Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20583 - pubb. 09/10/2018

Affitto endoconcorsuale, diritto di prelazione e offerte migliorative

Cassazione civile, sez. I, 11 Aprile 2018, n. 9017. Est. Pazzi.


Fallimento – Affitto endoconcorsuale – Diritto di prelazione – Procedimento di vendita – Posizione del prelazionario – Offerta migliorativa in aumento



Il prelazionario - nel senso espressamente previsto dal secondo periodo della L. Fall., art. 104-bis, comma 5 - una volta esaurito il procedimento di determinazione del prezzo di vendita (nel caso di specie tramite l'aggiudicazione) ha diritto di ricevere la denuntiatio delle condizioni di vendita e di scegliere se aderire o meno alle stesse.

Il positivo esercizio del diritto di prelazione comporta una sostituzione dell'aggiudicatario con il prelazionario nella medesima posizione nell'ambito dello schema della vendita forzata codicistica, senza che si possano scindere gli effetti favorevoli di tale sua posizione, quale l'aspettativa al trasferimento del bene, da quelli sfavorevoli, tra cui anche l'eventualità che un terzo presenti un'offerta in aumento.

Il prelazionario, conseguita la preferenza a parità di condizioni che gli era stata promessa, rimane poi esposto alla naturale evoluzione della procedura di vendita prescelta e dunque alla possibile apertura della fase dell'aumento a mezzo di offerte presentate secondo le modalità previste dall'art. 584 c.p.c. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio - Presidente -

Dott. FERRO Massimo - Consigliere -

Dott. TERRUSI Francesco - Consigliere -

Dott. PAZZI Alberto - rel. Consigliere -

Dott. FICHERA Giuseppe - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

 

Svolgimento del processo

1. Con decreto del 12 maggio 2016 il Tribunale di Napoli ha rigettato i reclami presentati L. Fall., ex art. 26, da New F. RR s.r.l., società affittuaria del compendio aziendale rientrante nell'attivo del fallimento di (*) s.a.s. e titolare del diritto di prelazione sulla vendita dell'immobile ove era ubicato il ramo d'azienda, diritto a lei convenzionalmente concesso ai sensi della L. Fall., art. 104-bis, comma 5, avverso i provvedimenti emessi dal Giudice delegato in data 24 e 10 novembre 2015; il G.D. con il primo di tali decreti aveva autorizzato il curatore, a seguito dell'esercizio del diritto di prelazione da parte di New F. RR s.r.l. e dell'offerta d'acquisto migliorativa presentata dall'aggiudicataria Re. 2000 s.r.l., a indire una nuova gara ristretta alle due compagini partendo dalla nuova base d'asta costituita dall'ultimo prezzo offerto in aumento rispetto a quello di aggiudicazione previsto all'esito della gara aperta, mentre con il secondo aveva autorizzato la sospensione della vendita in corso a seguito dell'istanza del curatore con cui lo stesso prendeva atto della proposta migliorativa pervenuta dall'aggiudicataria ritenendo sussistenti i presupposti di cui alla L. Fall., art. 107, comma 4.

Il Tribunale, nell'assumere tale decisione, dava atto che il G.D. al fallimento di (*) s.a.s. aveva emesso ordinanza di vendita dello stabilimento industriale di proprietà della fallita delegando le operazioni di vendita a un notaio.

A seguito del quinto tentativo di vendita il complesso aziendale era stato provvisoriamente aggiudicato a Re. 2000 s.r.l. al prezzo offerto di Euro 440.000.

New F. RR s.r.l., una volta ricevuta la denuntiatio da parte del curatore, aveva esercitato la prelazione convenzionalmente concessale manifestando la propria volontà con raccomandata del 26 ottobre 2015; il notaio delegato, preso atto di tale volontà, con comunicazione del 4 novembre 2015 aveva invitato la prelazionaria a versare quanto dovuto a titolo di cauzione, spese e residuo prezzo, ricevendo dalla stessa, il successivo 9 novembre, tutti gli importi richiesti.

In data 4 novembre 2015 era però pervenuta alla curatela un'offerta di acquisto irrevocabile e migliorativa da parte dell'aggiudicataria Re. 2000 s.r.l. per la somma di Euro 700.000, a seguito della quale l'offerente aveva versato la differenza fra il nuovo prezzo offerto e la cauzione già depositata.

A fronte di questa offerta il curatore, preso atto del carattere fortemente migliorativo della stessa e rilevata la sussistenza dei presupposti previsti dalla L. Fall., art. 107, comma 4, aveva manifestato l'intenzione di e chiesto l'autorizzazione a sospendere la vendita in corso e a comunicare la nuova offerta a New F. RR s.r.l. per l'eventuale nuovo esercizio della prelazione, venendo a ciò autorizzata con il provvedimento reclamato del 10 novembre 2011.

La sola Re. 2000 s.r.l. era infine intervenuta alla gara ristretta tenutasi il 12 gennaio 2016, dove era stata dichiarata aggiudicataria provvisoria per il prezzo offerto di Euro 700.000.

2. Ha proposto ricorso per cassazione contro tale pronuncia New F. RR s.r.l. allo scopo di far valere cinque motivi di impugnazione.

Hanno resistito con controricorso il fallimento di (*) s.a.s. e Re. 2000 s.r.l..

La società ricorrente e il fallimento di (*) s.a.s. hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c..

 

Motivi della decisione

3. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell'art. 111 Cost., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per mancanza nel provvedimento impugnato del minimo motivazionale costituzionalmente garantito, in presenza di una motivazione meramente apparente o perplessa.

In tesi di parte ricorrente il decreto impugnato avrebbe offerto una motivazione solamente apparente, poichè nel compiere ed illustrare la propria attività di scienza il Tribunale non aveva fatto alcun riferimento allo svolgimento del processo nè aveva individuato i motivi posti a sostegno dei due reclami, dato che aveva omesso di illustrare il primo motivo di ciascun reclamo, aveva individuato il motivo subordinato in modo non corrispondente alla prospettazione del reclamante, era andato alla minuziosa ricerca di atti di nessun significato e funzionali al proprio progetto decisionale e aveva trascurato fatti oggettivi di assoluto rilievo per la sussunzione delle vicende in esame nella fattispecie legale; l'attività di giudizio era poi stata svolta, al fine di escludere che il soggetto che aveva esercitato la prelazione si fosse sostituito nella posizione negoziale dell'acquirente e fosse divenuto proprietario per effetto dello scambio dei consensi, tramite l'illustrazione di considerazioni che non trovavano conforto alcuno in disposizione di legge o massime giurisprudenziali. Analogo vizio affliggeva la motivazione con cui era stato rigettato il terzo motivo di reclamo, poichè il Tribunale, nello svolgere l'attività di scienza, aveva pretermesso la ragione fondamentale posta a base della doglianza e aveva ricostruito a suo piacimento i fatti di causa e, nel compiere l'attività di giudizio, non aveva trovato alcun sostegno normativo al progettato rigetto.

Infine l'affermazione secondo cui sussistevano i presupposti di cui alla L. Fall., art. 107, comma 4, costituiva - a dire della ricorrente - una motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, dato che in precedenza il collegio del reclamo aveva fatto costante riferimento alla sussistenza dei poteri riconosciuti al G.D. dalla L. Fall., art. 108.

Il secondo mezzo di impugnazione lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell'art. 112 c.p.c., a causa dell'omessa pronuncia sul primo motivo di entrambi i reclami.

Tali atti di gravame presentati denunciavano, in primo luogo, la mancanza assoluta di potere del G.D. ad assumere i provvedimenti impugnati e lamentavano poi, con il secondo motivo di gravame, la violazione del diritto di proprietà sui beni del fallimento acquisiti con la conclusione del contratto di vendita; ciò nonostante il Tribunale aveva mal interpretato i motivi di doglianza omettendo in seguito di valutare la totale assenza di potere denunciata.

Con il terzo motivo la sentenza impugnata è censurata ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per la violazione dell'art. 112 c.p.c., in ragione dell'omessa pronuncia sul terzo motivo illustrato all'interno di entrambi i reclami, con cui si era sostenuto che i provvedimenti erano stati presi al di fuori del perimetro normativo previsto dalla L. Fall., artt. 107 e 108.

Il quarto motivo di ricorso adduce la violazione della L. Fall., artt. 104-bis, 104-ter, 105 e 108, artt. 1321, 1326, 1372 e 1376 c.c., artt. 101 e 102 Cost. e art. 113 c.p.c., in conseguenza dell'affermazione del principio secondo cui l'esercizio del diritto di prelazione non può avvenire al di fuori della procedura di vendita fallimentare.

Il Tribunale, nonostante avesse ammesso che secondo il diritto comune si era perfezionata una vendita tra la curatela del fallimento e la prelazionaria per effetto della denuntiatio del curatore e l'accettazione di tale proposta, si era abbandonato ad argomentazioni non pertinenti e inidonee a fondare la decisione assunta, dato che: 1) la più recente formulazione della L. Fall., art. 104-bis, comma 5, era stata adottata proprio per risolvere il problema dell'adeguamento del meccanismo proprio della concessione del diritto di prelazione con i fini delle vendite coattive, volti al conseguimento del massimo risultato nell'interesse dei creditori; 2) il contratto di vendita dell'immobile si era concluso, ai sensi dell'art. 1376 c.c., nel momento in cui il curatore aveva conosciuto l'accettazione del prelazionario; 3) il riferimento alla L. Fall., art. 108, comma 2, era improprio, poichè tale norma prevede un potere di purgazione da esercitarsi a vendita già avvenuta; 4) la vendita conclusa in applicazione di una regola di diritto privato e in coerenza con le modifiche dell'originario programma di liquidazione non poteva certo essere conclusa con l'emissione di un decreto di trasferimento; 5) il collegio non aveva tenuto conto del contenuto della lettera indirizzata dal notaio, chiaramente incaricato di svolgere un trasferimento pattizio tramite la redazione di un contratto di vendita, a New F. RR s.r.l., valorizzando invece un refuso, costituito dal riferimento all'art. 587 c.p.c., per escludere l'esistenza di un rapporto convenzionale regolato dalle norme sui contratti.

Con il quinto motivo il ricorrente critica, per violazione della L. Fall., artt. 107 e 108, le ragioni addotte nel provvedimento reclamato per ritenere infondato il terzo motivo illustrato in entrambi i reclami; il Tribunale, nel riconoscere la sussistenza dei presupposti di cui alla L. Fall., art. 107, aveva all'evidenza erroneamente affermato che il G.D. aveva a ragione preso un provvedimento che tale norma riserva alla competenza del curatore.

4. Il primo motivo di ricorso è infondato.

La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (Sez. U, Sentenza n. 8053/2014).

In particolare il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un'approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Sez. 6-5, n. 9105/2017; Sez. 5, n. 9113/2012). Più in particolare al fine di non incorrere nella motivazione apparente, equiparabile a difetto assoluto di motivazione, il contenuto della motivazione deve comprendere sia il racconto del processo dinamico di formazione dell'atteggiamento psicologico del giudicante espresso nella decisione assunta, sia il racconto del risultato del passaggio logico dall'ignoranza, quale iniziale posizione statica, alla conoscenza sotto la specie del giudizio, quale posizione statica finale di approdo a seguito dell'attività di acquisizione della conoscenza intorno all'oggetto (cfr. Cass. 1450/2009).

Nello spiegare questi argomenti il giudice del merito deve compiere ed illustrare due distinte attività nel processo di formazione del proprio convincimento enunciando in modo esaustivo l'iter logico giuridico che conduce alla decisione adottata: un'attività di scienza, intesa quale conoscenza dei fatti e delle circostanze della causa, e un'attività di giudizio, manifestando il ragionamento e la valutazione dei fatti prospettati dalle parti, nonchè l'idoneità od inidoneità dei medesimi a fungere da elementi a sostegno della corretta risoluzione della controversia dedotta in giudizio (cfr. Cass. n. 9577/2013).

E' perciò possibile ravvisare una motivazione apparente nel caso in cui le argomentazioni del giudice di merito siano del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentano l'identificazione dell'iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo risolvendosi in espressioni assolutamente generiche e prive di qualsiasi riferimento ai motivi del contendere, tali da non consentire di comprendere la ratio decidendi seguita dal giudice.

Un simile vizio - da apprezzare qui non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell'esistenza di una motivazione effettiva - è, all'evidenza, insussistente.

Il Tribunale infatti, dopo aver dato conto analiticamente dell'evoluzione della vicenda rimessa alla sua valutazione, del contenuto dei provvedimenti adottati e delle doglianze presentate dalla reclamante, ha compiutamente illustrato le ragioni giuridiche poste a base della soluzione adottata, spiegando nella sostanza come gli assunti della società titolare di un diritto di prelazione non giustificassero l'accoglimento del gravame in ragione dell'esercizio di tale diritto nell'ambito di un procedimento di vendita regolato - ai sensi della L. Fall., art. 107, comma 2 e come risultava indicato sia nel programma di liquidazione, sia nel provvedimento autorizzativo dell'esperimento del quinto tentativo di vendita - secondo le modalità previste dal codice di rito, con delega delle operazioni a un professionista ex art. 591-bis c.p.c..

5. Il secondo e il terzo motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in ragione della coincidente natura delle doglianze sollevate, sono infondati.

Con tali censure il ricorrente lamenta l'omessa pronuncia sul primo motivo di gravame illustrato in entrambi i reclami presentati, con il quale si lamentava la mancanza assoluta in capo al G.D. del potere di sospendere la vendita già conclusa in via convenzionale, e sul terzo motivo di doglianza, con cui era stata denunciata la violazione della L. Fall., artt. 107 e 108.

Al riguardo occorre considerare che il vizio di omessa pronuncia va escluso ove, come nel caso di specie, ricorrano gli estremi di una reiezione implicita o di un suo assorbimento in altre statuizioni (Sez. 3, n. 264/2006).

Il Tribunale, nel momento in cui ha ritenuto che la vendita fosse stata disposta in conformità con le modalità previste dal codice di rito e con delega delle operazioni a un professionista ex art. 591-bis c.p.c., ha infatti implicitamente ritenuto che il rinvio contenuto nella L. Fall., art. 107, comma 2, comprendesse anche l'istituto delle offerte in aumento dopo l'incanto disciplinato dall'art. 584 c.p.c., secondo la cui disciplina in presenza di simili offerte è necessario soprassedere a dare corso al precedente e concluso incanto e procedere invece a un ulteriore fase del procedimento regolata nel suo svolgimento dalle modalità previste dalla norma in questione.

Il provvedimento impugnato ha preso in esame, allo stesso modo, anche l'ultima censura presentata laddove, nel ritenere sussistenti i presupposti di cui alla L. Fall., art. 107, comma 4, ha implicitamente escluso l'applicabilità al caso di specie della diversa disciplina prevista dalla L. Fall., art. 108.

6. Il quarto e il quinto motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in ragione del rapporto di connessione fra loro esistente, risultano parimenti infondati.

Una volta premesso che non è possibile a questa Corte rivedere nel merito la valutazione compiuta dal collegio del reclamo, secondo cui nel caso di specie la procedura di vendita sarebbe avvenuta secondo le modalità stabilite dal codice di rito e dunque al di fuori di qualsiasi trattativa privata, bisogna poi precisare che il diritto di prelazione concesso all'affittuario ai sensi della L. Fall., art. 104-bis, comma 5, pur attribuendogli un diritto di preferenza a parità di condizioni, deve però essere contemperato con la natura pubblicistica degli interessi sottesi alle vendite fallimentari, le quali debbono comunque garantire il massimo realizzo possibile tramite lo svolgimento di procedure competitive adeguatamente pubblicizzate.

Questo contemperamento, in caso di opzione del curatore L. Fall., ex art. 107, comma 2, per la vendita forzata codicistica, viene realizzato tramite un sistema sostitutivo della persona del prelazionario con il soggetto individuato come aggiudicatario all'esito della procedura competitiva piuttosto che, come vorrebbe il ricorrente, con una preferenza concessa al prelazionario di carattere assoluto, tale da renderlo immune dagli effetti sfavorevoli connaturati al consueto svolgimento delle operazioni di vendita.

Il perseguimento delle menzionate finalità pubblicistiche impone infatti che la preferenza a parità di condizioni debba essere accordata senza pregiudizio per il ceto creditorio, il cui interesse è assicurato dalla naturale e completa evoluzione della procedura di vendita, che non viene interrotta all'esito dell'esercizio del diritto di prelazione.

Il prelazionario - nel senso espressamente previsto dal secondo periodo della L. Fall., art. 104-bis, comma 5 - una volta esaurito il procedimento di determinazione del prezzo di vendita (nel caso di specie tramite l'aggiudicazione) ha perciò diritto di ricevere la denuntiatio delle condizioni di vendita e di scegliere se aderire o meno alle stesse.

Il positivo esercizio del diritto di prelazione comporta una sostituzione dell'aggiudicatario con il prelazionario nella medesima posizione nell'ambito dello schema della vendita forzata codicistica, senza che si possano scindere gli effetti favorevoli di tale sua posizione, quale l'aspettativa al trasferimento del bene, da quelli sfavorevoli, tra cui anche l'eventualità che un terzo presenti un'offerta in aumento (Sez. 1, n. 2316/2013).

Il prelazionario, conseguita la preferenza a parità di condizioni che gli era stata promessa, rimane poi esposto alla naturale evoluzione della procedura di vendita prescelta e dunque alla possibile apertura della fase dell'aumento a mezzo di offerte presentate secondo le modalità previste dall'art. 584 c.p.c..

La riconducibilità della vendita nell'alveo della L. Fall., art. 107, comma 2, consente infine di superare le doglianze con cui New F. RR s.r.I. ha lamentato la violazione della L. Fall., artt. 107 e 108, poichè il Tribunale aveva riconosciuto il legittimo esercizio da parte del G.D. di un provvedimento che la L. Fall., art. 107, attribuisce alla competenza del curatore.

E' ben vero che il collegio del reclamo ha ritenuto la legittimità di entrambi i decreti reclamati in presenza dei presupposti di cui alla L. Fall., art. 107, comma 4, norma che attribuisce al curatore e non al G.D. il potere di sospensione in caso di presentazione di un'offerta irrevocabile migliorativa.

E' altrettanto vero che il decreto impugnato accompagna il richiamo alla L. Fall., art. 107, comma 4, con il ripetuto accenno all'art. 584 c.p.c., non chiarendo se il mancato corso della procedura di aggiudicazione all'odierna ricorrente sia avvenuto in applicazione della prima o della seconda norma e per volontà del curatore o del giudice delegato (ambiguità a cui contribuisce pure l'istanza del curatore, che aveva manifestato l'intenzione di e chiesto l'autorizzazione a sospendere la vendita in corso).

L'ambiguità denunciata, ed obbiettivamente esistente, non consente tuttavia di accogliere il motivo di ricorso, ben potendo questa Corte, in ragione della funzione nomofilattica affidatale dall'ordinamento nonchè dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., comma 2, correggere la motivazione in diritto in applicazione del disposto dell'art. 384 c.p.c., u.c..

In vero, una volta constatato come sia pacifico fra le parti che il G.D. in realtà avesse autorizzato il notaio a sospendere la vendita e il curatore a comunicare a New F. RR s.r.l. la nuova offerta onde consentire alla stessa di esercitare il diritto di prelazione ove ne avesse avuta l'intenzione, occorrerà rilevare che dottrina e giurisprudenza (Cass. 21645/2011) hanno condivisibilmente ritenuto che il potere di sospensione previsto dalla L. Fall., art. 107, comma 4, sia incompatibile con lo svolgimento delle operazioni di vendita da parte del Giudice delegato, le quali rimangono invece regolate dalle norme proprie del processo di esecuzione.

Il G.D. dunque, facendo corretta applicazione del disposto dell'art. 584 c.p.c., ha autorizzato il professionista delegato a sospendere le operazioni di vendita (o, per meglio dire, a non dare prosecuzione al precedente incanto e dare corso invece all'ulteriore fase del procedimento provocata dalla presentazione dell'offerta in aumento).

7. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve quindi essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in favore di ciascuna delle controparti in Euro 10.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2018.