Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2619 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 29 Gennaio 2009, n. 2213. Rel., est. Panebianco.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Effetti - Per i creditori - Ripartizione dell’attivo tra creditori privilegiati, ipotecari e pignoratizi - Iscrizione al passivo di un credito per capitale assistito da ipoteca - Disciplina relativa alla collocazione nello stesso grado delle spese di costituzione, iscrizione, rinnovazione dell'ipoteca - Estensione ai compensi per l'anticipata estinzione del mutuo, ai premi di assicurazione ed ai "rischi di cambio" - Ammissibilità - Esclusione.



L'iscrizione al passivo concorsuale del credito derivante da un mutuo ipotecario non fa collocare nello stesso grado anche il credito relativo alle spese per l'anticipata estinzione del mutuo, per premi di assicurazione e per i cd. "rischi di cambio"; ciò in quanto l'art. 2855, comma 1, cod. civ. fa riferimento a specifiche spese relative alla costituzione, iscrizione e rinnovazione dell'ipoteca, non assimilabili a quelle garanzie supplementari correlate a determinati rischi, da cui la banca ha inteso premunirsi. (massima ufficiale)


Massimario, art. 54 l. fall.

Massimario, art. 98 l. fall.


  

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado - Presidente -
Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo - rel. Consigliere -
Dott. PLENTEDA Donato - Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BANCO POPOLARE DI VERONA E NOVARA S.C.A.R.L., costituito con atto di fusione tra la Banca Popolare di Verona - Banco S. Geminiano e S. Prospero S.c.a.r.l. e la Banca Popolare di Novara S.c.a.rl., in persona del procuratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ZARA 16, presso l'avvocato DE CILLA MICHELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO PANDO COSTRUZIONI S.R.L., in persona del Curatore Avv. DI BELLO NICOLINO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. CATALANI 39, presso l'avvocato ADOTTI ALESSANDRO, rappresentato e difeso dall'avvocato DE MICHELE ANTONIO, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 90/2003 della CORTE D'APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 09/09/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/11/2008 dal Consigliere Dott. PANEBIANCO UGO RICCARDO;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato PETRAGLIA ANTONIO U., con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA VINCENZO, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso o, in subordine, rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso proposto ai sensi della L.Fall., art. 98, in data 17.3.2000 la Banca Popolare di Novara, incorporante l'Istituto Nazionale di Credito Edilizio (I.N.C.E.), proponeva opposizione avanti al Tribunale di Larino allo stato passivo del fallimento della Pando Costruzioni s.r.l., dichiarato esecutivo con decreto del Giudice delegato del 3.3.2000, deducendo che il credito derivante dal mutuo fondiario concesso dall'I.N.C.E. alla società, poi dichiarata fallita, ed ammesso al passivo per L. 1.581.004.508 doveva essere collocato con il privilegio ipotecario per l'intero importo anziché, come era avvenuto, limitatamente al capitale, pari a L. 340.000.000, ed agli interessi convenzionali, pari a L. 133.500.369, maturati dal 10.7.1993 al 1.7.1996 nonché agli interessi legali, pari a L. 71.400.000, maturati dal 1.2.1996 al 29.9.1999. A sostegno della domanda la Banca richiamava, oltre ai conteggi estratti dai libri contabili cui è riconosciuta piena efficacia probatoria, l'art. 2855 c.c., che, nel collocare gli interessi nello stesso rango del capitale, non distingue gli interessi moratori da quelli corrispettivi nonché gli usi bancari derogativi della previsione di cui all'art. 1283 c.c., in materia di anatocismo.
Si costituiva la curatela che chiedeva il rigetto del ricorso. Con sentenza del 5.12.2000 il Tribunale respingeva l'opposizione. Proponeva impugnazione la Banca ed all'esito del giudizio, nel quale si costituiva la curatela sostenendone l'infondatezza, la Corte d'Appello di Campobasso con sentenza del 19.8 - 9.9.2003 respingeva il gravame.
Dopo aver ritenuto inammissibile perché nuovo il motivo n. 7 del gravame con cui era stato sostenuto che gli interessi convenzionali avrebbero dovuto essere ammessi al privilegio per un importo maggiore, rilevava la Corte d'Appello che gli interessi collocabili nello stesso grado del capitale munito di ipoteca sono solo gli interessi corrispettivi, come risulta dall'art. 2855 c.c., comma 2, che fa riferimento agli interessi prodotti dal capitale, vale a dire a quelli di pieno diritto che l'art. 1282 c.c., riconosce ai crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro e non già anche agli interessi di mora che, presupponendo l'inadempimento del debitore, non rientrano nella nozione di interessi prodotti ex se dal capitale. Disattendeva poi la tesi della Banca, secondo cui la rata costituisce un "unicum", in quanto l'unicità esprime solo la contestualità del recupero. Quanto infine alla dedotta "capitalizzazione fisiologica", osservava che non era in discussione la debenza degli interessi, sia pure anatocistici, in quanto il credito insinuato era stato ammesso per l'intero, precisando che anche tali interessi composti, al pari di quelli moratori, non beneficiano del privilegio ipotecario. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la Banca Popolare di Verona e Novara che deduce due motivi di censura illustrati anche con memoria.
Resiste con controricorso la curatela del fallimento Pando Costruzioni s.r.l..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la Banca Popolare di Verona e Novara denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 54 e 55; e artt. 1283 e 2855; e D.P.R. n. 7 del 1976, art. 14, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Sostiene che nei contratti di credito a medio e lungo termine, caratterizzati da un piano di ammortamento del debito e quindi da scadenze di rate ben determinate, è erroneo far riferimento all'istituto dell'anatocismo, configurandosi piuttosto una forma di capitalizzazione "fisiologica", vale a dire di un "unicum", con la conseguenza che gli interessi dovuti in caso di inadempimento assumono natura corrispettiva e non già moratoria ed in ogni caso riconducibili anche in tale ultima ipotesi nell'ambito dell'art. 2855 c.c., in quanto i capitali che producono interessi non sono solo i crediti liquidi ed esigibili ma anche le somme oggetto di obbligazioni ai sensi dell'art. 1224 c.c.. L'esposto motivo di ricorso, articolato sotto due distinti profili riconducibili rispettivamente alla tesi della natura corrispettiva degli interessi conseguenti al mancato adempimento alle scadenze delle rate di mutuo ed alla loro collocazione nello stesso grado del capitale munito nella fattispecie di privilegio ipotecario, è infondato.
Quanto al primo, premesso che gli interessi convenzionali incorporati nelle rate di mutuo sono stati già collocati con il privilegio ipotecario al pari del capitale, gli ulteriori interessi di cui si chiede la medesima collocazione, essendo frutto di inadempimento, non possono assumere natura corrispettiva, ravvisabile solo in presenza di crediti originariamente liquidi ed esigibili.
Il riferimento, operato dalla ricorrente, alla configurabilità di un "unicum" fra capitale ed interessi nell'ambito del frazionamento del debito in rate, se è pertinente in relazione all'interesse convenzionale il cui importo risulta inserito in ciascuna rata secondo un piano di ammortamento appositamente predisposto e beneficia della stessa collocazione del capitale come, ripetesi, è avvenuto nel caso in esame, non è assolutamente condivisibile in relazione agli ulteriori interessi di cui si discute i quali, trovando la loro ragione nell'inadempimento, non possono che assumere la natura di interessi moratori.
Quanto al secondo profilo, il Collegio ritiene di dover dare continuità alla giurisprudenza, ormai consolidata di questa Corte (Cass. 18132/07; Cass. 10070/99; Cass. 8657/98; Cass. 2925/98) che, ai fini della collocazione degli interessi nello stesso grado del capitale, ritiene che l'art. 2855 c.c., comma 2, richiamato dalla L. Fall., art. 54, limita tale estensione ai soli interessi corrispettivi, come si desume dall'espressione usata ("capitale che produce interessi"), vale a dire a quegli interessi che costituiscono una remunerazione del capitale il cui credito sia munito dei requisiti di liquidità ed esigibilità (art. 1282 c.c.) e che si differenziano da quelli moratori che trovano la loro causa invece nel ritardo colposo del debitore.
Nè il ricorso contiene argomentazioni nuove che potrebbero giustificare un diverso orientamento in materia.
Lo stesso richiamo contenuto in ricorso alla particolare disciplina del credito fondiario - che, pur nella successione nel tempo di varie disposizioni di legge (R.D. n. 646 del 1905, integrato dal D.P.R. n.. 7 del 1976, ed applicabile "ratione temporis" al caso in esame; vedi pure L. n. 175 del 1991), ha previsto che gli interessi moratori, in caso di mancato pagamento delle rate di ammortamento, sono dovuti di diritto dal giorno della scadenza - ha trovato risposta nella richiamata giurisprudenza la quale ha rilevato che tale espressione deve essere intesa nel senso che, nell'ipotesi considerata, non è necessario un apposito atto di costituzione in mora. Assolutamente infondato è poi il rilievo secondo cui il riferimento al pignoramento contenuto nell'art. 2355 c.c., postula che gli interessi previsti dalla stessa norma siano quelli di mora, non considerando la ricorrente che il richiamo al pignoramento, che la L. Fall., art. 54, equipara alla dichiarazione di fallimento, lungi dal poter essere utilizzato per desumere la natura degli interessi maturati a seguito dell'inadempimento, è operato unicamente per limitarne temporalmente il riconoscimento e non gioca quindi alcun ruolo per stabilire quali interessi debbano trovare collocazione nello stesso grado del capitale.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'art. 112 c.p.c., e/o omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Lamenta che la Corte d'Appello abbia ignorato i motivi di gravame nn. 5, 6 e 7, riguardanti:
il primo, gli accessori del credito contrattualmente previsti (compensi per l'anticipata estinzione del mutuo, premi di assicurazione ed i cosiddetti "rischi di cambio") i quali costituiscono delle indennità che la banca avrebbe percepito in sostituzione degli interessi in caso di ammortamento completo del mutuo e che, derivanti dal contratto ed essendo oggetto di copertura ipotecaria, beneficiano dell'art. 2855 c.c., il secondo, gli interessi scaduti, dovuti per il periodo successivo al triennio e fino alla vendita per i quali la Corte d'Appello ha erroneamente respinto la loro collocazione in via privilegiata senza tener conto ancora una volta che le semestralità di mutuo costituiscono un "unicum"; il terzo, con riferimento ai criteri di ammissione recepiti dalla sentenza del Tribunale di Larino in ordine agli interessi convenzionali che avrebbero dovuto essere ammessi al privilegio in misura maggiore.
Anche tale motivo di ricorso, con cui vengono prospettate tre distinte questioni sulle quali la Corte d'Appello avrebbe omesso di pronunciarsi, è infondato.
Quanto alla prima, riguardante la mancata valutazione di altri accessori del credito sempre ai fini della loro collocazione, non risulta in effetti alcun accenno nella sentenza impugnata. Trattandosi però di questione di diritto per la cui soluzione non è necessario alcun accertamento di fatto, ben può questa Corte esaminarla.
Orbene, al riguardo è sufficiente osservare che gli indicati accessori del credito non rientrano nella previsione di cui all'art. 2855 c.c., che al comma 1, fa riferimento a specifiche spese (relative alla costituzione, iscrizione e rinnovazione dell'ipoteca nonché all'intervento nel processo di esecuzione) assolutamente non assimilabili ai compensi per l'anticipata estinzione del mutuo, ai premi di assicurazione ed ai cosiddetti "rischi di cambio", sia pure, contrattualmente dovuti ne', a maggior ragione, agli interessi corrispettivi, trattandosi unicamente di garanzie supplementari correlate a determinati rischi da cui la banca ha inteso premunirsi. Relativamente alla seconda questione riguardante gli interessi scaduti, dovuti per il periodo successivo al triennio e fino alla vendita, di cui si chiede la collocazione in privilegio sul presupposto che le rate semestrali costituiscono un "unicum" fra capitale ed interessi, la censura è certamente ripetitiva in quanto, una volta esclusa la natura di interessi corrispettivi a quelli in questione ed affermata l'irrilevanza dei riferimenti all'unicità della rata, il problema non può certamente risolversi diversamente per gli interessi maturati successivamente al triennio per i quali, oltre tutto, la collocazione in privilegio è esclusa dal più volte citato art. 2855 c.c., che la prevede solo per quelli maturati nelle due annate anteriori ed in quella in corso alla data del pignoramento (ovvero, in caso di fallimento, alla data della relativa dichiarazione).
Deve escludersi pertanto in relazione a tale punto che la Corte d'Appello abbia omesso di pronunciarsi al riguardo. Anche in ordine alla terza questione la Corte d'Appello si è pronunciata, avendo espressamente rilevato che trattavasi di domanda nuova in quanto prospettata per la prima volta con l'atto di appello e, come tale, inammissibile.
Per censurare adeguatamente una tale affermazione la ricorrente avrebbe dovuto dedurre sul piano processuale, per il principio di autosufficienza del ricorso, che la questione era stata in effetti prospettata sin dal giudizio di primo grado, indicando con precisione l'atto in cui era contenuta ed i termini esatti con cui era stata proposta. Nulla di tutto ciò è contenuto invece nel ricorso per negare la veridicità della ragione (motivo nuovo) posta a base della decisione di inammissibilità, avendo la ricorrente affrontato unicamente il merito della questione - peraltro facendo riferimento ad una diversa decisione (della Corte d'Appello di L'Aquila e non già a quella in esame di Campobasso) - ed omesso del tutto di contestare la questione processuale della novità della questione dedotta.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M.
La Corte Suprema Di Cassazione Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 7.000,00, per onorario ed in Euro 200,00, per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2008.
Depositato in cancelleria il 29 gennaio 2009