Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22705 - pubb. 16/11/2019

Rapporti bancari e diritto del cliente di ottenere copia della documentazione per la prima volta anche in sede giudiziale. Configurazione di due rapporti di conto corrente come un unico rapporto

Cassazione civile, sez. VI, 30 Ottobre 2019, n. 27769. Pres. Scaldaferri. Est. Dolmetta.


Rapporti bancari – Richiesta di documentazione ex art. 119 TUB – Richiesta in sede giudiziale – Rapporto con l’art. 210 c.p.c.



L'art. 119 T.U.B., comma 4, riconosce al cliente il diritto di ottenere copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni; la norma citata riconosce infatti al cliente della banca il diritto di ottenere la documentazione inerente a tutte le operazioni del periodo a cui il richiedente sia in concreto interessato, nel rispetto del limite di tempo decennale fissato dalla norma, essendo sufficiente che l'interessato fornisca alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentirle l'individuazione dei documenti richiesti. Sicché il correntista ha il diritto di chiedere alla banca sia la documentazione sia il rendiconto relativi a un rapporto contrattuale la cui esistenza non sia controversia, atteso che il procedimento di rendiconto di cui agli artt. 263 s. c.p.c. è fondato sul presupposto dell'esistenza dell'obbligo legale o negoziale di una delle parti di rendere il conto all'altra, facendo conoscere il risultato della propria attività.

Va, inoltre, ricordato che nessuna inferenza interpretativa in chiave restrittiva legittima il raffronto dell'art. 119 T.U.B., comma 4, e l'art. 210 c.p.c. onde può conclusivamente convenirsi che il titolare di un rapporto di conto corrente ha sempre diritto di ottenere dalla banca il rendiconto ai sensi dell'art. 119 T.U.B. anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell'esistenza del rapporto contrattuale, non potendosi ritenere corretta una diversa soluzione sul fondamento del disposto di cui all'art. 210 c.p.c.


[Nel caso di specie, la Suprema Corte ha inoltre rilevato che costituisce accertamento di mero fatto (e perciò insindacabile in sede di legittimità) quanto affermato dalla Corte di merito in ordine alla configurazione dei due rapporti come un unicum in ragione del susseguirsi, senza reale soluzione di continuità, di un conto corrente all'altro mediante un’operazione di giroconto.] (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


 


Fatti di causa

1.- Con sentenza n. 1373/2013, il Tribunale di Sassari ha accolto la domanda presentata da S.S. nei confronti della Banca Nazionale del Lavoro, per ottenere la declaratoria di nullità di talune clausole relative a rapporti intrattenuti con la Banca, con connessa condanna alla restituzione di quanto indebitamente percepito.

La Banca ha proposto appello avanti alla Corte di Appello di Cagliari - Sezione distaccata di Sassari, assumendo, per quanto qui ancora in interesse, la violazione e falsa applicazione dell'art. 210 c.p.c., per avere il Tribunale disposto l'esibizione di documenti che il ricorrente avrebbe potuto procurarsi tempestivamente e sulla base di una richiesta solo generica; e assumendo inoltre l'"erronea valutazione dei distinti rapporti stipulati tra le parti sulla base delle evidenze di causa, anche ai fini dell'applicazione dell'art. 2946 c.c.".

Con sentenza depositata il 12 gennaio 2017, la Corte territoriale ha respinto l'impugnazione.

2.1.- Con riferimento alla doglianza relativa alla norma dell'art. 210 c.p.c., il giudice ha rilevato, in particolare, che l'attore " S. aveva provveduto a inviare in data 22.01.2008 apposita diffida, ai sensi dell'art. 119 T.U.B., alla consegna di copia del contratto regolante il contratto n. 323 (già 5351) e di tutti i relativi estratti"; che la circostanza che la richiesta fosse effettuata in prossimità della notifica dell'atto di citazione "non valeva a escludere l'obbligo della banca di fornire i documenti richiesti"; che la richiesta in discorso era stata "invocata ex art. 119 T.U.B. e art. 210 c.p.c."; che la pronuncia di Cass., 23 febbraio 2016, n. 5091 ha affermato il "principio dell'ammissibilità" di tale congiunta richiesta "anche nell'ipotesi in cui il correntista non produca il contratto nè l'integrale documentazione comprovante le condizioni applicategli, in quanto l'"insufficienza di una documentazione rilevante non giustifica il diniego della consulenza contabile""; che comunque "l'indicazione di tutti gli estratti conto non rendeva generica l'istanza, volta proprio all'acquisizione dei documenti necessari alla ricostruzione del rapporto, del quale era specificata la numerazione identificativa, nè comportava un aggravio a carico del destinatario di conservazione dei documenti, trattandosi di estratti infra decennio (1998 -2008)".

2.2.- Con riferimento all'assunta violazione dell'eccezione di prescrizione sollevata dalla Banca, il giudice - "ricordato che con il contratto di conto corrente viene istituita una regolamentazione unitaria dei rispettivi rapporti di dare e avere, sicchè è solo con la chiusura del conto che si stabiliscono definitivamente i crediti e i debiti delle parti" - ha riscontrato il "carattere unitario del rapporto", come "fondato sul presupposto dell'avvenuto giroconto delle competenze derivanti dal n. 5351 al conto n. 323": "alcun pagamento è pertanto ipotizzabile con riferimento al primo dei rapporti instaurati", "in quanto le poste non erano state regolate nei confronti del cliente mediante pagamento, ma meramente trasferite sul conto successivo, assicurandone la continuità contabile".

3.- Avverso questo provvedimento ricorre ora la Banca Nazionale del Lavoro, proponendo due motivi di cassazione. Resiste, con controricorso, S.S..

Entrambe le parti hanno anche depositato memorie.

 

Ragioni della decisione

4.- Il primo motivo di ricorso è intestato "violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e di norme processuali ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in relazione all'art. 210 c.p.c. e all'art. 94 disp. att. c.p.c, nonchè all'art. 115 c.p.c.".

Reputa dunque il ricorrente che la sentenza impugnata abbia "omesso di apprezzare tutte le censure opposte dalla Banca all'emissione dell'ordinanza di esibizione".

"Il tenore letterale dell'istanza viola la disposizione" dell'art. 94 disp. att. c.p.c., perchè è "generica laddove chiede l'esibizione degli estratti conto "qui non prodotti""; "inoltre, l'istanza non ha mai, in alcuna misura, espresso il nesso di causalità tra il documento richiesto di esibizione e il fatto da provare".

5.- Il motivo non merita di essere accolto.

Lo stesso non viene a confrontarsi con la ratio decidendi sviluppata dalla pronuncia impugnata, la doglianza del ricorrente in nessun modo prendendo in considerazione il ruolo che, nella fattispecie concreta, risulta svolgere la disposizione dell'art. 119 T.U.B..

In realtà, la sentenza fa perno sostanziale specialmente sul fatto che l'istanza formulata dall'attore in primo grado sia stata intitolata in modo congiunto "ex art. 210 c.p.c. e/o ex art. 119 T.U.B.", nonchè sul fatto che, poco prima della notifica della citazione, quegli abbia pure inviato alla Banca richiesta di documentazione ex art. 119 T.U.B. (richiesta peraltro rimasta inevasa, a quanto si desume dal contesto). All'espresso fine di richiamarsi specificamente e agganciarsi ai principi che, in materia, sono stati fissati dalla sentenza di Cass., n. 5091/2016.

6.- Ha rilevato in particolare la richiamata pronuncia: "l'art. 119 T.U.B., comma 4, riconosce al cliente il diritto di ottenere "copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni". E secondo la giurisprudenza di questa Corte, questa norma riconosce al cliente della banca "il diritto di ottenere la documentazione inerente a tutte le operazioni del periodo a cui il richiedente sia in concreto interessato, nel rispetto del limite di tempo decennale fissato dalla norma", "essendo sufficiente che l'interessato fornisca alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentirle l'individuazione dei documenti richiesti (Cass., 12 maggio 2006, n. 11004)". "Sicchè il correntista ha il diritto di chiedere alla banca sia la documentazione sia il rendiconto relativi a un rapporto contrattuale la cui esistenza non sia controversia, atteso che il "procedimento di rendiconto di cui agli artt. 263 s. c.p.c. è fondato sul presupposto dell'esistenza dell'obbligo legale o negoziale di una delle parti di rendere il conto all'altra, facendo conoscere il risultato della propria attività (Cass., 23 luglio 2010, n. 17283)".

Tutto questo per concludere che "erroneamente dunque i giudici del merito hanno... respinto la richiesta di ordinare alla banca l'esibizione della documentazione necessaria alla ricostruzione dei rapporti con gli attori".

7.- Sulla stessa linea della pronuncia appena riportata va ricordata, tra gli arresti più recenti Cass., 11 aprile 2019, n. 14231, che sottolinea come "nessuna inferenza interpretativa in chiave restrittiva legittimi il raffronto dell'art. 119 T.U.B., comma 4, e l'art. 210 c.p.c. onde può conclusivamente convenirsi che il titolare di un rapporto di conto corrente ha sempre diritto di ottenere dalla banca il rendiconto ai sensi dell'art. 119 T.U.B. anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell'esistenza del rapporto contrattuale, non potendosi ritenere corretta una diversa soluzione sul fondamento del disposto di cui all'art. 210 c.p.c." (tra le altre pronunce che danno corpo a questo orientamento cfr. in particolare la recente decisione di Cass., 8 febbraio 2019, n. 3975, nonchè, più indietro nel tempo, quella di Cass. 12 giugno 2006, n. 11004).

8.- Il secondo motivo è rubricato "violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e di norme processuali ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in relazione agli artt. 1834 ,1843 e 2946 c.c. e all'art. 116 c.p.c.".

Contesta il ricorrente che "i due rapporti possano essere considerati un unicum", come per contro ritenuto dalla Corte sarda ai fini di individuazione della decorrenza del termine prescrizionale: "l'operazione di giroconto, posta in essere da un conto a un altro, non costituisce affatto un'operazione in continuità contabile, come se il conto fosse il medesimo, bensì costituisce rimessa da un conto a un altro, ancorchè con spostamento virtuale di danaro".

9.- Il motivo è inammissibile.

L'accertamento della Corte territoriale sul susseguirsi senza reale "soluzione di continuità" di un conto corrente (n. 323) all'altro (n. 5351) costituisce accertamento di mero fatto e non è perciò sindacabile da questa Corte. D'altro conto, la motivazione addotta dalla sentenza impugnata, che si è sintetizzata sopra (n. 2.2.), non risulta presentare margini di irragionevolezza o di non plausibilità.

10.- In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono il regime della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

 

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di C 6.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo quanto stabilito dalla norma dell'art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 2 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre3 2019.