Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25811 - pubb. 02/09/2021

Gli atti in frode possono comportare l’annullamento del concordato ex art. 186 l.f.?

Tribunale Campobasso, 28 Aprile 2021. Pres. Scarlatelli. Est. Napolitano.


Concordato preventivo – Annullamento – Atti in frode – Proiezione post omologazione della revoca dell'ammissione ex art. 173 l.f.



L'azione di annullamento del concordato si pone come una proiezione post omologazione della revoca dell'ammissione ex art. 173 Legge Fall., da cui la possibilità di fare ricorso all'annullamento ogni qual volta il consenso dei creditori sia stato carpito con dolo, e non solo nelle due ipotesi restrittivamente previste dall'art. 138 Legge Fall., non potendosi pertanto ritenere tassativa l'indicazione delle fattispecie ex art. 138 Legge Fall.

L'annullamento del concordato preventivo omologato, ex art. 186 Legge Fall., rappresenta dunque un rimedio concesso al commissario giudiziale o ai creditori nei casi in cui la rappresentazione dell'effettiva situazione patrimoniale della società proponente, in base alla quale il concordato è stato approvato dai creditori ed omologato dal Tribunale, sia risultata falsata per effetto della dolosa esagerazione del passivo, dell'omessa denuncia di uno o più crediti, ovvero della sottrazione o della dissimulazione di tale orientamento, o di altri atti di frode, idonei ad indurre in errore i creditori sulla fattibilità e sulla convenienza del concordato proposto.

La ricorrenza di un atto di frode legittima l'annullamento del concordato preventivo, in ragione della sussistenza di una condotta fraudolenta idonea ad indurre in errore i creditori sulla fattibilità e sulla convenienza del concordato proposto riconducibile al novero delle cause di annullamento del concordato preventivo.

Né, sul punto, paiono conferenti i rilievi in merito alla decadenza dall'esercizio dell'azione di annullamento per decorso del termine di sei mesi dalla scoperta del dolo, atteso che, ai sensi dell'art. 138 comma 3 L.F. il ricorso per l'annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto nel concordato.

A fronte dell'evidente difficoltà di ancorare ad un preciso termine iniziale (quale dies a quo) la scoperta del dolo, non può che considerarsi, quale termine ultimo per l'esercizio dell'azione di annullamento, quello di due anni dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto nel concordato. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



 


TRIBUNALE DI CAMPOBASSO

Concordato preventivo n. 5/2015

Il Tribunale Fallimentare, riunito in camera di consiglio nella seguente composizione: 

Dr.ssa Laura Scarlatelli Presidente

Dr.ssa Rosa Napolitano Giudice relatore

Dr.ssa Claudia Carissimi 

Letta l'istanza di annullamento del concordato preventivo depositata dal commissario  giudiziale dott. Ernesto D'Elisa;  letta la comparsa di costituzione e risposta depositata da  in persona dell'amministratore unico  letta la comparsa di costituzione e risposta depositata da sentiti i creditori  i quali si sono  associati all'istanza di annullamento del concordato depositata dal commissario giudiziale; sentiti il commissario giudiziale ed il liquidatore giudiziale; esaminata la documentazione prodotta e le eccezioni sollevate; udita la relazione del giudice delegato; ha pronunciato il seguente 

DECRETO

1. Con istanza ex art. 138 Legge Fall. il commissario giudiziale dott. Ernesto D'Elisa, deducendo la volontaria e reiterata omissione, da parte del legale rapp.te della società in concordato  della formalizzazione degli atti necessari al trasferimento immobiliare (nella forma dell'accettazione dell'eredità) dei beni destinati al soddisfacimento dei creditori concordatari secondo quanto oggetto di omologa, chiedeva al Tribunale di accertare la ricorrenza dei presupposti di cui agli artt. 186, 173 e 138 della Legge Fallimentare, dichiarando l'annullamento del concordato preventivo n. 05/2015 omologato con Decreto del 13.07.2016, stante la preordinata intenzione del debitore di carpire la disponibilità dei creditori al fine di giungere all'omologa del concordato, nonostante la indisponibilità a mettere concretamente a disposizione della procedura i beni immobili promessi. Si costituiva, mediante deposito di comparsa di costituzione e risposta, la * in persona dell'amministratore unico deducendo:

1) preliminarmente, l'inammissibilità del ricorso per difetto di difesa tecnica in capo al commissario giudiziale;

2) sempre in via preliminare, l'inammissibilità del ricorso per violazione del contraddittorio, non essendo stato evocato in giudizio garante del conferimento dell'immobile nell'attivo concordatario, ai sensi e per gli effetti del terzo comma dell'art. 137 Legge Fall., in forza del quale “al procedimento è chiamato a partecipare anche l'eventuale garante”;

3) nel merito, l'infondatezza dell'istanza, stante l'insussistenza dei presupposti di cui agli artt. 138 e 186 Legge Fall., non avendo la società in concordato commesso alcuna delle fattispecie espressamente tipizzate dall'art. 138, comma primo, Legge Fall. - richiamato espressamente dall'art. 186 Legge Fall.;

4) l'intervenuta decadenza dall'azione proposta e la conseguente inammissibilità ed improcedibilità del ricorso per decorso del termine semestrale di cui all'art. 138, comma terzo, Legge Fall. in forza del quale “il ricorso per l'annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del dolo”. Sulla scorta di tali rilievi chiedeva al Tribunale adito di rigettare il ricorso poiché infondato in fatto e in diritto e di condannare il ricorrente alla refusione delle spese di giudizio in favore del procuratore antistatario. Disposta d'ufficio l'integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo garante quest'ultimo si costituiva mediante deposito di comparsa di costituzione e risposta, associandosi alle eccezioni della in ordine all'inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di difesa tecnica in capo al commissario giudiziale, all'inapplicabilità dell'istituto dell'annullamento del concordato preventivo per assenza dei presupposti previsti dagli artt.li 138 e 186 Legge Fall., nonché in ordine alla decadenza dall'azione, stante l'intervenuto decorso del termine di sei mesi dalla scoperta del dolo. Anch'egli chiedeva al Tribunale adito di rigettare il ricorso poiché infondato in fatto e in diritto e di condannare il ricorrente alla refusione delle spese di giudizio in favore del procuratore antistatario.  Sentiti il commissario giudiziale ed il liquidatore giudiziale, la causa è stata riservata in decisione al Collegio.

2. Va preliminarmente ritenuta assorbita l'eccezione di inammissibilità per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del garante  stante la sua chiamata in causa, nelle more del giudizio, iussu iudicis. Se, infatti, appare degno di pregio quanto rilevato dalla società in concordato in ordine alla natura di litisconsorte necessario del garante (cfr. in tal senso Cassazione civile, sez. I, 30 Settembre 2019, n. 24441: "in tema di risoluzione e annullamento del concordato preventivo, l'attuale testo dell'art. 137 1.fall., cui rinvia l'art. 186 stessa l., postulando che al procedimento sia chiamato a partecipare anche l'eventuale garante, include quest'ultimo accanto al debitore tra i soggetti del processo, così da concretizzare una fattispecie di litisconsorzio necessario processuale”), va tuttavia rilevato come con provvedimento depositato in data 07/01/2021 il giudice delegato, “rilevato che, ai sensi dell'art. 137 III comma L.F., al procedimento è chiamato a partecipare anche l'eventuale garante; ritenuta l'opportunità di disporre ex officio l'integrazione del contraddittorio nei confronti del garante  P', disponeva l'integrazione del contraddittorio, a cura del commissario giudiziale, nei confronti di poi ritualmente costituitosi mediante deposito di comparsa di costituzione e risposta.

 

3. Va parimenti rigettata, in via preliminare, l'eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di difesa tecnica in capo al commissario giudiziale. Giova sul punto premettere come le funzioni di vigilanza e controllo assegnate al commissario giudiziale nel corso della procedura, prima e dopo l'omologazione (ex artt. 172, 173 e 185 Legge Fall.), non ne esauriscano il potere di iniziativa processuale, essendo egli espressamente legittimato alla proposizione dell'istanza di annullamento del concordato preventivo omologato in caso di scoperta postuma dell'esagerazione dolosa del passivo o di sottrazione o dissimulazione di parte rilevante dell'attivo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 186 ultimo comma e 138 Legge Fall. La prima norma sostituisce espressamente al curatore il commissario giudiziale, quale unico organo della procedura abilitato ad agire in giudizio, in concorso con i creditori (a differenza che nell'ipotesi, contestualmente prevista, della risoluzione del concordato preventivo, in cui la legittimazione attiva compete solo a questi ultimi). Il commissario giudiziale risulta quindi avere un ruolo preminente, se non esclusivo, in una fattispecie che, seppur venuta alla luce nella fase esecutiva, a seguito della scoperta del  dolo del debitore, riguarda retrospettivamente l'originaria proposta concordataria, con l'allegato piano, già oggetto del suo vaglio critico nella relazione ex art. 172 Legge Fall. e nel parere ex art. 189 Legge Fall. Il commissario giudiziale, in ipotesi di comportamenti decettivi del debitore, si palesa come legittimo e necessario contraddittore, dotato di un bagaglio cognitivo che ne fa il rappresentante naturale degli interessi della procedura nel resistere ad una domanda suscettibile di alterare le clausole dell'accordo omologato ovvero nel promuovere un'istanza di annullamento del concordato preventivo omologato nel caso di scoperta postuma dell'esagerazione dolosa del passivo o di sottrazione o dissimulazione di parte rilevante dell'attivo (cfr. in tal senso Cassazione civile sez. I, 30/07/2012, n.13565). Ciò premesso in punto di legittimazione ad agire del commissario giudiziale, va evidenziato come nessuna norma imponga espressamente a quest'ultimo l'assistenza tecnica di un difensore. L'art. 138 Legge Fall, direttamente richiamato dall'art. 186 Legge Fall., facoltizza il commissario giudiziale all'attivazione di questo peculiare strumento di controllo sull'andamento della procedura, che dà luogo ad un procedimento fortemente destrutturato ove il commissario interviene personalmente a tutela dell'interesse della procedura e non di un interesse personale. Il richiamo contenuto nell'art. 137 Legge Fall. alle disposizioni dell'art. 15 Legge Fall. evoca certamente il rispetto di garanzie processuali e la connessa tutela del contraddittorio, ma non offre alcun argomento per individuare l'intensità di tali garanzie, né conferma la necessità della difesa tecnica, posto che le esigenze del contraddittorio debbono essere rispettate anche in procedimenti di natura contenziosa nei quali le parti possono stare in giudizio personalmente. Depone in favore della facoltà per il commissario giudiziale di stare in giudizio personalmente la circostanza che, laddove questi avesse dovuto necessariamente avvalersi dell'assistenza di un difensore, la relativa costituzione avrebbe dovuto essere autorizzata dal giudice delegato, il quale, tuttavia, in base alla previsione dell'art. 25 comma II Legge Fall., non avrebbe potuto poi conoscere del relativo giudizio di annullamento. Valga, peraltro, appena il caso di rilevare come il richiamo alle disposizioni dell'art. 15 Legge Fall. ed al relativo rito camerale fa espressamente salva la clausola di compatibilità ("in quanto compatibili”), di talchè, tenuto conto delle peculiarità del procedimento attivato su iniziativa (non di un creditore ma) di un organo della procedura, in quanto tale già abilitato all'accesso al fascicolo ed al deposito di atti, della disciplina di diritto positivo  che fissa regole persino diverse dal modello generale, sia sul piano dei termini processuali d'ingresso che sul piano della scansione degli adempimenti, nonché della mancata previsione espressa della obbligatorietà della difesa tecnica, non può negarsi l'affermazione di un diritto del commissario giudiziale di stare in giudizio personalmente.

 

4. Nel merito, l'istanza di annullamento è fondata e va accolta. L'annullamento del concordato preventivo è disciplinato dall'art. 186 Legge Fall. attraverso un rinvio all'art. 138 Lege Fall. che stabilisce i casi di annullamento del concordato fallimentare ("Il concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio con il debitore, quando si  scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo. Non è ammessa alcuna altra azione di nullità. Si procede a  norma dell'art. 137").  Tale disposizione prevede due sole cause di annullamento del concordato, ovverosia la  scoperta di una dolosa esagerazione del passivo operata da parte del proponente e la sottrazione o dissimulazione di una parte consistente dell'attivo. Alle due ipotesi di annullamento del concordato preventivo omologato espressamente richiamate dal legislatore si contrappone un ben più nutrico elenco di casi di revoca dell'ammissione al concordato preventivo contenuto nell'art. 173 Legge Fall. (“il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale apre d'ufficio il procedimento per la revoca dell'ammissione al concordato, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori''). Pur operando in due momenti cronologici evidentemente differenti - la revoca dell'ammissione al concordato con riguardo agli atti fraudolenti emersi nel periodo tra l'ammissione al concordato e l'omologazione, l'annullamento del concordato omologato con riguardo alle attività dell'imprenditore scoperte dopo l'omologazione – la revoca dell'ammissione al concordato preventivo e l'annullamento del concordato presentano una evidente identità di ratio, consistente nell'esigenza comune di rimediare a condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, aventi valenza  potenzialmente decettiva per l'idoneità a pregiudicare il consenso informato degli stessi sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, inizialmente ignorate dagli organi della procedura e dai creditori e successivamente accertate nella loro  sussistenza o anche solo nella loro completezza ed integrale rilevanza, a fronte di una precedente rappresentazione del tutto inadeguata (cfr. in tal senso, ex multis, Cass. n. 17191/2014, Cass. n. 9050/2014). È proprio la valorizzazione di tale eadem ratio che ha condotto la giurisprudenza di legittimità ad escludere che il legislatore, attraverso il rinvio all'art. 138 Legge Fall. contenuto nell'art. 186 Legge Fall., abbia inteso limitare il rimedio dell'annullamento del concordato preventivo, in modo tassativo, alle due sole ipotesi ivi disciplinate. Come rilevato, sul punto, dalla Corte di Cassazione “è di chiara evidenza come sussista l'eadem ratio tra le fattispecie legittimanti la revoca dell'ammissione al concordato e quelle che determinano l'annullamento dell'omologazione del concordato; e, sul piano dei fatti, sarebbe davvero di difficile comprensione come determinate condotte, unificate dall'essere atti di frode aventi valenza decettiva, possano assumere una diversa rilevanza, a seconda del momento in cui vengano ad emersione. Proprio nell'ottica unificatrice della disciplina del concordato preventivo nella ricorrenza degli atti di frode di portata decettiva, la giurisprudenza di questa Corte si è espressa nel senso di ritenere che, nel giudizio di omologazione del concordato preventivo, il controllo della regolarità della procedura impone al tribunale la verifica della persistenza sino a quel momento delle  stesse condizioni di ammissibilità della procedura già scrutinate nella fase iniziale, dell'assenza di atti o fatti di frode ed, infine, in caso di riscontro positivo di tali condizioni, del rispetto delle regole che impongono che la formazione del consenso dei creditori sulla proposta concordataria sia stata improntata alla più consapevole ed adeguata informazione, da ciò conseguendo che, a fronte di atti o di fatti rilevanti ai fini previsti dall'art. 173 1.f., il tribunale deve respingere la domanda di omologazione nonostante la mancata apertura del relativo procedimento (così la pronuncia 10778/2014). A tale visione unificatrice si allinea pertanto l'esegesi qui proposta della normativa ex art. 186 1.f., proprio nella individuazione della identità della ratio, dall'iniziale revoca dell'ammissione al concordato, alla reiezione della omologazione sino all'annullamento del concordato omologato” (Cassazione civile sez. I, 14/09/2016, n.18090). D'altra parte, come opportunamente posto in rilievo dal Supremo Consesso, la stessa formulazione letterale del rinvio agli artt. 137 e 138 Legge Fall., nei limiti della compatibilità, è indice della sensibilità del legislatore del correttivo della non adeguatezza di un rinvio secco alla disciplina del procedimento di annullamento del concordato fallimentare, diverso dal procedimento di annullamento del concordato preventivo (stante  la palese differenza di effetti conseguenti all'accoglimento della domanda, cfr. punto 5), e comunque deve richiamare l'interprete all'esigenza di privilegiare ed applicare i principi propri dell'istituto disciplinato. L'azione di annullamento del concordato si pone, dunque, come una proiezione post omologazione della revoca dell'ammissione ex art. 173 Legge Fall., da cui la possibilità di fare ricorso all'annullamento ogni qual volta il consenso dei creditori sia stato carpito con dolo, e non solo nelle due ipotesi restrittivamente previste dall'art. 138 Legge Fall., non potendosi pertanto ritenere tassativa l'indicazione delle fattispecie ex art. 138 Legge Fall. L'annullamento del concordato preventivo omologato, ex art. 186 Legge Fall., rappresenta, conclusivamente, un rimedio concesso al commissario giudiziale o ai creditori nei casi in cui la rappresentazione dell'effettiva situazione patrimoniale della società proponente, in  base alla quale il concordato è stato approvato dai creditori ed omologato dal Tribunale, sia risultata falsata per effetto della dolosa esagerazione del passivo, dell'omessa denuncia di uno o più crediti, ovvero della sottrazione o della dissimulazione di tale orientamento, o di altri atti di frode, idonei ad indurre in errore i creditori sulla fattibilità e sulla convenienza  del concordato proposto.  Ciò posto, va osservato come il piano concordatario presentato dalla società (omologato con Decreto del 13.07.2016) si reggeva sull'inserimento, nell'attivo da liquidare, di nn. 2 beni immobili, estranei al patrimonio aziendale, offerti in proprio da  socio unico ed amministratore della società in concordato, il quale si impegnava formalmente a mettere a disposizione del ceto creditorio, in caso di omologa, a sua cura e spese, i seguenti due immobili, di proprietà personale, previa accettazione ereditaria degli stessi: (1) fabbricato, ad uso rimessa macchinari per l'edilizia, sito nel comune di  alla  iscritto nel catasto fabbricati al foglio particella sub (2) terreno sito nel comune di  alla  iscritto nel catasto fabbricati al foglio n. particella n. sub graffato. Detti beni, formalmente estranei al patrimonio della società in concordato, rientravano nella successione testamentaria mortis causa in favore di  aperta a seguito di pubblicazione di testamento olografo effettuata dal notaio Farinaccio di Campobasso in data 02.10.2012, Rep. Num. 2680, Raccolta n. 1349, in fase di accettazione al momento della presentazione della domanda di concordato.    In particolare, nella proposta concordataria  "come amministratore della società ricorrente con il presente piano conferisce nell'attivo concordatario un bene di sua esclusiva e personale proprietà derivante da successione mortis causa”, seppur in fase di accettazione, impegnandosi ad accettare l'eredità dei suddetti immobili al momento dell'avvenuta omologazione del concordato preventivo. Nelle integrazioni migliorative al piano concordatario si legge, altresì, quanto segue: “si ricorda come l'amministratore della società ricorrente già con l'originario piano concordatario aveva conferito nell'attivo concordatario un bene di sua esclusiva e personale proprietà, derivante da successione mortis causa (Verbale di pubblicazione di testamento olografo, Rep. num. 2680, Raccolta n. 1349, Notaio Farinaccio di Campobasso) ancora in fase di accettazione, analiticamente indicato nella perizia di stima a firma del Geom. Antonio Zurlo stimato in € 339.120,00. Lo stesso amministratore con la sottoscrizione del presente ricorso si impegna ad accettare tale eredità, a sua cura e spese, al momento dell'avvenuta omologa del concordato preventivo della società ricorrente.” Tale impegno era chiaramente finalizzato a garantire una migliore soddisfazione del ceto creditorio rispetto a quella derivante dalla liquidazione del solo patrimonio sociale. Nonostante l'immobile risultasse da lungo tempo nella disponibilità di ed utilizzato come deposito della  sin dal 2002, come da annotazione presso il Registro delle Imprese di Campobasso e come in più occasioni relazionato sia dal commissario giudiziale che dal liquidatore giudiziale (basti pensare alla circostanza che le attrezzature della  all'atto dell'inventario redatto dal Commissario, risultavano ivi depositate), il legale rapp.te della società in concordato non ha posto in essere gli atti prodromici al conferimento, all'attivo della procedura, dei predetti beni immobili, procedendo alla formale accettazione dell'eredità. Tale palese violazione di quanto previsto nel piano concordatario si palesa vieppiù grave ove si consideri che  pur reiteratamente invitato dagli organi della procedura a provvedere all'accettazione dell'eredità, alla quale si era espressamente impegnato “al momento dell'avvenuta omologa del concordato preventivo della società ricorrente” (cfr. inviti formali e diffide in atti), non ha mai rappresentato l'esistenza di ragioni impeditive al conferimento dei beni, né ha portato all'attenzione della procedura l'esistenza di validi impedimenti di natura tecnica e/o giuridica idonei a giustificare l'inadempimento, limitandosi da ultimo a precisare che avrebbe provveduto a formalizzare tutto quanto necessario all'accettazione soltanto nell'anno 2019, “in quanto la vendita dei  compendi rientranti nell'eredità dovrà avvenire non prima dell'anno 2020”, e che avrebbe conferito apposita procura al Liquidatore Giudiziale con efficacia a decorrere dal 1 gennaio 2020 (cfr. missiva di risposta inoltrata in data 25/10/2018). Il prolungato ed ingiustificato inadempimento rispetto all'obbligo di procedere all'accettazione dell'eredità ed alla conseguente messa a disposizione degli immobili in favore della procedura, non solo al momento dell'omologa (così come espressamente previsto nel piano sottoposto all'approvazione dei crediti) ma neanche successivamente, nell'anno 2019, così come indicato da  nella comunicazione datata 25.10.2018, corrobora l'esistenza di una preordinata intenzione di carpire il consenso dei creditori ai fini dell'omologa del concordato, nonostante la chiara indisponibilità a mettere concretamente a disposizione della procedura i beni immobili promessi. La volontaria omissione della formalizzazione degli atti necessari al trasferimento immobiliare secondo quanto previsto nel piano concordatario oggetto di omologa rappresenta un evidente atto di frode delle ragioni dei creditori sociali i quali, in sede di approvazione del piano, avevano legittimamente riposto aspettative sulla concreta possibilità, al momento dell'omologa, di beneficiare dell'ulteriore apporto finanziario derivante dalla vendita dei due immobili conferiti da  il cui valore rappresentava circa il 60% dell'intero attivo concordatario e dalla cui tempestiva acquisizione non poteva che discendere, di fatto, l'effettiva convenienza e fattibilità del piano. 

Come noto, devono considerarsi atti di frode tutte quelle condotte fraudolente perpetrate  prima o dopo l'apertura della procedura con l'intento di alterare la corretta valutazione della proposta, ovverosia tutte quelle condotte dirette ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori ed aventi, quale caratteristica comune, quella di alterare la corretta valutazione dei creditori circa la reale situazione del patrimonio dell'impresa debitrice, sia rispetto allo stato attuale che nella prospettiva della successiva attuazione del piano concordatario. Minimo comune denominatore degli atti di frode è, quindi, la loro attitudine a trarre in inganno il ceto creditorio circa le reali prospettive di  realizzazione del piano concordatario e la sua convenienza rispetto alle alternative  concretamente praticabili. Nel caso di specie, la condotta della società in concordato e di  * che della società in concordato assume la duplice veste di amministratore e socio unico, rappresenta un atto di frode volto ad alterare la corretta valutazione della proposta da parte dei creditori  concordatari, atteso che gli stessi sono stati verosimilmente indotti ad approvare la proposta concordataria confidando di poter fare affidamento, per il soddisfacimento dei propri crediti, su beni da liquidare ulteriori rispetto a quelli acquisiti all'attivo della società, nonostante la preordinata intenzione del legale rapp.te della società in concordato di non mettere poi effettivamente a disposizione i beni promessi nei tempi e nelle forme indicate nel piano, così pregiudicando irrimediabilmente le reali prospettive di realizzazione del piano concordatario. 

La ricorrenza di un atto di frode, nei termini appena evidenziati oltre che ampiamente  denunciati sia dal liquidatore che dal commissario giudiziale nelle relazioni depositate in atti, legittima l'annullamento del concordato preventivo, stante l'evidente sussistenza di una condotta fraudolenta idonea ad indurre in errore i creditori sulla fattibilità e sulla convenienza del concordato proposto, riconducibile, sulla scorta della su esposta interpretazione evolutiva dell'art. 138 Legge Fall., al novero delle cause di annullamento del concordato preventivo. Né, sul punto, paiono conferenti i rilievi della società in concordato in merito alla decadenza dall'esercizio dell'azione di annullamento per decorso del termine di sei mesi dalla scoperta del dolo, atteso che, ai sensi dell'art. 138 comma III Legge Fall., “il ricorso per l'annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto nel concordato". A fronte dell'evidente difficoltà di ancorare ad un preciso termine iniziale (quale dies a quo) la scoperta del dolo, non può che considerarsi, quale termine ultimo per l'esercizio dell'azione di annullamento, quello di due anni dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto nel concordato, termine che nel caso di specie non risulta ancora spirato. Conclusivamente, il concordato preventivo proposto da  omologato con decreto del 13.07.2016, va annullato, stante l'acclarata ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 138 Legge Fall. sia in ordine alla sussistenza del compimento di atti rilevanti ai fini dell'annullamento sia in ordine alla tempestività dell'azione promossa.

 

5. All'annullamento del concordato preventivo non consegue l'automatica dichiarazione di fallimento della società in concordato né la verifica della sussistenza dei relativi presupposti, in mancanza di una espressa richiesta di parte (dei creditori o del p.m.). 

Va, sul punto, rilevato come l'art. 186 Legge Fall. dispone, quanto al procedimento di annullamento del concordato preventivo, che "si applicano le disposizioni degli artt. 137 e 138, in quanto compatibili, intendendosi sostituito al curatore il commissario giudiziale". La riserva di compatibilità deve certamente essere valorizzata in quanto gli artt. 137 e 138  sono dettati in tema di concordato fallimentare laddove alla risoluzione e all'annullamento del concordato consegue automaticamente e ineluttabilmente la riapertura del fallimento, essendo venuta meno la causa che ne aveva determinato la chiusura, così che non si pone non solo il problema della dichiarazione di ufficio del fallimento ma neppure quella della duplicità dei provvedimenti di risoluzione e annullamento prima e di dichiarazione di fallimento contestuale o immediatamente successiva, posto che la necessaria compresenza delle statuizioni comporta che venga emesso un unico provvedimento che, incidendo sullo status del debitore come l'originaria sentenza di fallimento, riveste la stessa forma.

Diverso è il caso dell'annullamento del concordato preventivo dal momento che tale provvedimento, se comporta il venir meno della procedura concordataria, non provoca necessariamente la dichiarazione di fallimento sia perchè la prima procedura non presuppone necessariamente lo stato di insolvenza sia, soprattutto, perchè nell'attuale disciplina la dichiarazione di fallimento non conosce più l'iniziativa ufficiosa e tale principio è stato espressamente ribadito dal legislatore con riguardo alle ipotesi di traumatica cessazione della procedura di concordato preventivo ex artt. 162, 173 e 180 Legge Fall. (cfr. in tal senso Cassazione civile sez. VI, 22/02/2012, n.2671; cfr. più di recente, negli stessi termini, Cassazione civile, sez. I, 12 Giugno 2020, n. 11344: “la risoluzione del concordato preventivo, a differenza della risoluzione o dell'annullamento del concordato fallimentare, non deve essere disposta con sentenza, ma con decreto, per effetto della clausola di compatibilità che accompagna il rinvio agli artt. 137 e 138, contenuto nell'art. 186, ultimo comma della l. fall., avuto riguardo alla differenza degli effetti dei due tipi di concordato, che, nel caso di concordato preventivo, non determinano, diversamente da quanto accade a seguito del concordato fallimentare, automatica dichiarazione di fallimento sia perché il concordato preventivo non presuppone necessariamente lo stato di insolvenza del debitore, sia perché l'attuale disciplina della dichiarazione di fallimento non conosce più l'iniziativa officiosa”).

Con la pronuncia che dichiara l'annullamento del concordato preventivo, analogamente a quanto accade in caso di risoluzione, il Tribunale Fallimentare può pertanto dichiarare il  fallimento solo in presenza di apposita istanza in tal senso presentata da un creditore o dal  pubblico ministero.  Nel caso di specie, né i creditori né il pubblico ministero hanno presentato apposita istanza di fallimento di talchè, in mancanza di iniziativa ufficiosa in ordine alla sussistenza dei relativi presupposti, tenuto conto di quanto denunciato dagli organi della procedura nelle relazioni depositate in atti, nell'esercizio dei poteri concessi ex art. 7 comma I n. 2 Legge Fall., va disposta la trasmissione degli atti al pubblico ministero ai fini dell'esercizio delle  valutazioni di competenza. 

 

6. Nulla va disposto in merito alle spese di giudizio, stante la mancanza di difesa tecnica del commissario giudiziale istante per l'annullamento del concordato. Letti gli artt. 137, 138, 173 e 186 Legge Fall. 

 

DICHIARA

L'annullamento del concordato preventivo proposto da  omologato con decreto reso dal Tribunale di Campobasso  in data 13.07.2016 

 

MANDA

Alla cancelleria:  di provvedere alla comunicazione del presente provvedimento alla  ad qualità di legale rapp.te della  e terzo garante della procedura, al  liquidatore giudiziale avv. Alessandro Cinelli ed al commissario giudiziale dott.  Ernesto D'Elisa; di trasmettere, anche per via telematica, l'estratto del decreto di annullamento all'ufficio del Registro delle Imprese ove l'imprenditore ha la sede legale affinchè  possa procedersi all'annotazione dello stesso; - di trasmettere gli atti al P.M. per le valutazioni di competenza ex art. 7 Legge Fall. 

 

MANDA

Al commissario giudiziale di provvedere alla comunicazione del presente provvedimento a  -  tutti i creditori. 

Così deciso in Campobasso, lì 28.04.2021