Condominio e Locazioni


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20112 - pubb. 06/07/2018

Se l’inferriata consente di affacciarsi sul fondo del vicino la finestra è una veduta

Cassazione civile, sez. II, 10 Maggio 2018, n. 11319. Est. Penta.


Luci e vedute – Finestra munita di inferriata – Possibilità di sporgere il capo e vedere in ogni direzione – Natura di veduta – Affermazione



Affinché sussista una veduta, è necessario, oltre al requisito della inspectio, anche quello della prospectio nel fondo del vicino, dovendo detta apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, vale a dire di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, così assoggettando il fondo alieno ad una visione mobile e globale, senza ricorrere all’impiego di mezzi artificiali.

Un’apertura munita di inferriata può essere considerata veduta, anziché luce, nel caso in cui abbia maglie così larghe da consentire di esporre il capo in ogni direzione ovvero non sia aderente alla superficie esterna del muro, ma se ne distacchi tanto da consentire di sporgere il capo oltre tale muro. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo - Presidente -

Dott. ORICCHIO Antonio - Consigliere -

Dott. ABETE Luigi - Consigliere -

Dott. TEDESCO Giuseppe - Consigliere -

Dott. PENTA Andrea - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 3.6.2004, C.C., Fiorenza ed Umberto convenivano dinanzi al Tribunale di Firenze M.F. e L.M.G., proprietari di un edificio confinante con una corte loro appartenente, domandando - per quanto qui ancora di interesse - che costoro fossero condannati a ridurre, nel rispetto delle dimensioni e delle altezze dal suolo prescritte dall'art. 901 c.c., le finestre con inferriata aperte sulla parete dell'edificio, in quanto aventi natura di luci e non di vedute.

Costituitisi i convenuti, il tribunale, all'esito della espletata c.t.u., accoglieva la domanda, condannandoli alla riduzione.

Proposta impugnazione, con atto di citazione notificato l'8.9.2009, da parte degli originari convenuti, la Corte d'Appello di Firenze, con pronuncia del 17.7.2014, ha riformato sul punto la sentenza, qualificando le aperture come vedute, consentendo le medesime la prospectio sul fondo in ragione della loro conformazione e del loro dimensionamento rispetto alla piccola corte, e ritenendo che le inferriate assolvessero unicamente a funzioni di sicurezza e non fossero volte ad impedire una visuale agevole sul fondo vicino.

Ha quindi respinto la domanda volta ad accertare la natura puramente lucifera della finestra in questione.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso C., F. ed C.U., sulla base di un unico motivo. M.F. e L.M.G. hanno resistito con controricorso.

In prossimità dell'udienza entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

1. Con l'unico motivo i ricorrenti, richiamandosi a diversi precedenti di questa corte, deducono la violazione degli artt. 900 e 901 c.c., assumendo che la sentenza impugnata, nel qualificare come veduta una finestra che non consente l'affaccio, si sarebbe posta in contrasto con la pacifica ed immutata interpretazione di tali norme (in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

1.1. Il motivo è fondato.

Affinchè sussista una veduta, a norma dell'art. 900 c.c., è necessario, oltre al requisito della inspectio, anche quello della prospectio nel fondo del vicino, dovendo detta apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, vale a dire di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, così assoggettando il fondo alieno ad una visione mobile e globale, senza ricorrere all'impiego di mezzi artificiali (Sez. U, Sentenza n. 10615 del 28/11/1996; conf. Sez. 2, Sentenza n. 1904 del 23/02/1998, Sez. 2, Sentenza n. 2961 del 20/03/1998, Sez. 2, Sentenza n. 2971 del 20/03/1998, Sez. 2, Sentenza n. 1409 del 19/02/1999, Sez. 2, Sentenza n. 2540 del 19/03/1999, Sez. 2, Sentenza n. 15371 del 01/12/2000, Sez. 2, Sentenza n. 480 del 17/01/2002, Sez. 2, Sentenza n. 14693 del 16/10/2002, Sez. 2, Sentenza n. 22844 del 25/10/2006, Sez. 2, Sentenza n. 8009 del 21/05/2012 e Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 346 del 10/01/2017, secondo cui il giudizio di fatto sulla possibilità di assoggettare il fondo alieno ad una visione mobile e globale è incensurabile in sede di legittimità, se non per vizi di motivazione). A partire dalla decisione a Sezioni Unite del 1996, dalla quale non vi è ragione per discostarsi, vi è un'unica pronuncia apparentemente di segno contrario, secondo cui l'elemento che caratterizza la veduta rispetto alla luce è la possibilità di avere, attraverso di essa, una visuale agevole, cioè senza l'utilizzo di mezzi artificiali, sul fondo del vicino, mentre la possibilità di affacciarsi è prevista dall'art. 900 c.c., in aggiunta a quella di guardare, sicchè, in date condizioni, la mancanza di quest'ultimo requisito non esclude la configurabilità della veduta, quando attraverso l'apertura sia comunque possibile la completa visuale sul fondo del vicino mediante la semplice inspectio (Sez. 2, Sentenza n. 22887 del 08/10/2013).

A ben vedere, peraltro, tale isolata pronuncia, per quanto richiami un orientamento che ormai deve reputarsi superato, non si discosta dall'indirizzo ormai consolidato, avendo rilevato, nel caso sottoposto al suo esame, che la finestra in questione, benchè munita di grata, consentiva la completa visibilità del fondo attiguo (terrazzo) di controparte senza alcuna necessità di sporgersi col capo, posto che il terrazzo era situato a soli 17 cm di distanza verso il basso e che il dislivello del davanzale di detta finestra, rispetto al piano di calpestio della cucina dell'attore, era di m. 1,22, il che consentiva ad una persona di altezza normale di vedere chiaramente all'esterno in tutte le prospettive possibili.

In quest'ottica, un'apertura munita di inferriata può essere considerata veduta, anzichè luce, se permetta di affacciarsi e di guardare, oltrechè di fronte, anche obliquamente o lateralmente, come nel caso in cui abbia maglie così larghe da consentire di esporre il capo in ogni direzione ovvero non sia aderente alla superficie esterna del muro, ma se ne distacchi tanto da consentire di sporgere il capo oltre tale muro (Sez. 2, Sentenza n. 7745 del 20/07/1999; conf. Sez. 2, Sentenza n. 6034 del 11/05/2000 e Sez. 2, Sentenza n. 480 del 17/01/2002, in un caso in cui, in relazione all'ampiezza delle maglie della inferriata, poteva essere in concreto stabilita la possibilità di affaccio con la possibilità di protendere il capo).

Orbene, la corte gigliata, oltre ad aver richiamato un orientamento da reputarsi ormai superato, non ha, comunque, fatto corretta applicazione degli enunciati principi.

Invero, non ponendosi in concreto il problema della possibilità effettiva di esercitare la prospectio e non verificando se le finestre, pur munite di inferriate, permettano di guardare agevolmente, oltre che in modo diretto, anche obliquamente e lateralmente, si è limitata in modo apodittico e generico ad affermare che le stesse consentono "una visione pressochè integrale del fondo (servente) del vicino", che le inferriate a bande montanti poste a protezione delle finestre sono "piuttosto distanziate tra loro e sporgenti di qualche centimetro dalla linea del muro", che le grate in ferro erano state poste alle due finestre allo scopo "di garantire la sicurezza del fondo dominante rispetto al potenziale pericolo di invasione altrui" (pag. 5 della sentenza impugnata), che, diversamente opinando, tutte le finestre munite di protezioni rischierebbero di trasformarsi in luci (pag. 6).

L'unico passaggio logico pertinente, ma anch'esso privo di connessione con la fattispecie concreta, è quello a tenore del quale una protezione allestita davanti ad una finestra non impedisce la visuale "sotto il profilo giuridico, finchè non arriva a precludere la funzione tipica della veduta, che resta quella, non soltanto di far entrare la luce, ma anche di lasciar correre all'esterno lo sguardo di chi vi si affaccia" (pagg. 5-6).

In tal guisa ragionando, la corte territoriale è incorsa nella violazione dell'art. 900 c.c., non individuando le caratteristiche fondamentali di una veduta (cfr. Cass. n. 3924/2016; n. 13217/2013; n. 8009/2012), in particolare non verificando se in concreto, nel caso di specie, sia possibile l'affaccio.

2. In definitiva, il ricorso è meritevole di accoglimento.

Ne consegue la cassazione della sentenza ed il rinvio della causa, anche ai fini delle spese processuali del presente grado di giudizio, ad altra sezione della Corte d'appello di Firenze.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente grado di giudizio, ad altra sezione della Corte d'appello di Firenze.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 16 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2018.