Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2574 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 04 Maggio 2009, n. 10209. Rel., est. Schirò.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Effetti - Sugli atti pregiudizievoli ai creditori - Azione revocatoria fallimentare - Atti a titolo oneroso, pagamenti e garanzie - In genere - Presupposto - Conoscenza dello stato d'insolvenza da parte del contraente - Necessità - Mera conoscibilità - Insufficienza - Desumibilità da elementi presuntivi - Limiti - Pluralità di protesti - Distribuzione dell'onere della prova tra curatore e creditore.



In materia di revocatoria fallimentare, se la conoscenza da parte del terzo contraente dello stato d'insolvenza dell'imprenditore deve essere effettiva e non meramente potenziale, assumendo rilievo la concreta situazione psicologica della parte nel momento dell'atto impugnato e non pure la semplice conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni economiche della controparte, tuttavia, poichè la legge non pone limiti in ordine ai mezzi a cui può essere affidato l'assolvimento dell'onere della prova da parte del curatore, gli elementi nei quali si traduce la conoscibilità possono costituire elementi indiziari da cui legittimamente desumere la "scientia decotionis". In tale contesto, i protesti cambiari, in forza del loro carattere di anomalia rispetto al normale adempimento dei debiti d'impresa, s'inseriscono nel novero degli elementi indiziari rilevanti, con la precisazione che trattasi, non già di una presunzione legale "iuris tantum", ma di una presunzione semplice che, in quanto tale, deve formare oggetto di valutazione concreta da parte del giudice di merito, da compiersi in applicazione del disposto degli artt.2727 e 2729 cod. civ., con attenta valutazione di tutti gli elementi della fattispecie. Consegue, sul piano della distribuzione dell'onere della prova, che l'avvenuta pubblicazione di una pluralità di protesti può assumere rilevanza presuntiva tale da esonerare il curatore della prova che gli stessi fossero noti al convenuto in revocatoria, su quest'ultimo risultando, in tal caso, traslato l'onere di dimostrare il contrario. (massima ufficiale)


Massimario, art. 67 l. fall.


  

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Mario Rosario - Presidente -
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. PANZANI Luciano - Consigliere -
Dott. SCHIRÒ Stefano - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FALLIMENTO N. 55055 DELLA EDILCADIS s.r.l., in persona curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Gregorio VII 267, presso l'avv. TROIANIELLO Salvatore, che lo rappresenta e difende per procura in atti;
- ricorrente -
contro
LARONGA GIUSEPPINA, elettivamente domiciliata in Roma, Via di Pietralata 320, presso l'avv. Gigliola Mazza Ricci, rappresentata e difesa dall'avv. PRIGNANO Marcello, del Foro di Lucera, per procura in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 1450/03 in data 24 marzo 2003.
Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 10 febbraio 2009 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza n. 1450/03 del 24 marzo 2003 la Corte di appello di Roma respingeva l'appello proposto dal Fallimento Edilcadis s.r.l. nei confronti di Giuseppina Laronga avverso la sentenza in data 22 febbraio 2000, con la quale il Tribunale di Roma aveva rigettato la domanda volta alla revoca, ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 2, dell'atto di compravendita in data 19 maggio 1993, con il quale la Edilcadis s.r.l. aveva venduto alla Laronga un appartamento sito nel Comune di Monterotondo.
A fondamento della sentenza la Corte di merito così motivava:
1.a. l'appellante si era doluto della mancata considerazione, da parte del primo giudice, della circostanza che dagli atti, e in particolare dallo stesso atto di compravendita stipulato, emergeva la prova della conoscenza da parte della Laronga dello stato d'insolvenza della Edilcadis, in quanto nell'art. 4 del menzionato contratto era stata specificatamente indicata l'esistenza sul fabbricato di tre pignoramenti immobiliari, che la venditrice si era impegnata a cancellare, dichiarando di aver già estinto i relativi debiti;
1.b. tuttavia in materia di revocatoria fallimentare la conoscenza da parte del terzo contraente dello stato d'insolvenza dell'imprenditore doveva essere effettiva e non meramente potenziale, assumendo rilievo la concreta situazione psicologica della parte nel momento della stipula dell'atto impugnato e non la semplice conoscibilità delle condizioni economiche di controparte; sotto tale profilo, il semplice inadempimento di obbligazioni e la sola sottoposizione a procedura esecutiva immobiliare di beni del venditore non potevano costituire, da soli e se non accompagnati da ulteriori e circostanziati elementi di presunzione, un complesso di elementi presuntivi di tale rilevanza, da poterne dedurre la prova dell'effettiva conoscenza da parte dell'acquirente dello stato d'insolvenza dell'alienante;
1.c. gli stessi elementi avrebbero potuto avere ben altro rilievo, se fosse stato accertato che i debiti posti a base dei pignoramenti non erano già stati estinti al momento della stipulazione dell'atto, perché in tal caso la conoscenza di questa circostanza avrebbe dovuto indurre ragionevolmente l'acquirente a sospettare lo stato d'insolvenza della venditrice; ma tale prova, anche a prescindere dalla documentazione tardivamente prodotta in appello dalla Laronga, non era stata offerta dal Fallimento sul quale gravava il relativo onere;
1.d. di conseguenza la non smentita affermazione di aver pagato i debiti ed il dichiarato impegno di effettuare la cancellazione dei pignoramenti ben potevano ragionevolmente indurre una persona di normale cultura e capacità a ritenere, quantomeno, che la Edilcadis fosse in grado di far fronte alle proprie obbligazioni, mentre il ricorso ad altre indagini sulla potenzialità patrimoniale della venditrice appariva, al momento della stipula del contratto, del tutto inutile anche in considerazione della posizione di acquirente della Laronga, già messa al sicuro del suo acquisto dal possesso del bene e dalle comuni garanzie sulla titolarità del bene acquistato e per l'evizione dello stesso da parte di terzi. 2. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Fallimento Edilcadis s.r.l. sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la Laronga.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente - denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1199, 1200 e 2726 c.c. e L. Fall., art. 67, comma 2 - censura la sentenza impugnata per avere i giudici di appello affermato che per l'attore non era sufficiente aver dimostrato l'esistenza di pignoramenti ancora regolarmente trascritti sull'immobile al momento della firma del contratto, in quanto la prova che i debiti posti a base dei pignoramenti non erano stati estinti al momento della stipulazione dell'atto non era stata offerta dal Fallimento, sul quale gravava il relativo onere. Il ricorrente deduce in particolare di aver adempiuto l'onere posto a suo carico sia dall'art. 2697 c.c., comma 1, dimostrando documentalmente l'esistenza dei crediti che avevano originato tre procedure esecutive immobiliari ancora pendenti, che dalla L. Fall., art. 67, comma 2, provando che la Laronga aveva conoscenza di tale circostanza, avendo dichiarato essere a lei ben note le relative formalità pregiudizievoli. Inoltre la Laronga, anziché offrire prova documentale idonea a superare quella offerta dal Fallimento, si è limitata replicare di aver prestato fede alla parole del venditore, il quale le aveva assicurato di aver sanato le proprie posizioni debitorie, ma non ha mai precisato di averne voluto verificare le affermazioni, chiedendo l'esibizione di alcuno dei documenti idonei a comprovare l'avvenuta estinzione dei debiti e dunque l'insussistenza dello stato d'insolvenza. Di conseguenza è da ritenersi che la Corte di merito abbia invertito l'onere probatorio, attribuendo illegittimamente al Fallimento un onere gravante invece sulla Laronga e da questa mai adempiuto. Il ricorrente contesta anche di non aver mai smentito la circostanza che i debiti erano stati pagati dalla Edilcadis, in quanto dall'atto introduttivo del giudizio tutte le sue difese erano fondate sul fatto che la società versava in stato d'insolvenza che la Laronga conosceva, o avrebbe dovuto conoscere, data la pendenza di tre procedure esecutive. 2. Con il secondo motivo il ricorrente - denunciando vizio di motivazione e violazione della L. Fall., art. 67, comma 2, in ordine alla conoscenza da parte dell'acquirente dello stato d'insolvenza della venditrice - censura la sentenza impugnata per non avere la Corte di appello tenuto conto dell'esistenza a carico della Edilcadis di ben 199 protesti di titoli per un ammontare di oltre L. 4 miliardi, tutti levati nei 17 mesi antecedenti alla stipula del contratto di compravendita immobiliare, così come non aveva tenuto in considerazione un quarto pignoramento eseguito in danno della stessa debitrice, ma riferito ad altro immobile. Parimenti la Corte di appello ha trascurato di considerare, secondo il Fallimento, che la Laronga non ha avvertito l'esigenza di acquisire informazioni sul conto della Edilcadis, che le avrebbero consentito di avere conoscenza della grave situazione debitoria della medesima. 3. Prelinarmente rileva il collegio che le affermazioni della controricorrente - secondo le quali, "essendosi il Curatore surrogato al creditore che procedeva esecutivamente contro la Edilcadis", l'immobile in questione è stato oggetto di vendita in sede fallimentare, attraverso il decreto del giudice delegato in data 12 novembre 2003, che ha trasferito alla s.r.l. Itaca, tra le altre, l'unità immobiliare acquistata dalla Laronga, con la conseguenza che il controvalore di detta unità immobiliare è già entrato a far parte della massa attiva del fallimento -, nonché la relativa documentazione probatoria prodotta insieme con il deposito del controricorso, non consentono la dichiarazione di cessazione della materia del contendere, come richiesto dalla Laronga. La pronuncia di cessazione della materia del contendere postula che sopravvengano nel corso del giudizio fatti tali da determinare la totale eliminazione delle ragioni di contrasto tra le parti, e, con ciò, il venir meno dell'interesse ad agire ed a contraddire e della conseguente necessità di una pronuncia del giudice sull'oggetto della controversia (Cass. 2007/19160). Con riguardo alla posizione di chi ha agito in giudizio, è necessario, pertanto, che la situazione sopravvenuta soddisfi in modo pieno ed irretrattabile il diritto esercitato, in modo che non residui alcuna utilità alla pronuncia di merito (Cass. 2006/909; 2007/4034), mentre è priva di rilievo la circostanza che una sola delle parti abbia dedotto in giudizio che, successivamente alla introduzione alla lite, si sono verificati fatti astrattamente idonei a privarla di interesse per la prosecuzione del giudizio, senza che controparte abbia dato atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio, mantenendo invece le proprie originarie conclusioni (Cass. 2004/6403;
2006/27460; 2008/16017).
Nel caso di specie il Fallimento ricorrente non ha in alcun modo riconosciuto il mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio, alla stregua delle affermazioni della Laronga, ma ha mantenuto le proprie originarie conclusioni. Inoltre dalle deduzioni della controricorrente e dalla documentazione dalla medesima prodotta non emergono elementi di fatto che consentano di ritenere con certezza che il Fallimento Edilcadis abbia ottenuto la soddisfazione piena e definitiva del diritto esercitato con la proposta azione revocatoria, in particolare per quanto riguarda il conseguimento dell'effettivo ed integrale controvalore del bene asseritamente alienato.
4. In ordine alle censure svolte dal ricorrente, osserva il collegio che i due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto attinenti a questioni strettamente connesse, sono fondati e meritano accoglimento nei termini qui di seguito precisati.
4.1. Il Fallimento Edilcadis ha specificamente dedotto di avere affermato, sin dall'atto introduttivo del giudizio di primo grado e al fine di provare la scientia decoctionis da parte dell'acquirente, che all'epoca della compravendita risultavano a carico della Edicadis, oltre a quattro procedure esecutive immobiliari, anche numerosi protesti per ingenti importi a decorrere dal 1991. Il Fallimento ricorrente ha ulteriormente dedotto di aver precisato nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado che la quarta procedura esecutiva a carico della società alienante, non menzionata nell'atto di compravendita, era stata promossa dalla società Rolefer s.r.l. con atto del 30 ottobre 1992 e che i protesti levati a carico della società fallita dal 4 dicembre 1991 all'1 aprile 1993 riguardavano ben 199 titoli, tra cambiali e assegni, per il rilevante importo di L. 4.078.000.000, risultando tali circostanze di fatto comprovate, sempre secondo il ricorrente, da documenti prodotti in giudizio e contrassegnati dai numeri da 7 a 11 del fascicolo di parte, ritenuti idonei, sulla base di congrue argomentazioni, a fornire alla Corte di appello i necessari elementi di valutazione per una pronuncia sulla domanda del Fallimento Edilcadis che fosse coerente con i riscontri documentali forniti. 4.2. La Corte di appello di Roma ha totalmente ignorato tali circostanze di fatto, caratterizzate da decisivo rilievo - in quanto idonee, se accertate, a condurre ad una decisione diversa da quella adottata (Cass. 2004/10156; 2005/7086; 2005/14304; 2006/9368;
2006/14973) - sia per lo loro oggettiva gravità, avuto riguardo al numero e all'entità dei protesti segnalati a carico della Edilcadis, che per l'incidenza che le circostanze di fatto pretermesse avrebbero potuto avere su di una diversa valutazione, da parte dei giudici di appello ed ai fini della prova della conoscenza da parte della Laronga dello stato d'insolvenza dell'alienante, della rilevanza dei pignoramenti gravanti sull'immobile alienato e indicati nell'atto di compravendita. La Corte di merito ha cosi omesso, senza alcuna motivazione, di tenere in considerazione le suddette circostanze di fatto e la relativa documentazione versata in atti, trascurando un quadro probatorio che la stessa Corte avrebbe dovuto comunque prendere in considerazione, prima di affermare il mancato assolvimento, da parte del Fallimento attore, dell'onere probatorio sul medesimo gravante. Infatti, in materia di revocatoria fallimentare, se la conoscenza da parte del terzo contraente dello stato d'insolvenza dell'imprenditore deve essere effettiva e non meramente potenziale, assumendo rilievo la concreta situazione psicologica della parte nel momento dell'atto impugnato e non pure la semplice conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni economiche della controparte, tuttavia, poiché la legge non pone limiti in ordine ai mezzi a cui può essere affidato l'assolvimento dell'onere della prova da parte del curatore, gli elementi nei quali si traduce la conoscibilità possono costituire elementi indiziali da cui legittimamente desumere la scientia decoctionis. In tale contesto, i protesti cambiali, in forza del loro carattere di anomalia rispetto al normale adempimento dei debiti d'impresa, si inseriscono nel novero degli elementi indiziali rilevanti, con la precisazione che trattasi non già di una presunzione legale juris tantum, ma di una presunzione semplice che, in quanto tale, deve formare oggetto di valutazione concreta da parte del giudice del merito, da compiersi in applicazione del disposto degli artt. 2727 e 2729 c.c., con attenta valutazione di tutti gli elementi della fattispecie. Consegue, sul piano della distribuzione dell'onere della prova, che l'avvenuta pubblicazione di una pluralità di protesti può assumere rilevanza presuntiva tale da esonerare il curatore dalla prova che gli stessi fossero noti al convenuto in revocatoria, su quest'ultimo risultando traslato in tal caso l'onere di dimostrare il contrario (Cass. 1998/3956; 2003/6470).
4.3. Alla luce di tale principio e sulla scorta delle risultanze documentali di causa, appare priva di fondamento logico l'affermazione dei giudici di appello, secondo cui il ricorso ad altre indagini sulla potenzialità patrimoniale della Edilcadis s.r.l. si sarebbe rivelato, al momento dell'acquisto, del tutto inutile.
La decisione impugnata non risulta pertanto sorretta, in ordine a circostanze decisive, ne' da una motivazione adeguata, ne' da una ratio decidendi coerente con le risultanze documentali acquisite e deve essere, di conseguenza, annullata in relazione ai profili di censura accolti. Poiché sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va rinviata ad altro giudice, da individuarsi nella specie nella stessa Corte di appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata in ordine alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2009