Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21782 - pubb. 11/01/2019

Scioglimento dei contratti di appalto in caso di fallimento ed eccezioni opponibili dal garante

Cassazione civile, sez. III, 21 Aprile 1999, n. 3964. Est. Lupo.


Contratto autonomo di garanzia - Eccezioni relative al rapporto principale - Inopponibilità - Conseguenze - Estinzione di tale rapporto - Irrilevanza - Fattispecie relativa all'incidenza della dichiarazione di fallimento del soggetto garantito



Nei contratti autonomi di garanzia il garante non può opporre eccezioni in ordine alle vicende del rapporto principale e quindi neanche eccepire la sopravvenuta estinzione del medesimo. (Fattispecie relativa a polizza cauzionale stipulata a garanzia dell'esecuzione di opere inerenti a convenzioni urbanistiche; la S.C., in base all'accertata natura giuridica del contratto e al riportato principio di diritto, ha ritenuto irrilevante la questione circa l'applicabilità o meno al rapporto principale della norma dell'art. 81 legge Fall. sullo scioglimento dei contratti di appalto in caso di fallimento). (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Antonio IANNOTTA - Presidente -
Dott. Ernesto LUPO - Rel. Consigliere -
Dott. Francesco SABATINI - Consigliere -
Dott. Vincenzo SALLUZZO - Consigliere -
Dott. Antonio SEGRETO - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

 

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:

T. ASSIC SPA, in persona dell'Amministratore Delegato e Direttore Generale Rag. F. T., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE MAZZINI 88, presso lo studio dell'avvocato G. B., che lo difende unitamente agli avvocati C. T., T. T., giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

COM FICULLE, POMONA SECONDA SPA, FILLADE SPA, ECERNO SPA, FALL SOGEAG SRL;

- intimati -

e sul 2^ ricorso n^ 04708/97 proposto da:

COM FICULLE, in persona del Sindaco pro tempore, dr. F. B., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIOVANNI SEVERANO 35, presso lo studio dell'avvocato G C., difeso dall'avvocato G. G., giusta delega in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

nonché contro

T. ASSIC SPA, in persona dell'Amministratore Delegato e Direttore Generale Rag. F. T., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE MAZZINI 88, presso lo studio dell'avvocato G. B., che lo difende unitamente agli avvocati C. T., T. T., giusta delega in atti;

- controricorrente al ricorso incidentale -

e sul 3^ ricorso n^ 03357/97 proposto da:

FILLADE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, POMONA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, ECERNO SPA,in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA ARCHIMEDE 35, presso lo studio dell'avvocato L. F., che li difende, giusta delega in atti;

- ricorrente -

nonchè contro

COM FICULLE, T. ASSIC SPA, FALL SOGEAG SRL;

- intimati -

e sul 4^ ricorso n^ 04709/97 proposto da:

COM FICULLE, in persona del Sindaco pro tempore, dr. F. B., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIOVANNI SEVERANO 35, presso lo studio dell'avvocato G. C., difeso dall'avvocato G. G., giusta delega in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

nonché contro

POMONA SPA, FILLADE SPA, ECERNO SPA;

- intimati -

avverso la sentenza n. 221/96 della Corte d'Appello di PERUGIA, emessa il 25/6/96 depositata il 26/10/96; RG.39/94;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/12/98 dal Consigliere Dott. Ernesto LUPO;
udito l'Avvocato T. T.;
udito l'Avvocato L. F.;
udito l'Avvocato G. G.;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo NARDI che ha concluso per previa riunione dei quattro ricorsi rigetto ricorsi principale ed accoglimento degli incidentali.

 

Svolgimento del processo.

Nel 1989 la Sogeag s.r.l. stipulò con il Comune di Ficulle due convenzioni di lottizzazione obbligandosi, in proroga di impegni precedentemente assunti, ad eseguire determinate opere di urbanizzazione, per la cui esecuzione fu prestata garanzia con tre "polizze fideiussorie cauzioni" dalla T. Assicurazioni s.p.a., la quale convenne con la Sogeag e con altre tre società (la Pomona s.p.a., la Fillade s.p.a. e la Ecerno s.p.a.) che, in caso di sua escussione, essa avrebbe avuto diritto di rivalersi nei loro confronti.
Con sentenza del Tribunale di Orvieto del 27 febbraio 1990 fu dichiarato il fallimento della Sogeag. Con lettera del 9 gennaio 1992 il Comune di Ficulle chiese alla T. Assicurazioni il pagamento di una parte delle somme oggetto di fideiussione, asserendo che le opere di urbanizzazione erano rimaste in parte ineseguite, ma le tre società coobbligate intimarono alla compagnia assicuratrice di non pagare, sostenendo che il fallimento della Sogeag aveva comportato lo scioglimento delle convenzioni e l'estinzione delle relative obbligazioni, principale e di garanzia.
Tanto premesso, e tenuto conto che il Comune di Ficulle aveva insistito per l'adempimento, la T. Assicurazioni, con atto di citazione del 17 giugno 1992, convenne in giudizio davanti al Tribunale di Orvieto il menzionato comune e le tre indicate società (la Pomona, la Fillade e la Ecerno) per fare accertare che il fallimento della Sogeag aveva determinato lo scioglimento delle convenzioni e l'estinzione delle relative obbligazioni, nonché di quelle fideiussorie. In subordine, la società assicuratrice sostenne che il comune era incorso nella decadenza di cui all'art. 1957 c.c. e, in ulteriore subordine, chiese determinarsi l'entità delle somme da lei dovute al comune e la condanna delle tre società convenute a rimborsarle quanto fosse dichiarata a pagare.
Il Comune di Ficulle si costituì in giudizio chiedendo il rigetto di tutte le domande formulate nei suoi confronti e proponendo domanda riconvenzionale per sentire condannare la parte attrice al pagamento di alcune somme (L.628.039.837; L.332.909.155; L.114.766.258; L.21.900.000), corrispondenti alle opere necessarie nei comparti già attuati. Si costituirono anche, congiuntamente, le tre società Pomona, Fillade ed Ecerno, le quali si affiancarono alla parte attrice nel sostenere l'estinzione delle fideiussioni instando altresì per il rigetto della domanda subordinata proposta nei loro confronti dalla medesima attrice.
Il giudice istruttore autorizzò la chiamata in causa del fallimento Sogeag ex art. 106 c.p.c. ed a ciò provvidero le tre società convenute. Il fallimento si costituì sostenendo che le obbligazioni della Sogeag si erano estinte in applicazione dell'art.81 legge fall., tenuto conto che il curatore non era subentrato nel rapporto.
Il Tribunale adito, con la sentenza depositata il 29 novembre 1993, negò che il fallimento della Sogeag avesse comportato l'estinzione di tutte le obbligazioni derivanti dalla convenzione di lottizzazione, ritenendo innanzitutto inapplicabile l'art.81 legge fall. ed osservando che, comunque, detto articolo, anche se fosse applicabile, non avrebbe determinato l'estinzione delle obbligazioni relative ai comparti edificatori già attuati, ma avrebbe riguardato le sole prestazioni concernenti i comparti non realizzati. In ordine alle obbligazioni fideiussorie, il Tribunale ritenne che le polizze della T. contenevano contratti di garanzia autonoma, rigettò le eccezioni di estinzione di detta garanzia per le cause previste dagli artt. 1955, 1956 e 1957 c.c., ritenne però che il credito del comune sarebbe divenuto esigibile solo dopo che le opere di lottizzazione (nel loro insieme o relativamente a ciascuna opera, a scelta del creditore) fossero state realizzate dal comune con la conseguente determinazione dei relativi costi. Il Tribunale, pertanto, dichiarò che la T. Assicurazioni era tenuta, quale garante della Sogeag, a indennizzare il comune "nei sensi e nei limiti di cui in motivazione" e che le tre società convenute erano tenute a manlevarla per le somme da essa dovute; respinse la domanda riconvenzionale del comune. Avverso la sentenza del Tribunale le tre società Pomona, Fillade ed Ecerno proposero appello, al quale la T. si associò con impugnazione incidentale. Il Comune di Ficulle, dal canto suo, propose appello incidentale avverso il rigetto della domanda riconvenzionale. Il fallimento Sogea restò contumace. La Corte di appello di Perugia, con la sentenza depositata il 26 ottobre 1996, confermava la pronunzia di primo grado, osservando in motivazione che: a) non era applicabile l'art.81 legge fall., poiché la convenzione di lottizzazione non è assimilabile al contratto di appalto; b) le polizze fideiussorie stipulate con la T. recavano contratti autonomi di garanzia, onde, accertata la non esatta esecuzione delle opere di urbanizzazione in dette polizze previste, il comune era legittimato a pretendere le somme indicate in garanzia;
c) tale non esatta esecuzione non era stata, però, indicata dal comune, onde non poteva essere accertato l'inadempimento della Sogeag, che costituiva il presupposto del diritto a pretendere le somme garantite. La Corte riteneva che quest'ultima considerazione giustificava il rigetto della domanda riconvenzionale del comune, mentre non condivideva la ratio decidendi espressa dal Tribunale a fondamento del medesimo rigetto; al riguardo essa rilevava che, secondo le pattuizioni, il comune, in conseguenza dell'inadempienza della Sogeag, non era tenuto ad eseguire le opere di urbanizza ione prima di ottenere le somme indicate in garanzia, ma poteva determinarne il costo con una previsione preventiva, nel rispetto del limite di massimale.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia, la T. Assicurazioni ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi, ai quali il Comune di Ficulle ha resistito con controricorso e ricorso incidentale, sulla base di due motivi, ai quali la T. risponde con controricorso. Hanno proposto ricorso anche le tre società Fillade, Pomona ed Ecerno, deducendo cinque motivi, illustrati con memoria, ai quali il Comune di Ficulle resiste con controricorso e ricorso incidentale, di contenuto uguale a quello proposto nei confronti della T..

 

Motivi della decisione.

1.- I quattro ricorsi presentati vanno riuniti essendo stati proposti avverso la medesima sentenza (art.335 c.p.c.). 2.- Con il primo motivo del ricorso proposto dalla T. Assicurazioni si deduce violazione degli artt. 1945 e 1362 c.c. e omessa motivazione su un punto decisivo (art. 360 n.3 e 5 c.p.c.). La ricorrente, censurando la parte della sentenza impugnata in cui si è ravvisato nelle tre polizze di cui qui si discute contratti autonomi di garanzia, sostiene che la Corte di appello ha fondato tale pronuncia sul presupposto che tutte le polizze fideiussorie emesse dalle compagnie assicuratrici siano portatrici di garanzie autonome, senza rendersi conto che quelle emesse dalla T. nel caso di specie, per i contenuti che presentano, non avevano tali caratteristiche. La ricorrente, infatti, richiama i principi espressi dalla Cassazione in tutte le sentenze in cui si è affermata l'esistenza di una garanzia autonoma, con riferimento a fattispecie in cui era presente la clausola del pagamento da parte del fideiussore "a semplice richiesta" o "a prima richiesta" o "senza eccezioni"; osserva che le polizze in discorso sono prive di tale contenuto, perché prevedono soltanto che il pagamento debba essere effettuato nel termine massimo di trenta giorni dal ricevimento della richiesta, mentre a nulla rileva la preclusione di eccezioni da parte dell'obbligato, essendo essa riferita ai rapporti tra la società assicuratrice e l'assicurato ai quali è estraneo il soggetto garantito. La ricorrente rileva, infine, che, qualora si ritenga che i giudici di appello non abbiano ignorato l'esistenza di due categorie di polizze fideiussorie (quelle contenenti garanzie autonome e quelle con obbligazioni di garanzia accessorie a quella principale) ed abbiano interpretato il testo delle polizze di cui si discute nel senso di ravvisarvi una garanzia autonoma, la sentenza sarebbe censurabile perché dalla sua motivazione non emergono le ragioni di tale interpretazione.
Il motivo di ricorso è infondato.
Al contrario di quanto afferma la parte ricorrente, la sentenza impugnata ha tenuto presente la distinzione tra i due menzionati tipi di polizze fideiussorie, ritenendo che le tre polizze sottoscritte dal comune garantito, dal debitore principale (società Sogeag) e dalla società garante (T. Assicurazioni) contengano una garanzia autonoma della società assicuratrice, e non una garanzia accessoria all'obbligazione principale di esatta esecuzione delle opere di urbanizzazione. A siffatta conclusione la Corte di appello è pervenuta sulla base del contenuto della clausola n.5 delle tre dette polizze, che essa ha interpretato in modo conforme al significato attribuitole dal Tribunale; il che dà ragione della stringatezza (sul punto) della sentenza impugnata, che infatti contiene un rinvio alle argomentazioni della sentenza di primo grado, che la Corte ha dichiarato espressamente di condividere.
La interpretazione data dal giudice del merito al contenuto delle tre polizze in discorso è corretta sotto l'aspetto logico- giuridico, non sussistendo le violazioni di legge lamentate dalla ricorrente.
La clausola n.5 delle tre polizze - trascritta nel ricorso per cassazione - è del seguente tenore: "Il pagamento delle somme dovute in base alla polizza sarà effettuato dalla Società (scil.: T. Assicurazioni) entro il termine massimo di 30 giorni dal ricevimento della richiesta scritta del Comune Garantito, restando inteso che, ai sensi dell'art.1944 C.C., la Società non godrà del beneficio della preventiva escussione del Contraente. - Il pagamento avverrà dopo un semplice avviso al Contraente senza bisogno di preventivo consenso da parte di quest'ultimo, che nulla potrà eccepire alla Società in merito al pagamento stesso".
La Corte di appello e - con maggiore ampiezza di argomentazione - il Tribunale hanno attribuito decisivo rilievo, nella interpretazione della clausola trascritta, alla previsione contrattuale che il debitore principale (denominato nella clausola come "Contraente", avendo anche egli sottoscritto la polizza fideiussoria) non può opporsi al pagamento (che il creditore abbia richiesto al garante) facendo valere le eccezioni derivanti dal rapporto principale, eccezioni che, inoltre, egli non potrà opporre neanche al garante dopo che questi abbia effettuato il pagamento. Su quest'ultimo aspetto è ancora più chiara la clausola contenuta nell'art.6 delle polizze (pur essa trascritta dalla parte ricorrente), secondo cui "il Contraente si impegna a rimborsare alla Società, a semplice richiesta, tutte le somme da questa versate in forza della polizza per capitali, interessi e spese, con espressa rinuncia ad ogni e qualsiasi eccezione, comprese quelle previste dall'art. 1952 C.C.". L'esclusione della legittimazione del debitore principale a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale (prevista dalla seconda parte della clausola n. 5), eccezioni che il debitore principale non potrà opporre neanche al garante successivamente al pagamento da questo effettuato (clausola n. 6), costituisce una chiara deroga alla accessorietà della obbligazione fideiussoria e sancisce l'autonomia dell'obbligazione di garanzia assunta dalla società assicuratrice rispetto all'obbligazione principale. Nella disciplina legale della fideiussione, infatti, il fideiussore ha l'onere di preavvisare il debitore principale che intende procedere al pagamento (art. 1952, secondo comma, c.c.) e tale preavviso ha lo scopo di mettere il debitore principale in condizione di fare tempestiva opposizione al pagamento ove sussistano idonee ragioni da eccepire al creditore (ragioni poi opponibili al fideiussore che abbia pagato senza osservare l'onere del preavviso). Secondo le pattuizioni in esame, invece, il debitore principale, pur avvisato della richiesta di pagamento formulata dal creditore garantito, non può opporre alcuna contestazione in ordine a tale pagamento, poiché il garante non ha bisogno del suo consenso per effettuarlo e per poi pretendere da lui, "a semplice richiesta", il rimborso delle somme pagate. Correttamente, quindi, la Corte di appello ha ravvisato nelle tre polizze esaminate la pattuizione atipica di un contratto autonomo di garanzia, la cui caratteristica fondamentale che lo distingue dalla fideiussione è l'assenza dell'elemento dell'accessorietà della garanzia, onde il garante si impegna a pagare al creditore senza possibilità di opporre le eccezioni che spettano al debitore principale, in deroga alla regola essenziale della fideiussione posta dall'art.1945 c.c.. Tale contratto atipico viene ritenuto ammissibile nel nostro ordinamento (v., da ultimo, Cass. 6 aprile 1998 n. 3552; 11 febbraio 1998 n. 1420), con orientamento giurisprudenziale peraltro non contestato dalla parte ricorrente.
Nel ricorso si sostiene, invece, che nella clausola n. 5 non possa essere ravvisata una garanzia autonoma poiché in essa si prevede che il pagamento del garante deve avvenire entro il termine massimo di trenta giorni dalla richiesta del creditore, anziché "a semplice richiesta" o "a prima richiesta " del creditore. Va, al riguardo, osservato che l'uso dell'una o dell'altra espressione letterale non è decisiva per l'interpretazione del tipo di garanzia pattuita tra le parti (art. 1362, primo comma, c.c.), che va desunto piuttosto dalla relazione in cui le parti hanno inteso porre l'obbligazione principale e l'obbligazione di garanzia. D'altro canto la formula "a semplice richiesta" si rinviene nella disciplina dei rapporti tra garante e debitore principale (clausola n. 6), onde, se si seguisse la interpretazione delle polizze sostenuta dalla società ricorrente, si avrebbe il risultato di una polizza fideiussoria che garantisce più l'impresa assicuratrice che il creditore a cui favore essa è stipulata.
Al contrario, l'interpretazione data ai contratti dal giudice del merito è pienamente coerente con la funzione da essi perseguita, e cioè con il tipo di obbligazioni con essi garantite. Come risulta dalla denominazione di "polizza fideiussoria cauzioni", la sua stipulazione è alternativa ad un reale deposito cauzionale che la normativa vigente spesso impone a garanzia di obbligazioni verso enti pubblici (v., in generale, l'art. 13 della legge 3 gennaio 1978 n.1). La sicurezza che un deposito cauzionale in denaro offre al suo beneficiario è realizzata da un contratto autonomo di garanzia, che assicura la soddisfazione immediata dell'interesse economico del creditore a ricevere un pagamento sostitutivo dell'adempimento del debitore.
3.- Con il secondo motivo di ricorso la T. deduce la violazione dell'art.81 legge fall. e dell'art.12 disp. prel. c.c. (art.360 n.3 c.p.c.), censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che alle convenzioni di lottizzazione non fosse applicabile in via analogica l'art.81 citato. Al riguardo la ricorrente critica analiticamente gli argomenti espressi dalla Corte di appello a fondamento del proprio convincimento.
Tale parte della sentenza è censurata anche dal primo motivo del ricorso proposto dalle tre società, le quali osservano che principio fondamentale per i contratti aventi ad oggetto un facere per il fallito è quello secondo cui la dichiarazione di fallimento comporta lo scioglimento automatico del rapporto, salvo che il curatore dichiari di subentrare in esso. Tale principio è applicabile anche per le convenzioni di lottizzazione, che hanno un contenuto composito, in parte pubblicistico ed in parte privatistico, tenuto conto che, nel caso di specie, vengono in rilievo le conseguenze dell'inadempimento di obblighi privatistici (realizzazione delle opere di urbanizzazione).
Il motivo di ricorso è inammissibile per difetto di interesse. Invero le questioni poste dalle parti ricorrenti, pure se affrontate dalla sentenza impugnata, perdono ogni possibile rilievo ai fini della decisione della causa una volta stabilito che le polizze fideiussorie recano contratti autonomi di garanzia. Da tale contratto deriva, infatti, la impossibilità per il garante di opporre eccezioni in ordine alle vicende del rapporto principale (v., ex plurimis, Cass. 11 febbraio 1998 n. 1420; 25 febbraio 1994 n. 1933), e quindi anche di eccepire la sopravvenuta estinzione dell'obbligazione, assunta dal debitore principale verso il comune, di esecuzione delle opere di urbanizzazione. Consegue che, anche se il motivo di ricorso si rivelasse fondato, non ne deriverebbe l'estinzione delle obbligazioni di garanzia assunte dalla T. Assicurazioni e dalle tre società ricorrenti.
4.- Con il terzo motivo la T. deduce la omessa motivazione su un punto decisivo (art. 360 n.5 c.p.c.), lamentando che la Corte di appello non abbia preso in esame la questione, proposta con motivo di impugnazione, della decadenza del Comune dalla garanzia ai sensi dell'art. 1957 c.c., essendo trascorso - dalla dichiarazione di fallimento della Sogeag - il semestre entro il quale esso avrebbe dovuto proporre le proprie istanze giudiziali.
La stessa censura di vizio di motivazione, anche se sviluppata con più ampie considerazioni, forma oggetto del secondo motivo del ricorso delle tre società, che, inoltre, con il terzo motivo, deducono la violazione e falsa applicazione dell'art. 1957 c.c., osservando che la polizza sottoscritta dalla T. Assicurazioni non contiene alcuna deroga al disposto di tale articolo. I motivi di ricorso sono infondati.
Non sussiste la lamentata omessa motivazione della sentenza impugnata sulla mancata applicazione dell'art. 1957 c.c. (che prevede una causa di estinzione della fideiussione), se si tiene presente che detta sentenza, in ordine all'accertamento dell'obbligo di garanzia della compagnia di assicurazione e delle tre società convenute, dopo avere qualificato detta garanzia come autonoma e non fideiussoria, ha recepito (v. pag. 20) tutte le altre argomentazioni della sentenza di primo grado, che ha, con ampia motivazione, preso in esame l'eccezione di estinzione ex art. 1957, ritenendo che tale articolo non trovi automatica applicazione nel contratto autonomo di garanzia e, inoltre, che, nel caso di specie, esso sia incompatibile con una clausola delle tre polizze fideiussorie.
La motivazione sul punto del Tribunale, formalmente recepita dalla Corte di appello, è giuridicamente corretta.
Ed invero l'art. 1957 c.c. rientra, secondo il comune orientamento dottrinale, tra le disposizioni su cui si fonda l'accessorietà dell'obbligazione fideiussoria poiché instaura un collegamento tra la scadenza dell'obbligazione di garanzia e quella dell'obbligazione principale. Tale disposizione, quindi, se è coerente con il carattere accessorio della fideiussione, non si applica in linea di principio, all'obbligazione autonoma di garanzia (che, come si è detto, non presenta detto carattere), salvo che sia contrattualmente richiamata dai contraenti. Nel caso di specie, come ha osservato il Tribunale, detto richiamo non vi è; il che è sufficiente per rendere inapplicabile l'invocato art 1957, a prescindere dalla presenza nelle polizze di una clausola incompatibile con quest'ultimo articolo (come è stato affermato dal Tribunale, ma tale 1Sarw del contratto non ha formato oggetto di discussione nel giudizio davanti a questa Corte).
D'altro canto, si è già ammesso che l'art. 1957 possa essere derogato dalle parti di un contratto di fideiussione (v., ex plurimis, Cass. 22 giugno 1993 n. 6897; 20 agosto 1992 n. 9719), onde non assume un carattere di inderogabilità tale da ritenerne necessario il rispetto anche dalle parti di un contratto autonomo di garanzia.
5.- Con il quarto motivo, proposto in via subordinata, le società ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione e vizi di motivazione relativamente al combinato disposto dell'art. 12 disp. prel. c.c. e degli artt. 1955, 1956 e 1957 c.c., nonché agli artt. 1175, 1176 e 1375 c.c.. Le ricorrenti osservano che, anche qualora si accettasse la interpretazione della polizza fideiussoria come contratto autonomo di garanzia, le eccezioni previste dagli artt. 1955-1957 c.c. sarebbero opponibili da parte del garante per la violazione del principio di buona fede nella esecuzione dei contratti da parte del comune, che non ha provveduto a presentare domanda di ammissione al passivo nel fallimento della Sogeag, compromettendo così la possibilità che le garantì, dopo avere pagato, si rivalessero sull'attivo fallimentare.
Il motivo di ricorso è inammissibile perché introduce un tema (la violazione del principio di buona fede) e questioni (relative all'applicazione degli artt.1955 e 1956 c.c.) che non sono state prospettate nel giudizio di secondo grado, onde sono ormai precluse in questa sede (v., da ultimo, Cass. 29 settembre 1998 n. 9711). Con riferimento alla violazione degli artt.1955 e 1956 va, ancora, osservato che il Tribunale ha ritenuto infondate, con diverse argomentazioni, le eccezioni di estinzione delle garanzie in applicazione delle due dette disposizioni, ma questa parte della sentenza di primo grado non ha formato oggetto di impugnazione davanti alla Corte di appello.
6.- Sia il quinto motivo del ricorso delle tre società, sia i due ricorsi incidentali (di uguale contenuto) del Comune di Ficulle censurano la pronunzia di rigetto della domanda riconvenzionale dello stesso comune.
Al riguardo le società ricorrenti deducono la contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un punto decisivo della controversia ed il palese contrasto tra la motivazione ed il dispositivo. Le ricorrenti rilevano che il dispositivo di tale sentenza ha confermato la pronunzia di primo grado, pur se nella motivazione non è stato condiviso l'assunto del Tribunale. Detta motivazione è, inoltre, contraddittoria poiché la Corte di appello ha affermato di non poter controllare il presupposto del diritto del comune di pretendere le somme garantite, ma non ne ha fatto derivare una pronunzia di accertamento negativo di tale diritto, confermando invece la pronunzia di primo grado di accertamento dell'obbligo della compagnia assicuratrice di pagare al comune le somme di cui ai contratti di garanzia (e del conseguente obbligo di manleva a carico delle società ricorrenti). In tal modo è stata emessa una sentenza di accertamento futura e condizionata, che risulta estranea al nostro sistema.
Il comune, dal canto suo, deduce, con il primo motivo, la contraddittorietà della motivazione, rilevando che la Corte di appello, da un lato, ha affermato l'esistenza di un contratto autonomo di garanzia e, dall'altro, ha ritenuto rilevante un'eccezione attinente il rapporto principale. Con il secondo motivo lamenta la violazione dell'art.2697 c.c., poiché la Corte di appello, richiedendo la prova dell'inadempimento da parte del comune, ha violato la regola dell'onere probatorio, che imponeva all'obbligata di dimostrare la insussistenza dell'inadempimento, il quale peraltro costituiva il presupposto incontestato dell'azione iniziata dalla T..
6.1.- Assume pregiudizialità logico-giuridica l'esame del ricorso del Comune, che investe in misura completa la parte in discorso della pronunzia impugnata. Detto ricorso è fondato. La clausola di pagamento per effetto della sola richiesta rivolta dal creditore al soggetto che ha prestato la garanzia autonoma comporta che, una volta formulata detta richiesta (fondata, come nel caso di specie, sul dedotto inadempimento dell'obbligato principale), non debba essere previamente accertato tale inadempimento, contrariamente a quanto ha ritenuto la Corte di appello. L'inadempimento attiene, infatti, al rapporto principale e la citata clausola contiene una rinuncia del garante a sollevare le eccezioni che traggono la loro origine dal rapporto principale. Come è stato già precisato da questa Corte (v., da ultimo, Cass. 6 aprile 1998 n. 3552), al garante autonomo è consentito opporre - delle eccezioni spettanti al debitore principale - soltanto "l'exceptio doli" del creditore, nel caso in cui la richiesta di pagamento immediato risulti "prima facie" abusiva o fraudolenta. Questa affermazione, con riferimento alla ipotesi di richiesta fondata sull'inadempimento dell'obbligazione principale, comporta che il garante possa fornire una prova certa ed incontestata dell'esatto inadempimento, la cui esistenza dimostrerebbe che la detta richiesta è abusiva, perché farebbe conseguire al creditore un'attribuzione patrimoniale priva di giustificazione, avendo la garanzia, per effetto dell'adempimento, esaurito la sua funzione. Consegue che la sentenza impugnata è errata avendo affermato che, per accogliere la richiesta del comune, era necessario accertare quali fossero in concreto le inadempienze della società che si era obbligata a compiere le opere di urbanizzazione, mentre soltanto la prova certa ed incontestata - da fornirsi dal garante - dell'esatto adempimento, ad opera della Sogeag, delle opere relative ai comparti per cui il comune ha agito potrebbe giustificare il rigetto di detta richiesta.
6.2- L'accoglimento del ricorso del comune ed il conseguente annullamento del capo impugnato comportano l'assenza di interesse delle società ricorrenti alla decisione sulle censure da esse proposte con il quinto motivo di ricorso.
6.3.- La sentenza impugnata va, perciò, cassata nella parte in cui ha rigettato la domanda riconvenzionale del comune e la causa va rinviata alla Corte di appello di Firenze, che si pronunzierà nuovamente su detta domanda, attenendosi ai principi di diritto qui espressi sub n. 6. 1.
7.- La T. Assicurazioni e le tre società Pomona, Fillade ed Ecerno, essendo soccombenti, vanno condannate in solido a pagare al Comune di Ficulle le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in dispositivo.

 

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta i ricorsi della T. Assicurazione e delle società per azioni Pomona, Fillade ed Ecerno, accoglie il ricorso incidentale del Comune di Ficulle, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto, rinvia la causa alla Corte di appello di Firenze. Condanna in solido la T. Assicurazioni e le tre indicate società per azioni al pagamento, in favore del Comune di Ficulle, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessive L.15.200.000= delle quali L. 15.000.000.per onorari di avvocato.
Così deciso in Roma, il 11 dicembre 1998.
Depositato in Cancelleria il 21 aprile 1999