Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20616 - pubb. 13/10/2018

Reintegrazione della quota riservata ai legittimari, riduzione del legato o della donazione, scioglimento della comunione incidentale, modalità di attuazione

Tribunale Oristano, 25 Luglio 2018. Est. Angioi.


Reintegrazione della quota riservata ai legittimari – Riduzione del legato o della donazione – Scioglimento della comunione incidentale – Modalità di attuazione



Con riferimento alla reintegrazione della quota riservata ai legittimari, le modalità con cui si attua la riduzione sono differenti secondo la natura delle disposizioni lesive. Mentre a seguito di riduzione di una istituzione di erede nella universalità o in una quota dei beni del testatore si determina una comunione ereditaria regolata dalle norme generali sulla divisione, di cui agli artt. 713 ss. cod. civ., qualora siano assoggettate a riduzione liberalità aventi per oggetto beni determinati, quali si acquistano con la istituzione di erede in beni determinati, assegnati come quota del patrimonio, oppure più spesso con il legato o con la donazione, il beneficiario perde del tutto la proprietà se la disposizione è riducibile per intero, altrimenti, in caso di riduzione parziale, fra il legatario o donatario ed il legittimario che abbia vittoriosamente esperito l'azione di riduzione si determina uno stato di comunione sui generis, una comunio incidens, regolata dalle norme speciali racchiuse nell'art. 560 cod. civ. (applicabile anche ai beni mobili, nonostante il riferimento in rubrica agli immobili). Nella riduzione delle disposizioni attributive di beni determinati è ammessa la reintegrazione della quota riservata ai legittimari alternativamente in forma specifica o per equivalente, con espressa previsione, nei casi in cui prevale il diritto del legatario o donatario di ritenere il bene oggetto della disposizione lesiva, di compensare in danaro il legittimario. Nulla impedisce al legittimario, naturalmente, di rinunziare alla legittima in natura e chiederne il valore. Alla reintegrazione per equivalente si fa luogo, pertanto, ove vi sia la volontà o la necessità che avvenga in tal modo. (Antonio Angioi) (riproduzione riservata)


 


Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 16 settembre 2014, M. e R. V. hanno convenuto in giudizio i fratelli L. M. e L. V., invocando le sentenze di questo Tribunale con cui erano state accolte la domanda di simulazione del contratto di compravendita in data 29 marzo 1985, dissimulante una donazione tra il padre A. V. ed il figlio L. M., in relazione al podere (omissis), poi venduto per la metà dal donatario al fratello L., e la domanda di riduzione della donazione per lesione della quota di legittima, determinata in 1/14 per ciascuno dei figli del donante, con i frutti maturati. Pertanto, gli attori hanno chiesto dichiararsi la propria qualità di eredi e, previa collazione di quanto donato, disporsi lo scioglimento della comunione ereditaria, secondo le norme sulla successione legittima, con la conseguente condanna al ripristino dello stato dei luoghi, mediante la demolizione dei fabbricati ivi eretti, ed al rilascio delle porzioni, da formarsi in giudizio, nonché alla rappresentazione dei frutti ulteriormente maturati; in subordine, hanno domandato la condanna dei convenuti alla restituzione per equivalente, attraverso il versamento, in favore di ciascun attore, della somma di Euro 33.576,30, oltre interessi e rivalutazione.

Si sono costituiti in giudizio L. M. e L. V., eccependo la decadenza o prescrizione del preteso diritto alla restituzione, per decorso di vent’anni dalla trascrizione della donazione, e chiedendo, comunque, il rigetto di ogni avversa domanda.

Il Giudice, in base a quello che risulta dagli atti di costituzione, con riferimento al preteso scioglimento della comunione ereditaria, ritenuta la necessità del litisconsorzio tra tutti gli eredi legittimi del de cuius, ha ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri figli, A. V., M. G. V. e G. V., nonché della vedova, G. Z.

Chiamato in causa, A. V. ha fatto proprie le difese degli attori, associandosi alle domande di condanna da loro proposte in confronto dei convenuti ed assumendole anche in proprio favore, compresi i frutti non percepiti.

Gli altri chiamati, regolarmente citati, sono rimasti contumaci.

La causa, istruita a mezzo di documenti, all’udienza del giorno 7 marzo 2018 è stata rimessa al Collegio per la decisione sulle conclusioni sopra trascritte, concessi i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

 

Motivi della decisione

Pregiudizialmente, va disattesa l’eccezione di nullità della citazione, ai sensi dell’art. 163, comma 3, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., formulata nella comparsa di costituzione e mai rinunciata, tanto per indeterminatezza del titolo delle domande, avendo gli attori esposto le proprie ragioni con un grado di precisione sufficiente, in astratto, a delimitare il tema di decisione ed a consentire lo svolgimento di contrarie difese, in effetti svolte, indipendentemente dal fondamento della pretesa, apprezzabile in concreto, quanto per indeterminatezza dell’oggetto delle domande, avendo gli attori individuato in modo univoco i provvedimenti ed il bene richiesti.

Ancora in via pregiudiziale, va definitivamente confermata, a posteriori, la ordinanza interlocutoria con cui era stata respinta l’istanza di sospensione del processo ex art. 295 cod. proc. civ., formulata dai convenuti, in quanto non sussisteva il presupposto per la sospensione processuale, prevista come facoltativa dall’art. 337, comma 2, con riguardo alla causa dipendente, oggetto del presente giudizio, fino alla formazione del giudicato sulla causa pregiudiziale, allora pendente in grado di appello ed ora definitivamente decisa, nel senso prevedibile e previsto, di cui a breve si dirà, in relazione alla pretesa natura donativa del contratto impugnato per simulazione, con la connessa riducibilità della dissimulata donazione per lesione di legittima.

Nel merito, le domande vanno esaminate separatamente.

Con le conclusioni formulate alla lettera a), gli attori hanno chiesto dichiararsi la propria qualità di eredi del defunto padre ed aperta la sua successione legittima.

La domanda di mero accertamento della qualità ereditaria di M. e R. V., il cui interesse sorge dal fatto che il donatario L. M. V. nel precedente giudizio intendeva sottrarre il bene donato alla pretesa di reintegrazione della quota riservata ai legittimari, con difese a cui si è associato nel presente giudizio il suo avente causa L. V., è fondata nei termini seguenti.

Per giurisprudenza consolidata, il legittimario totalmente pretermesso acquista la qualità di erede dopo il positivo esercizio delle azioni di riduzione delle disposizioni testamentarie o delle donazioni oppure di annullamento del testamento. Come in alcune occasioni precisato, la pretermissione del legittimario può verificarsi anche nella successione ab intestato, qualora il de cuius si sia spogliato in vita del suo patrimonio con atti di donazione. Occorre, in ogni caso, attendere il passaggio in giudicato della decisione che accolga la domanda di riduzione (Cass. n. 25441 del 2017; n. 16635 del 2013; n. 28632 del 2011).

Nella fattispecie, è sorta controversia intorno al podere (omissis), avente una superficie complessiva di ettari (omissis), venduto dall’assegnatario A. V. al figlio L. M. con atto pubblico del 29 marzo 1985, prima di essere dall’acquirente a sua volta alienato, per la quota della metà, al fratello L. V. con atto pubblico del 27 giugno 1995 (v. doc. nn. 12-13, in fasc. att.).

Secondo quanto emerge dalla sentenza non definitiva pronunciata da questo Tribunale il 16 settembre 2010 e da quella definitiva del 1° aprile 2013, che sono state nelle more confermate dalla Corte d’appello di Cagliari con sentenza del 9 dicembre 2016, non ulteriormente impugnata e, pertanto, attualmente passata in giudicato, come riconosciuto in modo espresso dai convenuti con dichiarazione in udienza, gli attori M. e R. V. sono riusciti dapprima a far accertare la simulazione del contratto di compravendita stipulato dal padre a favore del figlio L. M. V. – si era voluta concludere, in realtà, una donazione, avente ad oggetto il bene immobile unico di cui il disponente era proprietario – e successivamente, in accoglimento della domanda di riduzione per lesione della quota di legittima, a far dichiarare inefficace la donazione, nei limiti della quota medesima (v. doc. nn. 1-2, in fasc. att.; verb. ud. 31 marzo 2017 e 26 gennaio 2018).

Ne consegue che la qualità ereditaria, anche in questa sede contestata, almeno al principio della lite, si intende necessariamente acquistata, attraverso il vittorioso esperimento dell’azione di riduzione della donazione, ex art. 555 cod. civ., con effetti limitati ai soli legittimari che hanno autonomamente agito in giudizio, per la frazione della quota di riserva a ciascuno spettante.

Con le conclusioni formulate alle lettere b), c), d) ed e), è stata chiesta la collazione del bene donato, nonché lo scioglimento della comunione ereditaria e la condanna al pagamento di una somma di danaro commisurata al valore della quota di legittima.

La domanda di collazione, che esige un vaglio a parte, è infondata.

Secondo la giurisprudenza, la collazione presuppone l'esistenza di una comunione ereditaria e, quindi, di un asse da dividere, mentre, se l'asse è stato esaurito con donazioni o con legati, o con le une e con gli altri insieme, sicché viene a mancare un relictum da dividere, non vi è luogo a divisione e, quindi, neppure a collazione, salvo l'esito dell'eventuale azione di riduzione (Cass. n. 15026 del 2013).

Nella fattispecie, si tratta di due legittimari, fra i più pretermessi, che hanno conseguito un accertamento del diritto alla reintegrazione della quota di riserva, con la conseguente inefficacia, nei loro confronti, della donazione lesiva, in quanto eccedente la quota di cui il defunto poteva disporre, come tale soggetta ed effettivamente assoggettata a riduzione. Come giudizialmente accertato e come, del resto, assolutamente pacifico in causa, nel patrimonio del defunto esisteva un unico cespite, individuato nel controverso immobile, fintanto che il proprietario non ne aveva disposto in vita per donazione. Posto che gli eredi necessari, dopo la sua morte, hanno chiesto la riduzione della donazione di quel solo immobile, ottenendo di potersi soddisfare, nei confronti del donatario, come se esso non fosse mai uscito dal patrimonio del donante, e non hanno indicato, invece, la esistenza di ulteriori beni donati, soggetti a collazione, viene a mancare il presupposto del mezzo di tutela invocato. È implicito nel disposto dell’art. 737 cod. civ., infatti, che il preteso conferimento non possa riguardare un bene relitto, né un bene donato assoggettato a riduzione, bensì debba avere di mira, contro coloro che vi sono tenuti, altri beni ricevuti dal defunto per donazione, con atti diversi da quello già dichiarato inefficace.

Le domande di divisione e di pagamento, che si prestano ad esame congiunto, sono fondate nei termini seguenti.

Prima di entrare nel merito di tali richieste, occorre soffermarsi brevemente sulle modalità con cui si attua la riduzione, differenti secondo la natura delle disposizioni lesive.

Secondo la dottrina prevalente, mentre a seguito di riduzione di una istituzione di erede nella universalità o in una quota dei beni del testatore si determina una comunione ereditaria regolata dalle norme generali sulla divisione, di cui agli artt. 713 ss. cod. civ., qualora siano assoggettate a riduzione liberalità aventi per oggetto beni determinati, quali si acquistano con la istituzione di erede in beni determinati, assegnati come quota del patrimonio, oppure più spesso con il legato o con la donazione, il beneficiario perde del tutto la proprietà se la disposizione è riducibile per intero, altrimenti, in caso di riduzione parziale, fra il legatario o donatario ed il legittimario che abbia vittoriosamente esperito l'azione di riduzione si determina uno stato di comunione sui generis, regolata dalle norme speciali racchiuse nell'art. 560 cod. civ. (applicabile anche ai beni mobili, nonostante il riferimento in rubrica agli immobili). Analogamente alla disciplina comune, nella riduzione delle disposizioni attributive di beni determinati è ammessa la reintegrazione della quota riservata ai legittimari alternativamente in forma specifica o per equivalente, con espressa previsione, nei casi in cui prevale il diritto del legatario o donatario di ritenere il bene oggetto della disposizione lesiva, di compensare in danaro il legittimario. Nulla impedisce al legittimario, naturalmente, di rinunziare alla legittima in natura e chiederne il valore. Alla reintegrazione per equivalente si fa luogo, pertanto, ove vi sia la volontà o la necessità che avvenga in tal modo.

Anche nella giurisprudenza, lungo la linea interpretativa tracciata, si rinviene una risalente conferma della cumulabilità dell'azione di riduzione con la divisione, intesa a ristabilire una comunio incidens tra i legittimari, a seguito dell'accertata lesione della riserva, al limitato fine della reintegrazione della quota del legittimario leso, mediante il distacco parziale dei beni assegnati per testamento o per donazione in eccedenza rispetto alla quota di cui il de cuius poteva disporre (Cass. n. 1971 del 1964).

Alla luce di tale inquadramento dogmatico, nella fattispecie, è indispensabile rilevare che i legittimari interessati non avevano manifestato, nel precedente giudizio, alla stregua delle conclusioni riportate in epigrafe nelle relative sentenze, per una singolare scelta, la intenzione di conseguire la restituzione dell’immobile donato, né altra forma di reintegrazione, in conseguenza della riduzione, essendosi limitati a domandare esclusivamente che l’atto lesivo dei loro diritti venisse ridotto nella misura di legge. Coerentemente con la diversità fra le azioni di riduzione e di restituzione, quest’ultima diretta ad ottenere effetti giuridici diversi ed ulteriori, di natura divisoria, oltre che con il rigore del principio dispositivo, rilevato che la domanda di restituzione non era stata proposta, il Collegio adito non aveva pronunciato sulle conseguenze della riduzione e, accogliendo la relativa domanda, si era limitato a dichiarare l’inefficacia della donazione, nei limiti di 1/14 per ciascuno dei legittimari pretermessi, condannando, peraltro, al pagamento dei frutti, essi soli richiesti, per quanto a ciascuno spettava in relazione al periodo intercorrente tra la domanda e la decisione. Ai fini dell’ammissibilità delle domande che vengono ora in esame, concernenti le modalità di attuazione della riduzione, quel che conta è che esse allora non avessero formato oggetto di alcun esame, consentendo di escludere la formazione di qualsiasi giudicato.

Ancora in via pregiudiziale, deve rilevarsi che al momento della precisazione delle conclusioni la domanda di reintegrazione in forma specifica ha formato oggetto di rinuncia, con riferimento alla restituzione dell’immobile donato, laddove gli eredi necessari hanno espressamente chiesto di essere reintegrati per equivalente, mantenendo in via esclusiva la domanda originariamente proposta in via subordinata. Non si pone più alcuna questione, di conseguenza, che derivi dalla ipotetica necessità di separare la parte occorrente per integrare la quota riservata, né di accertare la comodità o meno del frazionamento, né di stabilire se il donatario possa o meno opporsi, ritenendo l’immobile, essendo tutto ciò superato dalla scelta degli aventi diritto di non conseguire in natura la reintegrazione della propria quota. Infatti, come conseguenza della intervenuta rinuncia, da parte degli eredi necessari, al diritto alla loro parte in natura del bene immobile donato, non rimane loro che il diritto di conseguire il valore della quota di legittima, con un equivalente in danaro, che serve a compensare la lesione lamentata.

Nel merito, è decisivo il rilievo del giudicato formatosi sulla esistenza ed entità del diritto alla riduzione, a favore dei legittimari pretermessi.

La quota loro riservata è stata determinata in 1/14, che è pari alla metà del patrimonio, tolta la parte spettante al coniuge superstite (G. Z.), da dividersi per il numero dei figli con lei concorrenti, sette in tutto (M., R., L. M., L., A., M. G. e G. V.). Come anticipato, il bene di cui il defunto aveva disposto a titolo di donazione è l’unico a formare l’asse su cui calcolare la quota disponibile, poiché non v’è relictum, bensì solo donatum. Il valore del bene donato, che è stato parzialmente assoggettato a riduzione, per quanto eccede la quota della quale il defunto poteva disporre e per quanto occorre a integrare le frazioni della quota di riserva in questione, è stato stimato in Euro 470.068,28, con riferimento all’epoca dell’apertura della successione.

Ne consegue la determinazione, ormai divenuta incontrovertibile, dell’ammontare delle singole frazioni della quota di riserva, nella misura di Euro 33.576,30, in favore di ciascuno dei due legittimari di cui si tratta.

Sussiste, pertanto, il diritto dei legittimari, lesi dalla donazione compiuta in vita dal padre, ad essere tenuti indenni del pregiudizio, attraverso lo scioglimento della comunione incidentale, venuta ad esistenza nei rapporti con il donatario per effetto della riduzione parziale, e la compensazione in danaro della lesione (è da notare che i limiti soggettivi connaturati al tipo di comunione accertata sono ben più ristretti di quella, derivante dalla successione legittima sui beni relitti, affermata negli atti difensivi, che ha determinato la disposta integrazione del contraddittorio).

Al conguaglio dovuto si aggiungono, trattandosi di debito di valore (Cass. n. 7478 del 2000; conf. n. 10564 del 2005), la rivalutazione monetaria e gli interessi legali. Ai fini della reintegrazione per equivalente della quota riservata ai legittimari, infatti, dopo aver proceduto alla aestimatio rei con riferimento all’epoca dell’apertura della successione, occorre riconoscere la rivalutazione del tantundem pecuniario al momento della decisione, affinché il danaro costituisca l’esatto equivalente del valore della quota del bene che sarebbe spettata in natura, nonché la compensazione anche dei frutti non percepiti, costituiti dagli interessi cosiddetti compensativi sulla somma di danaro liquidata a titolo di legittima. I frutti, calcolati sull’importo rivalutato di Euro 48.114,84, sono dovuti, in ogni caso, a decorrere dal giorno della domanda giudiziale, proposta con citazione notificata il 16 settembre 2014.

Per quanto ancora interessa, in ordine alla delimitazione soggettiva degli effetti della riduzione, occorre rimarcare i seguenti profili.

In primo luogo, il legittimario preterito che, pur potendo a suo tempo agire, non ha domandato la riduzione della donazione lesiva, ossia il terzo chiamato A. V., non può approfittare della riduzione chiesta ed ottenuta dai fratelli, non comunicandosi agli altri legittimari gli effetti favorevoli della pronuncia già resa, avente carattere personale, e non potendosi far valere, pertanto, alcun conseguente credito a titolo di legittima (cfr. Cass. n. 4005 del 1974). Nelle conclusioni iniziali così come in quelle da ultimo riformulate, da leggersi anche alla luce dei chiarimenti resi negli scritti conclusivi, non risulta proposta in modo espresso ed inequivoco la domanda di riduzione a favore del terzo chiamato, poiché egli prima afferma la qualità di eredi (necessari) dei soli attori, sotto la lettera a), e poi salta direttamente, come se fosse dispensato dall’onere di agire in riduzione, sotto la lettera c), alla domanda di condanna al pagamento anche in proprio favore, per integrare una quota aggiuntiva. Non è passato, tuttavia, neppure in questa sede, attraverso la proposizione di un’autonoma azione di riduzione della donazione per lesione di legittima, nei limiti ed in proporzione del diritto leso. Con ciò la parte interessata tralascia di considerare il carattere costitutivo, e non semplicemente dichiarativo, della pronuncia che accerta la lesione della quota di riserva del legittimario e ne dispone la integrazione, come tale idoneo a diversificare – relativamente all’oggetto, nonostante la connessione in base al titolo – la domanda di riduzione da quella consequenziale di reintegrazione, come visto secondo i casi in natura oppure per equivalente in danaro (cfr. Cass. n. 3177 del 1971).

In secondo luogo, il diritto accertato a favore di taluni legittimari, ossia gli attori M. e R. V., è esigibile esclusivamente verso il donatario, ossia il convenuto L. M. V., e non anche verso il suo avente causa, ossia il convenuto ulteriore L. V.. Infatti, anche a voler interpretare estensivamente la portata dell’azione contro gli aventi causa dal donatario assoggettato a riduzione, ai sensi dell’art. 563 cod. civ., come se nella nozione di restituzione fossero comprese entrambe le forme di reintegrazione, quindi anche per equivalente, non vi è dubbio che il legittimario abbia pur sempre l’onere di procedere alla preventiva escussione dei beni del donatario, a beneficio del successivo acquirente. Nella fattispecie, come è stato eccepito (v. comp., pag. 13), quest’onere deve ritenersi non adempiuto, poiché non è stata fornita dai legittimari, interessati ad escutere i beni del terzo acquirente, la prova di aver infruttuosamente tentato di recuperare dal donatario il prezzo della vendita della metà del fondo donato, presumibilmente ancora presente nel suo patrimonio, né la prova della sua totale incapienza (cfr. Cass. n. 5042 del 2011).

L’eccezione proposta dai convenuti, che si fonda, ex art. 563 cod. civ., sul decorso del termine ventennale dalla trascrizione della dissimulata donazione, avvenuta il 17 aprile 1985, al fine di salvare il terzo acquirente, in forza di compravendita del 27 giugno 1995, dalla restituzione del fondo di provenienza donativa, per la metà a lui alienata, resta interamente assorbita, nel momento in cui viene abbandonata la domanda reale di restituzione, in origine proposta anche nei suoi confronti.

Quanto alle domande ulteriori, inizialmente articolate in ordine al ripristino dello stato dei luoghi, al rilascio della porzione di legittima ed al risarcimento dei danni derivanti dalla edificazione del fondo, deve rilevarsi la intervenuta rinuncia ad opera degli attori e del terzo chiamato, in parte in modo espresso, con precisa dichiarazione di volontà abdicativa, ed in parte in modo tacito, con riformulazione univoca di alcune e non anche di altre richieste, in sede di precisazione delle conclusioni.

Conclusivamente, va riconosciuta la qualità di eredi necessari ai legittimari pretermessi già vittoriosi nel precedente giudizio di riduzione, sciolta la comunione incidentale sorta in conseguenza della riduzione parziale della donazione e reintegrata la quota di riserva per equivalente, respinta ogni altra domanda, da chiunque e contro chiunque proposta.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, tenuto conto del valore della causa e della complessiva attività svolta, oltre che dell’esito del presente giudizio in riferimento alle diverse posizioni assunte dalle parti, con la conseguente ripartizione del relativo onere delle spese, da intendersi poste solidalmente a carico di ciascuno dei soccombenti, nei rispettivi rapporti, attraverso separate statuizioni: in particolare, il convenuto L. M. V. è tenuto al rimborso in favore degli attori M. e R. V., in quanto soccombente nei loro confronti; i medesimi, a loro volta, sono soccombenti nei confronti del convenuto L. V.; il terzo chiamato A. V. soccombe contro entrambi i convenuti; nulla, infine, per i terzi chiamati contumaci, in mancanza di attività difensiva.

 

P.Q.M.

Il Tribunale, definendo il giudizio, respinta ogni contraria domanda ed eccezione:

1) dichiara, in capo a M. e R. V., la qualità di eredi necessari del padre A. V., nato (omissis) e morto (omissis), in forza del vittorioso esperimento dell’azione di riduzione della dissimulata donazione in data 29 marzo 1985, avente ad oggetto il podere (omissis);

2) dichiara lo scioglimento della comunione incidentale sul bene immobile donato, sorta in conseguenza della riduzione parziale della donazione, nei limiti di 1/14 per ciascuno dei due aventi diritto, con attribuzione, a favore di L. M. V., delle corrispondenti quote di proprietà, riferite all’intero, a far tempo dalla morte del dante causa;

3) condanna il convenuto L. M. V. al pagamento, in favore di ciascuno degli attori M. e R. V., della somma di Euro 48.114,84, a titolo di reintegrazione per equivalente della quota di riserva, già rivalutata, oltre agli interessi legali a decorrere dal giorno della domanda al saldo;

4) rigetta ogni altra domanda, da chiunque e contro chiunque proposta;

5) condanna il convenuto L. M. V. al rimborso, in favore degli attori M. e R. V., delle spese di lite, che liquida complessivamente in Euro 7.181,84, di cui Euro 5.534,00 per compensi e 817,74 per esborsi, già comprese le spese generali, oltre ad accessori di legge;

6) condanna gli attori M. e R. V. al rimborso, in favore del convenuto L. V., delle spese di lite, che liquida complessivamente in Euro 6.364,10, di cui Euro 5.534,00 per compensi, già comprese le spese generali, oltre ad accessori di legge;

7) condanna il terzo chiamato A. V. al rimborso, in favore dei convenuti L. M. e L. V., delle spese di lite, che liquida complessivamente in Euro 6.364,10, di cui Euro 5.534,00 per compensi, già comprese le spese generali, oltre ad accessori di legge.

Così deciso in Oristano, il 25 luglio 2018.