Esecuzione Forzata


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21471 - pubb. 02/04/2019

Recupero di crediti di natura tributaria ed eccezione di prescrizione maturata dopo l’avviso di mora

Tribunale Napoli Nord, 22 Marzo 2019. Est. Auletta.


Espropriazione forzata – Opposizione all’esecuzione intrapresa dall’Agenzia delle Entrate per il recupero di crediti di natura tributaria – Eccezione di prescrizione maturata dopo l’avviso di mora – Opposizione all’esecuzione – Ammissibilità



In sede di opposizione all’esecuzione intrapresa dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione per il recupero di crediti di natura tributaria si deve ritenere che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 114 del 2018, siano deducibili innanzi al G.E. i fatti estintivi dei suddetti crediti che non siano deducibili innanzi alle Commissioni tributarie. In particolare, quanto alla prescrizione, se è maturata dopo la notifica della cartella ma prima dell’avviso di mora, essa va dedotta in sede di impugnazione di tale atto (se conosciuto); se è maturata dopo l’avviso di mora, l’unica sede in cui tale fatto (estintivo del diritto di procedere in via esecutiva) potrà essere eccepito è l’opposizione all’esecuzione e l’inammissibilità di tale azione si tradurrebbe in un intollerabile vuoto di tutela (vuoto che, appunto, l’intervento manipolativo della Corte è diretto, evidentemente, a colmare). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


Tribunale Ordinario di Napoli Nord

III sezione civile

Proc. RG n. 1454/2019

 

omissis

 

Nel procedimento avente ad oggetto il reclamo ex artt. 624, comma 2, e 669-terdecies c.p.c., avverso il provvedimento emesso dall’intestato Tribunale nella persona della dott.ssa Fabrizia Fiore in data 22.1.2019 con cui è stata accolta solo in parte (e non integralmente) l’istanza di sospensione proposta nell’ambito della opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi di cui al RGE n. 1329/2018;

letti gli atti del procedimento;

sentita la relazione del Giudice estensore, dott. Alessandro Auletta;

sentite le parti costituite;

all’esito della camera di consiglio del giorno 13.3.2019 ed a scioglimento della riserva quivi assunta;

considerato in fatto e in diritto quanto segue:

1.      Il presente reclamo attiene, come specificato in epigrafe, al provvedimento emesso dall’intestato Tribunale, nella persona della dott.ssa Fabrizia Fiore, in data 22.1.2019, con cui è stata accolta solo in parte (e non integralmente) l’istanza di sospensione proposta nell’ambito della opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi di cui al RGE n. 1329/2018.

2.     Il ricorrente rileva in linea di premessa:

A.    di aver ricevuto la notifica di un atto di pignoramento (ex art. 543 e ss. c.p.c.) da parte dell’Agenzia delle entrate – Riscossione (d’ora innanzi, anche: l’Agente della riscossione);

B.    che con tale atto l’Agente iniziava l’azione esecutiva onde recuperare l’importo complessivo di euro 22.335,21, come risultante dall’intimazione di pagamento (che l’odierno reclamante, olim opponente, asserisce essergli stata notificata in data 13.11.2017);

C.    che il credito in questione ha una matrice genetica variegata, essendo riconducibile in parte a pretese di natura tributaria ed in parte a pretese di natura non tributaria;

D.   di avere proposto opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi, chiedendo la sospensione della procedura;

E.    che il G.E. – preso atto della mancata costituzione dell’Agente della riscossione – accoglieva tale istanza solo per la parte relativa a crediti di natura non tributaria (segnatamente: sanzioni per violazioni del C.d.S.), rigettandola, invece, quanto a quelli di natura tributaria (laddove invece le censure afferenti al quomodo dell’esecuzione – qui non riproposte – venivano ritenute prima facie tardive e, quindi, tout court disattese).

3.     Il reclamante deduce:

       i.            che il G.E. sarebbe incorso in un “macroscopico errore” nell’inquadrare la fattispecie ex art. 72-bis, d.p.r. n. 602 del 1973, laddove, invece, si trattava evidentemente di un pignoramento presso terzi “codicistico”;

     ii.            che tale erronea qualificazione della fattispecie “ha ineludibilmente inficiato e condizionato anche la valutazione nel merito della questione, atteso che il G.E. ha ritenuto doversi applicare alla fattispecie de qua le limitazioni di cui alla (…) norma sui crediti tributari, peraltro dichiarata incostituzionale con sentenza n. 114/18”;

  iii.            conseguentemente il G.E. avrebbe errato nel non considerare la intervenuta prescrizione di tutti i crediti (quindi anche di quelli di natura tributaria) ai fini dell’ampiezza della sospensione concessa.

Il reclamante chiede quindi sospendersi l’esecuzione in relazione a tutti i crediti sottesi ai prodromici atti esecutivi.

4.     L’Agente della riscossione non si è costituito nella presente sede.

5.     Il reclamo va respinto.

6.     Va premesso, come peraltro già evincibile dalla narrativa sovrastante, che il ricorrente contesta in questa sede la correttezza del provvedimento gravato soltanto per ciò che attiene all’eccezione qualificabile ex art. 615, comma 2, c.p.c., essendo prima facie evidente l’intervenuta prescrizione dei crediti tributari per il cui recupero si agisce in via esecutiva.

7.      È quindi solo in questi limiti che il Collegio deve riesaminare il provvedimento gravato.

8.     La tesi difensiva del reclamante è inficiata da un duplice errore prospettico.

9.     Da un lato, non è chiara ed inequivoca la qualificazione, ad opera del G.E., della fattispecie pignoratizia ex art. 72-bis, d.p.r. n. 602 del 1973 (qualificazione che avrebbe condotto all’indebita applicazione dell’art. 57 del medesimo d.p.r., seppure nella versione risultante a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale sopra richiamata).

Il G.E. infatti si limita a richiamare giurisprudenza formatasi in relazione a tale fattispecie, pur senza qualificare apertis verbis quella esaminata nel medesimo senso: piuttosto si tratta della premessa per procedere all’applicazione dell’art. 57, cit. (che per le ragioni che si diranno è in ogni caso corretta) onde individuare i poteri cognitori del Tributale (adito in sede di opposizione all’esecuzione c.d. successiva) rispetto ai crediti di natura tributaria.

Dall’altro lato – e siamo al punto centrale – il reclamante assume che la condicio sine qua non perché possa applicarsi l’art. 57, cit. è che venga in rilievo un pignoramento c.d. esattoriale; laddove, invece, venisse in rilievo un pignoramento effettuato nelle forme di cui al III Libro del Codice di rito, come nella specie, la norma non sarebbe pertinente.

Come si diceva questo assunto non è veritiero.

Difatti, il d.p.r. n. 602 del 1973 disciplina il procedimento di riscossione “esattoriale” o “tramite ruolo”, qualificazioni da ritenersi superate perché nel nostro ordinamento non vi è più la figura dell’esattore e, per altro verso, perché si può procedere nelle forme di cui al citato d.p.r. anche sulla base di titoli diversi dal “ruolo”, come accade, ad esempio, con riferimento alle pretese risultanti da atti “impoesattivi”.

Ciò nondimeno, l’art. 57, cit. ha una valenza generale perché relativo alla individuazione dei limiti entro cui il G.E. può sindacare l’azione esecutiva intrapresa dall’Agente della riscossione per il recupero di un credito risultante dal “ruolo” (o dagli altri titoli esecutivi speciali che legittimano l’Agente alla riscossione coattiva di quanto da essi risulta); limiti che - salva la specialità del titolo (che non si forma in un procedimento di natura giudiziaria, ma ha natura di atto amministrativo) - vengono in rilievo quale che sia la forma prescelta per dare corso all’azione esecutiva medesima.

Analoghe considerazioni possono farsi in relazione all’art. 76, d.p.r. cit., laddove individua i limiti cui soggiace l’azione espropriativa di immobili posta in essere dall’Agente della riscossione: disposizione che una parte della giurisprudenza ha ritenuto applicabile all’intervento spiegato dall’Agente in una esecuzione “ordinaria” da altri intrapresa, sul presupposto dell’equipollenza dell’intervento (ex artt. 499 e ss. c.p.c.) al pignoramento.

In definitiva, è inesatto affermare che il d.p.r. n. 602 del 1973 contenga soltanto norme dirette a regolare profili procedurali dell’esecuzione “tramite ruolo”, posto che, oltre a queste, vi sono contenute norme che, più in generale, attengono al recupero di crediti risultanti dal ruolo (o atto equipollente) e ai corrispondenti strumenti di tutela.

A ciò si aggiunga che l’art. 72-bis, cit. richiama, al secondo comma, l’art. 72: tale ultima norma, al secondo comma, a sua volta prevede che l’Agente della riscossione (ferma restando la sua discrezionalità circa la individuazione della forma di esecuzione più appropriata caso per caso: Corte Cost., 28.11.08, n. 393/o.) può dar corso al pignoramento “codicistico” laddove quello “speciale” (caratterizzato dalla sovrapposizione tra fase espropriativa e satisfattiva, in quanto il pagamento può avvenire direttamente da parte del terzo senza che occorra un provvedimento di assegnazione del G.E.: v. Cass. 9.8.2018, n. 20706/o.) sia rimasto inefficace per inutile decorso del termine assegnato dalla stessa norma al terzo per effettuare il pagamento.

Da ciò si evince, a maggior ragione (e cioè a prescindere dalle considerazioni sul carattere generale dell’art. 57, norma che pertiene all’opposizione all’esecuzione intrapresa dall’Agente sulla base del ruolo), che il d.p.r. “copre” specificamente anche l’ipotesi in cui l’Agente abbia pignorato crediti nelle forme di cui agli artt. 543 e ss. c.p.c..

10. Sgombrato il campo dal duplice equivoco di fondo in cui incorre il reclamante (il G.E. non qualifica la fattispecie ex art. 72-bis; l’utilizzo delle forme espropriative ordinarie non esclude l’applicabilità dell’art. 57, cit.), occorre confermare il provvedimento gravato.

Provvedimento il cui percorso motivazione giunge ad esiti corretti.

11.  Data però la novità della questione, val la pena di arricchire ulteriormente la motivazione posta a fondamento della selezione (che il G.E. opera per individuare l’ampiezza dei poteri spettantigli nella fattispecie) tra crediti non tributari e tributari e, nell’ambito di questi ultimi, tra fatti estintivi deducibili solo innanzi alle Commissioni tributarie e fatti estintivi deducibili solo innanzi al Tribunale.

12. Rileva considerare che il “confine” tra giurisdizione ordinaria e tributaria è individuato dall’art. 2, d.lgs. n. 546 del 1992, secondo cui “restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica”.

Questa disposizione si salda con quella contenuta nell’art. 57, d.p.r. n. 602 del 1973, secondo cui sono inammissibili:

  • le opposizioni di cui all’art. 617 c.p.c. relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo;
  • le opposizioni di cui all’art. 615 c.p.c. salvo che non si discuta della pignorabilità dei beni.

Da sempre si discute se l’art. 57, cit. ponga a carico del contribuente debitore una intollerabile limitazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost..

Di massima la dottrina che si è occupata del tema – che non è possibile citare in questa sede stante il divieto di cui all’art. 118, comma 3, d.a. c.p.c. – ha escluso che una tale limitazione si configuri con riguardo all’opposizione agli atti esecutivi, posto che le contestazioni “inammissibili” ex art. 57, cit. sono comunque proponibili in sede di impugnazione degli atti ex art. 19, commi 1 e 3, d.lgs. n. 546 del 1992 innanzi alle Commissioni tributarie.

Questa lettura – dopo qualche oscillazione – ha trovato seguito anche nella giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, quanto al tema delle opposizioni con le quali si faccia valere – attraverso l’impugnativa di un atto esecutivo (ad es. il pignoramento) – un vizio relativo ad atti prodromici allo stesso (ad es. la mancata notifica della cartella di pagamento o dell’avviso di intimazione).

In questo caso, ad avviso della più recente giurisprudenza, l’opposizione “al pignoramento” posto in essere per il recupero di crediti tributari ove sia dedotta l’omessa notifica degli atti presupposti (ad esempio della cartella di pagamento) rientra nella giurisdizione del giudice tributario, in quanto (deve ritenersi) viene in rilievo una tutela “recuperatoria” ex art. 19, comma 3, d.lgs. 546 del 1992 (che ammette la possibilità di impugnare gli atti di cui al primo comma della citata disposizione anche in occasione del primo atto successivo che abbia consentito la conoscenza degli stessi) [Cass. S.U., 5.6.2017, n. 13913 e 13916].

Pertanto non si configura qui alcuna limitazione di tutela.

Con riferimento alle contestazioni riguardabili come opposizione all’esecuzione, la questione si pone diversamente.

Il fatto estintivo (ad es. il pagamento o la prescrizione) che voglia esser fatto valere dopo l’inizio dell’esecuzione non potrebbe esser dedotto innanzi al Giudice tributario in virtù di quanto disposto dall’art. 2, cit.; ma nemmeno innanzi al G.O., stante quanto previsto dall’art. 57, cit.

Alla luce di queste considerazioni, di recente, la Corte Costituzionale (31.5.2018, n. 114) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale ultima norma “nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all'avviso di cui all'art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 615 del codice di procedura civile”.

Opposizioni che, quindi, vanno ammesse senza limiti, posto che – diversamente opinando – per il contribuente sarebbero proponibili solo le azioni di ripetizione senza che sia possibile contestare l’ingiustizia dell’esecuzione compiuta nei suoi confronti stante l’insussistenza (per esservi stato un fatto estintivo del credito) del diritto di procedere in via esecutiva.

Ciò nondimeno – ricordato che la predetta pronuncia trae l’abbrivio dalla rimessione del Trib. Trieste ove veniva in rilievo la violazione dell’art. 7, comma 1, lett. m), d.l. n. 70 del 2011, che prevede che in caso di richiesta di sospensione giudiziale degli atti esecutivi non si procede ad esecuzione fino alla decisione del Giudice e comunque fino al centoventesimo giorno - la dottrina e la giurisprudenza successive a tale pronuncia hanno operato una lettura limitativa quanto ai fatti estintivi deducibili in sede di opposizione all’esecuzione.

La dottrina – che non è possibile citare in questa sede stante il divieto disposto dall’art. 118, comma 3, d.a. c.p.c. – ha notato quanto segue.

Non vi è dubbio che, in astratto, la prescrizione rientri tra i fatti estintivi della pretesa creditoria da far valere in sede di opposizione all’esecuzione.

Tuttavia, se di opposizione all’esecuzione si parla, è chiaro che non si può prescindere dall’orientamento secondo cui, quanto meno con riferimento ai titoli giudiziali che possono essere ridiscussi in sede di impugnazione (in senso lato), i soli fatti estintivi deducibili sono quelli maturati successivamente alla formazione del titolo; cioè i soli fatti che il debitore non ha potuto opporre in precedenza.

Questa considerazione è corroborata da un argomento logico fondato sull’apprezzamento della ratio dedicendi posto alla base della richiamata pronuncia di incostituzionalità.

La Corte Costituzionale ha inteso realizzare una simmetria complementare tra i rimedi attivabili innanzi al Giudice tributario e quelli (oggi) attivabili innanzi al Giudice dell’esecuzione.

Si ritiene, in specie, che, fin quando vi sia un rimedio attivabile innanzi alle Commissioni tributarie, a monte, oltretutto per far valere una causa estintiva del credito sottostante, non vi sia spazio per (e prima ancora la necessità di) un rimedio da proporre, ad esecuzione avviata (cioè a valle), davanti al Giudice ordinario.

La prescrizione del credito tributario maturata dopo la notifica della cartella ma prima dell’avviso di mora va dedotta in sede di impugnazione di tale atto (se conosciuto); altrimenti detto, il fatto estintivo in questione si colloca al di qua della linea di demarcazione tra le giurisdizioni che la Corte assume come dato di partenza del proprio argomentare.

Per le stesse ragioni, ma sul rilievo che la prescrizione maturata dopo l’avviso di mora si collochi al di là del limite esterno della giurisdizione tributaria, l’unica sede in cui tale fatto (estintivo del diritto di procedere in via esecutiva) potrà essere eccepito è l’opposizione all’esecuzione e l’inammissibilità di tale azione si tradurrebbe in un intollerabile vuoto di tutela (vuoto che, appunto, l’intervento manipolativo della Corte è diretto, evidentemente, a colmare).

Anche la giurisprudenza di merito pronunciatasi successivamente appare dello stesso avviso (Trib. Napoli Nord, sentenza 10.7.2018, in proc. 1005/2017; Trib. Napoli Nord, ordinanza 15.3.2018, in proc. 4012/2018; Trib. Catania, sentenza 9.2.2019).

13. Orbene, è lo stesso reclamante (olim opponente) a far presente di aver ricevuto l’avviso di mora in data 13.11.2017 onde appare evidente, dato che le cartelle retrostanti attengono a crediti remoti, che il fatto estintivo (prescrizione) sia maturato prima della notifica di tale atto e che, quindi, andasse dedotto (in ragione di quanto detto) innanzi al Giudice tributario (si ricordi, per completezza, che l’avviso di mora è atto impugnabile ex art. 19, d.lgs. n. 546 del 1992).

14. Stante la sostanziale indefensio dell’Agente della riscossione va dichiarato che non vi è luogo a provvedere sulle spese della presente fase.

 

P.Q.M.

Il Collegio così provvede:

rigetta il reclamo;

dichiara che non vi è luogo a provvedere sulle spese della fase.

dispone la comunicazione a cura della Cancelleria della presente ordinanza.

Aversa, 22.3.2019

Il Presidente

dott. Arminio Salvatore Rabuano

Il Giudice estensore

dott. Alessandro Auletta