Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2549 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 30 Luglio 2009, n. 17751. Rel., est. Nappi.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Effetti - Per il fallito - Beni del fallito - Beni non compresi - Trattamento di fine rapporto - Inclusione nell'attivo fallimentare - Configurabilità - Deroga - Somme necessarie al mantenimento del fallito e della sua famiglia ex art. 46 legge fall. - Determinazione con decreto del giudice delegato - Efficacia retroattiva - Sussistenza - Conseguenze rispetto ai pagamenti già eseguiti dal terzo debitore al fallito - Rilevanza dello stato soggettivo del "solvens" - Esclusione - Fondamento.



La natura assistenziale e previdenziale del trattamento di fine rapporto ne giustifica, in caso di fallimento dell'avente diritto, l'assoggettabilità allo speciale regime previsto dall'art. 46 della legge fall., che, in deroga alla generale regola della indisponibilità del patrimonio del fallito posta dall'art. art. 44 della legge fall., esclude dall'attivo fallimentare, nei limiti di quanto occorre per il mantenimento del fallito e della sua famiglia, le somme spettanti al fallito stesso a titolo di stipendio, pensione o salario, così come determinate con decreto del giudice delegato; l'efficacia retroattiva di tale decreto determina a sua volta l'inopponibilità, nei confronti dei creditori concorsuali, del pagamento nel frattempo disposto, in favore del fallito, dal terzo debitore, qualora il giudice delegato abbia disposto l'acquisizione per intero alla procedura fallimentare del citato emolumento, senza che il "solvens" possa invocare la rilevanza del proprio stato soggettivo, ai sensi dell'art. 1189 cod. civ. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



Massimario, art. 44 l. fall.

Massimario, art. 46 l. fall.


  

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Mario Rosario - Presidente -
Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere -
Dott. NAPPI Aniello - Consigliere -
Dott. PANZANI Luciano - Consigliere -
Dott. CULTRERA Maria Rosaria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Fallimento Tomaiticio S-S-G di Serafini Giovanni s.a.s., domiciliato in Roma, via Caroncini 6, presso l'avv. PENTIMALLI M., che lo rappresenta e difende unitamente all'avv. G. L. Castigli, come da mandato in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
Autostrade per l'Italia s.p.a., domiciliata in Roma, via delle Tre Madonne 8, presso l'avv. MARAZZA M., che la rappresenta e difende come da mandato a margine del ricorso;
- controricorrente -
Avverso la sentenza n. 1598/2003 della Corte d'appello di Firenze, depositata il 7 ottobre 2003 Sentita la relaziono svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;
uditi difensori, avv. Pentimalli, per il ricorrente, che ha concluso per l'accoglimento, e avv. Marazza per la resistente, che ne ha chiesto il rigetto.
Udite le conclusioni del P.M., Dott. PATRONE Ignazio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Firenze ha confermato il rigetto dei la domanda proposta dal Fallimento Tomaificio S-S-C di Serafini Giovanni s.a.s. per la dichiarazione di inefficacia del pagamento eseguito dalla Autostrade per l'Italia s.p.a. in favore di Giovanni Serafini dei quattro quinti del trattamento di fine rapporto spettantegli quale suo ex dipendente.
Hanno ritenuto i giudici del merito che, come stabilito dall'art. 1189 c.c., comma 1, il pagamento aveva liberato la debitrice Autostrade per l'Italia s.p.a., in quanto era stato eseguito in buona fede al creditore apparente Giovanni Serafini, nella stessa percentuale dei quattro quinti già applicata in precedenza per gli stipendi e senza alcuna opposizione da parte del curatore fallimentare, prima del sopravvenuto decreto con il quale il giudice delegato aveva disposto l'acquisizione all'attivo fallimentare dell'intero credito del fallito.
Contro questa decisione ricorre ora per cassazione il Fallimento Tomaificio S-S-C di Serafirni Giovanni s.a.s. e propone tre motivi d'impugnazione.
Resiste con controricorso la Autostrade per l'Italia s.p.a.. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 44, e art. 1189 c.c., vizi di motivazione della decisione impugnata.
Sostiene che, secondo la giurisprudenza anche costituzionale, l'art. 1189 c.c., non è applicabile ai pagamenti, eseguiti in favore del fallito dopo la dichiarazione di fallimento, essendone prevista l'inopponibilità ai creditori concorsuali indipendentemente dalla buona fede del debitore. E aggiunge che questa giurisprudenza trova applicazione anche per il credito relativo al trattamento di fine rapporto, che va acquisito all'attivo fallimentare, salvo diverso provvedimento del giudice delegato, che nel caso in esame aveva invece disposto appunto l'acquisizione del credito. Con il secondo motivo il ricorrente deduce ancora violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 44 e 46, e art. 1189 c.c., vizi di motivazione della decisione impugnata.
Sostiene che erroneamente i giudici del merito hanno equiparato il credito per gli stipendi al credito per il trattamento di fine rapporto e legittimato così la presunzione che fosse applicabile a tali crediti una stessa regolamentazione. E aggiunge che comunque Giovanni Serafini sarebbe plausibilmente risultato come creditore apparente solo se il giudice delegato avesse autorizzato il pagamento in suo favore di una parte del trattamento di fine rapporto. Nega infine che la Autostrade per l'Italia s.p.a., azienda nazionale dotata di un ufficio legale, possa essere considerata in buona fede al momento del pagamento.
2. Il ricorso è fondato.
È certamente errata in realtà l'applicazione dell'art. 1189 c.c., posta a base della decisione impugnata, in pretesa deroga a quanto disposto dalla L. Fall., art. 44, comma 2, che dichiara inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento.
Nella giurisprudenza di questa Corte, infatti, è indiscusso che l'inefficacia dei pagamenti effettuati dopo la dichiarazione del fallimento, prevista dalla L. Fall., art. 44, "è conseguenza automatica dell'indisponibilità del patrimonio del fallito, valevole erga omnes e senza rilevanza dello stato soggettivo" di buona o mala fede di chi il pagamento esegue o riceve (Cass., sez. 1^, 13 settembre 2007, n. 19165, m. 599050, C. cost., n. 234/1998). Il parametro normativo per la definizione della controversia in esame, non va dunque individuato nell'art. 1189 c.c., bensì nella L. Fall., art. 46, che, in deroga appunto a quanto disposto dalla L. Fall., art. 44, esclude dall'inclusione nel fallimento "gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia", così come determinati con decreto del giudice delegato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, "avuto riguardo alla natura assistenziale e previdenziale del trattamento di fine rapporto, deve ritenersi che esso sia soggetto allo speciale regime previsto dalla L. Fall., art. 46, che esclude dall'attivo fallimentare, nei limiti di quanto occorre per il mantenimento del fallito e della sua famiglia, le somme al fallito stesso spettanti a titolo di stipendio, pensione o salario" (Cass., sez. 1^, 20 marzo 1999, n. 2591, m. 524353).
Sicché parrebbe doversi concludere che nel caso in esame il pagamento eseguito dalla Autostrade per l'Italia s.p.a. non è opponibile ai creditori concorsuali, non essendo controverso che il giudice delegato dispose l'acquisizione dell'intero trattamento di fine rapporto spettante a Giovanni Serafini. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa corte, il decreto adottato dal giudice delegato L. Fall., ex art. 46, comma 2, per la determinazione dei limiti di acquisibilità al fallimento degli emolumenti spettanti al fallito, ha efficacia retroattiva anche rispetto ai pagamenti già eseguiti (Cass., sez. 1^, 27 settembre 2007, n. 20325, m. 599669). I giudici del merito e la società controricorrente sostengono nondimeno che al trattamento di fine rapporto dovrebbe estendersi nel caso in esame la regolazione già attuata per gli stipendi in pendenza del rapporto di lavoro ai Giovanni Serafini. Sicché il trattamento di fine rapporto andava comunque acquisito all'attivo fallimentare nei limiti di un quinto, così come era avvenuto in precedenza per gli stipendi, in conformità a un accordo intervenuto con il curatore fallimentare, corrispondente ai imiti di pignorabilità previsti dall'art. 545 c.p.c..
Sennonché va chiarito che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, "i limiti di pignorabilità posti dall'art. 545 c.p.c., commi 3 e 4, non sono estensibili alla esecuzione concorsuale, nella quale trova applicazione la normativa specifica della L. Fall., art. 46, che affida al giudice il potere discrezionale di determinare la eventuale devoluzione al fallito, e conseguente sottrazione all'acquisizione all'attivo fallimentare, di una parte delle somme a lui dovute a titolo di pensione" (Cass., sez. 1^, 7 febbraio 2007, n. 2719, m. 599852, Cass., sez. 1^, 7 febbraio 2008, n. 2939, m. 601790).
Nè il curatore ha al riguardo alcun potere dispositivo, in mancanza del decreto del giudice delegato, posto che, come s'è detto, non è applicabile l'art. 545 c.p.c..
Quanto accaduto in precedenza con riferimento agli stipendi erogati a Giovanni Serafini non ha di per sè alcuna rilevanza, dunque, ai fini della controversia in esame, salvo che l'acquisizione di quegli stipendi all'attivo fallimentare nei limiti di un quinto fosse stato disposto con decreto del giudice delegato.
In tal caso potrebbe porsi infatti un problema di interpretazione di quel decreto e della sua riferibilità anche al trattamento di fine rapporto. Ma di tanto non s'è affatto discusso nelle fasi di merito, attese che l'esistenza di un tale decreto non è stata allegata neppure in questa sede. La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio ai giudici del merito, che si atterranno ai principi su enunciati.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio anche per le spese alla Corte d'appello di Firenze in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 23 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2009