Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26072 - pubb. 22/10/2021

Presupposti per l’ammissione al passivo del credito del professionista che ha prestato assistenza all'imprenditore nel concordato preventivo

Tribunale Alessandria, 28 Settembre 2021. Pres. Dragotto. Est. Croci.


Concordato preventivo – Credito del professionista che ha prestato assistenza all'imprenditore – Ammissione al passivo nel successivo fallimento – Presupposti – Fattispecie



L'ammissione al passivo del credito del professionista che ha prestato assistenza all'imprenditore in una procedura di concordato preventivo poi seguita dal fallimento può essere disposta soltanto ove la prestazione sia risultata comunque necessaria, ad una valutazione prognostica ex ante ed a prescindere dai successivi esiti, per una corretta conclusione della procedura ed in rapporto alle finalità da essa perseguite di superare lo stato di crisi dell'impresa e di assicurare il soddisfacimento dei creditori, sia pure parziale.

L'ammissione del credito del professionista va invece esclusa quando si accerti l'inutilità dell'opera da lui svolta per la procedura concordataria e/o la sua inadeguatezza.

Nel caso in esame, la proposta di concordato ed il piano al quale hanno lavorato gli odierni opponenti si sono rivelate incomplete, per quanto segnalato nel decreto che dichiarava inammissibile il concordato, confermato dalla Corte territoriale nella sentenza reiettiva del reclamo ex art. 18 I. fall., ed hanno quindi impedito di offrire ai creditori una puntuale informazione su tutti i dati occorrenti per una valutazione di convenienza della proposta concordataria in rapporto alla soluzione fallimentare, tra cui gli eventuali crediti risarcitori ex art. 2476 c.c. da male gestio verso gli amministratori o ex art. 2497 c.c. verso le società controllanti o, in concorso e personalmente, gli amministratori di esse o le eventuali attività recuperatorie o risarcitorie in relazione agli atti costituenti abuso di direzione.

L'opera per cui ora sì chiede il compenso si è cioè rivelata di fatto inutile per il concordato, in relazione, in particolare (cfr. da ultimo, Cass., 2.02.2021, n. 2288), al dovere che incombe sul professionista di esplicitazione completa dì tutti i fatti rilevanti per consentire una formazione piena e consapevole della scelta di voto dei creditori, con il compendio asseverativo della veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del piano, ed al livello di diligenza professionale esigibile ex art. 1176, 2° co., c.c. nella circostanza — e dunque tanto più elevato quanto di maggior complessità si presentavano le vicende alla origine della crisi dell'impresa richiedente il concordato. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


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