Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2618 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 18 Febbraio 2009, n. 3903. Rel., est. Plenteda.


Fallimento - Cessione dei beni - Vendita all'incanto - Aggiudicazione provvisoria - Offerta in aumento di sesto - Ordinanza di indizione di nuova gara - Omessa impugnazione - Successiva aggiudicazione all'offerente in aumento di sesto - Reclamo al tribunale - Inammissibilità - Fondamento - Fattispecie.



In tema di liquidazione dell'attivo nel concordato preventivo con cessione dei beni, all'ordinanza di vendita all'incanto emessa dal giudice delegato sono applicabili le disposizioni in tema di offerta di aumento di sesto previste dall'art. 584 cod. proc. civ. (compreso nel richiamo di cui all'art. 105 legge fall.) ed altresì quelle sul regime dell'impugnabilità di cui all'art. 617 cod. proc. civ., non avendo essa natura di provvedimento meramente preparatorio; ne consegue che,per il parallelo richiamo all'art. 26 legge fall., essendo il termine per la predetta impugnazione decorrente dalla pubblicazione dell'avviso ex art. 570 cod. proc. civ., è inammissibile il reclamo al tribunale avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva. (Nella specie, il reclamo era fondato su pretesi vizi del provvedimento, mai impugnato, che aveva disposto la gara sull'offerta di aumento di sesto). (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



Massimario, art. 26 l. fall.

Massimario, art. 105 l. fall.

Massimario, art. 108 l. fall.


  

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato - rel. Presidente -
Dott. FIORETTI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -
Dott. NAPPI Aniello - Consigliere -
Dott. CULTRERA Maria Rosaria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BENINATI LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FILIPPO CIVININI 49, presso lo STUDIO Avv. LUNARI, rappresentato e difeso dall'avvocato AMAGLIANI ROBERTO, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
CA.RA. S.R.L., RINCIARI E. S.A.S. DI RINCIARI A. E F., COMMISSARIO GIUDIZIALE della PROCEDURA DI CONCORDATO PREVENTIVO RINCIARI E. S.A.S. DI RINCIARI A. E F., CAPILLO ELIO;
- intimati -
sul ricorso n. 22038 - 2004 proposto da:
CA.RA. S.R.L., in persona dell'amministratore unico pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LDCREZIO CARO 62, presso l'avvocato CICCOTTI SABINA, rappresentata e difesa dall'avvocato GUERRERA FABRIZIO, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
BENINATI LUIGI;
- intimato-
avverso il provvedimento del TRIBUNALE di MESSINA, depositata il 21/06/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2008 dal Consigliere Dott. PLENTEDA DONATO;
udito, per il ricorrente, l'Avvocato AMAGLIANI ROBERTO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale;
udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l'Avvocato CICCOTTI SABINA, per delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento di quello incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Russo Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso 23 dicembre 2001 Beninati Luigi propose reclamo dinanzi al tribunale di Messina avverso il decreto del Giudice delegato del concordato preventivo con cessione di beni della società "E. Rincari di G. e A. Rincari sas", che aveva aggiudicato all'avv. Tabacco L., per conto della società Ca.Ra. srl, al prezzo di L. 415 milioni, il lotto costituito dal totale delle quote di partecipazione della società Confim srl, proprietaria di un immobile in Messina, dopo la aggiudicazione provvisoria in favore dell'avv. Amagliani R. che aveva partecipato alla gara per persona da nominare, poi indicata in Beninati Luigi. Il tribunale dichiarò il reclamo inammissibile, per essere decorso il termine per la impugnazione dell'ordinanza 20 novembre 2001, con cui era stata disposta una nuova gara a seguito dell'offerta di acquisto con aumento del sesto; il Beninati propose ricorso per cassazione, che fu accolto con sentenza 13 marzo 2003 n. 3716, per essere stata rilevata la violazione del contraddittorio, a causa della mancata partecipazione al procedimento del liquidatore del concordato.
Il procedimento fu riassunto dal Beninati, che ripropose le originarie censure avverso il provvedimento di aggiudicazione, evidenziando che la partecipazione alla gara che aveva portato al la aggiudicazione in favore della società Ca.Ra. era viziata in quanto non era stato depositato a titolo di cauzione l'importo delle spese presunte, ma solo il 10% del prezzo offerto.
Il tribunale con decreto 21 giugno 2004 ha dichiarato inammissibile il reclamo, osservando che la ordinanza che dispone la gara sull'offerta di aumento di sesto è impugnabile ai sensi dell'art. 617 c.p.c., non avendo natura di provvedimento meramente preparatorio e che per il parallelo reclamo L. Fall., ex art. 26, il termine decorre dalla pubblicazione dell'avviso ex art. 570 c.p.c., o dalla convocazione delle parti ex art. 573 c.p.c.; ma nella specie la impugnazione era solo fondata su pretesi vizi del provvedimento che aveva aperto la fase del rincaro sulla offerta ritenuta carente, mai impugnato, ed era per questo inammissibile.
Ha compensato il tribunale le spese processuali considerati "l'esito della lite e la peculiarità della vicenda processuale" ed ha respinto la domanda di condanna per responsabilità processuale ex art. 96 c.p.c., proposta dalla società Ca.Ra..
Propone ricorso ex art. Ili Cost. con due motivi Beninati Luigi;
resiste con controricorso la società Ca.Ra. che propone ricorso incidentale con un motivo. Entrambi hanno depositato memorie. MOTIVI DELLA DECISIONE
Dei ricorsi va preliminarmente disposta la riunione ai sensi dell'art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo del ricorso principale si denunzia violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 26, e dell'art. 100 c.p.c., e vizio di motivazione.
Premette il ricorrente di avere appreso in sede di aggiudicazione definitiva che l'offerente in aumento aveva depositato solo il 10% del prezzo e che nessun elemento emergeva dalla ordinanza che aveva fissato la nuova gara per desumere la entità del deposito cauzionale della società Ca.Ra.; e rileva pertanto la ritualità del reclamo, non avendo avuto la possibilità prima dell'udienza della nuova gara che aveva portato all'aggiudicazione di muovere censure al provvedimento precedente.
Deduce che comunque nella udienza del 12 dicembre 2001 egli aveva eccepito la irritualità del deposito cauzionale, ma ciò nonostante il giudice delegato aveva disposto l'aggiudicazione, sicché era questo provvedimento che aveva realizzato l'interesse al reclamo, che invece mancava nel momento della ordinanza del 20 novembre 2001. Con il secondo mezzo vengono denunziate violazione e falsa applicazione degli artt. 576, 580 e 584 c.p.c.; e L. Fall., artt. 105 e 108, e vizio di motivazione. Lamenta il Beninati che la decisione impugnata abbia interpretato il reclamo come rivolto all'ordinanza di vendita del 20 novembre 2001, non considerando che la fase che si apre con l'aumento di sesto è retta dall'ordinanza di vendita prevista dall'art. 576 c.p.c., integrato dall'art. 580 c.p.c.;
sicché l'offerente deve depositare anche la somma corrispondente alle spese di vendita; ragione che rendeva l'offerta non conforme a tale ordinanza.
Con il ricorso incidentale la società Ca.Ra. lamenta la compensazione delle spese e il rigetto della sua domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c., rilevando che la opposizione di controparte aveva fatto ritardare il corso del procedimento ed aveva privato essa ricorrente del bene per tre anni, pur avendo pagato l'intero prezzo.
Con la memoria difensiva ex art. 378 c.p.c., la ricorrente incidentale ha chiesto la riunione al presente giudizio di quello pendente presso questa corte, in forza di ricorso iscritto al n. 15502/2005 avverso il decreto 16 aprile 2005 del tribunale di "diniego cautelativo della formalizzazione del trasferimento". Trattandosi di distinte impugnazioni nei confronti di provvedimenti diversi, la istanza non può trovare accoglimento, in difetto delle condizioni di applicabilità dell'art. 335 c.p.c..
Il ricorso principale è infondato.
Va preliminarmente richiamata la sequenza degli atti procedimentali compiuti in sede di esecuzione della procedura di concordato preventivo, a seguito della omologazione.
Dopo l'ordinanza di vendita del 16 luglio 2001, cui aveva partecipato Beninati Luigi, depositando il 10% del prezzo e il 15% delle spese, come prescritto dal provvedimento giudiziale, il 5 novembre successivo l'incanto si concluse con l'aggiudicazione al medesimo del lotto.
Sopravvenne nei 10 giorni da parte della società Ca.Ra., che depositò il 10% del prezzo.
Il 20 novembre il Giudice fisso una nuova gara per il 12 dicembre 2001, dopo avere espressamente dichiarato regolare la offerta ed avere disposto per gli altri eventuali concorrenti che fosse depositato il prezzo nella misura del 10%.
Nella udienza del 12 dicembre 2001, il Beninati aveva eccepitola inefficacia perché l'offerente non aveva depositato l'importo delle spese di vendita, il lotto fu aggiudicato alla società predetta, avendo il Giudice delegato rilevato che il versamento da parte del offerente era conforme al bando.
Questa corte con sentenza 13 marzo 2003 n. 3716 ha respinto il ricorso proposto dal Beninati avverso il decreto di
inammissibilità del 24 gennaio del 1002 del tribunale, reso sul suo reclamo.
Ha ritenuto il Giudice di legittimità che fosse stato violato nel procedimento di reclamo il principio del contraddittorio, in quanto il decreto impugnato era stato reso senza la preventiva audizione delle liquidatore, passivamente legittimato nei giudizi relativi ai beni ceduti.
A seguito di riassunzione per iniziativa del Beninati, il tribunale ha ribadito la dichiarazione di inammissibilità del reclamo ed ha respinto la richiesta risarcitoria della società Ca.Ra., proposta ai sensi dell'art. 96 c.p.c..
A fronte di tale evoluzione procedimentale, merita di essere pienamente condiviso il provvedimento impugnato, il quale ha rilevato che, in quanto dotata di propria autonomia funzionale, ad essere suscettibile di impugnazione ai sensi del combinato disposto dell'art. 617 c.p.c., e L. Fall., art. 26, fosse la ordinanza che aveva disposto la gara sull'offerta di aumento di sesto, nel termine di rito dalla pubblicazione dell'avviso ex art. 570 c.p.c., tardivo appalesandosi il reclamo avverso il provvedimento di aggiudicazione proposto con censure riguardanti "il precedente provvedimento che aveva aperto la fase del rincaro sull'offerta che si assume viziata e carente". La doglianza, prospettata in termini di violazione della L. Fall., art. 26, e art. 100 c.p.c., con il primo motivo, e degli artt. 576, 580 e 584 c.p.c.; e L. Fall., artt. 105 e 108, con il secondo, ed entrambi in termini di vizio motivazionale, è sotto il primo profilo infondata e inammissibile sotto il secondo, avuto riguardo ai limiti di proponibilità del ricorso per cassazione in relazione all'art. 111 Cost., alla stregua del disposto dell'art. 360 c.p.c., e, nella formulazione anteriore alla riforma introdotta con il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che non trova applicazione ratione temporis. È infatti inconferente l'assunto del ricorrente di avere avuto conoscenza delle modalità dell'offerta di aumento di sesto della soc. Ca.Ra. solo nella udienza del 12 dicembre 2001, posto che ad essere impugnabile e ad essere stata, correttamente, identificata come tale era l'ordinanza di vendita a seguito dell'offerta di aumento, la quale, tempestivamente conosciuta - come riconosce il ricorrente - indicava, secondo guanto il ricorso espressamente riferisce, riportando il testo del provvedimento, quale adempimento a carico dei concorrenti eventuali il deposito a titolo di cauzione del 10% del prezzo base, senza nulla specificare in ordine alle spese. Sicché non rileva che tale ordinanza non avesse riportato il tenore dell'offerta di aumento della Ca.Ra., in quanto ad essere suscettibile della censura - posto che fosse giustificata - non poteva che essere il provvedimento giudiziale, perché carente di qualunque riferimento al deposito delle spese; al di là del fatto che la affermazione contenuta nella ordinanza che la predetta offerta era regolare - come non manca di riferire il ricorrente medesimo - equivaleva ad un giudizio di corrispondenza dell'atto dell'offerente alle determinazioni del giudice, poi esplicitate nel provvedimento, lasciando a qualunque interessato la facoltà di compiere le opportune verifiche. Meno ancora giova discutere della ritualità della "partecipazione alla gara della soc. Ca.Ra. sulla base della eccepita non congruità del deposito cauzionale", poiché rilevante, al fine di stabilirne la legittimità, è la sua conformità all'ordinanza di vendita, che risulta peraltro incontroversa, sicché torna pur sempre quel provvedimento a risultare l'unico possibile obiettivo di censura, tale da aver reso tardivo il reclamo proposto, la cui decadenza non era suscettibile di essere recuperata attraverso la eccezione proposta nell'udienza in cui fu tenuta la gara, dal momento che l'addebito di illegittimità finiva per riguardare il provvedimento a monte, che nulla aveva disposto in ordine al deposito cauzionale per le spese di vendita, come previsto dall'art. 580 c.p.c., anteriforma.
Infondato è anche il secondo motivo.
Erra infatti il ricorrente allorché sostiene che il subprocedimento che si era avviato con l'offerta di aumento del sesto fosse retto dalla ordinanza originaria, che aveva disposto la vendita con incanto;
per cui gli atti ad essa successivi avrebbero dovuto conformarvisi. In realtà l'offerta di aumento, benché proposta anteriormente al provvedimento che aveva disposto la nuova gara, in relazione, appunto, a quella offerta, di essa giudicò la conformità a legge, sicché ancor più si appalesa essere stata questa, e non la precedente, la ordinanza reclamabile, per la assunta sua illegittimità.
Altrettanto infondato è il ricorso incidentale.
il tribunale ha negato alla società Ca.Ra. il risarcimento del danno da responsabilità processuale, in difetto dei presupposti soggettivi ed ha compensato le spese processuali in considerazione dell'esito della lite e della peculiarità della vicenda processuale. La censura, nel dedurre che la aggiudicataria aveva subito gravi danni per effetto della opposizione di controparte che aveva ritardato il trasferimento del bene, così impedendo alla società di accedere ad un mutuo ipotecario a tassi convenienti, omette di considerare che il rigetto della pretesa risarcitoria è stato giustificato dalla carenza della malafede o colpa grave; e vano è argomentare la colpa grave dal fatto che la situazione pregiudizievole fosse nota al ricorrente e che egli avesse insistito nelle sue tesi anche nel giudizio di rinvio. L'elemento soggettivo giudicato carente non può infatti desumersi da quello oggettivo e cioè dal danno subito ne' dalla consapevolezza che di esso avesse avuto il Benenati. Avrebbe dovuto la ricorrente quantomeno evidenziare la pretestuosità delle iniziative giudiziarie di controparte, che non vale assumere che abbiano ostacolato la conclusione del procedimento di vendita coattiva, esse iscrivendosi nella tutela dei diritti consentita dall'ordinamento, che intanto giustifica misure repressive in termini risarei tori, in quanto risulti determinata dalla malafede o dalla colpa grave. Con riguardo alla compensazione delle spese processuali, nessun elemento il ricorrente ha offerto a sostegno della denunzia di illegittimità, posto che il vizio di motivazione insufficiente, per le ragioni più sopra considerate con riguardo al ricorso principale, non è deducibile in sede di legittimità.
Le spese processuali di questo giudizio seguono la soccombenza e si pongono a carico di Benenati Luigi, attesa la maggiore incidenza del ricorso principale nella economia della decisione, nella misura di Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00, per esborsi e Euro 2.500,00, per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge. P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; condanna il ricorrente principale alle spese processuali in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00, per esborsi e Euro 2.500,00, per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2009