Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20372 - pubb. 11/01/2018

Revocabilità di garanzia per la quale sia stata iscritta ipoteca giudiziale

Cassazione civile, sez. I, 04 Aprile 2013, n. 8246. Est. Di Amato.


Poteri del giudice delegato - Credito assistito da ipoteca giudiziale - Revocabilità della garanzia - Rilievo officioso - Possibilità - Esclusione - Eccezione del curatore - Necessità



In tema di formazione dello stato passivo, ed a seguito delle riforme del 2006 e del 2007, il giudice delegato non può, rilevandone la revocabilità, escludere la garanzia di un credito per il quale sia stata iscritta ipoteca giudiziale, se non previa formulazione della corrispondente eccezione da parte del curatore, il quale, peraltro, alla stregua di quanto specificamente sancito dall'art. 99, settimo comma, legge fall., può proporre nel successivo giudizio di opposizione quelle eccezioni che non abbia sollevato in sede di verifica. (Cosi statuendo, la S.C. ha confermato, sul punto, il provvedimento impugnato, rilevando che il curatore, costituendosi nel giudizio di opposizione, aveva sostenuto che la rettifica dello stato passivo era derivata da una sua eccezione di revocabilità della garanzia ipotecaria invocata dal creditore, ancorché non risultante dalla statuizione del giudice delegato). (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato - Presidente -

Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere -

Dott. DI AMATO Sergio - rel. Consigliere -

Dott. BERNABAI Renato - Consigliere -

Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

Sentenza

Svolgimento del processo

Con decreto del 26 ottobre 2010 il Tribunale di Massa accoglieva parzialmente l'opposizione allo stato passivo proposta dalla s.r.l.

L. Pietro e figli, la quale aveva lamentato che il giudice delegato al fallimento della s.p.a. I.O.S.; a) aveva ammesso al passivo il suo credito di Euro 137.210,66 in via chirografaria, anzichè in via ipotecaria, sul rilievo che l'ipoteca giudiziale era stata iscritta nei sei mesi anteriori alla domanda di ammissione alla procedura di concordato che aveva preceduto il fallimento; b) aveva escluso dal passivo, per la stessa ragione, le spese della iscrizione ipotecaria e gli interessi maturati dopo l'inizio della procedura di concordato. In particolare, il Tribunale osservava che: 1) la mancata produzione del provvedimento impugnato non determinava l'improcedibilità dell'opposizione, in quanto il giudice aveva comunque facoltà di esaminare gli atti; 2) la nuova formulazione della L. Fall., art. 95, non faceva venire meno i poteri officiosi del giudice delegato per assicurare il rispetto dei principi di legalità e di tassatività dei privilegi; 3) le spese di iscrizione dell'ipoteca erano opponibili ai creditori in quanto effettuate in data anteriore all'inizio della procedura di concordato; 4) sussisteva il presupposto della estensione agli interessi del privilegio ex art. 2855 c.c. poichè nella nota di iscrizione ipotecaria era indicato un importo approssimativamente pari al doppio del capitale.

La s.r.l. L. Pietro e figli propone ricorso per cassazione, deducendo un motivo. Il fallimento della s.p.a. I.O.S. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato a quattro motivi, al quale la s.r.l. L. Pietro e figli resiste con controricorso, illustrando le proprie ragioni anche con memoria.

 

Motivi della decisione

Con l'unico motivo del ricorso principale la s.r.l. L. Pietro e figli lamenta l'errore in cui sarebbe caduto il Tribunale nel ritenere che al giudice delegato fosse consentito, dopo la riforma della legge fallimentare, sollevare d'ufficio una eccezione revocatoria e rettificare conseguentemente il progetto di stato passivo predisposto dal curatore.

Come sostenuto dal ricorrente, dopo la riforma del 2006 il giudice delegato ha perso i poteri inquisitori che gli permettevano di opporre le eccezioni non rilevabili d'ufficio. Invero, da un lato, la L. Fall., art. 95, comma 1, nel testo dettato dal D.Lgs. n. 5 del 2006, prevede che il curatore può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonchè l'inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione; d'altro canto, tale disposizione, malgrado l'uso del termine "può", deve essere letta come descrittiva non di una facoltà ma di un onere del curatore poichè lo stesso art. 95, comma 3 prevede che il giudice delegato . . . decide su ciascuna domanda, nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d'ufficio ed a quelle formulate dagli altri interessati, non consentendo pertanto al giudice delegato di sollevare quelle eccezioni non rilevabili d'ufficio che non siano state sollevate dal creditore o dal curatore.

Nessun dubbio può sussistere, poi, sulla natura di eccezione in senso stretto dell'eccezione fondata sulla revocabilità di un atto.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell'eccezione corrisponde all'esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare (Cass. s.u. 27 luglio 2005, n. 15661), come appunto nel caso dell'esercizio dell'azione revocatoria. Si deve, pertanto, concludere che il giudice delegato non può escludere, a motivo della sua revocabilità, la garanzia di un credito per il quale è stata iscritta ipoteca giudiziale, se la relativa eccezione non è stata formulata dal curatore.

Tale principio, tuttavia, deve essere coordinato con la disciplina delle eccezioni nel successivo giudizio di opposizione. LA L. Fall., art. 99, nel testo novellato dapprima dal D.Lgs. n. 5 del 2006, e successivamente dal D.Lgs. n. 169 del 2007, configura il giudizio di opposizione allo stato passivo in senso inequivocabilmente impugnatorio e quindi non ammette nè domande nuove da parte dell'opponente (Cass. 8 giugno 2012, n. 9341; Cass. 22 marzo 2010, n. 6900) nè domande riconvenzionali del curatore, non previste dal comma 5 della disposizione. Il reclamo avverso lo stato passivo del fallimento non è, tuttavia, un giudizio d'appello (Cass. 25 febbraio 2011 n. 4708; Cass. ord. 22 febbraio 2012 n. 2677) poichè mira a rimuovere un provvedimento emesso sulla base di una cognizione sommaria ed all'esito di un procedimento che non prevede la formalizzazione della posizione del curatore come parte processuale contrapposta al creditore. Il procedimento di verifica, infatti, seppure teso ad assicurare il contraddittorio sostanziale tra le parti, con la previsione di un giudice terzo che pronunzia sulla domanda di ammissione al passivo, sulle conclusioni del curatore e sulle eventuali osservazioni del creditore, non prevede la formale costituzione del curatore a mezzo di difensore tecnico, mentre quella del creditore è soltanto eventuale. Si deve, pertanto ritenere che la disciplina applicabile al giudizio di opposizione in tema di eccezioni proponibili deve essere ricercata nello stesso art. 99 cit.

Questa disposizione indica, nel comma 7, il contenuto che deve avere - a pena di decadenza - la memoria difensiva di costituzione della parte resistente, e fa menzione, tra l'altro, delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili di ufficio, senza porre altre limitazioni (Cass. 11 dicembre 2012, n. 22765; Cass. 4 giugno 2012, n. 8929; Cass. 25 febbraio 2011, n. 4708; Cass. n. 6900/2010 cit., tutte con riferimento all'inapplicabilità dei limiti previsti dall'art. 345 c.p.c. in tema di eccezioni e documenti nuovi). Si deve, pertanto, concludere che il curatore nel giudizio di opposizione allo stato passivo può proporre quelle eccezioni che non ha proposto in sede di verificazione del passivo. Ciò è quanto è accaduto nella specie, considerato che il curatore, come riferito dallo stesso ricorrente, si è costituito assumendo addirittura che la rettifica dello stato passivo fosse conseguita alla sua eccezione di revocabilità dell'ipoteca, ancorchè non risultante dal provvedimento del giudice delegato.

Il motivo deve essere, pertanto, respinto.

Con il primo motivo del ricorso incidentale il fallimento deduce la violazione della L. Fall., art. 98, e dell'art. 347 c.p.p., lamentando che il Tribunale aveva erroneamente rigettato l'eccezione di improcedibilità dell'opposizione per la mancata produzione di copia autentica del provvedimento impugnato.

Il motivo è infondato. Come si è chiarito nell'esame del ricorso principale, l'opposizione allo stato passivo pur avendo natura impugnatoria non può essere qualificata come un appello;

conseguentemente non si applica il disposto dell'art. 347 c.p.c., comma 2, ma la L. Fall., art. 99, che nel disciplinare il contenuto del ricorso non fa riferimento all'obbligatoria allegazione di copia del provvedimento impugnato (Cass. 22 febbraio 2012, n. 2677; Cass. 4 maggio 2012, n. 6804).

Con il secondo motivo il fallimento deduce la violazione degli artt. 2846 e 2855 c.c. nonchè il vizio di motivazione, lamentando che il Tribunale, dopo avere escluso la collocazione in via ipotecaria del credito, aveva contraddittoriamente ritenuto opponibili al fallimento le spese di iscrizione ipotecaria e le aveva collocate in privilegio.

Il motivo è fondato. Invero, l'atto costitutivo di ipoteca giudiziale, il quale sia revocabile L. Fall., ex art. 67, n. 4, è inopponibile alla massa non soltanto per quanto concerne l'effetto della prelazione ipotecaria, ma anche quando esso sia invocato a fondamento del credito di rimborso delle spese di iscrizione (Cass. 17 giugno 1994, n. 5875). Naturalmente non si discute dell'esistenza di un valido titolo nei confronti del soggetto fallito, ma della opponibilità di tale titolo alla massa dei creditori; pertanto, una volta revocata in via di eccezione l'iscrizione ipotecaria, la stessa è totalmente inefficace, non soltanto per la collocazione del credito in via di prelazione, ma anche per il riconoscimento di un credito per le spese, sia pure in ipotesi solo in via chirografaria.

Con il terzo motivo il fallimento deduce il vizio di motivazione lamentando la contraddittorietà della motivazione, che riconosceva al creditore la collocazione degli interessi in via ipotecaria, con il dispositivo che riconosceva gli interessi in via chirografaria, senza dare atto, in ogni caso, della sospensione degli interessi ai sensi della L. Fall., art. 55.

Il motivo è fondato. La ritenuta revocabilità dell'iscrizione dell'ipoteca giudiziale comporta, infatti, l'inapplicabilità delle disposizioni dettate dall'art. 2855 e l'applicabilità, per converso, della disciplina dettata dalla L. Fall., art. 55, con conseguente sospensione del corso degli interessi.

Con il quarto motivo il fallimento lamenta che il Tribunale non si sia pronunziato sulla difesa della curatela la quale aveva sostenuto di avere sollevato, nell'udienza di formazione del passivo, l'eccezione sulla revocabilità dell'ipoteca iscritta dalla s.r.l.

L. Pietro e figli.

Il motivo, formulato in via autonoma e non condizionata, è inammissibile per carenza di interesse poichè il Tribunale ha, comunque, ritenuto che l'eccezione revocatoria era stata validamente proposta in sede di reclamo.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte, cassata sul punto la sentenza impugnata, può pronunziare nel merito rigettando integralmente l'opposizione.

Le spese di lite, comprese quelle del giudizio di merito, seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara inammissibile il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al secondo ed al terzo motivo del ricorso incidentale e decidendo nel merito rigetta integralmente l'opposizione allo stato passivo del fallimento della s.p.a. I.O.S., proposto dalla s.r.l. L. Pietro e figli; condanna la ricorrente principale al rimborso in favore del fallimento delle spese di lite liquidate, quanto al giudizio di merito, in Euro 4.850,00=, di cui 3.000,00 per onorari e 1.500,00 per diritti, oltre spese generali, IVA e C.P. e quanto al giudizio di cassazione in Euro 6.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CP.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 marzo 2013.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2013.