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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23976 - pubb. 11/01/2020.

Assoggettabilità al fallimento indipendentemente dall'effettivo esercizio di attività commerciale


Cassazione civile, sez. I, 26 Giugno 2001, n. 8694. Pres. Baldassarre. Est. Plenteda.

Fallimento - Società e consorzi - Società commerciali - Fallimento - Assoggettabilità - Attività commerciale - Effettivo esercizio - Necessità - Esclusione - Differenza dall'imprenditore commerciale individuale - Fattispecie


Le società costituite nelle forme previste dal codice civile ed aventi ad oggetto un'attività commerciale sono assoggettabili al fallimento indipendentemente dall'effettivo esercizio di una siffatta attività, in quanto esse acquistano la qualità di imprenditore commerciale dal momento della loro costituzione, non dall'inizio del concreto esercizio dell'attività d'impresa, al contrario di quanto avviene per l'imprenditore commerciale individuale. Sicché, mentre quest'ultimo è identificato dall'esercizio effettivo dell'attività, relativamente alle società commerciali è lo statuto a compiere tale identificazione, realizzandosi l'assunzione della qualità in un momento anteriore a quello in cui è possibile per l'impresa non collettiva stabilire che la persona fisica abbia scelto, tra i molteplici fini potenzialmente raggiungibili, quello connesso alla dimensione imprenditoriale (la S.C. ha così confermato la sentenza che aveva attribuito la qualità di impresa commerciale alla società nel cui oggetto sociale erano compresi l'acquisto, la vendita, la permuta e l'edificazione di immobili). (massima ufficiale)

 

Fatto

Il Tribunale di Verbania dichiarò il fallimento della società Ellegi s.r.l. con sentenza 4.1.1994, avverso la quale la società e i soci B. G. e M. G. proposero opposizione, deducendo che l'attività svolta dalla società era consistita nel godimento degli immobili di cui era proprietaria e che aveva concesso in locazione al B. e che le obbligazioni per le quali il fallimento era stato dichiarato erano derivate da fideiussioni concesse in favore di terzi a quattro istituti di credito, due dei quali - la Cassa di Risparmio di Torino e la Cariplo - avevano proceduto giudizialmente contro la società, per conseguirne il fallimento, anche se poi avevano revocato i ricorsi, una volta ottenuta la iscrizione ipotecaria sugli immobili sociali. Pertanto non solo la società non aveva svolto attività di impresa, ma nemmeno ricorreva lo stato di insolvenza, godendo essa ancora di credito, disponendo di beni redditizi ed esistendo altri debitori con la società obbligati solidalmente.

Il tribunale respinse la opposizione e la società fallita propose appello, nella contumacia delle controparti, riproponendo le stesse questioni esaminate in primo grado, relative ai presupposti soggettivo ed oggettivo del fallimento.

La Corte di Appello di Torino con sentenza 9.X.1998 rigettò la impugnazione, rilevando che l'oggetto sociale della fallita era di natura commerciale (acquisto, vendita, permuta e gestione di immobili, nonché edificazione e successiva vendita di fabbricati) e che la insolvenza era stata accertata, a fronte di debiti per L. 2 miliardi, a nulla rilevando la revoca delle istanze di fallimento, giustificata non già dal difetto della insolvenza quanto dalle garanzie ipotecarie acquisite dai creditori.

La sentenza è stata gravata da ricorso per cassazione della società Ellegi e dai suoi soci, con cinque motivi; non ha presentato difese nè il curatore del fallimento nè gli altri creditori che avevano a suo tempo proposto i ricorsi per l'apertura della procedura concorsuale.

 

Diritto

Con il primo motivo i ricorrenti denunziano la falsa applicazione dell'art. 1 L.F., per il fatto che sia stato dichiarato il fallimento benché la società non abbia esercitato in concreto attività commerciale.

La censura è priva di fondamento. È ius receptum che le società, costituite nelle forme previste dal codice civile ed aventi ad oggetto una attività commerciale, sono assoggettabili al fallimento indipendentemente dall'effettivo esercizio di una siffatta attività, in quanto esse acquistano la qualità di imprenditore commerciale dal momento della loro costituzione, non già dall'inizio del concreto esercizio dell'attività di impresa, al contrario di quanto avviene per l'imprenditore commerciale individuale (Cass, 984-1994; 4644-1979; 2067-1972; 1921-1965); sicché mentre per lui è l'esercizio effettivo dell'attività che lo identifica, individuando il fine per cui opera, per le società commerciali è lo statuto a compiere tale identificazione, realizzandosi l'assunzione di tale qualità in un momento anteriore a quello in cui è possibile per l'impresa non collettiva stabilire che la persona fisica abbia scelto, tra i molteplici fini potenzialmente raggiungibili, quello connesso alla dimensione imprenditoriale.

La sentenza impugnata ha rilevato che nell'oggetto sociale erano compresi l'acquisto, la vendita, la permuta, la edificazione e la successiva vendita di fabbricati, oltre alla gestione diretta di immobili in genere, sicché, a fronte di tale area di attività, virtualmente esercitata, la qualità di impresa commerciale è stata correttamente affermata in punto di diritto Sono invece fondati il secondo ed il terzo motivo, con cui i ricorrenti lamentano la violazione dell'art. 5 L.F. e la insufficiente e contraddittoria motivazione della insolvenza, posto che nessun inadempimento o altro fatto significativo di essa era riferibile alla società Ellegi, giacché i crediti vantati da terzi non erano esigibili, a fronte della revoca delle istanze di fallimento, e le sue obbligazioni erano nel tempo solvibili, alle scadenze concordate. Denunziano "la illogicità e irrazionalità del l'argomentazione che ha apoditticamente attribuito alla situazione in discorso un significato contrario a logica e prassi del mondo dell'imprenditoria, il quale vive ed opera proprio grazie al credito di cui può godere" e prospettano la ulteriore violazione della norma citata, sotto il profilo che la valutazione della insolvenza, anziché essere compiuta con riferimento all'attualità, lo fosse stata con riguardo al futuro.

Di tale denunzia è più specificamente fondata quella che riflette il vizio di motivazione, che consiste nell'argomentazione assertiva e logicamente incongrua che, avendo la società debiti per due miliardi, cui non era in grado di far fronte, non avrebbe alcuna rilevanza la circostanza che fossero stati revocati i ricorsi per fallimento, nè l'assunta possibilità di ricavare dalla locazione dell'immobile la somma annua di L. 18.9000.000. (*).

Al di là della omessa valutazione dell'attivo patrimoniale, la sentenza impugnata apoditticamente afferma la incapacità della società di fronteggiare le passività, pur dopo avere dato atto che i ricorrenti per fallimento avevano desistito dalle loro iniziative e, mancando di compiere alcun accenno alla scadenza delle obbligazioni, la cui proroga la desistenza predetta aveva lasciato ragionevolmente supporre, una volta conseguita dai ricorrenti la garanzia ipotecaria, conclude affermando che permane la incapacità della società a provvedere al pagamento dei propri debiti, senza alcuna comparazione con le risorse attive e con l'andamento delle esposizioni bancarie nel tempo che aveva preceduto la dichiarazione di fallimento, utile a considerare come irreversibile lo stato di dissesto e certa la incapacità di fronteggiare con mezzi ordinari le passività, nel momento in cui fossero scadute.

La sentenza impugnata va per tale aspetto cassata con rinvio.

Dal parziale accoglimento del ricorso restano assorbiti il quarto ed il quinto motivo, con cui i ricorrenti deducono la omessa pronunzia, in violazione dell'art. 1123 c.p.c., con riguardo alla domanda di simulazione del contratto di società della Ellegi, posto in essere per fini di natura diversa da quelli di una normale attività imprenditoriale, nonché con riguardo alla prospettata mancanza di utilità per i creditori della dichiarazione di fallimento.

 

p.q.m.

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso: accoglie il secondo ed il terzo e dichiara assorbiti gli altri; cassa in relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Torino, anche per le spese di cassazione.

Sentenza n. 8694 del 26/06/2001