Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25183 - pubb. 24/04/2021

In caso di estensione del fallimento al socio occulto, non trova applicazione il termine annuale ai fini della dichiarazione di fallimento di cui all'art. 10 l.fall.

Cassazione civile, sez. VI, 04 Marzo 2021, n. 6029. Pres. Ferro. Est. Dolmetta.


Fallimento per estensione - Socio occulto - Termine annuale - Applicabilità - Esclusione - Fondamento



In caso di estensione del fallimento al socio occulto, non trova applicazione il termine annuale ai fini della dichiarazione di fallimento di cui all'art. 10 l.fall., in quanto si tratta di beneficio riservato soltanto a coloro che abbiano assolto all'adempimento formale dell'iscrizione,vale a dire a quei soli soggetti cui la norma si riferisce. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


Fatto

1. - Con sentenza depositata in data 5 febbraio 2018, il Tribunale di Roma ha dichiarato il fallimento ex art. 147 L. Fall., comma 4, di A.B. quale socio accomandatario occulto della *  s.a.s., dichiarata fallita con sentenza emessa il 15 novembre 2013 dal medesimo Tribunale.

Avverso questo provvedimento A.B. ha presentato reclamo ex art. 18 L. Fall. e art. 147 L. Fall., comma 6, avanti alla Corte di Appello di Roma. Che lo ha respinto con sentenza depositata il 4 luglio 2021.

2. - In relazione al primo motivo di impugnazione, la sentenza ha rilevato, in particolare, che A.B. ha "occultato la sua partecipazione alla società", sì che non può beneficiare del "regime di garanzia" predisposto dall'art. 10 L. Fall. Nessun rilievo, di conseguenza, risulta in ogni caso possedere il fatto che il relativo fallimento per estensione sia stato richiesto e dichiarato a distanza di più anni dalla dichiarazione di fallimento della società in accomandita.

3. - Il giudice ha poi osservato che, nella specie, non si era profilata alcuna violazione del contraddittorio, come invece segnalava un ulteriore motivo di impugnazione: " F. si è costituito nella fase istruttoria dinnanzi al giudice delegato ed è stato sentito in tale fase"; nella specie non si è verificato "alcun pregiudizio delle ragioni difensive".

4.- A fronte di un ulteriore motivo di contestazione svolto dal reclamante, la Corte di Appello ha affermato che la considerazione di F. quale accomandatario occulto risulta sorretta da una ampia serie di elementi circostanziali: "gli elementi posti in luce dal Tribunale, a prescindere dalla maggiore o minore stringenza di ciascuno di essi" - si è riscontrato - "sono persino sovrabbondanti per integrare un quadro di elementi univoci, precisi e concordanti per affermare che in realtà tutte le operazioni fossero riferibili alla *  e che il dominus di quest'ultima fosse la persona fisica di A.B. ".

5. - Avverso questa decisione A.B. ha proposto ricorso, formulando tre motivi di cassazione. L'intimato Fallimento non si è costituito.

6. - Il ricorrente ha depositato memoria.

 

Motivi

7. - Il primo motivo di ricorso assume la violazione dell'art. 147 L. Fall., commi 2 e 4, e anche omesso esame di fatto decisivo per l'esito del giudizio.

7.1. - Riproponendo la sostanza della censura svolta in sede di reclamo, il ricorrente rileva che la sua partecipazione nella società "non avrebbe potuto in alcun modo essere considerata quale socio occulto, ma semmai come socio di fatto": "essendo il Fallimento in possesso del verbale di accertamento e di notificazione L. n. 183 del 2010, ex art. 33 " a far tempo dal 15 novembre 2013 e, quindi, da tale data essendogli nota la partecipazione del F.. Perciò, il fallimento per estensione avrebbe potuto essere dichiarato entro il termine massimo del 15 novembre T2014, laddove il relativo ricorso è stato nel concreto presentato 2 anni e 4 mesi dopo tale scadenza.

Ogni diversa soluzione - quale appunto quella adottata dalla Corte del merito, che ha tenuto conto solo del fatto che la posizione del F. non risultava iscritta nel registro delle imprese - deve essere considerata errata: la possibilità di dichiarare il fallimento per estensione del socio mai iscritto nel registro delle imprese deve pur avere un termine finale, pena altrimenti la contrarietà della disposizione dell'art. 147 Cost., comma 4 all'art. 111 Cost., comma 2.

7.2. - Rileva inoltre il ricorrente che la sentenza romana non ha tenuto conto del fatto che il fallimento della *  s.a.s. è stato chiesto dai dipendenti della società. Costoro, peraltro, "si sono ben guardati dal chiedere l'estensione del fallimento a A.B., essendo a perfetta conoscenza della sua estraneità alla gestione della società * ".

Cosa, quest'ultima, ben nota - pure si aggiunge - anche alla stazione dei Carabinieri di Bastia Umbra, con cui la detta società ha "avuto continui contatti".

8. - Il motivo non può essere accolto.

9. - Come puntualmente riscontrato dalla sentenza impugnata, questa Corte ha già avuto modo di precisare, in materia, che occorre "tenere conto della portata pubblicitaria delle iscrizioni al registro delle imprese, della necessità per tutti gli imprenditori di registrarsi ex art. 2195-2196 c.c. e di iscrivere gli atti salienti normativamente collegati all'efficacia verso i terzi ex art. 2193 c.c., in un regime che poi, nella speciale zona fallimentare, permette una limitata prova contraria avverso la presunzione che consegue alla cancellazione: l'operatività dell'art. 10 L. Fall., comma 2, è infatti nel senso che, semmai, la possibilità di provare una diversa decorrenza della cessazione (dell'attività imprenditoriale) compete ai soli creditori dell'imprenditore collettivo cancellato d'ufficio e di quello individuale iscritto (e poi cancellato anche volontariamente) e nell'ovvio presupposto che la circostanza sia maturata dopo la cancellazione stessa, così realizzandosi una tutela avanzata dell'affidamento dei terzi".

Così, in modo particolare, si è espressa la pronuncia di Cass., 6 marzo 2017, n. 5520, che, nel proseguire, ha pure rilevato: detta ratio "è venuta progressivamente irrobustendosi nel contesto di controllo costituzionale che ben distinto nella disciplina societaria e della responsabilità illimitata dei soci, al fine di proteggere la certezza delle situazioni giuridiche, l'assolvimento delle disposizioni pubblicitarie dalla lor mancata osservanza, riservando solo ai primi casi una giustificata mediazione temporale nella esposizione a fallimento". E' dunque l'assolvimento degli oneri pubblicitari a fungere da giustificata e opportuna linea di discrimine: "per il debitore individuale non iscritto, come argomentato da Cass., n. 15488/2013, con riguardo all'analoga figura del socio occulto (Cass., n. 24431/2011), potendosi sostenere che neanche l'imprenditore individuale non iscritto al registro delle imprese si potrebbe direttamente e semplicemente giovare del citato limite temporale, nè della correlativa prova contraria, benefici riservati in generale a coloro che hanno positivamente assolto a quegli adempimenti formali, vale a dire a quei soli soggetti cui la norma positivamente si riferisce".

9. - Inammissibile risulta poi la censura relativa all'omesso esame di fatto decisivo, di cui alla parte finale del motivo in esame (sopra, n. 7.2.).

Per consolidatissima giurisprudenza di questa Corte, il vizio di cui al n. 5 dell'art. 360 c.p.c., n. 5 è riferibile solo ai "fatti storici" (il cui esame sarebbe potenzialmente in grado, di per sè, di orientare l'esito della controversia): tali non sono nè le "ragioni" per cui i creditori istanti il fallimento della *  non ne hanno chiesto l'estensione a C.; nè le valutazioni che il ricorrente ascrive alla stazione dei carabinieri di Bastia Umbra.

10. - Col secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 15 L. Fall., comma 2, sottolineando come il tribunale in composizione collegiale - e già non giudice delegato per estendere il fallimento della società ai soci illimitatamente responsabili - debba disporre la convocazione degli stessi al Collegio.

11. - Il motivo non può essere accolto.

Va osservato in proposito che la norma dell'art. 16 L. Fall., comma 6 stabilisce che il "tribunale può delegare al giudice relatore l'audizione della parti".

Va aggiunto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la "mancanza del provvedimento di delega al giudice che ha sottoscritto il decreto di fissazione dell'udienza di comparizione e ha proceduto all'istruttoria prefallimentare non si traduce in un vizio di costituzione del giudice e non comporta l'invalidità degli atti compiuti" (Cass., 10 agosto 2017, n. 19927).

12. - Col terzo motivo, il ricorso censura la violazione dell'art. 147 L. Fall., comma 4, rilevando che la sentenza ha errato nell'"affermare che il F. fosse socio accomandatario occulto della società".

"Nel caso di specie non vi è affatto la prova di tale ruolo", si afferma: "non può valere in contrario il richiamo di meri indici presuntivi neppure tra loro sempre coerenti; le dichiarazioni raccolte, poi, sembrano essere state valorizzate come utili o affidabili o meno in funzione solo dell'idoneità a motivare la decisione di estendere il fallimento, anzichè essere valutate obiettivamente e senza pregiudizi".

13. - In sede di memoria, poi, il ricorrente segnala - a fronte della proposta di decisione ("il ricorrente richiede una nuova e complessiva valutazione degli elementi fattuali della fattispecie") - che, in realtà, il motivo intende sollecitare una "nuova valutazione della quaestio facti", la "violazione o falsa applicazione in cui è incorsa la Corte di Appello dell'art. 2729 c.c. in combinato disposto con l'art. 2727 c.c., nonchè con l'art. 2697 c.c.". Per aggiungere che la giurisprudenza della Corte ammette la sindacabilità in sede di legittimità della formazione della prova presuntiva, che nel concreto sia stata fatta del giudice del merito.

14. - Il motivo non può essere accolto.

La tesi in definitiva propugnata dal ricorrente è che, nel contesto della sentenza impugnata, "tutti i fatti storici presi in considerazione... sono privi in ogni caso della gravità, della precisione o della concordanza ai fini della inferenza da essi della conseguenza ignota sussunta dal giudicante" (p. 5 memoria).

A quest'allegazione non fa seguito, tuttavia, l'esposizione delle ragioni che la supporterebbero.

Nei fatti, il ricorrente si limita a enunciare che "emerge dalla mera lettura della sentenza gravata nei relativi passaggi di p. 3 e p. 4, che il giudicante, pur nella formale proclamazione di fare ricorso al metro di giudizio di cui all'art. 2729 c.c. finisca per violare o falsamente applicare, avvalendo degli elementi evidenziati, ma privi della gravità, precisione o concordanza, di detta norma di diritto, oltre che dell'art. 2697 c.c.".

15. - In conclusione, il ricorso dev'essere respinto.

Non vi è da provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non essendosi costituito l'intimato Fallimento.

 

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile - 1, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021.