Esecuzione Forzata


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25375 - pubb. 01/06/2021

Espropriazione presso terzi, opposizione e litisconsorzio necessario del terzo pignorato

Cassazione civile, sez. III, 18 Maggio 2021, n. 13533. Pres. De Stefano. Est. Rossetti.


Espropriazione presso terzi - Giudizi di opposizione - Terzo pignorato - Litisconsorte necessario



Nei giudizi di opposizione esecutiva relativi ad una espropriazione presso terzi ai sensi degli art. 543 c.p.c. e ss. il terzo pignorato è sempre litisconsorte necessario. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


Fatti

1. Nel 2014 la Corte Internazionale Arbitrale della Camera Internazionale di Commercio di Londra pronunciò un lodo col quale condannò la società A.G. Investment LCC"(cioè "Limited Liability Company"; d’ora innanzi, per brevità, "la AGI") al pagamento in favore del fallimento (…) s.r.l. della somma di 4.705.720,28 Euro.

2. Il lodo venne reso esecutivo dalla Corte d’appello di Roma con decreto 21 novembre 2014 n. 8612.

3. Con lo stesso decreto col quale rese esecutivo il lodo, la Corte d’appello autorizzò il fallimento a notificarlo alla società debitrice per mezzo di corriere internazionale ex art. 151 c.p.c..

4. Dopo aver notificato il decreto per mezzo di un corriere privato, il fallimento iniziò l’esecuzione forzata nelle forme del pignoramento presso terzi. Individuò, a tal fine, quale terzo pignorato, l’Agenzia delle Entrate.

Al fine di procedere alla notifica del precetto e del pignoramento, il fallimento chiese preliminarmente al Tribunale di Roma (individuato quale giudice competente per l’esecuzione) l’autorizzazione a notificare il precetto e il pignoramento per mezzo di un corriere internazionale ed a mezzo telefax, ai sensi dell’art. 151 c.p.c..

Il Tribunale autorizzò la richiesta con decreto 21 aprile 2015.

Precetto e pignoramento vennero notificati tramite un corriere della società privata "UPS" al seguente indirizzo: "(*)                     ".

La notifica a mezzo telefax invece non andò a buon fine.

5. Con ordinanza 29.10.2015 il Giudice dell’esecuzione assegnò al fallimento la somma dichiarata dovuta dal terzo pignorato.

6. La AGI propose opposizione avverso l’ordinanza di assegnazione, qualificata sia come opposizione agli atti esecutivi, sia come opposizione all’esecuzione.

A fondamento dell’opposizione la AGI dedusse tre motivi:

a) di non aver mai ricevuto la notifica del titolo, nè del precetto, nè del pignoramento;

b) l’insussistenza della giurisdizione italiana;

c) in subordine, la competenza per territorio del Tribunale di Brindisi.

Solo in sede di discussione della sospensione dell’esecuzione, la AGI dedusse altresì che titolo, precetto e pignoramento erano privi della traduzione in lingua araba.

7. Con sentenza 25 luglio 2018 n. 15480 il Tribunale di Roma rigettò l’opposizione.

Il Tribunale ritenne che:

-) le notifiche del titolo, del precetto e del pignoramento erano state regolarmente compiute all’indirizzo eletto dalla AGI nella procedura arbitrale, e risultante dal titolo esecutivo;

-) non aveva alcuna efficacia probatoria la dichiarazione, proveniente dalla società debitrice, secondo cui tra i propri dipendenti nessuno aveva il cognome apposto dal corriere sulla ricevuta di consegna del plico;

-) essendo valida e rituale la notifica del precetto e del pignoramento, le censure concernenti il difetto di giurisdizione, l’incompetenza per territorio e la mancata traduzione degli atti in lingua araba dovevano conseguentemente dichiararsi tardive, in quanto costituivano ragioni di opposizione agli atti esecutivi, ed erano state proposte oltre il termine di cui all’art. 617 c.p.c., in quanto il pignoramento era stato notificato il 30 aprile 2015, mentre l’opposizione era stata proposta il 27 novembre 2015.

8. La decisione del Tribunale è stata impugnata per cassazione dalla AGI con ricorso fondato su quattro motivi ed illustrato da memoria.

Ha resistito con controricorso il Fallimento, proponendo ricorso incidentale fondato su un solo motivo illustrato da memoria.

 

Motivi

1. Ritiene il Collegio superfluo dar conto dei motivi di impugnazione (che pure involgono le cospicue questioni della notifica all’estero in Paesi privi di legami convenzionali con l’Italia e della giurisdizione e della competenza del giudice dell’espropriazione presso terzi contro un debitore privo di residenza o sede in Italia), in quanto il grado di merito del presente giudizio risulta inficiato da una nullità processuale che è indispensabile in questa sede rilevare ex officio. Al presente giudizio, infatti, non ha partecipato il terzo pignorato, e cioè l’Agenzia delle Entrate.

È avviso del Collegio giudicante che il terzo pignorato sia un litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione all’esecuzione od agli atti esecutivi: e debba esserlo sempre, senza distinzioni di sorta.

Ciò per molteplici ragioni: di sistema, di semplicità e di coerenza.

1.1. Sul piano sistematico, il pignoramento impone al terzo pignorato una serie di obblighi: di astenersi da certe attività, o di compierne altre (artt. 545 e 546 c.p.c.).

Tali obblighi staranno o cadranno in base all’esito dell’opposizione eventualmente proposta: e dunque l’esito di questa non può mai dirsi "indifferente" per il terzo pignorato.

Se il terzo infatti, dopo il pignoramento, adempisse la propria obbligazione nelle mani dell’originario creditore (che ha la veste di debitore esecutato) pagherebbe male, ma avrebbe per ciò solo interesse all’esito dell’accertamento dell’insussistenza del credito per cui si procede o dell’irregolarità della procedura.

Se il terzo invece, dopo il pignoramento, adempisse la propria obbligazione nelle mani del creditore procedente in esecuzione di una ordinanza di assegnazione, nel caso di caducazione del pignoramento o di vizio procedurale avrebbe diritto alla ripetizione dell’indebito soggettivo, diritto attribuitogli dall’art. 2033 c.c..

Se poi il terzo pignorato decidesse di adempiere la propria obbligazione nelle mani del creditore procedente prima ancora della pronuncia dell’ordinanza di assegnazione, avrebbe interesse all’esito dell’opposizione: il rigetto di questa, infatti salvaguarderebbe l’efficacia liberatoria del suddetto pagamento.

Lo stesso dicasi nelle ipotesi in cui il terzo, dopo il pignoramento e dopo la pronuncia dell’ordinanza di assegnazione, venisse meno all’obbligo di pagamento nelle mani del creditore procedente: in tal caso, infatti, dall’esito dell’opposizione dipenderebbe la legittimità o l’illegittimità di tale condotta, e la conseguente esposizione del terzo all’esecuzione forzata, sulla base dell’ordinanza di assegnazione.

In conclusione, se pure in punto di fatto possa accadere che il terzo non abbia interesse all’esito dell’opposizione, in punto di diritto un interesse del terzo ad interloquire sulla fondatezza dell’opposizione esecutiva sussiste sempre, quale che dovesse l’atteggiamento da questi assunto dopo il pignoramento.

Del resto, è quanto accade con ogni evidenza nella fattispecie in esame, in cui l’opposizione, che l’opponente assume non avere potuto proporre tempestivamente a causa della nullità della notifica, investe ab imis fundamentis la procedura esecutiva, sicché il suo eventuale accoglimento comporterebbe il travolgimento di quella e, con essa, di tutti i provvedimenti del giudice dell’esecuzione e della legittimità dei pagamenti su quelli fondati, con inevitabile diritto alla ripetizione.

1.2. Sul piano della semplicità, questa Corte ha ripetutamente affermato che, dinanzi a norme processuali ambigue o suscettibili di essere interpretate in più modi, tutti consentiti dalla lettera della legge, l’interprete ha il dovere di preferire l’interpretazione che garantisca la maggiore sintesi, chiarezza e semplicità del dettato normativo.

Una diversa interpretazione, infatti, contrasterebbe sia col principio costituzionale della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.), sia con quello sovranazionale del giusto processo (art. 6 CEDU, in quanto richiamato dall’art. 6 TUE).

Contrasterebbe col primo, perché la nimia subtilitas nell’interpretazione delle norme processuali fomenta le liti, spiazza i litiganti e prolunga, per conseguenza, la durata dei processi.

Contrasterebbe col secondo, perché tanto la Corte EDU, quanto la Corte di giustizia dell’Unione Europea, nell’interpretare l’art. 6 CEDU hanno ripetutamente affermato che possono dirsi coerenti con l’art. 6, § 1 CEDU, solo le interpretazioni delle norme processuali che siano chiare ed univoche (ex multis, Corte EDU, sez. I, 15.9.2016, Trevisanato c. Italia, in causa n. 32610/07, §§ 42-44; Corte EDU, sez. II, 29.3.2011, RTBF c. Belgio, in causa n. 50084/06; pronunce richiamate dalla giurisprudenza di legittimità, fin da Cass. ord. 07/12/2016, n. 25074, nonché, a Sezioni Unite, da Cass. Sez. U. 25/03/2019, n. 8312, ovvero Cass. Sez. U. 30/01/2020, n. 2089).

1.3. Infine, sul piano della coerenza, è doveroso riconoscere che sinora la giurisprudenza di questa Corte, pur affermando in teoria che non sempre il terzo pignorato debba ritenersi litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione, ha definito in modo così ampio le ipotesi di processi oppositivi litisconsortili, da pervenire di fatto a negare nella sostanza il principio affermato in teoria.

Il problema di cui si discorre venne affrontato per la prima volta da Sez. 3, Sentenza n. 2521 del 09/07/1969, Rv. 342086 - 01, e risolto nel senso che il terzo pignorato è litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione tutte le volte che in esso si discuta della "validità e congruità della forma di pignoramento adottata" (nello stesso senso, ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 3899 del 07/09/1977, Rv. 387590 - 01).

Si ammise, poi, che il terzo pignorato potesse intervenire volontariamente nel processo oppositivo tutte le volte che vi avesse un interesse: ma la definizione di tale "interesse" venne concepita in modo così ampio, da farvi rientrare praticamente tutte le più frequenti ipotesi astrattamente concepibili.

Si è, così, ammesso l’intervento del terzo giustificato dalla volontà di controllare la destinazione delle somme pignorate (Sez. 1, Sentenza n. 1968 del 09/07/1973, Rv. 365073 - 01) o di "sostenere le ragioni dell’opponente" (Sez. 3, Sentenza n. 249 del 13/01/1983, Rv. 425068 - 01); e se ne è ritenuta necessaria la chiamata in causa quando l’opposizione abbia ad oggetto l’invalidità del pignoramento (Sez. 3, Sentenza n. 9571 del 01/10/1997, Rv. 508411 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 493 del 15/01/2003, Rv. 559748 - 01) o l’illegittimità dell’ordinanza dichiarativa dell’inefficacia di esso (Sez. 3, Sentenza n. 9527 del 22/12/1987, Rv. 456603 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 2423 del 26/03/1990, Rv. 466148 - 01); la validità dell’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione aveva provveduto su una richiesta di sequestro conservativo di crediti del debitore esecutato (Sez. 3 - Sentenza n. 3899 del 17/02/2020, Rv. 656901 - 01); la validità dell’ordinanza di assegnazione di crediti di mantenimento di figlio minorenne (Sez. 3 -, Sentenza n. 10813 del 05/06/2020, Rv. 657920 - 01).

Il breve excursus che precede svela come la giurisprudenza di questa Corte abbia talmente allargato il novero delle ipotesi di necessaria partecipazione del terzo pignorato al giudizio di opposizione, da imporre la conclusione che tale partecipazione costituisca per diritto vivente la regola, e non l’eccezione. Dire, infatti, che il terzo "di regola" non è litisconsorte necessario salvo che abbia un interesse; e definire poi questo "interesse" in termini così ampi da ricomprendervi tutte le ipotesi più frequenti e rilevanti, è conclusione non coerente con la logica formale e con le necessarie indicazioni di chiarezza che legittimamente gli interpreti si attendono da questa Corte, ai sensi dell’art. 65 ord. giud.

Coerenza e chiarezza impongono dunque di superare la massima tralatizia di cui sopra e constatare l’avvenuta emersione, quale jus receptum, del principio per cui il terzo pignorato è sempre litisconsorte necessario, ex art. 102 c.p.c., nelle opposizioni esecutive.

1.4. Al riguardo, la non integrità originaria del contraddittorio è rilevabile d’ufficio anche per la prima volta in sede di legittimità e determina la cassazione con rinvio, ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 3 e art. 354 c.p.c. al giudice di primo grado (o, come nella specie, di unico grado di merito), per provvedere all’integrazione del contraddittorio (così già Sez. 3, Sentenza n. 2786 del 19/10/1963, Rv. 264326 - 01, in seguito sempre conforme: Sez. 3, Sentenza n. 1004 del 12/05/1967, Rv. 327303 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 1505 del 22/05/1973, Rv. 364263 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 6333 del 22/06/1999, Rv. 527811 - 01; Sez. L, Sentenza n. 9645 del 21/07/2000, Rv. 538672 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 23572 del 17/10/2013, Rv. 628729 - 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 4763 del 19/02/2019, Rv. 653012 - 01).

1.5. La sentenza va dunque cassata con rinvio al Tribunale di Roma, in applicazione del seguente principio di diritto: "nei giudizi di opposizione esecutiva relativi ad una espropriazione presso terzi ai sensi degli art. 543 c.p.c. e ss. il terzo pignorato è sempre litisconsorte necessario".

2. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

 

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Roma, in persona di altro magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Dep. il 18 maggio 2021.