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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2428 - pubb. 01/08/2010.

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Cassazione civile, sez. I, 16 Giugno 2010, n. 14581. Rel., est. Didone.

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Concordato preventivo - Organi - Commissario Giudiziale - Compenso - Liquidazione ex art. 5 del d.m. n. 570 del 1992 - Attività cessata prima dell'omologazione - Liquidazione inferiore ai minimi stabiliti - Ammissibilità - Potere discrezionale del tribunale fallimentare.


In tema di liquidazione del compenso al commissario giudiziale del concordato preventivo, l'art. 5, comma quarto, del d.m. 28 luglio 1992, n. 570, nello stabilire che, qualora il commissario cessi dalle funzioni prima della chiusura delle operazioni, il compenso è liquidato, secondo i criteri fissati, "tenuto conto dell'opera prestata", attribuisce al giudice il potere discrezionale di liquidare un compenso inferiore ai minimi risultanti dall'applicazione dei criteri fissati dal primo comma della norma in commento, nel caso in cui il commissario stesso non svolga la sua attività per l'intero corso della procedura, sia per effetto della sua sostituzione, sia perché non venga completata la procedura medesima. (massima ufficiale)

Massimario, art. 65 l. fall.

  

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo - Presidente -
Dott. FIORETTI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. SALMÈ Giuseppe - Consigliere -
Dott. CULTRERA Maria Rosaria - Consigliere -
Dott. DIDONE Antonio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 8921-2005 proposto da:
SALCOACCI UMBERTO (c.f. SLCMRT43M25L103A), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIDORO 9, presso l'avvocato NUZZO MARIO, rappresentato e difeso dall'avvocato NISII LINO, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO S.P.E.A. - SOCIETÀ PORCELLANE ED AFFINI S.P.A. (C.F. 00060930674), in persona del Curatore Avv. REFERZA PIETRO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEVERE 46, presso l'avvocato BIANCA FEDERICO, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso il decreto del TRIBUNALE di TERAMO;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/05/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;
udito, per il ricorrente, l'Avvocato ROBERTO CARLEO, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l'Avvocato FEDERICO BIANCA che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l'inammissibilità o, comunque, per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Salcoacci Umberto ha proposto ricorso per cassazione -affidato a due motivi - contro il decreto in data 1.2.2005 con il quale il Tribunale di Teramo gli ha liquidato il compenso, nella misura di Euro 102.816,00, per l'attività prestata quale commissario giudiziale della procedura di concordato preventivo - non omologato - aperta nei confronti della s.p.a. S.P.E.A., successivamente dichiarata fallita.
Il Tribunale, "considerata l'attività espletata dal curatore, l'importanza del fallimento, i risultati conseguiti e la durata della procedura"; rilevato che l'attivo realizzato ammontava a Euro 27.334.514,42 e il passivo verificato e ammesso a Euro 60.721.903,45, ha determinato in Euro 48.000,00 il compenso sull'attivo e in Euro 32.000,00 quello sul passivo.
Resiste con controricorso il curatore del fallimento della s.p.a. S.P.E.A.. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
2.- Il ricorrente denuncia: 1) violazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4, del D.M. n. 570 del 1992, artt. 1 e 5 e vizio di motivazione, deducendo che la motivazione del decreto è "di puro stile" e non spiega perché il compenso liquidato è di gran lunga inferiore al compenso medio; 2) violazione del D.M. n. 570 del 1992, artt. 1 e 5 e art. 39 L. Fall., deducendo che "le esposizioni dei fatti e delle attività dal Commissario rese necessarie dalla complessità delle vicende esposte nella parte narrativa del ricorso e il cospicuo ammontare dell'attivo e del passivo, così come indicati nel decreto, rendono irragionevole l'immotivata liquidazione del compenso posto in violazione delle norme in epigrafe richiamate".
3.- Osserva preliminarmente il Collegio che, trattandosi di ricorso proposto contro provvedimento depositato prima della riforma del 2006, è applicabile la regola affermata dalla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale "in tema di liquidazione dei compensi al commissario giudiziale nella procedura di concordato preventivo, nel caso di cessazione dalle funzioni prima dell'omologazione, il compenso va liquidato secondo i principi sanciti dal D.M. n. 570 del 1992, art. 5 tenuto conto dell'opera prestata; la possibilità di liquidazione di un compenso inferiore ai minimi fissati per l'intera procedura rientra, pertanto, nel potere discrezionale del tribunale fallimentare, con la conseguenza che, non essendo censurabile sotto il profilo della violazione di legge il decreto di liquidazione che si sia attenuto alle suddette percentuali minime, deve dichiararsi l'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto ai sensi dell'art. 111 Cost. che investa il decreto di liquidazione con siffatta censura, attesa la natura straordinaria della suddetta impugnazione, esperibile solo in caso di violazione di legge e di totale mancanza di motivazione, o ipotesi ad essa equiparabili, ossia di motivazione assolutamente inidonea ad evidenziare la ratio decidendi" (Cass., 29 luglio 1998 n. 7426. Conf.: Sez. 1, Sentenza n. 13189 del 26/11/1999). Va ribadito, poi, quanto alla violazione di legge genericamente e inammissibilmente denunciata, che "in tema di liquidazione del compenso al commissario giudiziale del concordato preventivo, il D.M. 28 luglio 1992, n. 570, comma 4 nello stabilire che, qualora il commissario cessi dalle funzioni prima della chiusura delle operazioni, il compenso è liquidato, secondo i criteri fissati, "tenuto conto dell'opera prestata", attribuisce al giudice il potere discrezionale di liquidare un compenso inferiore ai minimi risultanti dall'applicazione dei criteri fissati dal primo comma della norma in commento, nel caso in cui il commissario stesso non svolga la sua attività per l'intero corso della procedura, sia per effetto della sua sostituzione, sia perché non venga completata la procedura medesima" (Sez. 1, Sentenza n. 2443 del 19/03/1997). Per contro, nella concreta fattispecie non è neppure dedotto che il compenso liquidato sia inferiore ai minimi stabiliti dal D.M.. Il ricorso è, dunque, inammissibile.
Le spese processuali - liquidate in dispositivo - seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla curatela intimata le spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori come per legge. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 maggio 2010. Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2010