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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20737 - pubb. 06/11/2018.

Impugnazione del provvedimento che decide l'opposizione a decreto ingiuntivo riguardante onorari di avvocato


Cassazione civile, sez. II, 05 Ottobre 2018. Est. Rossana Giannaccari.

Avvocato - Onorari - Liquidazione - Ingiunzione - Opposizione a decreto ingiuntivo - Applicazione, da parte del giudice, del rito sommario ordinario ex art. 702 bis c.p.c. - Erronea dichiarazione di inammissibilità - Mezzo di impugnazione - Appello - Fondamento - Fattispecie


Il provvedimento con cui è decisa l'opposizione a decreto ingiuntivo riguardante onorari di avvocato che sia stata introdotta ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c., seguendo il rito sommario ordinario codicistico e non quello speciale di cui all'art. 14 d.lgs. n. 150 del 2011, deve essere impugnato con l'appello, secondo il regime previsto dall'art. 702 quater c.p.c., trovando applicazione il principio di apparenza. (Nella specie, il giudice di primo grado, utilizzando il rito sommario ordinario ex art. 702 bis c.p.c., aveva dichiarato inammissibile l'opposizione perché non introdotta con le forme del rito ordinario; la S.C., pur ritenendo erronea la ricostruzione normativa del giudice "a quo", ha dichiarato inammissibile il ricorso contro tale ordinanza poiché, alla luce del principio di apparenza, avrebbe dovuto essere proposto appello come stabilito dall'art. 702 quater c.p.c.). (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice - Presidente -

Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -

Dott. TEDESCO Giuseppe - Consigliere -

Dott. GIANNACCARI Rossana - rel. Consigliere -

Dott. FORTUNATO Giuseppe - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

 

Svolgimento del processo

Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. S.G., C. ed E. proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale veniva ingiunto loro di pagare all'Avv. C.G. la somma di Euro 12.876,64 per l'attività professionale svolta, deducendo che nulla era dovuto o, subordinatamente, che le somme dovevano essere rideterminate.

Si costituiva il convenuto e chiedeva il rigetto della domanda.

Con ordinanza del 13.5-14.5.2014 il Tribunale dichiarava inammissibile il ricorso.

Riteneva che, in caso di prestazioni professionali richieste con decreto ingiuntivo, l'opposizione doveva essere proposta nelle forme ordinarie e non con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. L'interpretazione era fondata sul dato letterale dell'art. 645 c.p.c., il quale prevede quale forma dell'opposizione l'atto di citazione, e dell'art. 702 bis c.p.c., che non si applica all'opposizione a decreto ingiuntivo. La scelta del procedimento di cui all'art. 645 c.p.c. era giustificata anche da ragioni di celerità del procedimento per le prestazioni professionali di avvocato, dovendo l'opposizione deve essere proposta nel termine di quaranta giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso S.G., C. ed E., affidato a tre motivi; è rimasto intimato C.G..

Disposta l'assegnazione alla Sesta Sezione Civile di questa Corte, il relatore ha formulato proposta di inammissibilità del ricorso, dovendo essere proposto appello e non ricorso per cassazione.

La Sesta Sezione Civile, con ordinanza interlocutoria del 3.3. - 20.6.2017 ha ritenuto non sussistenti le condizioni di cui all'art. 375 c.p.c. ed ha rimesso la decisione alla pubblica udienza.

 

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 prevede che le controversie di cui alla L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 28 e l'opposizione proposta a norma dell'art. 645 c.p.c. avverso il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente art..

Ai sensi dell'art. 14, comma 4, l'ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile.

Le Sezioni Unite, con la recente sentenza del 23.2.2018 n. 4485, hanno stabilito che, a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28 come sostituito dal D.Lgs. cit., può essere introdotta: a)con un ricorso ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c., che dà luogo ad un procedimento sommario "speciale" disciplinato dagli artt. 3, 4 e 14 menzionato D.Lgs.; oppure: b) ai sensi degli artt. 633 segg. c.p.c., fermo restando che la successiva eventuale opposizione deve essere proposta ai sensi dell'art. 702 bis segg. c.p.c., integrato dalla sopraindicata disciplina speciale e con applicazione degli artt. 648, 649, 653 e 654 c.p.c.. E', invece, esclusa la possibilità di introdurre l'azione sia con il rito ordinario di cognizione sia con quello del procedimento sommario ordinario codicistico disciplinato esclusivamente dagli artt. 702 bis e segg. c.p.c..

Appare evidente, alla luce del principio enunciato, che è errata la decisione del giudice d'appello, secondo cui il giudizio di opposizione doveva essere introdotto con il rito ordinario.

Si tratta di stabilire se, malgrado l'adozione della forma dell'ordinanza, con cui è stato dichiarata inammissibile il procedimento ex art. 702 bis per la decisione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di onorari ed altre spettanze professionali ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, la decisione sia impugnabile con l'appello, a prescindere dalla qualificazione esplicita data dal giudice dell'opposizione all'azione proposta, oppure con ricorso per cassazione, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14.

A tal riguardo lo stato della giurisprudenza di legittimità può considerarsi ormai solidamente attestato sul principio della c.d. "apparenza", secondo cui (Sezioni Unite v. sent. 8949 del 16.4.2007), al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di ordinanza o di sentenza, occorre avere riguardo non già alla forma adottata, ma al suo contenuto.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'individuazione del mezzo d'impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va fatta in base alla qualificazione data dal giudice con il provvedimento impugnato all'azione proposta, a prescindere dalla sua esattezza. Tale scelta è stata ritenuta l'unica conforme ai principi fondamentali della certezza dei rimedi impugnatori e dell'economia dell'attività processuale, evitando l'irragionevolezza di imporre di fatto all'interessato di tutelarsi proponendo impugnazioni a mero titolo cautelativo, nel dubbio circa l'esattezza della qualificazione operata dal giudice a quo. Proprio sullo specifico tema dell'impugnabilità dei provvedimenti decisori adottati a conclusione di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di prestazioni giudiziali forensi, in cui il giudice aveva espressamente qualificato lo stesso quale ordinanza inappellabile ex art. 645 c.p.c. e L. n. 794 del 1942, art. 30, questa Corte ha ritenuto precluso alla parte soccombente di scegliere il mezzo d'impugnazione secondo una propria diversa qualificazione. (Cass. S.U., sent. n. 182 del 23..3.1999).

Ai medesimi principi dell'"apparenza" e dell'"affidamento" risultano successivamente improntate diverse pronunzie sezionali, ancora in materia di opposizioni all'esecuzione (Cass. 3^ n. 26294 del 14.12.07) in materia di opposizione a sanzioni amministrative (Cass. Lav. n. 15783 del 13.8.04), in tema d'impugnabilità di sentenze del Giudice di Pace (Cass. 3^ n. 9923 del 26.4.10), ed infine Cass. 3^, n. 20811 dei 7.10.2010, che in tema di impugnabilità di un provvedimento decisorio nel quale il tribunale aveva impropriamente applicato il rito contemplato dal D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 152.

Il principio ha avuto costante applicazione successiva anche per quanto riguarda il procedimento in materia di onorari di avvocato.

Com'è noto, in epoca antecedente alla riforma dei riti civili di cui al citato D.Lgs. n. 150 del 2011, la giurisprudenza di questa Corte era solidamente attestata nel senso che in tema di onorari di avvocato, il giudizio di opposizione al procedimento di liquidazione doveva svolgersi in ogni caso a norma della L. 13 giugno 1942, n. 794, artt. 29 e 30, e cioè essere deciso in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile, con la conseguenza che, anche ove fosse stato seguito il rito ordinario, al provvedimento conclusivo, pur se adottato nella forma della sentenza, doveva riconoscersi natura sostanziale di ordinanza, sottratta all'appello ed impugnabile solo con il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, salvo che la contestazione riguardasse i presupposti stessi del diritto del patrono al compenso per prestazioni giudiziali in materia civile, e non già la sola misura di questo, ipotesi nella quale, invece, la sentenza pronunciata all'esito del giudizio di opposizione poteva essere impugnata soltanto con l'appello (Cass. Civ. 15.3.2010 n.6225).

Tale impostazione è stata ribadita anche nella sentenza 11 gennaio 2011, n. 390, delle Sezioni Unite di questa Corte, la quale ha riconosciuto che, a prescindere dalla forma del provvedimento decisorio (sentenza ovvero ordinanza), ciò che assume decisivo rilievo è la natura assunta dal procedimento nel suo concreto svolgersi; e in quel caso, infatti, le Sezioni Unite hanno cassato la sentenza di secondo grado che aveva dichiarato inammissibile l'appello proprio in base ad una valutazione formale, senza considerare che il giudizio (svoltosi come opposizione a decreto ingiuntivo) aveva assunto una forma tipicamente contenziosa, per cui non aveva alcun senso escludere l'impugnazione con l'appello.

Questi principi non trovano deroga nemmeno a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 150 del 2011.

A prescindere dalla forma del provvedimento dal giudice d'appello, emergono con chiarezza due decisivi elementi, e cioè che il procedimento si è svolto con il rito sommario e che vi era contestazione sull'an dell'esistenza del diritto dell'avv. C. a percepire i propri compensi professionali.

Nella specie, il giudice d'appello non ha ritenuto applicabile il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 ma ha deciso la causa con il rito sommario ordinario codicistico, in composizione monocratica e non collegiale, sia pur errando nel ritenere inammissibile l'opposizione perchè avrebbe dovuto essere proposta con atto di citazione.

Ne consegue che l'impugnazione avrebbe dovuto seguire il regime previsto dall'art. 702 quater c.p.c. e, segnatamente, l'appello e non anche il ricorso per cassazione.

Il ricorso è, pertanto, inammissibile.

Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell'intimato.

Sussistono tuttavia le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 26 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2018.