di appello;

c-bis) a decorrere dal 15 dicembre 2014 per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma dell'art. 148 c.p.p., comma 2-bis, artt. 149 e 150 c.p.p. e art. 151 c.p.p., comma 2, nei procedimenti dinanzi ai tribunali e alle corti di appello;

d) a decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dei decreti di cui al comma 10 per gli uffici giudiziari diversi dai tribunali e dalle corti d'appello.

Risulta altresì che per la Corte d'Appello di Roma, presso la quale pendeva il giudizio in esame, era stato adottato decreto ministeriale del 31 gennaio 2012 (prot. R.11/2012) attestante l'idoneità dell'ufficio alle comunicazioni telematiche ai fini della trasmissione dei documenti informatici, dovendosi quindi ritenere che la previsione di cui al comma 4 fosse già operativa alla data di entrata in vigore del D.L. n. 179 del 2012 in relazione ai processi pendenti presso la Corte d'Appello di Roma, ai sensi della lettera a) del successivo comma 9.

Ne deriva che l'ordinanza del 5/11/2012 (successiva alla data di pubblicazione del menzionato decreto legge) andava quindi comunicata a mezzo posta elettronica certificata all'indirizzo del difensore delle parti ricavabile dai pubblici elenchi, dovendosi escludere la possibilità che la comunicazione potesse invece essere effettuata a mezzo fax, come invece accaduto nella specie.

Infatti, secondo l'art. 136 c.p.c., comma 3, solo se non è possibile procedere ai sensi del comma che precede (ossia, secondo il comma 2, a tenore del quale "il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, ovvero trasmesso a mezzo posta elettronica certificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici), il biglietto viene trasmesso a mezzo telefax, o è rimesso all'ufficiale giudiziario per la notifica, e gli artt. 137 c.p.c. e ss..

Pertanto, è solo in tale ultima e residuale ipotesi che può rilevare l'eventuale elezione del domicilio ovvero può procedersi alla comunicazione con modalità alternative all'uso della posta elettronica certificata, dovendosi in tal senso reputare che la nozione di domicilio digitale (per la quale si veda da ultimo Cass. n. 17048/2017) estesa anche alle notificazioni per effetto dell'introduzione ad opera del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 52, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, del menzionato D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, conv. nella L. n. 221 del 2012, sia stata anticipata per le comunicazioni di cancelleria alla data di entrata in vigore delle previsioni di cui all'art. 16 citato, secondo quanto prescritto dal comma 9.

Ne deriva che la comunicazione dell'ordinanza con la quale la Corte d'Appello disponeva l'integrazione del contraddittorio, avvenuta a mezzo fax è affetta quanto meno da nullità, non potendosi quindi addebitare alle parti l'omessa ottemperanza all'ordine impartito nel termine assegnato.

Va quindi affermato il seguente principio di diritto:

"In tema di comunicazioni di cancelleria, per i processi a cui risulta applicabile la disciplina dettata dalla L. n. 221 del 2012 di conversione del D.L. n. 179 del 2012, le comunicazioni di cancelleria devono essere eseguite esclusivamente presso l'indirizzo PEC del difensore della parte, potedosi derogare alle modalità dettate dal comma 4, dell'art. 16 della menzionata L. n. 221 (potendosi ricorrere alla trasmissione del biglietto a mezzo telefax o con rimessione all'ufficiale giudiziario per la notifica, ai sensi dell'art. 136 c.p.c., comma 3) solo ove non sia possibile effettuare la comunicazione a mezzo PEC per causa non imputabile al destinatario".

Pertanto in accoglimento del motivo proposto, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma, anche per le spese del presente giudizio.

4. L'accoglimento del primo motivo determina poi evidentemente l'assorbimento dei restanti motivi proposti (con il secondo motivo i ricorrenti deducono la omessa motivazione, con riferimento all'art. 360 c.p.c., n. 5, per non aver la corte territoriale motivato sulla necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti di A.T., non avendo spiegato a che titolo la stessa fosse litisconsorte necessaria, e per aver ritenuto erroneamente, a loro dire, che ricorresse un'ipotesi di litisconsorzio necessario; con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono della violazione e mancata applicazione dell'art. 332 c.p.c. e art. 948 c.c., per non aver la corte locale considerato che, alla data dell'ordinanza per integrazione del contraddittorio, era scaduto il termine per l'impugnazione da parte della A. e che, con riferimento alla loro domanda riconvenzionale di rivendica, non era configurabile un'ipotesi di litisconsorzio necessario di natura sostanziale nè, di conseguenza, processuale; con il quarto motivo, ma in via subordinata e per l'ipotesi in cui questa Corte avesse ritenuto possibile una decisione nel merito, lamentano la mancata valutazione, da parte della corte d'appello, dei motivi di gravame sollevati in quella sede).

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, ed assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata con rinvio a diversa sezione della Corte d'Appello di Roma, anche per le spese del presente giudizio.

La presente ordinanza è stata redatta con la collaborazione dell'Assistente di Studio, dott. Andrea Penta.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 16 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2018.