Diritto e Procedura Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22612 - pubb. 31/10/2019

La chiamata del successore a titolo particolare non soggiace alle forme e ai termini prescritti dall'art.269 c.p.c.

Cassazione Sez. Un. Civili, 26 Agosto 2019, n. 21690. Pres. Mammone. Est. Antonietta Scrima.


Processo civile - Intervento o chiamata del successore a titolo particolare ex art.111 c.p.c. - Ammissibilità in ogni grado o fase del processo - Conseguenze - Termini e forme di cui all’art. 269 c.p.c. - Applicabilità - Esclusione



Ai sensi dell'art. 111, comma 3, c.p.c., il la chiamata non soggiace alle forme e ai termini prescritti dall'art.269 c.p.c. può intervenire o essere chiamato in causa in ogni grado o fase del processo, sicché la chiamata non soggiace alle forme e ai termini prescritti dall'art.269 c.p.c. (massima ufficiale)


 


 Svolgimento del processo

Nel 2010 l'Azienda Agricola G.E. e R. s.s. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte d'appello di Napoli, la Provincia di Catanzaro, per sentirla condannare al pagamento dell'importo di Euro 211.840,00, come accertato in sede di ATP svoltosi davanti al Tribunale di Catanzaro, o al pagamento della diversa somma di giustizia, a titolo di risarcimento dei danni subiti a seguito dell'esondazione dei fiumi (*), nel settembre 2009, nonchè al compimento delle opere straordinarie e ordinarie di manutenzione dei predetti corsi d'acqua e alla chiusura di una pista abusiva.

Nel costituirsi, la convenuta eccepì il suo difetto di legittimazione passiva, chiedendo la propria estromissione o, in denegata ipotesi, l'integrazione del contraddittorio nei confronti della Regione Calabria, quale litisconsorte necessario, in quanto soggetto tenuto all'eventuale risarcimento del danno. Nel merito, concluse per il rigetto della domanda.

Il Tribunale adito rigettò la domanda, con compensazione di spese, ritenendo fondata l'eccezione di difetto di legittimazione passiva proposta dalla Provincia e ritenendo l'insussistenza di un litisconsorzio necessario con la Regione.

Avverso la sentenza di primo grado propose appello l'Azienda Agricola G.E. e R. s.s..

In particolare, l'appellante, con il primo motivo di censura, dedusse la violazione della L.R. Calabria n. 34 del 2002, art. 16, art. 18 comma 6, artt. 88 e 158, con conseguente erronea esclusione della legittimazione passiva della Provincia di Catanzaro convenuta. Ad avviso dell'Azienda, non sarebbe stato considerato che il richiamato art. 88 aveva trasferito le competenze in relazione alla gestione, cura e manutenzione dei corsi d'acqua insistenti sul territorio provinciale alla Provincia e che tale trasferimento si sarebbe dovuto concludere entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della L. n. 34 del 2002. Secondo l'appellante, l'art. 18 di tale legge - il quale prevede che il trasferimento dell'esercizio delle funzioni conferite agli enti locali, di regola coincide con l'effettivo trasferimento agli enti delle risorse - non avrebbe contemplato una previsione di coincidenza in senso assoluto, bensì un'affermazione programmatica; sarebbe stata, quindi, erronea la decisione di primo grado, nella parte in cui aveva ritenuto, quale adempimento indispensabile per il trasferimento delle funzioni attribuite alla Provincia, l'effettivo trasferimento delle risorse finanziarie strumentali. In ogni caso - secondo l'appellante - non avrebbe potuto essere ritenuta sufficiente ad escludere la legittimazione passiva della Provincia la mera eccezione formulata da quest'ultima circa la mancata effettuazione del trasferimento delle risorse e comunque il TRAP non avrebbe considerato che, con deliberazione della Giunta regionale n. 943 dell'11 novembre 2005, la Regione aveva provveduto a conferire formalmente alle province le funzioni amministrative ad esse trasferite, fissando al 1 gennaio 2006 la decorrenza del trasferimento, e aveva dato le disposizioni alle strutture regionali per il trasferimento delle risorse strumentali e finanziarie.

Con il secondo motivo di doglianza, l'appellante lamentava l'errata esclusione del diritto al risarcimento del danno, conseguente al mancato esame del merito della domanda risarcitoria.

Si costituì in quel grado l'Amministrazione provinciale di Catanzaro, ribadendo il proprio difetto di legittimazione passiva, non solo in forza del mancato effettivo trasferimento delle risorse finanziarie previsto dalla L.R. n. 34 del 2002 ma anche in virtù dell'ulteriore normativa rilevante sul punto, la legge regionale n. 14 del 2015, pubblicata sul bollettino ufficiale regionale del 24 giugno 2015, il cui art. 1 prevede, in particolare, che, ai sensi per gli effetti della L. Statale 7 aprile 2014, n. 56, art. 1, comma 89, la Regione riassume, nell'ambito delle proprie competenze amministrative, le funzioni già trasferite alle Province sulla base della L.R. 12 agosto 2002, n. 34. L'appellata richiamò, inoltre, la L. Statale n. 56 del 2014, art. 1, comma 96, lett. c), in base al quale, nei trasferimenti delle funzioni oggetto del riordino, l'ente che subentra nella funzione succede anche nei rapporti attivi e passivi in corso, compreso il contenzioso e chiese, pertanto, la propria estromissione del giudizio.

In conseguenza dell'eccezione della Provincia di Catanzaro relativa al suo difetto di legittimazione a seguito dell'entrata in vigore della L. n. 14 del 2015, l'Azienda appellante chiamò in causa la Regione Calabria, ritenendo legittima tale chiamata sia nel caso in cui il fenomeno successorio di cui alla L. n. 14 del 2015 dovesse essere inteso come successione a titolo universale ex art. 110 c.p.c., sia qualora lo stesso dovesse essere inteso come successione a titolo particolare nel diritto controverso, ai sensi dell'art. 111 c.p.c.. Secondo l'appellante, nel primo caso, avrebbero trovato applicazione le norme sull'interruzione del processo e, in particolare, l'art. 300 c.p.c., in forza del quale, dal momento della dichiarazione del fatto interruttivo, il processo risulta interrotto, e da ciò derivava la necessità di riassumere lo stesso nei confronti del successore a titolo universale entro il termine perentorio di tre mesi, pena, secondo quanto fissato dall'art. 305 c.p.c., l'estinzione del processo stesso; nell'ipotesi di successione a titolo particolare, invece, sarebbe stata in ogni caso consentita la chiamata nel processo del successore a titolo particolare. Ad avviso dell'appellante, l'interpretazione della richiamata L.R. n. 14 del 2015, nel senso che la stessa avesse determinato una successione a titolo particolare, sarebbe stata più conforme ai principi, trattandosi non del venire meno di un ente ma della semplice riassunzione da parte della Regione di funzioni amministrative precedentemente trasferite.

Si costituì la Regione Calabria, eccependo anzitutto la violazione dell'art. 269 c.p.c., comma 3, e, in via subordinata, il suo difetto di legittimazione passiva; chiese, in via ulteriormente subordinata, che fosse dichiarata la sua estraneità ai fatti contestati.

Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, con sentenza depositata in data 6 luglio 2017, rigettò l'impugnazione proposta, dichiarò inammissibile la chiamata in causa della Regione Calabria e compensò tra le parti le spese del grado di appello; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, diede atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell'Azienda Agricola G.E. e R. s.s., dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'appello, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Avverso la decisione di secondo grado l'Azienda Agricola G.E. e R. s.s. ha proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi e illustrato da memoria.

L'Amministrazione Provinciale di Catanzaro e la Regione Calabria hanno resistito con distinti controricorsi.

 

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si lamenta "Violazione e falsa applicazione dell'art. 111 c.p.c., comma 3 nonchè - in relazione al disposto di tale norma - degli artt. 106 e 269 c.p.c. (art. 360 33 c.p.c.)".

Con tale mezzo si censura il capo della sentenza impugnata con cui il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha ritenuto inammissibile la chiamata in causa della Regione Calabria effettuata dall'Azienda Agricola attuale ricorrente ex art. 111 c.p.c. - considerando la stessa "alla stregua di una domanda nuova in quanto avvenuta per questo grado di appello e non in primo grado", laddove, ad avviso della ricorrente, la chiamata in causa della Regione dipendeva dal fatto che quest'ultima, ai sensi della L.R. n. 14 del 2015, è successore a titolo particolare della Provincia di Catanzaro (parte del giudizio di primo grado), sicchè la chiamata medesima doveva ritenersi consentita - anche in appello - ai sensi del citato art. 111 c.p.c..

2. Con il secondo motivo si lamenta "Nullità del procedimento - e dunque della sentenza - per omessa chiamata in causa, sebbene richiesta, della Regione Calabria, successore a titolo particolare della Provincia, ex art. 111 c.p.c., comma 3 (art. 360 c.p.c., n. 4)".

La ricorrente deduce la nullità del procedimento e della sentenza impugnata, per violazione dell'art. 111 c.p.c., comma 3, e art. 269 c.p.c., per non avere il TSAP, sebbene richiesto, autorizzato la chiamata in causa della Regione Calabria (successore a titolo particolare della Provincia di Catanzaro) e per avere, anzi, pronunciato la inammissibilità della chiamata della detta Regione comunque effettuata dall'Azienda Agricola G.E. e R. s.s..

3. Con il terzo motivo, rubricato "Violazione e falsa applicazione della L.R. Calabria n. 34 del 2002, artt. 18, 88 e 158 (art. 360 c.p.c., n. 5)", si censura la sentenza del TSAP nella parte in cui - nonostante fosse stata data prova dell'avvenuto effettivo trasferimento delle funzioni in materia di opere idrauliche dalla Regione alla Provincia ex L.R. n. 34 del 2002 - ha tuttavia ritenuto necessaria, per attuare il trasferimento anzidetto, l'adozione di ulteriori atti da parte dei Dirigenti della struttura regionale e, conseguentemente, ha confermato, sul punto, la sentenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Napoli che aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta dall'Azienda per difetto di legittimazione passiva della Provincia convenuta, non ritenendo ancora attuato all'epoca dei fatti di causa, e comunque non dimostrato, l'avvenuto effettivo, trasferimento delle funzioni in questione.

Risulta di tutta evidenza che, nonostante lo specifico riferimento nella rubrica del mezzo in parola all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella specie non sono prospettati vizi motivazionali ma le censure sono veicolate, in sostanza, ai sensi del n. 3 della norma di rito appena richiamata, come risulta, peraltro, dalla restante parte della citata rubrica, oltre che dall'illustrazione del mezzo.

4. I motivi, che ben possono essere esaminati congiuntamente, essendo strettamente connessi, sono fondati.

4.1. L'art. 1 della legge regionale Calabria stabilisce che "Ai sensi e per gli effetti della L. 7 aprile 2014, n. 56, art. 1, comma 89, (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), nelle more della elaborazione partecipata di una legge generale di riordino delle funzioni sulla base dei criteri e delle finalità indicate dal medesimo comma, la Regione Calabria riassume, nell'ambito delle proprie competenze amministrative, le funzioni già trasferite alle Province sulla base della legge regionale 12 agosto 2002, n. 34 (Riordino delle funzioni amministrative regionali e locali) e ss.mm.ii".

L'art. 1 della citata legge statale n. 56 del 2014, all'art. 96 prevede che "Nel trasferimento delle funzioni oggetto del riordino si applicano le seguenti disposizioni: c) l'ente che subentra nella funzione succede anche nei rapporti attivi e passivi in corso, compreso il contenzioso;...".

Alla luce delle richiamate disposizioni legislative, deve ritenersi che il determinatosi trasferimento di funzioni (in capo alla Regione) non ha comportato l'estinzione dell'ente che ne era in precedenza attributario (la Provincia), essendosi in presenza di un fenomeno successorio regolato dall'art. 111 c.p.c. (v. Cass., sez. un., 10 aprile 2019, n. 10018; Cass. 31 dicembre 2018, n. 33679; Cass., sez. un., 31 ottobre 2018, n. 27754).

Ed invero, è principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che, in tema di successione nel processo, qualora il trasferimento del rapporto controverso da un ente all'altro avvenga in corso di causa, qualunque ne sia la ragione, si verifica successione nel diritto stesso non già a titolo universale ex art. 110 c.p.c., bensì a titolo particolare secondo la disciplina dell'art. 111 dello stesso codice - sempre che l'ente trasferente non si estingua per soppressione o altra causa -, con la conseguenza che quest'ultimo ente conserva la qualità di parte nei giudizi pendenti e rimane titolare dell'interesse alla proposizione dei mezzi di impugnazione (ex multis, Cass., 26 luglio 2002, n. 11045; Cass., 22 giugno 2005, n. 13401; Cass., 22 marzo 2007, n. 6995; Cass., 6 febbraio 2018, n. 2805; Cass., 15 giugno 2018, n. 15869).

Questa Corte ha altresì già avuto modo di affermare che "l'art. 111 c.p.c., a norma del quale se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie ma il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo, è applicabile in ogni grado o fase del processo e, quindi, anche nel giudizio di rinvio senza che vi osti il carattere chiuso di tale giudizio, dato che il successore a titolo particolare nel diritto controverso, assumendo la stessa posizione del suo dante causa, non è terzo rispetto alle altre parti" (Cass. 9/04/1993, n. 4333; Cass., ord., 5/03/2015, n. 4536; v. anche Cass. 21/05/2018, n. 12436, sia pure con riferimento ad altro ambito).

Ne consegue che la chiamata in causa dell'ente successore a titolo particolare, espressamente prevista dall'art. 111 c.p.c., comma 3, non soggiace ai termini e alle forme prescritte dall'art. 269 c.p.c. (Cass. 27/02/1991, n. 2108; Cass. 21/05/2018, n. 12436).

Va, inoltre, evidenziato che, contrariamente a quanto affermato dal TSAP, ad avviso di queste Sezioni Unite, deve ritenersi, sulla base della L.R. 12 agosto 2002, n. 34 (v. in particolare art. 18) e della delibera della Giunta regionale della Regione Calabria n. 943 dell'11 novembre 2005 (v. in particolare punti 2 e 8 di tale delibera) che, alla data del 1 gennaio 2006, fosse stato conferito alla Provincia l'effettivo esercizio delle funzioni di cui si discute in causa, con conseguente sussistenza della legittimazione passiva della Provincia di Catanzaro in relazione alla domanda de qua all'epoca della sua proposizione, tenuto conto della data del verificarsi del preteso fatto dannoso (settembre 2009), il che ha dato luogo al ricordato fenomeno successorio ex lege.

In base alle argomentazioni che precedono, ritiene il Collegio che il TSAP abbia erroneamente dichiarato inammissibile la chiamata in causa della Regione Calabria e reputato che con tale atto sia stata formulata una domanda nuova in appello, precisandosi, a tale ultimo riguardo, che non può ritenersi che con la stessa sia stato introdotto un nuovo thema decidendum inammissibile.

5. Il ricorso deve, pertanto, essere accolto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al T.S.A.P. in diversa composizione, perchè esamini l'impugnazione alla luce di quanto sopra evidenziato e provveda, altresì, sulle spese del presente giudizio di cassazione.

6. Stante l'accoglimento del ricorso, va dato atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per i ricorsi, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, al Tribunale Superiore delle Acque pubbliche, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2019.