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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20533 - pubb. 27/09/2018.

Nullità della fideiussione con clausole frutto di intese restrittive della concorrenza e competenza del tribunale delle imprese


Tribunale di Rovigo, 19 Giugno 2018. Est. Martinelli.

Fideiussione – Clausole frutto di intese restrittive della concorrenza – Nullità – Fatto estintivo o modificativo sopravvenuto – Esclusione

Fideiussione – Clausole frutto di intese restrittive della concorrenza – Nullità – Competenza della sezione specializzata in materia di impresa


Il recente intervento della Corte di Cassazione in relazione ai contratti di fideiussione contenenti clausole frutto di intese restrittive della concorrenza (e, conseguentemente, invalidi per violazione della l. 287 del 1990) non costituisce un fatto estintivo o modificativo sopravvenuto alla formazione del titolo esecutivo giudiziale che possa essere dedotto a sostegno della opposizione all’esecuzione, in quanto il citato intervento della Corte ha valenza meramente ricognitiva del principio di diritto ivi statuito. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

La questione della nullità del contratto di fideiussione contenente clausole frutto di intese restrittive della concorrenza in violazione della l. 287 del 1990 è di competenza della sezione specializzata in materia di impresa. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

 

TRIBUNALE ORDINARIO di ROVIGO

Il Giudice dott. Mauro Martinelli,

a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 12 giugno 2018,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

In data 8 maggio 2018, i debitori esecutati A. M. e L. F. hanno proposto opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., promossa nei loro confronti da Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., con istanza di sospensione inaudita altera parte limitatamente al lotto n. 1, in ragione della nullità (totale o parziale) delle fideiussioni da loro prestate.

Nello specifico, gli opponenti esponevano di aver subito un pignoramento immobiliare sulla base di un contratto di mutuo fondiario – stipulato con la banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. in data 2 marzo 2011 dalla ditta F. Andrea, oggi fallita – e di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (n. 933/2015 D.I. – n. 2089/2015 R.G., emesso dal Tribunale di Rovigo in data 3 agosto 2015 e notificato il 25 agosto 2015) e successivo atto di precetto, con conseguenti iscrizioni ipotecarie su diversi immobili, in forza di una fideiussione prestata in data 4 luglio 2007 a garanzia delle obbligazioni assunte dalla ditta F. Andrea con la banca creditrice.

Gli esecutati precisavano che, a seguito di istanza di riduzione del pignoramento, il G.E. aveva disposto la vendita dei soli lotti 2, 3 e 4, mentre con riferimento al lotto n. 1 l’emissione dell’ordinanza di vendita era stata subordinata alla verifica che l’eventuale ricavato della vendita degli altri lotti non fosse sufficiente al pagamento integrale dei crediti e delle spese di procedura.

I motivi di opposizione riguardano, in primo luogo, l’asserita nullità (totale o parziale) del contratto di fideiussione per violazione dell’art. 2 della Legge n. 287 del 1990 (norme per la tutela della concorrenza e del mercato), con particolare riferimento alla clausola del contratto di fideiussione – basato su di un modello elaborato dall’ABI - che prevede la deroga all’art. 1957 c.c. e alle cd. clausole di reviviscenza e sopravvenienza. La nullità delle clausole, secondo la prospettazione degli opponenti, si ricaverebbe da quanto statuito dalla Banca d’Italia quale Autorità garante della concorrenza tra istituti di credito nel parere n. 55 del 2 maggio 2005 e recentemente ribadito dalla Suprema Corte (cfr. Cass. 29810/2017). In secondo luogo gli opponenti rappresentano che, essendo pendente l’opposizione al decreto ingiuntivo – emesso immediatamente esecutivo dal Tribunale di Rovigo – il credito della Banca non sarebbe certo ma contestato, in violazione dell’art. 474 c.p.c.; infine evidenziavano che nel contratto di mutuo fondiario in forza del quale la banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. era intervenuta nell’esecuzione erano stati pattuiti interessi usurari.

In data 7 giugno 2018 la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., ha depositato memoria difensiva eccependo:

a.      preliminarmente, l’inammissibilità dell’opposizione in quanto, posto che l’esecuzione è fondata su di un titolo giudiziale, il debitore non potrebbe sollevare eccezioni inerenti a fatti estintivi o impeditivi anteriori al predetto titolo;

b.      in via preliminare, l’incompetenza funzionale del Tribunale di Rovigo a favore del Tribunale di Venezia, Sezione specializzata in materia di Impresa, avendo l’opposizione ad oggetto la asserita nullità del titolo azionato per violazione del diritto della concorrenza, come previsto dall’art. 33 della l. 287/1990;

c.      nel merito la inconfigurabilità della nullità dell’intero contratto ma, al più, la nullità parziale delle singole clausole anticoncorrenziali;

d.      l’infondatezza delle eccezioni avversarie posto che l’art. 474 c.p.c. non impedisce di agire sulla base di un titolo esecutivo oggetto di contestazione da parte del debitore;

e.      l’irrilevanza in sede di opposizione di ogni contestazione circa il quantum debeatur.

* * *

Preliminarmente si rammenta che, per giurisprudenza costante e uniforme, con l'opposizione avverso l'esecuzione fondata su titolo giudiziale – ivi compreso il decreto ingiuntivo – il debitore non può sollevare eccezioni inerenti a fatti estintivi od impeditivi anteriori a quel titolo, i quali sono deducibili esclusivamente nel procedimento preordinato alla formazione del titolo medesimo, ovverosia, nel caso di specie, l’opposizione al decreto ingiuntivo (Cass., n. 27159/2006: “attraverso l'opposizione all'esecuzione instaurata sulla base di una sentenza o di un provvedimento giudiziale esecutivo, non possono essere fatti valere motivi di merito inerenti a fatti anteriori alla formazione della sentenza o del provvedimento giudiziale esecutivo e l'eventuale contemporanea pendenza del giudizio cognitivo impone che ogni vizio di formazione del provvedimento sia fatto valere in quella sede, ed esclude la possibilità che il giudice dell'opposizione sia chiamato a conoscere degli stessi vizi già dedotti o che avrebbero potuto essere dedotti davanti al giudice della cognizione”; in senso conforme: cfr. Cass. n. 8331/2001; Cass. n. 12664/2000).

Ciò doverosamente premesso, si evidenzia che il recente intervento della Corte di Cassazione in relazione ai contratti di fideiussione contenenti clausole frutto di intese restrittive della concorrenza (e, conseguentemente, invalidi per violazione della l. 287 del 1990) non può certamente costituire un “fatto estintivo o modificativo sopravvenuto”, in quanto l’intervento ha valenza meramente ricognitiva del principio di diritto ivi statuito. Il richiamato provvedimento della Banca d’Italia, peraltro, risale al 2005 e fa riferimento alla cd. legge antitrust del 10 ottobre 1990 (ed è la stessa pronuncia citata dagli opponenti ad evidenziare che ciò che rileva è il momento in cui si è perfezionata l’intesa anticoncorrenziale, tanto che potrebbe sussistere la nullità anche con riferimento a contratti stipulati anteriormente al 2005).

L’opposizione non è, dunque, basata su alcun fatto sopravvenuto alla formazione del titolo giudiziale.

L’eventuale nullità (totale o parziale) del contratto di fideiussione doveva essere sollevata dagli odierni opponenti (o rilevata d’ufficio), esclusivamente nel giudizio di opposizione a D.I.

In ogni caso, secondo quanto correttamente prospettato dal creditore opposto, sussiste una competenza funzionale della Corte d’Appello di Venezia ai sensi dell’art. 33, comma II, della l. 287/1990, il quale prevede che: “le azioni di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV sono promossi davanti al tribunale competente per territorio presso cui e' istituita la sezione specializzata di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 26 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni”.

L’art. 1 del citato decreto prescrive, infatti, che: “sono istituite presso i tribunali e le corti d'appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato né incrementi di dotazioni organiche”; circostanza che induce a ritenere – impregiudicata ogni opportuna valutazione del giudice della opposizione a decreto ingiuntivo – che gli opponenti avrebbero potuto (o potrebbero, qualora il giudice ritenesse l’eccezione formulabile allo stato del giudizio ovvero rilevabile d’ufficio) richiedere la sospensione del giudizio di esecuzione ex art. 295 c.p.c.

Inconferente risulta, infine, il richiamo all’art. 474 c.p.c. e alla certezza del diritto azionato con riferimento alla pendenza del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Il decreto ingiuntivo emesso provvisoriamente esecutivo costituisce pacificamente titolo idoneo alla proposizione dell’esecuzione forzata, anche qualora sia stato oggetto di opposizione. Graverà poi sul creditore procedente che abbia deciso di iniziare l’esecuzione sulla base di un titolo non ancora definitivo, in caso di accoglimento dell’opposizione, il rischio dell’eventuale revoca del decreto. Nell’ipotesi di sopravvenuta inefficacia del titolo, infatti, l’esecuzione non potrà proseguire, a meno che non vi sia dato ulteriore impulso dagli eventuali creditori intervenuti e titolati.

Priva dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora risulta l’allegazione della presenza di tassi usurari nel contratto di mutuo fondiario a garanzia del quale era stata stipulata dai debitori opponenti la fideiussione. Parte opposta ha formulato sul punto una contestazione assolutamente generica che non consente, allo stato, di valutarne neppure sommariamente la fondatezza. L’eventuale presenza di tassi usurari, inoltre, inciderebbe solo sul quantum debeatur e, pertanto, non potrebbe in ogni caso impedire la prosecuzione dell’esecuzione forzata (fondata sul capitale dovuto).

Conseguentemente l’opposizione va rigettata.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo (ai minimi tabellari).

 

P. Q. M.

A) Rigetta l’opposizione;

B) Condanna A. M. e L. F. al pagamento delle spese di lite sostenute dalla “Monte dei Paschi di Siena s.p.a.”, che liquida in € 4.522,00 oltre 15% per le spese generali, 4% C.P.A. ed I.V.A. (se dovuta) come per legge;

C) Assegna termine di giorni novanta per la introduzione del giudizio di merito nelle forme rituali.

Rovigo, 19 giugno 2018

Si comunichi a cura della Cancelleria.

Il Giudice

Dr. Mauro Martinelli

Provvedimento redatto con l’ausilio del dr. Stefano Sartori in tirocinio.