Esecuzione Forzata


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22626 - pubb. 02/11/2019

Limite ex art. 546, comma 1, c.p.c. ed effetti della mancata estensione del pignoramento

Cassazione civile, sez. III, 11 Giugno 2019, n. 15595. Pres. De Stefano. Rel. Rossetti.


Espropriazione presso terzi - Limite ex art. 546, comma 1, c.p.c. - Incidenza sull'oggetto del processo esecutivo - Intervento successivo - Mancata estensione del pignoramento - Assegnazione di crediti in misura maggiore - Possibilità - Esclusione



Il limite dell'importo del credito precettato aumentato della metà, previsto dall'art. 546, comma 1, c.p.c., individua anche l'oggetto del processo esecutivo, sicchè, in difetto di rituale estensione del pignoramento, un intervento successivo, pur se del medesimo procedente, non consente il superamento del detto limite e, quindi, l'assegnazione di crediti in misura maggiore. (massima ufficiale)


 


1. T.A., creditore di F.M. in base a titolo esecutivo rappresentato da un lodo arbitrale, nel 2011 iniziò l'esecuzione sui beni del debitore, pignorando presso terzi il credito vantato da quegli nei confronti di due società, la Itas Mutua s.p.a. e la Itas Vita s.p.a..

2. Il precetto notificato dal creditore F.M. alle due suddette società quantificava il credito azionato nell'importo di Euro 35.476,81.

Le due società resero dichiarazione negativa.

Il creditore procedente introdusse di conseguenza dinanzi al Tribunale di Trento, ai sensi dell'art. 548 c.p.c., il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo.

Il Tribunale di Trento (sentenza 26 novembre 2013), e poi la Corte d'appello della stessa città (sentenza 12 giugno 2014) accertarono che Itas Mutua e Itas Vita erano debitrici di F.M. dell'importo di Euro 228.157,30.

3. Il creditore procedente T.A., nelle more del primo grado del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, intervenne volontariamente nel procedimento esecutivo da lui stesso iniziato, invocando l'ulteriore titolo esecutivo costituito da un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo dell'importo di Euro 116.879,37, emesso dal Tribunale di Macerata su suo ricorso, e sempre nei confronti di F.M..

Nell'atto di intervento T.A. dichiarò che questo era compiuto al fine "di sottoporre al vincolo ciel pignoramento tutti i crediti vantati nei confronti della Itas Vita e della Itas Mutua" dal debitore intimato, e formulò richiesta di "partecipare alla distribuzione della somma ricavata all'esito" della procedura di espropriazione presso il terzo.

4. Passata in giudicato la sentenza d'appello con cui era stata accertata la misura del debito delle società Itas Vita ed Itas Mutua nei confronti di F.M., T.A. riassunse il procedimento esecutivo, all'esito del quale tuttavia il giudice dell'esecuzione gli assegnò solo la somma di 35.476,81 Euro, pari all'importo "azionato e pignorato ex art. 546 c.p.c.", ed "in acconto sul maggior credito azionato ed oggetto di intervento".

6. Avverso tale ordinanza di assegnazione T.A. propose opposizione gli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. dinanzi al Tribunale di Trento.

Questo, all'esito della fase di merito, con sentenza 11 novembre 2015 n. 1048 rigettò l'opposizione.

Ritenne il Tribunale (in sintesi) che:

-) l'art. 546 c.p.c. limita gli effetti del pignoramento all'importo precettato, aumentato della metà;

-) pertanto il vincolo di indisponibilità creato dal pignoramento è circoscritto a tale importo, "indipendentemente dal fatto che il terzo sia debitore (o divenga in futuro debitore) di un importo maggiore";

-) nulla rilevava, nella specie, la circostanza che il creditore procedente, avendo acquisito un secondo titolo esecutivo successivamente al primo pignoramento, aveva compiuto un atto di intervento nella procedura esecutiva, giacchè il pignoramento comunque rimaneva limitato all'importo indicato nel primo precetto.

Il Tribunale aggiunse che il limite indicato dall'art. 546 c.p.c. era insuperabile, se non per il tramite di un successivo pignoramento, e non attraverso un mero atto di intervento.

7. La sentenza suddetta è stata impugnata per cassazione da T.A., con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria.

Hanno resistito con un controricorso unitario la Itas Mutua e la Itas Vita.

 

Ragioni della decisione

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 543,546,548 e 549 c.p.c., nonchè degli artt. 2740 e 2917 c.c..

Dopo aver ricostruito il quadro normativo applicabile ratione temporis, il ricorrente formula in sequenza una serie di rilievi così riassumibili:

a) durante il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, il procedimento esecutivo era rimasto sospeso, e di conseguenza egli poteva legittimamente intervenire in esso, ex art. 551 c.p.c.;

b) i terzi pignorati Itas Mutua ed Itas Vita avevano illegittimamente disposto, dopo il pignoramento, non solo delle somme pignorate, ma di tutti i propri debiti nei confronti del terzo esecutato;

c) la sentenza impugnata avrebbe violato gli artt. 2740 e 2917 c.c., in quanto F.M. era tenuto a rispondere dei propri debiti nei confronti di T.A. non solo con i crediti da lui vantati nei confronti della Itas Mutua e della Itas Vita al momento del pignoramento, ma anche con i crediti sorti successivamente;

d) in ogni caso, quando nel pignoramento presso terzi sorga controversia sulla misura dell'obbligo del terzo, quest'ultima può dirsi determinata solo all'esito del giudizio di accertamento del suddetto obbligo; fino a che il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo non si concluda, perciò, il credito del terzo non è determinato nel suo ammontare, con la conseguenza che il terzo deve astenersi dal disporre di qualsiasi somma da lui dovuta al debitore esecutato.

Sulla base dei suddetti rilievi il ricorrente conclude che il Tribunale di Trento avrebbe falsamente applicato al caso di specie l'art. 546 c.p.c., norma non pertinente rispetto al caso di specie. Infatti quella norma può trovare applicazione solo quando il debito del terzo verso il debitore esecutato sia esistente ed ammesso dal terzo pignorato, ma non quando sia negato o contestato.

In queste ultime due ipotesi pertanto, secondo il ricorrente "il vincolo di indisponibilità non può che estendersi a tutte le somme che risulteranno accertate all'esito del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo".

1.2. Il motivo è infondato.

Il punto di diritto che la censura appena riassunta pone a questa Corte è il seguente: se, eseguito un pignoramento presso terzi per una determinata somma ("35"), ed accertato che il terzo è debitore del debitore esecutato per una somma di molto maggiore ("200"), il creditore procedente, acquisito dopo il pignoramento un ulteriore titolo esecutivo, possa utilmente intervenire nella procedura esecutiva e pretendere l'assegnazione del credito pignorato in misura superiore ("150") a quella oggetto di pignoramento e comunque eccedente il limite previsto dall'art. 546 c.p.c..

A tale quesito deve darsi risposta negativa.

1.3. Pignorando un credito del proprio debitore nei confronti di terzi, il creditore procedente impone al terzo pignorato l'obbligo di non disporre della somma pignorata (art. 543 c.p.c. e art. 546 c.p.c., comma 1).

Tuttavia il pignoramento di un credito può avvenire non solo per l'intero ammontare di questo, ma anche per una parte soltanto. E' dunque rimessa al creditore procedente l'individuazione della somma da sottoporre concretamente a pignoramento, col solo limite rappresentato dal divieto di azionare in modo frazionato ed ingiustificato l'unitario titolo esecutivo (cfr. Cass. 09/04/2013, n. 8576).

In tal caso il vincolo di indisponibilità scaturente dal pignoramento produrrà i suoi effetti nei limiti dell'importo pignorato: oltre tale limite, il debitore esecutato resta libero di disporre (ad esempio, mediante cessione) del proprio credito; e correlativamente il terzo pignorato resta libero di adempiere la parte di credito non pignorata a richiesta del suo creditore.

Se dunque è consentito il pignoramento parziale d'un credito, la parte di questo non pignorata non è soggetta a vincoli, ed in sede esecutiva non se ne potrà ordinare l'assegnazione al creditore.

Poichè nel nostro caso il creditore procedente aveva pignorato presso terzi la sola somma di Euro 35.476,81, e non vi era stato un secondo pignoramento, l'odierno ricorrente non poteva pretendere l'assegnazione del maggior importo risultante dal secondo titolo esecutivo.

1.4. Ciò posto in linea generale, deve ora stabilirsi se il creditore procedente possa utilmente intervenire nel procedimento esecutivo da lui stesso introdotto, sulla base di un ulteriore titolo esecutivo, al fine di conseguire l'assegnazione di una somma ulteriore rispetto a quella indicata nel pignoramento ed in misura anche eccedente il limite del credito precettato, aumentato della metà.

Anche a tale quesito deve darsi risposta negativa.

In primo luogo, infatti, va rilevato che l'intervento è avvenuto durante la pendenza del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, e quindi ben oltre l'udienza di cui all'art. 547 c.p.c., termine ultimo per l'intervento: sicchè esso potrebbe, a tutto concedere e nella ricorrenza dei relativi presupposti, essere qualificato tardivo, con ogni conseguenza.

In secondo luogo, l'intervento nel processo esecutivo realizza un concorso tra creditore intervenuto e creditore procedente usualmente definito accessorio, in virtù del quale l'interventore soggiace alle sorti del primo pignoramento, e quindi anche alla sua misura, salvo che nel caso di pignoramento presso terzi - non ne chieda l'estensione ex art. 499 c.p.c..

Nel caso di specie, però, il creditore procedente non risulta avere mai validamente - e tanto meno tempestivamente - proceduto all'estensione del pignoramento, con la conseguenza che egli non può invocare un effetto (l'assegnazione del maggior credito emerso all'esito del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, rispetto a quello oggetto di pignoramento) in mancanza dell'atto che lo presuppone (l'estensione del pignoramento).

Non rileva, al riguardo, che il credito sia stato accertato all'esito del giudizio una volta previsto dall'art. 548 c.p.c. (o, attualmente, del peculiare subprocedimento che lo ha sostituito): se è vero che il pignoramento presso terzi è una fattispecie processuale a formazione progressiva, nondimeno il suo oggetto resta univocamente delimitato dall'art. 546 c.p.c., comma 1, non potendo più, dove la novella di questo, sostenersi che esso si estenda alla totalità dei crediti del debitore esecutato nei confronti del terzo, essendo libero questi di disporre del credito nella misura eccedente quel limite (l'importo del credito precettato, aumentato della metà).

Pertanto, va fatta applicazione del seguente principio di diritto: "il limite previsto dall'art. 546 c.p.c., comma 1, vale a dire l'importo del credito precettato aumentato della metà, delimita anche l'oggetto del processo esecutivo; pertanto, in difetto di rituale estensione del pignoramento, un intervento successivo, quand'anche del medesimo procedente, non consente il superamento di quel limite e quindi l'assegnazione di crediti in misura maggiore".

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo il ricorrente lamenta (formalmente) il vizio di "omessa motivazione".

Dall'illustrazione del motivo, tuttavia, emerge che egli abbia inteso prospettare il ben diverso vizio di omessa pronuncia (e quindi di nullità processuale, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 4).

Espone infatti il ricorrente che, con l'atto di citazione introduttivo del giudizio di opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione, egli aveva formulato una domanda subordinata: aveva chiesto che il Tribunale, se avesse ritenuto impossibile assegnargli l'intero credito da lui preteso anche con l'atto di intervento, gli fosse almeno assegnato l'importo indicato nel pignoramento (Euro 35.476,81), aumentato della metà, così come prescritto dall'art. 546 c.p.c..

Deduce che su tale domanda subordinata il giudice di merito non si è pronunciato, e ciò costituirebbe una "omessa motivazione".

2.2. Il motivo va qualificato d'ufficio come denuncia del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 4.

E' tale vizio, infatti, che ricorre quando il giudice ometta di pronunciarsi su una domanda o su una eccezione.

Il ben diverso vizio di omessa motivazione sussiste invece quando il giudice, pur provvedendo su una domanda o su una eccezione, non spieghi le ragioni per le quali l'abbia accolta o rigettata.

Nel caso di specie è lo stesso ricorrente a lamentare che, sulla sua domanda subordinata di assegnazione dell'importo pignorato maggiorato del 50%, il Tribunale "non dice e non scrive nulla" (così il ricorso, p. 32).

Questo errore nell'inquadramento della censura, tuttavia, non è di ostacolo all'esame del secondo motivo di ricorso.

Infatti, nel caso in cui il ricorrente incorra nel c.d. "vizio di sussunzione" (e cioè erri nell'inquadrare l'errore commesso dal giudice di merito in una delle cinque categorie previste dall'art. 360 c.p.c.), il ricorso non può per ciò solo dirsi inammissibile, quando dal complesso della motivazione adottata dal ricorrente sia chiaramente individuabile l'errore di cui si duole, come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013).

E nel caso di specie, per quanto detto, l'illustrazione contenuta nelle pp. 31-32 del ricorso è sufficientemente chiara nel prospettare la violazione, da parte della Corte d'appello, dell'art. 112 c.p.c., e dunque il suddetto errore non è di per sè causa di inammissibilità del ricorso.

2.3. Il motivo, tuttavia, va dichiarato inammissibile per altra ragione, ovvero per la violazione del precetto di cui all'art. 366 c.p.c., n. 6.

Il ricorrente, infatti, lamenta che il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda di assegnazione di un credito pari all'importo precettato, aumentato della metà.

Stabilisce tuttavia l'art. 546 c.p.c., comma 1, che nell'espropriazione presso terzi, dal giorno della notifica del pignoramento, il terzo pignorato deve astenersi dal disporre della somma pignorata, nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della metà.

La norma, dunque, stabilisce una relazione tra somma pignorata e somma precettata: l'indisponibilità della prima incontra il limite di una volta e mezzo l'ammontare della seconda.

Il ricorrente, pertanto, prospetta un tipo di error in procedendo che si fonda su una erronea valutazione dell'atto di pignoramento da parte del giudice di merito.

Si tratta quindi d'un motivo di ricorso che, per usare le parole della legge, "si fonda" sull'insufficiente esame d'un atto processuale (art. 366 c.p.c.), ovvero l'atto di pignoramento.

Quando il ricorso "si fonda" su un atto processuale, il ricorrente ha l'onere di "indicarlo in modo specifico" nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).

"Indicarlo in modo specifico" vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:

(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;

(b) indicare in quale fase processuale sia stato prodotto;

(c) indicare a quale fascicolo sia allegato, e con quale indicizzazione (in tal senso, ex multis, Sez. 6 - 3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).

Di questi tre oneri, nel caso di specie il ricorrente non ha assolto il primo. Il ricorso, infatti, non riassume nè trascrive il contenuto dell'atto di pignoramento, nè spiega se esso fu compiuto "nei limiti della somma precettata", o con quale altra diversa formula abbia indicato l'oggetto del pignoramento.

2.4. Ad abundantiam, questa Corte ritiene non inutile rilevare comunque come il motivo in esame appaia altresì infondato nel merito.

Il Tribunale, infatti, non ha omesso di provvedere sulla domanda di assegnazione del credito in misura pari ad una volta e mezzo l'importo precettato, provvedendovi a pag. 5, paragrafo 7, della sentenza impugnata. Ivi il Tribunale, affermando che "il pignoramento è limitato all'importo di cui all'atto di pignoramento stesso" ha comunque indicato le ragioni della propria decisione anche con riferimento alla mancata assegnazione d'un importo pari al 50% della somma precettata, con valutazione che non ha formato oggetto di specifica doglianza in questa sede.

3. Le spese.

3.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell'art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

3.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

 

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il primo motivo di ricorso;

(-) dichiara inammissibile il secondo motivo di ricorso;

(-) condanna T.A. alla rifusione in favore di Itas Vita s.p.a. ed Itas Mutua s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 3.700, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarieD.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dalD.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di T.A. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 5 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2019.