Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21881 - pubb. 11/01/2019

Crediti sorti dall'esecuzione di un contratto di somministrazione nel concordato preventivo

Cassazione civile, sez. I, 05 Agosto 1996, n. 7140. Est. Bibolini.


Contratti di somministrazione - Esecuzione durante il concordato - Successiva dichiarazione di fallimento - Pagamento in prededuzione dei crediti derivanti dal predetto contratto - Condizioni



Con riferimento all'ipotesi di concordato preventivo con cessione di beni cui abbia fatto seguito la dichiarazione di fallimento, i crediti sorti dall'esecuzione di un contratto di somministrazione, maturati prima e dopo il concordato preventivo, non costituiscono spese di gestione e non possono essere soddisfatti in prededuzione nel consecutivo fallimento, ne' in applicazione estensiva o analogica dell'art. 74 legge fall., non richiamato dalle disposizioni del concordato preventivo, ne' in base al principio dell'art. 111 n. 1 legge fall., ancorché estensivamente interpretato nell'ambito della teoria della consecuzione delle procedure, quando la gestione dell'impresa non abbia costituito modalità essenziale del concordato preventivo. Quest'ultima norma, invece, trova applicazione nella procedura in esame quando la gestione dell'impresa ne abbia costituito modalità essenziale, perché sia stata parte della proposta di concordato, sia stata oggetto dell'ammissione da parte del tribunale nonché dell'approvazione da parte dei creditori e sia stata oggetto dell'omologazione finale. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Antonio SENSALE Presidente
" Angelo GRIECO Consigliere
" Giovanni LO SAVIO "
" Gian Carlo BIBOLINI Rel. "
" Alessandro CRISCUOLO "
ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 1019392 proposto

da

ENTE NAZIONALE PER L'ENERGIA ELETTRICA - ENEL - con sede in Roma, in persona del Direttore del Compartimento di Venezia e del Direttore del settore amministrativo del predetto compartimento, elettivamente domiciliato in Roma, via F. Confalonieri n. 5, presso l'Avv. Luigi Manzi che lo rappresenta e difende unitamente all'Avv. Paolo Bortoluzzi, come da procura speciale rilasciata con atto 9 gennaio 1992 ed autenticata dal Dr. Giovanni Candiani, rep. n. 91411.

Ricorrente

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA S.P.A. DETROIT SEM;

Intimata

e sul ricorso n. 11209-92 proposto

da

S.P.A. - ENEL - con sede in Roma, in persona del Direttore del Compartimento di Venezia e del Responsabile della segreteria generale del predetto compartimento, nelle rispettive qualità e quali procuratori dell'ente, elettivamente domiciliata in Roma, via F. Confalonieri n. 5, presso l'Avv. Luigi Manzi che lo rappresenta e difende unitamente all'Avv. Paolo Bortoluzzi, come da procura speciale rilasciata con atto 23 settembre 1992 autenticata dal Dr. Giovanni Candiani, rep. n. 92454.

Ricorrente

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA S.P.A. DETROIT SEM, rappresentata e difesa dall'Avv. Dario Culot, per decreto in data 20 ottobre 1992 del giudice delegato al fallimento e procura speciale a margine del controricorso, elettivamente domiciliata in Roma, via Licinio Calvo n. 41, presso l'Avv. Giuliana Poletti Pane.

Controricorrente

avverso la sentenza n. 368-91 pronunciata dalla Corte d'Appello di Trieste in data 11 settembre 1991;
udita la relazione del consigliere Gian Carlo Bibolini;
sentiti gli Avv.ti Manzi e Culot i quali hanno chiesto rispettivamente l'accoglimento ed il rigetto dei ricorsi;
sentito il P.M. Dott. Giovanni Lo Cascio il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;


FATTO

La s.p.a. Detroit Sem era stata ammessa alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni, concordato successivamente omologato.
A distanza di due anni dall'omologazione il tribunale di Gorizia, con sentenza in data 14 settembre 1984, aveva dichiarato la risoluzione del concordato ed il conseguente fallimento della predetta società.
Lo ENEL, con istanza del 9 ottobre 1984, aveva chiesto l'ammissione al passivo del fallimento di un proprio credito per somministrazione di energia elettrica, credito che per L. 14.894.655 era relativo ad erogazione relativa al periodo anteriore al concordato preventivo, per L. 46.475.564 era inerente ad erogazioni nel periodo di concordato preventivo (crediti per i quali tutti veniva chiesto il riconoscimento della prededucibilità) e per L. 17.408.850 in via chirografaria a titolo di interessi maturati fino alla data del fallimento.
L'intero credito era riconosciuto nella sua entità e nella sua fonte con l'ammissione al passivo; in detta sede, peraltro, al credito veniva riconosciuto rango chirografario.
Con ricorso depositato in data 10 luglio 1986 presso il Tribunale di Gorizia lo ENEL proponeva opposizione allo stato passivo chiedendo il riconoscimento della prededucibilità del credito nell'entità indicata nell'originaria istanza di ammissione, facendo rilevare che le erogazioni, già correnti prima del concordato, erano proseguite posteriormente tanto che con raccomandata 29 settembre 1982 aveva invitato il Commissario a confermare il subentro nel contratto in corso e con successiva raccomandata 6 dicembre 1982 aveva precisato al commissario che i crediti per erogazioni ante procedura concordataria dovevano intendersi collocati in prededuzione "come stabilito dalla giurisprudenza"; aggiungendo che il subentro della procedura concordataria nella somministrazione comportava l'integrale pagamento delle forniture pregresse in quanto la giurisprudenza aveva affermato "l'insensibilità dei rapporti giuridici preesistenti all'assoggettamento dell'utente alla procedura di concordato preventivo".
L'opposizione era rigettata con sentenza del 24 marzo 1989 dal Tribunale di Gorizia, il quale riteneva che i crediti contratti dall'imprenditore dopo la sua ammissione al concordato preventivo non fruissero della qualificazione in anteclasse, stante la funzione meramente liquidatoria di detta procedura (a differenza dell'amministrazione controllata) rispetto alla quale rimane estranea l'eventuale continuazione dell'esercizio dell'impresa da parte del debitore. Su appello della s.p.a. ENEL e nel contraddittorio della curatela, pronunciava la Corte d'Appello di Trieste che dava piena conferma alla pronuncia di primo grado, ribadendo il principio secondo cui i debiti contratti dall'imprenditore nel corso del concordato preventivo, ancorché autorizzati, non rispondono ad un interesse dalla massa, in quanto detta procedura è volta alla liquidazione dell'impresa e, quindi, ad una finalità cui resta estranea l'eventuale prosecuzione della sua attività. D'altronde, se vi è una fase del concordato volta alla conservazione patrimoniale, l'amministrazione del patrimonio finalizzata a tale conservazione costituisce funzione del debitore non spossessato, alla quale restano estranei gli organi della procedura che soli possono assumere debiti prededucibili ai sensi dell'art. 111 n. 1 L.F..
Avverso detta sentenza la s.p.a. ENEL proponeva i due ricorsi per cassazione indicati in epigrafe (che sono identici nel contenuto, ancorché distinti nell'intestazione e nei soggetti che hanno la legale rappresentanza dello ENEL, prima come ente e poi come società per azioni), sulla base di due motivi integrati da memoria;
depositava controricorso la curatela fallimentare con riferimento solo al secondo ricorso.


DIRITTO

I due ricorso, in quanto identici nei motivi e proposti nei confronti della stessa sentenza, debbono essere riuniti e trattati unitariamente.
I ).
Con il primo mezzo di cassazione la società ricorrente deduce la violazione degli artt. 1559, 1561, 1562, 1564, 1461, 1181 C.C. e degli artt. 74, 111, 167 e 188 L.F., in relazione agli artt. 112 c.p.c. e 360 n. 3 e 5 c.p.c. La ricorrente richiama la giurisprudenza di questa corte relativa all'applicabilità dell'art. 74 L.F. all'amministrazione controllata ed alla erogazione di energia elettrica continuata in amministrazione controllata (Cass. sent. 18 ottobre 1990 n. 10167), sulla base del concetto che l'art. 74 costituisce applicazione del principio generale di unitarietà del rapporto di somministrazione, nonché la giurisprudenza relativa al riconoscimento, nel fallimento conseguente all'amministrazione controllata, del carattere prededucibile ai crediti sorti nel corso della prima procedura della serie in consecuzione (Cass. SS. UU. 4370-77, 1374 oppure 1274-79, 4217-80). In applicazione, quindi, sia analogica che estensiva, della norma dell'art. 74 L.F., la ricorrente chiede riconoscersi la prededucibilità nel caso di specie, analogia o estensione, che prescinderebbe dalla funzione liquidatoria del concordato preventivo con cessione dei beni, ma che atterrebbe essenzialmente alla natura unitaria del contratto di somministrazione.
Tanto premesso in relazione al tema dedotto in controversia, quale emerge dal dibattito tra le parti, è opportuno rilevare che nel ricorso per cassazione la società ricorrente (pag 14 del ricorso), nel contrastare la sentenza della Corte d'Appello di Trieste nella parte in cui negava, in linea di principio, che i debiti assunti nel corso del concordato preventivo dovessero essere soddisfatti in anteclasse nel consecutivo fallimento, assume che la Corte del merito non aveva tenuto conto della specificità del rapporto di somministrazione per il quale "non era consentito distinguere tra prestazioni (e contro prestazioni) anteriori e successive alla dichiarazione di fallimento, in un rapporto continuato anche dopo il sopraggiungere di questo". Sembra, quindi, che la società ricorrente, con l'ultima parte dell'espressione richiamata testualmente, deduca una situazione di fatto che non era mai stata oggetto di analisi e di precise pretese nei precedenti gradi di giudizio; il fatto che il rapporto di somministrazione di energia elettrica fosse continuato anche dopo il fallimento. Sul punto, a parte il rilievo che la curatela controricorrente (pag. 3 del controricorso) ha negato specificamente il subentro dell'amministrazione fallimentare nella somministrazione (mancato subentro giustificato, anche in linea logica, con il rilievo che il fallimento era sopravvenuto a circa un anno e mezzo di distanza dalla vendita delle attività concorsuali nel corso del concordato), resta il fatto che tutta l'impostazione della controversia nei vari gradi di giudizio era basata su presupposti del tutto diversi dal subentro della curatela fallimentare nella somministrazione di energia elettrica. Ed invero, se l'originaria pretesa dello ENEL fosse stata fondata sul subentro della curatela nel rapporto, vi sarebbe stata il presupposto per l'applicazione diretta della disciplina dell'art. 74 comma 2 L.F., che avrebbe comportato il pagamento (e quindi la prededuzione del relativo credito) delle forniture anteriori all'inizio del fallimento e non soddisfatte, indipendentemente dal fatto che esse si fossero verificate nei confronti di un imprenditore in bonis, ovvero di un imprenditore già soggetto ad una procedura concorsuale c.d. minore, poi convertita in consecutivo fallimento. Al contrario, tutti i motivi di appello proposti dallo ENEL, quali risultano dal richiamato specifico fatto nella sentenza della Corte d'Appello di Trieste, prescindono dal subentro del curatore nella somministrazione e le relative argomentazioni, ancorate all'interpretazione estensiva dell'art. 111 n. 1 L.F. anche alle situazioni debitorie sorte nel corso del concordato preventivo, oltre che a quelle nel corso dell'amministrazione controllata, hanno come presupposto la non applicabilità diretta della disciplina dell'art. 74 L.F.. D'altronde la stessa argomentazione dedotta nella prima parte del motivo in esame, richiedendo l'applicazione estensiva o analogica della disciplina dell'art. 74 L.F., ne dà per scontata la non applicabilità diretta, quale si verificherebbe, invece, in caso di subentro della curatela nel rapporto.
Conseguentemente l'espressione ricordata, se interpretata letteralmente deve considerarsi inammissibilmente nuova, ed introduttiva di un nuovo campo di indagine, anche in fatto, non consentito per la prima volta nel giudizio di legittimità. Qualora, per contro, la ricorrente con l'espressione richiamata, ed al di la del suo significato letterale, non voglia addurre l'avvenuto subentro della curatela nel rapporto, ma solo in via argomentativa intenda porre un parallelismo logico tra le prestazioni anteriori e successive al concordato preventivo, da un lato, e quelle anteriori e successive al fallimento dall'altro, l'argomentazione sarebbe ammissibile e dovrebbe essere valutata nell'analisi del motivo con il quale si intende essenzialmente a valorizzare l'unitarietà del contratto di somministrazione, al fine di unificare il regime delle prestazioni anteriori e successive al concordato preventivo con quello previsto, in base ad una linea
giurisprudenziale richiamata, per le erogazioni anteriori e successive all'inizio della procedura di amministrazione controllata. Si deve, quindi partire dall'individuazione della fattispecie, dalla quale esula il presupposto dell'art. 74 L.F. (il subentro della curatela nella somministrazione di energia elettrica), nonché l'applicazione della relativa disciplina in via diretta. Si deve ora valutare, seguendo l'iter logico proposto dalla società ricorrente, se la disciplina dell'art. 74 L.F. costituisca espressione di un principio generale derivante dall'unitarietà del contratto di somministrazione, per cui essa dovrebbe trovare applicazione, oltre che nel fallimento, anche nell'amministrazione controllata e nel concordato preventivo, con riflessi sulla qualificazione del credito nel consecutivo fallimento. La specialità del regime introdotto con l'articolo 74 L.F. trova espressione nel secondo comma ove si prevede che il subentro nel contratto del curatore, implica il pagamento integrale del prezzo non solo delle consegne o delle erogazioni future, ma anche di quelle già avvenute, con carattere di prededucibilità.
Il fondamento di questa specifica disposizione è stato trovato in una ragione di equità nei confronti della parte contrattuale in bonis (la quale altrimenti sarebbe costretta a continuare le prestazioni per il futuro ed a subire la falcidia concorsuale per i crediti maturati in relazione alle forniture già effettuate), ovvero nella concorrenza di ragioni di equità con il rilievo dell'unitarietà del contratto. L'unitarietà del contratto di somministrazione, inoltre e secondo diversa impostazione, di per sè giustificherebbe il regime dell'art. 74, 2 comma L.F., di modo che la disposizione non deve essere considerata norma eccezionale tipica del fallimento, ma espressione di un più generale principio secondo cui, quando il rapporto di durata si inquadra in un negozio unico, e non in una pluralità di negozi, unica è anche l'obbligazione di ciascuno dei contraenti, sebbene la prestazione debba essere ripetuta più volte, e la sinallagmaticità, che esiste tra le due obbligazioni durature, esiste anche tra i loro momenti esecutivi. "Il rapporto sinallagmatico della seconda è implicito nel rapporto sinallagmatico della prima", recita una delle sentenze richiamate dalla ricorrente. Questo indirizzo ha avuto accoglimento in alcune sentenze della Corte di Cassazione, secondo le quali, proprio in virtù del carattere non eccezionale, in quanto espressione del più generale principio dell'unitarietà del contratto, la disciplina del secondo comma dell'art. 74 L.F., troverebbe applicazione anche nel caso di continuazione del rapporto coerente alla procedura di amministrazione controllata. (Cass. 8 ottobre 1990 n. 10167; Cass. 5 novembre 1990 n. 10620; Cass. 21 dicembre 1990 n. 12157; inoltre nello stesso senso Cass. 5 febbraio 1993 n. 1444 e Cass. 12 luglio 1994 n. 6556). Secondo l'orientamento indicato, il contratto previsto dall'art.1559 C.C., in quanto diretto a soddisfare un bisogno durevole, ha una
causa unitaria e dà luogo ad un rapporto unitario sia con riguardo al momento genetico che a quello funzionale. In esso viene ravvisata una prestazione unica e continuata, mentre le singole prestazioni cui fa riferimento la disciplina del pagamento del prezzo non costituiscono autonome entità giuridiche, ma vengono adempiute in ottemperanza all'unicità dell'obbligazione sinallagmatica che scaturisce dal contratto stesso, intercorrendo il nesso di corrispettività tra il complesso delle prestazioni del somministrante ed il complesso delle controprestazioni del somministrato. L'individuazione della linea corretta in questa situazione di principio, non ha tanto rilevanza per chiarire la disciplina applicabile al fallimento, volta che in sè e per sè la norma è chiara nel suo carattere dispositivo, e non dà luogo a dubbi particolari nella sua applicazione. Essa assume rilievo, invece, per le procedure concorsuali diverse dal fallimento, in cui sia richiamata la disciplina dell'art. 74 L.F., e nella consecuzione delle procedure.
L'indirizzo richiamato della corte di Cassazione ha trovato adesioni in dottrina, ma anche posizioni divergenti o decisamente critiche. In particolare, come è stato ritenuto, nell'indirizzo seguito dalla Cassazione è stata confusa l'unitarietà del contratto, e del conseguente rapporto di somministrazione, con l'unicità della prestazione. Da questa confusione discenderebbe l'affermazione giurisprudenziali, richiamate dalla società ricorrente, secondo cui "le singole prestazioni a cui è collegata la disciplina del pagamento del prezzo che non assurgono ad entità giuridiche autonome quali a consumare il contratto rispetto a quanto di volta in volta eseguito, ma costituiscono il modo di esecuzione di un rapporto teso a tutelare gli interessi dei contraenti non in relazione ad ogni singola prestazione, ma alla continuità di esse nel tempo: onde la denominazione della somministrazione quale contratto di durata". Queste proposizioni, peraltro, dimenticherebbero quale sia l'essenza del contratto di somministrazione in quanto contratto di durata.
Quando si afferma che dall'unitarietà del contratto e del rapporto di somministrazione deriva l'unità del debito e, rispettivamente, del credito e, quindi, l'unicità della prestazione contrattuale, si attribuiscono al contratto di durata (la somministrazione) caratteristiche proprie di una vendita a consegne ripartite, nella quale si individua una prestazione unica con esecuzione o frazionata, e nella quale le diverse consegne non assumono il valore di adempimenti autonomi, ma costituiscono soltanto il parziale adempimento di un obbligo unitario corrispondente ad un interesse unitario ed inscindibile del creditore. Nei contratti di durata, ad esecuzione continuata o periodica, invece, ogni consegna appaga un interesse strutturalmente autonomo del creditore, sicché non vi è una prestazione unica, ma una pluralità di prestazioni collegate dall'unicità del contratto che ne è la fonte obbligatoria, ma autonome sul piano esecutivo in quanto costituiscono l'adempimento di tanti obblighi autonomi, anche se derivanti da un'unica fonte, il cui sorgere è in relazione al ripetersi, periodico o continuativo, del bisogno del creditore. In definitiva, con il contratto di somministrazione non si mira ad un risultato contrattualmente unico, sia pure frazionato nell'esecuzione, ma invece al riprodursi di un risultato contrattuale completo e definitivo, per cui le singole prestazioni sono indipendenti e distinte, avendo l'unico elemento comune costituito dal fondamento giuridico sulla cui base sono dovute.
Sulla base dei puntuali rilievi svolti in dottrina, ritenuti corretti, deve ritenersi che in mancanza della disposizione dell'art. 74 secondo comma, sulla base della sola disciplina dell'art. 72 L.F., il regime applicabile anche nel fallimento alla somministrazione nel caso di subentro della curatela, avrebbe comportato per il somministrante che avesse in precedenza eseguito erogazioni senza corrispettivo, l'obbligo di effettuare erogazioni successive a corrispettivo pieno, ma il solo diritto di insinuare al passivo i crediti per le erogazioni precedenti. Da ciò il carattere di eccezionalità della disposizione in esame, eccezionalità da tenere presente allorché si tratta di valutare la posizione del somministrante nelle procedure concorsuali c.d. minori. Si ritiene, quindi, che l'argomentazione fondamentale della ricorrente basata sull'unitarietà del contratto di somministrazione, non sia applicabile all'amministrazione controllata (fattispecie sulla quale hanno pronunciato le richiamate sentenze), e conseguentemente neppure al concordato preventivo. A maggior ragione deve ritenersi priva di fondamento l'opinione secondo i cui i crediti sorti nel corso della procedura di concordato preventivo, debbano necessariamente avere la qualifica della prededucibilità nel consecutivo fallimento, in virtù dell'interpretazione, e dell'applicazione, estensiva dell'art. 111 n. 1 L.F..
Indubbiamente nella comparazione tra fallimento e concordato preventivo con cessione dei beni, si individuano tutti i presupposti di carattere generale (imprenditorialità, insolvenza, funzione satisfattiva nell'ambito della stessa procedura attuabile mediante la liquidazione patrimoniale; attuazione della concorsualità in applicazione del principio della par condicio creditorum) perché, nell'ambito della teoria della consecuzione delle procedure, alcune norme dell'ultima procedura della serie possano, in quanto estensivamente interpretare, trovare applicazione retroattiva dal momento della procedura precedente. Ciò che, però, non è individuabile, per l'applicazione estensiva dell'art. 111 n. 1 L.F., alle spese per l'esercizio dell'impresa nel concordato preventivo (ché in tale qualifica dovrebbero ricomprendersi quelle per la continuazione di somministrazione di energia elettrica nel corso del concordato) è la qualifica di "debiti contratti per
l'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa" costituente il presupposto di fatto della prededucibilità, secondo il dato normativo dell'art. 111 n. 1 citato.
Ed invero, la continuazione dell'esercizio dell'impresa nel fallimento costituisce modalità espressamente regolamentata (art. 90 L.F.), e finalizzata ad evitare il danno irreparabile contrastante con la conservazione dei valori inerenti al complesso aziendale operativo.
Analoga funzione la giurisprudenza costante di questa Corte ha individuato nell'amministrazione controllata; procedura nella quale la gestione imprenditorile è la modalità unica, e pertanto istituzionale, di attuazione della procedura stessa, nella quale si individuano, inoltre, le caratteristiche della concorsualità, sia pure limitatamente alla funzione conservativa della massa passiva originaria, dei rapporti tra i vari componenti della massa passiva, del rapporto tra massa passiva e massa patrimoniale attiva. Da ciò l'interpretazione estensiva, in tal caso, della disciplina dell'art. 111 n. 1 L.F. ed il riconoscimento della prededucibilità, nel consecutivo fallimento, dei debiti contratti dall'imprenditore nel corso dell'amministrazione controllata.
L'identica situazione, per contro, non è individuabile, ovvero non è sempre individuabile, nel concordato preventivo. Nè è sufficiente, al fine di equiparare la gestione dell'impresa nell'amministrazione controllata e nel concordato (per individuare identica interpretazione estensiva dell'art. 111 n. 1 L.F. in entrambi i casi), richiamare i poteri dell'imprenditore quali indicati nell'art. 167 comma 1 L.F. per il concordato (conservazione dell'amministrazione dei beni e dell'esercizio dell'impresa sotto la vigilanza del commissario e la direzione del giudice delegato), sostanzialmente identici a quelli dell'imprenditore nell'amministrazione controllata.
L'identità dei poteri, infatti, non corrisponde ad identica struttura, modalità e finalità procedurale. Nell'amministrazione controllata, come già ricordato, la continuazione della gestione dell'impresa è momento essenziale ed istituzionale della procedura. Nel concordato preventivo nessuna norma dispone che la continuazione dell'esercizio dell'impresa debba sussistere quale modalità necessaria della procedura. Essa è lasciata alla libera iniziativa dell'imprenditore insolvente che detta modalità può attuare e non (nulla esclude, a diversità dell'amministrazione controllata, che l'impresa pervenga al concordato in istato di liquidazione, ovvero che si ponga in liquidazione nel corso della procedura), ed inoltre che può attuare anche per interessi proprio. Posto che la disposizione dell'art. 167 comma 1 L.F. è comune ad entrambe le forme fondamentali del concordato preventivo, nel concordato basato sulla garanzia di un terzo, la continuazione dell'impresa corrisponde essenzialmente all'interesse dell'imprenditore di rimanere nella gestione dell'azienda una volta liberata l'impresa dal peso dei debiti pregressi avvalendosi del beneficio concordatario. Rispetto alla facoltà dell'imprenditore, la direttiva del giudice delegato ed il controllo del curatore hanno solo la funzione di evitare che la gestione si traduca in un depauperamento del patrimonio ed in un danno per la massa passiva, depauperamento in presenza del quale egli può avvalersi dei poteri dell'art. 173 comma 2 L.F..
La gestione dell'impresa, quindi, non è modalità essenziale del concordato preventivo, pur costituendo modalità coordinabile con le finalità liquidatorie del concordato con cessione dei beni. Perché, peraltro, detto coordinamento tra continuazione nella gestione dell'impresa a fini conservativi di valori per una più proficua liquidazione, assuma rilevanza essenziale nel concordato e per le finalità del concordato a favore della massa passiva, è essenziale che essa non costituisca una semplice facoltà dell'imprenditore esercitabile a suo giudizio e finché egli ritenga necessario, ma divenga una modalità essenziale del caso concreto che deve passare attraverso le varie fasi valutative e di controllo della proposta concordataria. Quindi, la gestione dell'impresa diviene modalità essenziale della singola procedura concordataria con cessione dei beni, quando sia parte della proposta di concordato, sia oggetto dell'ammissione da parte del tribunale nonché dell'approvazione da parte dei creditori, oltre ovviamente all'omologazione finale. Solo in tale caso la gestione si tramuta da modalità coordinabile con i fini del concordato in modalità essenziale del singolo concordato, volta ad una più proficua liquidazione patrimoniale a favore dei creditori concorrenti; solo in tale caso, quindi, è consentita quell'equiparazione tra amministrazione controllata e concordato che permette di considerare le spese della gestione dell'impresa come spese di procedura.
Dal caso di specie, peraltro, esula la singolarità della gestione dell'impresa, quale modalità essenziale di attuazione del concordato passata attraverso le varie fasi valutative della proposta originaria.
Conseguentemente, ai crediti di somministrazione maturati dalla ricorrente prima e dopo il concordato preventivo, non compete qualifica di soddisfazione in anteclasse nel consecutivo fallimento, nè in applicazione estensiva o analogica dell'art. 74 L.F., che non casualmente è privo di richiamo da parte delle disposizioni del concordato preventivo, ne' in base al principio dell'art. 111 n. 1 L.F. estensivamente interpretato nell'ambito della teoria della consecuzione delle procedure.
II )
Con il secondo mezzo la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione alle norme degli artt.1460 e 2597 C.C. (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.).
Con il motivo in questione la ricorrente valorizza (situazione di cui la Corte del merito non avrebbe tenuto conto) la propria posizione di monopolista (art. 2597 C.C.), cui consegue l'obbligo di contrarre con chiunque ne faccia richiesta, per cui è tenuta a somministrare energia elettrica a richiesta dell'impresa in concordato preventivo. Lo ENEL, inoltre, a norma dell'art. 3 n. 9 e 10 della L. 6 dicembre 1962 n. 1643 è tenuta ad uniformarsi a criteri di economicità.
L'interpretazione che nega la prededucibilità sarebbe in contrasto sia con la disciplina dell'art. 2597 C.C., sia con quella della speciale richiamata.
Sulla questione sollevata con il mezzo di cassazione in esame, la Corte triestina ha già dato una risposta precisa, rilevando che il monopolista è tenuto alla somministrazione a chiunque a parità di condizioni, mentre non è per nulla tenuto ad eseguire prestazioni in condizioni che non consentano la corresponsione del prezzo. L'argomentazione è condivisibile ed è coerente ai principi cui si è uniformato il più recente indirizzo di questa Corte in materia di revocabilità dei pagamenti eseguiti a favore di imprenditore agente in regime di monopolio legale (Cass. 21 aprile 1993 n. 4712). Condividendo l'applicazione di detti principi, deve ritenersi che la pronuncia della Corte del merito sul punto sia completa e coerente, non meritevole di doglianza.
La particolarità delle questioni trattate ed i contrasti giurisprudenziali su alcune di esse, consentono la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorso e li rigetta; compensa le spese del giudizio di legittimità.
Roma 5 marzo 1996.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 5 AGOSTO 1996