Diritto Tributario


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20361 - pubb. 31/08/2018

Il contributo al fondo antincendi ha natura tributaria: incostituzionale, per incoerenza sistematica, la norma di interpretazione autentica che esclude tale natura

Corte Costituzionale, 20 Luglio 2018, n. 167. Est. Coraggio.


Fondo per i servizi antincendi negli aeroporti - Contributo a carico delle società di gestione degli aeroporti - Esclusione, con norma interpretativa, della natura tributaria dell'obbligazione - Illegittimità costituzionale - Sussiste



E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 478, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) che ha escluso la natura tributaria dei contributi al fondo antincendi, con norma di interpretazione autentica. Una fattispecie deve ritenersi “di natura tributaria, indipendentemente dalla qualificazione offerta dal legislatore, laddove si riscontrino tre indefettibili requisiti: la disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una definitiva decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo; la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico; le risorse, connesse ad un presupposto economicamente rilevante e derivanti dalla suddetta decurtazione, debbono essere destinate a sovvenire pubbliche spese. Il contributo al fondo antincendi presenta tutte le caratteristiche del tributo. La disposizione censurata afferma la natura «non tributaria» dei contributi al fondo antincendi, ma tale qualificazione legislativa si risolve in una operazione meramente nominalistica, che non si accompagna alla modifica sostanziale dei ricordati elementi strutturali della fattispecie tributaria. La norma interpretativa censurata, dunque, lungi dall’esplicitare una possibile variante di senso della norma interpretata, incongruamente le attribuisce un significato non compatibile con la intrinseca ed immutata natura tributaria della prestazione, così ledendo la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico: tale lesione si traduce in una violazione del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 478, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», promosso dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, nel procedimento vertente tra la Sagat spa e altri e l’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) e altri, con ordinanza del 28 dicembre 2016, iscritta al n. 62 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti l’atto di costituzione della Sagat spa e altri, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella udienza pubblica del 3 luglio 2018 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l’avvocato Enrico Mormino per la Sagat spa e altri, e l’avvocato dello Stato Ettore Figliolia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1.− Le sezioni unite civili della Corte di cassazione hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, primo comma, 102, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione − quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 −, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 478, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)».

1.1.− Il rimettente espone in punto di fatto che:

− tredici società di gestione aeroportuale avevano impugnato la nota del 31 luglio 2009, con cui l’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) aveva richiesto il versamento delle somme, dovute in proporzione al traffico generato, destinate ad alimentare, ai sensi dell’art. 1, comma 1328, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», il fondo ivi istituito per finanziare il servizio antincendi negli aeroporti nazionali;

− tale nota era stata emessa in attuazione dell’art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, con cui il legislatore, a partire dal 2009, ha disposto che le risorse del citato fondo sono impiegate per il 40 per cento al fine dell’attuazione dei patti per il soccorso pubblico e per il 60 per cento al fine di finanziare emolumenti da destinare all’istituzione di una speciale indennità operativa per il servizio di soccorso tecnico urgente espletato all’esterno dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

− la Commissione tributaria provinciale di Roma aveva ritenuto la giurisdizione del giudice tributario e accolto il ricorso, dichiarando le società contribuenti non obbligate a corrispondere il contributo a far data dal 1° gennaio 2009, in base alla considerazione che le risorse confluite nel fondo antincendi sarebbero state inammissibilmente destinate a finalità estranee a quelle previste dalla legge che quel fondo aveva istituito;

− la Commissione tributaria regionale del Lazio, adita in sede di appello dalle amministrazioni resistenti, aveva per contro dichiarato il difetto di giurisdizione, affermando che dalle innovazioni introdotte dall’art. 39-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 29 novembre 2007, n. 222, sarebbe derivata l’attribuzione al giudice ordinario della giurisdizione sulle controversie riguardanti il pagamento delle tasse e dei diritti aeroportuali;

− avverso tale sentenza le citate società di gestione aeroportuale hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, chiedendo la declaratoria della giurisdizione del giudice tributario, avendo la prestazione patrimoniale in questione le caratteristiche proprie dei tributi;

− dodici delle tredici società ricorrenti nel giudizio principale hanno poi depositato memoria, con cui hanno eccepito l’illegittimità costituzionale dell’ulteriore modifica normativa nel frattempo intervenuta, ossia dell’art. 1, comma 478, della legge n. 208 del 2015, con cui il legislatore, interpolando il citato art. 39-bis, ha disposto che (anche) i corrispettivi a carico delle società di gestione aeroportuale relativamente ai servizi antincendi negli aeroporti, di cui all’art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 devono intendersi non avere natura tributaria.

1.2.− Ciò premesso in punto di fatto, il rimettente ritiene utile procedere ad una preliminare «individuazione dell’oggetto della controversia» e a tal fine osserva:

− l’art. 1, comma 1238, della legge n. 296 del 2006 prevede che «[a]l fine di ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti, l’addizionale sui diritti d’imbarco sugli aeromobili, di cui all’articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, è incrementata a decorrere dall’anno 2007 di 50 centesimi di euro a passeggero imbarcato. Un apposito fondo, alimentato dalle società aeroportuali in proporzione al traffico generato, concorre al medesimo fine per 30 milioni di euro annui. Con decreto del Ministero dell’interno, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti, si provvede alla ripartizione del fondo tra le unità previsionali di base del centro di responsabilità “Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile” dello stato di previsione del Ministero dell’interno»;

− il legislatore ha quindi previsto due canali di finanziamento della riduzione della spesa pubblica per il servizio antincendi negli aeroporti: l’addizionale sui diritti d’imbarco dei passeggeri e il fondo alimentato dalle società aeroportuali;

− il giudizio a quo ha ad oggetto il secondo dei due canali, ossia il pagamento, posto a carico delle società di gestione aeroportuale, dei contributi destinati ad alimentare il fondo citato;

− all’epoca della decisione della Commissione tributaria regionale l’art. 39-bis del d.l. n. 159 del 2007 concerneva, invece, soltanto il primo canale, ossia quello dell’addizionale sui diritti d’imbarco dei passeggeri, che contemplava insieme con gli altri diritti aeroportuali d’imbarco, al fine di escludere che da essi nascessero obbligazioni di natura tributaria;

− erroneamente, dunque, i giudici d’appello avevano posto tale norma a base della sentenza impugnata, ma tale errore non giova alle ricorrenti perché il giudizio della Corte di cassazione non è sull’operato del giudice, bensì sulla conformità all’ordinamento giuridico della decisione impugnata, anche in base al diritto sopravvenuto;

− nel caso di specie, con l’art. 1, comma 478, della legge n. 208 del 2015 (la disposizione indubbiata) il legislatore ha interpolato il più volte citato art. 39-bis, inserendovi il periodo «e di corrispettivi a carico delle società di gestione aeroportuale relativamente ai servizi antincendi negli aeroporti, di cui all’articolo 1, comma 1328, della legge 27 dicembre 2006, n. 296», sicché la disposizione interpolata, avente natura interpretativa, riguarda ora non solo i diritti aeroportuali ma anche i contributi al fondo antincendi.

1.3.− Le sezioni unite osservano, in punto di rilevanza, che la norma sopravvenuta, autoqualificatasi di interpretazione autentica, incide retroattivamente sull’individuazione del giudice «giurisdizionalmente competente», che diverrebbe quello ordinario in ragione dell’affermata natura non tributaria del contributo.

Il rimettente esclude, poi, che l’applicazione retroattiva della norma sia inibita, nel processo a quo, dalla formazione di giudicati esterni.

Non sarebbe utile, a tal fine, la produzione in giudizio della sentenza del 12 maggio 2014, n. 10137/51/14 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Roma (concernente, in relazione ad altro anno d’imposta, la medesima questione giuridica e relativa alle medesime parti in causa), che, previa affermazione della giurisdizione tributaria, ha accolto nel merito il ricorso in base agli stessi argomenti utilizzati dalla pronuncia di primo grado intervenuta nel giudizio a quo.

Tale sentenza, infatti, non sarebbe munita di certificato di segreteria che ne attesti il passaggio in giudicato e nel corso dell’udienza di discussione l’Avvocato dello Stato non sarebbe stato in grado di confermare che fosse effettivamente divenuta definitiva.

Neppure sarebbe utile la sentenza n. 4588 del 2013 dell’8 maggio 2013, emessa dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, per quanto corredata − essa sì − dell’attestato di cancelleria concernente la mancanza di impugnazioni.

Il TAR, infatti, avrebbe declinato la giurisdizione senza alcuna statuizione di merito in ordine alla debenza del contributo, con conseguente applicabilità del principio reiteratamente affermato delle sezioni unite civili della Corte di cassazione, secondo cui le sentenze dei giudici di merito che statuiscano sulla sola giurisdizione non sono idonee ad acquistare autorità di cosa giudicata in senso sostanziale.

1.4.− In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente ritiene, in primo luogo, che la disposizione censurata violi l’art. 3 Cost., perché il legislatore, qualificando i contributi al fondo antincendi come corrispettivi, nonostante la loro natura chiaramente tributaria, avrebbe dettato una norma (retroattiva) di interpretazione autentica, in assenza di una situazione di oggettiva incertezza del dato normativo.

Ricorrerebbero, nel caso di specie, tutti gli elementi identificativi dei tributi per come enucleati dalla giurisprudenza costituzionale e della Corte di cassazione: a) la matrice legislativa della prestazione imposta, poiché il tributo nasce direttamente in forza della legge, risultando irrilevante l’autonomia contrattuale; b) la doverosità della prestazione, che comporta un’ablazione delle somme e la loro attribuzione ad un ente pubblico, per cui i soggetti tenuti al pagamento non possono sottrarsi a tale obbligo e la legge non dà alcun rilievo, genetico o funzionale, alla volontà delle parti; c) il nesso con la spesa pubblica, nel senso che la prestazione è destinata allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno finanziario dell’ente impositore.

Infatti, l’obbligo del pagamento del contributo troverebbe la propria fonte esclusiva nel richiamato art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 e non in un rapporto sinallagmatico tra le parti, considerata anche la natura pubblica essenziale, con carattere di preminente interesse generale, del servizio antincendi; il prelievo sarebbe ancorato ad una soglia stabilita in misura fissa (trenta milioni di euro annui) e sarebbe ragguagliato ad un parametro astrattamente predeterminato, quello del «traffico generato», che ne fissa la base imponibile; la prestazione sarebbe doverosa, in quanto le società aeroportuali non hanno alcun mezzo per sottrarvisi; quanto al collegamento alla pubblica spesa, la disposizione che ha istituito il contributo sarebbe volta a ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti.

In secondo luogo, non sarebbe manifestamente infondato il dubbio di violazione dell’art. 25, primo comma, Cost., perché l’esclusione retroattiva della natura tributaria del prelievo comporterebbe la sottrazione della materia al giudice precostituito per legge, ossia quello tributario, già pronunciatosi in primo grado nel merito della questione controversa.

In terzo luogo, non sarebbe manifestamente infondato il dubbio di violazione degli artt. 24, 102, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione al parametro interposto dell’art. 6 CEDU, perché la disposizione censurata inciderebbe retroattivamente sull’affidamento delle ricorrenti, in assenza di motivi imperativi d’interesse generale, interferirebbe con la funzione giurisdizionale, sottraendo al giudice tributario controversie già instaurate e travolgendo la sentenza di primo grado di accoglimento delle ragioni delle contribuenti, e violerebbe la parità delle armi, favorendo lo Stato in controversie di cui è parte. Rammenta il rimettente che, secondo la Corte EDU, le circostanze addotte per giustificare misure retroattive incidenti su processi in corso devono essere «trattate con la massima circospezione possibile» (Corte EDU, seconda sezione, 14 febbraio 2012, Arras e altri contro Italia), di guisa che lo stato del giudizio, il grado di consolidamento dell’accertamento e la prevedibilità dell’intervento legislativo, nonché la circostanza che lo Stato sia parte della controversia, sono elementi utili ad orientare il giudizio di violazione dell’art. 6 CEDU.

Infine, secondo le sezioni unite rimettenti, «non si può escludere» che l’inevitabile dilazione dei tempi processuali, conseguente al mutamento di giurisdizione a giudizi in corso, «possa vulnerare il principio della ragionevole durata del processo» di cui all’art. 111, secondo comma, Cost.

2.− Con atto depositato nella cancelleria di questa Corte il 30 maggio 2017, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dalle sezioni unite della Corte di cassazione.

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri le argomentazioni del rimettente non sono condivisibili, poiché prima della disposizione censurata vi era una situazione di incertezza giurisprudenziale che poteva legittimare l’intervento interpretativo del legislatore.

Inoltre, la natura non tributaria della prestazione patrimoniale in questione sarebbe stata riconoscibile già alla luce dell’art. 1, comma 1238, della legge n. 296 del 2006.

Per la copertura dell’onere economico di un’attività o di un servizio pubblico il legislatore potrebbe senz’altro ricorrere a moduli estranei al regime fiscale in un’ottica più moderna di defiscalizzazione di taluni prelievi tributari e della loro sostituzione con tariffe, canoni o prezzi pubblici correlati alla fruizione del servizio, nella logica, cioè, del beneficio e della controprestazione piuttosto che della fiscalità generale (imposte) o differenziata (tasse).

Nel caso in esame, vi sarebbero elementi che depongono per la natura non tributaria della prestazione e il suo rapporto sinallagmatico rispetto al servizio antincendio: 1) quest’ultimo è assunto a gestione diretta da parte dello Stato solo negli aeroporti maggiori, inseriti nella tabella A della legge 23 dicembre 1980, n. 930 (Norme sui servizi antincendi negli aeroporti e sui servizi di supporto tecnico ed amministrativo-contabile del Corpo nazionale dei vigili del fuoco); 2) i corrispettivi sono pagati soltanto dalle società che gestiscono i citati aeroporti; 3) l’importo dovuto è ricondotto al traffico generato.

Diversamente da quanto ritenuto dalle sezioni unite, il riferimento al traffico aereo non sarebbe sintomo di capacità contributiva, ma parametro cui commisurare il costo del servizio: la portata del traffico, infatti, “impatterebbe” sull’utilizzo delle infrastrutture aeroportuali, incidendo sul potenziale rischio coperto dal servizio antincendi.

In ogni caso, la legittimità dell’intervento interpretativo andrebbe riconosciuto non solo in caso di incertezza normativa o di «anfibologie giurisprudenziali», ma anche nell’ipotesi in cui intervenga per «contrastare un orientamento giurisprudenziale favorevole», ove l’opzione ermeneutica prescelta abbia un appiglio nel testo legislativo.

Nemmeno potrebbe ravvisarsi la violazione dell’art. 6 CEDU, poiché la Corte di Strasburgo avrebbe più volte riconosciuto la legittimità di norme retroattive. Andrebbe ribadito, al riguardo, che la norma censurata: 1) ha enucleato una delle possibili opzioni ermeneutiche del testo normativo; 2) ha superato una situazione di incertezza oggettiva; 3) non ha inciso su situazioni giuridiche definitivamente acquisite, non ravvisabili in mancanza di una consolidata giurisprudenza di merito.

Neanche vi sarebbe la violazione dell’art. 111 Cost., sotto il profilo del giusto processo, poiché la norma censurata non interferirebbe con la funzione giurisdizionale, ma si limiterebbe a dettare una disciplina generale nell’interpretazione di un’altra norma.

Infine, non sarebbe ravvisabile alcuna violazione dell’art. 25, primo comma, Cost., poiché il principio del giudice naturale precostituito per legge non sarebbe violato quando il legislatore, anche incidendo sui processi in corso, modifichi i presupposti o i criteri in base ai quali individuare il giudice competente.

3.− Con memoria depositata nella cancelleria di questa Corte il 30 maggio 2017, si sono costituite dodici delle tredici società ricorrenti nel giudizio a quo, instando per l’accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal rimettente.

In punto di fatto, le parti private fanno presente, con riferimento alla questione del giudicato esterno, che, successivamente alla pubblicazione dell’ordinanza di rimessione, erano venute fortuitamente a conoscenza che in data 23 giugno 2016 si era tenuta l’udienza di trattazione dell’appello interposto dalle amministrazioni avverso la citata sentenza n. 10137/51/14 della CTP di Roma − udienza ad esse mai comunicata − e che la Commissione tributaria regionale lo aveva dichiarato inammissibile per tardività.

Era accaduto, infatti, che, a causa di un grave errore «informatico/procedurale» della segreteria della Commissione tributaria regionale, tutte le comunicazioni di cancelleria erano state fatte solo alle amministrazioni appellanti. Le società appellate, per fatti ad esse non imputabili, non avevano avuto notizia del rigetto dell’appello e quindi non avevano potuto produrre davanti al rimettente l’attestazione di passaggio in giudicato della citata sentenza; né avevano potuto replicare alle dichiarazioni rese innanzi alle sezioni unite dall’Avvocatura generale dello Stato, che aveva dichiarato di non essere in grado di fornire notizie sulla sua definitività.

Le parti private, dunque, “eccepiscono” l’efficacia esterna del giudicato in relazione sia alla natura di tributo di scopo della contribuzione al fondo antincendi sia alla giurisdizione del giudice tributario, e fanno presente che la questione sollevata dal rimettente è rilevante ai fini della decisione anche di tutti gli ulteriori contenziosi tra le parti.

Quanto alla non manifesta infondatezza, le contribuenti affermano che le amministrazioni resistenti, avendo riscontrato l’accoglimento delle domande delle società ricorrenti presso tutti i tribunali coinvolti, invece di adoperarsi per eliminare i vizi accertati, avevano sollecitato «un apposito intervento legislativo con cui imporre le proprie ragioni, in violazione del principio di cosa giudicata, per vincere d’imperio ed irrazionalmente, contro i principi costituzionali vigenti, tutti i rilevanti e numerosi procedimenti contenziosi pendenti aventi un rilevante valore economico».

Nella fase finale dei lavori parlamentari di adozione della legge di stabilità 2016 era stato infatti introdotto l’emendamento n. 27.94, al fine di sovvertire gli effetti della sentenza della CTP di Roma passata in giudicato e delle altre pronunce favorevoli alle contribuenti, e di incidere in termini risolutivi e positivi per le amministrazioni sulla sorte di tutti i procedimenti in corso.

La norma censurata − proseguono le parti private − è stata introdotta a distanza di ben nove anni dalla legge istitutiva del fondo anticendi e di otto anni dall’entrata in vigore della norma di interpretazione autentica sui diritti aeroportuali (l’art. 39-bis, comma 1, del d.l. n. 159 del 2007); essa, inoltre, nel prevedere che anche le disposizioni in materia di corrispettivi versati a copertura del fondo antincendi devono interpretarsi nel senso che dalle stesse non sorgono obbligazioni di natura tributaria, sarebbe integrativa e innovativa, non precisando il significato dell’art. 1, comma 1238, della legge n. 296 del 2006, né imponendo una delle possibili varianti di senso del testo originario, in violazione del principio di ragionevolezza.

Conclusivamente, con la disposizione censurata il legislatore avrebbe perseguito il duplice intento di: 1) attribuire retroattivamente la giurisdizione al giudice ordinario, precludendogli − stante l’irrazionale qualificazione del prelievo in termini di corrispettivo − di valutare la fattispecie sulla base del principio di capacità contributiva e dell’esistenza del rapporto commutativo (posto alla base della decisione della CTP di Roma passata in giudicato e di quella di primo grado); 2) imporre alle sole società di gestione aeroportuale (cerchia più ristretta rispetto a quella originaria delle società aeroportuali) di versare un corrispettivo sprovvisto di causa e comunque irragionevole, perché finalizzato non a remunerare servizi resi in ambito aeroportuale o alle società medesime, ma a pagare le indennità di servizio esterno e di patto di soccorso in favore anche dei vigili del fuoco che non operano in aeroporto.

4.− Con successive memorie, rispettivamente depositate il 25 maggio e l’11 giugno 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri e le parti private hanno ribadito e ulteriormente illustrato le argomentazioni sviluppate negli atti di intervento e costituzione.

 

Considerato in diritto

 

1.− Le sezioni unite civili della Corte di cassazione hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, primo comma, 102, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 –, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 478, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)».

2.− La disposizione censurata stabilisce che: «All’articolo 39-bis, comma 1, del decreto-legge 1º ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, dopo le parole: “della legge 24 dicembre 2003, n. 350,” sono inserite le seguenti: “e di corrispettivi a carico delle società di gestione aeroportuale relativamente ai servizi antincendi negli aeroporti, di cui all’articolo 1, comma 1328, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,”».

A sua volta, il richiamato art. 39-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 29 novembre 2007, n. 222, prevede che le disposizioni da esso prese in considerazione «si interpretano nel senso che dalle stesse non sorgono obbligazioni di natura tributaria».

L’art. 1, comma 1328, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2006)», infine, dispone che, «Al fine di ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti, l’addizionale sui diritti d’imbarco sugli aeromobili, di cui all’articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, è incrementata a decorrere dall’anno 2007 di 50 centesimi di euro a passeggero imbarcato. Un apposito fondo, alimentato dalle società aeroportuali in proporzione al traffico generato, concorre al medesimo fine per 30 milioni di euro annui. Con decreti del Ministero dell’interno, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti, si provvede alla ripartizione del fondo tra le unità previsionali di base del centro di responsabilità “Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile” dello stato di previsione del Ministero dell’interno».

3.− Secondo il rimettente, la disposizione censurata, violerebbe, in primo luogo, l’art. 3 Cost., perché il legislatore, con una norma di interpretazione autentica, avrebbe irragionevolmente escluso la natura tributaria dei contributi al fondo antincendi, in assenza di una situazione di incertezza del dato normativo e pur ricorrendo tutti gli elementi strutturali dei tributi, individuati, dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, nella matrice legislativa della prestazione imposta, nella sua doverosità e nel nesso con la spesa pubblica.

Essa, poi violerebbe l’art. 25, primo comma, Cost., perché l’esclusione retroattiva della natura tributaria del prelievo comporterebbe la sottrazione della materia al giudice precostituito per legge, ossia quello tributario, già pronunciatosi, in primo grado e in altri giudizi, nel merito della questione controversa.

La disposizione censurata, ancora, violerebbe gli artt. 24, 102, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione al parametro interposto dell’art. 6 CEDU, perché inciderebbe retroattivamente sull’affidamento delle ricorrenti, in assenza di motivi imperativi d’interesse generale, interferirebbe con la funzione giurisdizionale, sottraendo al giudice tributario controversie già instaurate e travolgendo la sentenza di primo grado di accoglimento delle ragioni delle contribuenti, e violerebbe la parità delle armi, favorendo lo Stato in controversie di cui è parte.

Essa, infine, violerebbe l’art. 111, secondo comma, Cost., perché «non si può escludere» che l’inevitabile dilazione dei tempi processuali, conseguente al mutamento di giurisdizione a processi in corso, «possa vulnerare il principio della ragionevole durata del processo».

4.− La censura di violazione dell’art. 3 Cost. è fondata.

4.1.− Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «una fattispecie deve ritenersi “di natura tributaria, indipendentemente dalla qualificazione offerta dal legislatore, laddove si riscontrino tre indefettibili requisiti: la disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una definitiva decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo; la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico; le risorse, connesse ad un presupposto economicamente rilevante e derivanti dalla suddetta decurtazione, debbono essere destinate a sovvenire pubbliche spese” (ex plurimis, da ultimo, sentenze n. 269 e n. 236 del 2017)» (sentenza n. 89 del 2018).

4.2.− Il contributo al fondo antincendi presenta tutte le caratteristiche del tributo.

Vi è una disciplina legale che determina una definitiva decurtazione patrimoniale a carico dei soggetti passivi, rinvenibile nell’art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 e nell’art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2.

La contribuzione è connessa a un presupposto economico, essendo ancorata e parametrata al volume del traffico aereo generato e quindi al fatturato realizzato, indice di capacità contributiva, e sussiste il nesso con la spesa pubblica, poiché, il citato art. 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 prevedeva che le somme versate dalle società aeroportuali fossero utilizzate per compensare la riduzione della spesa statale per il pagamento del servizio antincendi negli aeroporti, e il successivo art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 185 del 2008 ha destinato tali somme al pagamento di indennità salariali integrative previste in favore di tutti i vigili del fuoco (e non solo di quelli che prestano servizio negli aeroporti).

Non convincono, poi, gli argomenti addotti dall’Avvocatura generale dello Stato a sostegno della natura sinallagmatica e non tributaria del prelievo.

Il rilievo che il servizio antincendi è assunto a gestione diretta da parte dello Stato solo negli aeroporti maggiori, mentre in quelli minori graverebbe sui titolari della licenza di navigazione aerea, con la conseguenza che solo le società di gestione dei primi sono assoggettate alla contribuzione al fondo, non è idoneo a fare luce sulla natura di quest’ultima.

La circostanza che il prelievo sia proporzionato al traffico generato, poi, non è sufficiente a fare emergere una relazione sinallagmatica con il servizio antincendi, ove si consideri che la misura della contribuzione annua complessivamente gravante sulle società di gestione aeroportuale non è parametrata al costo effettivo di quel servizio reso in tutti gli aeroporti (né, conseguentemente la misura richiesta alle singole società di gestione è parametrata al servizio reso nei relativi aeroporti) e, soprattutto, che a decorrere dal 2009 i prelievi non vanno più a coprire la riduzione della spesa per il servizio antincendi, ma le integrazioni salariali di cui si è detto.

Si deve infine convenire con le parti private sull’osservazione che l’assenza di sinallagma si desume anche dalla circostanza che il contributo, nella versione originaria, era dovuto a fronte di un servizio pubblico indivisibile reso in favore non delle sole società aeroportuali, ma di tutti gli utenti degli aeroporti e, a maggior ragione, dal rilievo che esso, nella versione attuale, è dovuto per finanziare una componente salariale di soggetti che prestano un servizio pubblico in favore di tutta la collettività.

4.3.− La disposizione censurata afferma la natura «non tributaria» dei contributi al fondo antincendi, ma tale qualificazione legislativa si risolve in una operazione meramente nominalistica, che non si accompagna alla modifica sostanziale dei ricordati elementi strutturali della fattispecie tributaria.

La norma interpretativa censurata, dunque, lungi dall’esplicitare una possibile variante di senso della norma interpretata, incongruamente le attribuisce un significato non compatibile con la intrinseca ed immutata natura tributaria della prestazione, così ledendo la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico (tra le tante, sentenze n. 73 del 2017, n. 170 del 2013, n. 78 del 2012 e n. 209 del 2010).

Poiché tale lesione si traduce in una violazione del principio di ragionevolezza (sentenze n. 86 del 2017, n. 87 del 2012 e n. 335 del 2008), va dichiarata l’illegittimità costituzionale dall’art. 1, comma 478, della legge n. 208 del 2015, per contrasto con l’art. 3 Cost.

5.− Restano assorbiti gli altri profili di illegittimità costituzionale della norma censurata, prospettati in riferimento agli artt. 24, 25, primo comma, 102, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU.

 

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 478, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)».

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2018.