Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2624 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 19 Dicembre 2008, n. 29794. Rel., est. Cultrera.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Società e concorsi - Società con soci a responsabilità limitata - In genere - Società in accomandita semplice - Socio accomandante ingeritosi nell'amministrazione in virtù di procura rilasciata dall'accomandatario - Conseguenza - Assunzione della veste di socio illimitatamente responsabile - Fallimento della società - Estensione a detto socio - Configurabilità.

Società - Di persone fisiche - Società in accomandita semplice - Soci accomandanti - In genere - Compimento di atti di amministrazione - In virtù di procure generali ricevute dall'accomandatario - Effetti - Assunzione della responsabilità illimitata - Fondamento - Condizioni - Fallimento della società - Conseguenze - Estensione all'accomandante.



Nella società in accomandita semplice, il socio accomandante che, avvalendosi di procura conferente ampio ventaglio di poteri, compie atti di amministrazione, interna od esterna, ovvero tratta o conclude affari della gestione sociale, incorre, a norma dell'art. 2320 cod. civ., nella decadenza dalla limitazione di responsabilità, la quale, in attuazione del principio di tipicità di cui all'art. 2249 cod. civ., è volta ad impedire che sia perduto il connotato essenziale di tale società, costituito dalla spettanza della sua amministrazione, ai sensi dell'art. 2318 cod. civ., al solo socio accomandatario; ne consegue che il fallimento della predetta società va esteso, ex art. 147 legge fall., anche all'accomandante cui siano state conferite due procure, denominate speciali ma talmente ampie da consentire la effettiva sostituzione all'amministratore nella sfera delle delibere di competenza di questi. (massima ufficiale)


Massimario, art. 147 l. fall.


  

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo - Presidente -
Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo - Consigliere -
Dott. CULTRERA Maria Rosaria - rel. Consigliere -
Dott. DEL CORE Sergio - Consigliere -
Dott. SALVATO Luigi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 19572/2006 proposto da:
CURATELA DEL FALLIMENTO DI SCAMBIA MARIO, in persona del Curatore Dott. DEL POZZO ANTONIO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SISTINA 121, presso l'avvocato PANUCCIO ALBERTO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato VENEZIA PAOLO, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
SCAMBIA MARIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso l'avvocato TROILO GREGORIO, rappresentato e difeso dall'avvocato SAMBUCCI LEOPOLDO, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
GUARNACCIA ANTONINO, MASSARA BRUNO, ROMEO DOMENICO, PRATICÒ FORTUNATO, ROMEO GIOVANNI, CHILLEMI GIOVANNI, ROCCO SIMONE, VARACALLI ROSARIO, CASSA EDILE DI MUTUALITÀ E DI ASSISTENZA DEI LAVORATORI DELLA PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA, CONDOMINIO CAMPO GRILLARIO, PRIALPAS S.P.A., PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 54/2006 della CORTE D'APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 24/02/2 006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/2008 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato ALBERTO PANUCCIO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l'Avvocato LEOPOLDO SAMBUCCI che ha chiesto l'inammissibilità o il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Reggio Calabria, con sentenza 5.11.2 003, respinse l'opposizione proposta da Mario Scambia avverso la sentenza 23.6.2000 che aveva esteso in suo danno, ai sensi della L. Fall., art. 147, il fallimento già dichiarato della società Saline Costruzioni s.a.s. di cui egli era stato socio accomandante, avendo riscontrato il suo effettivo coinvolgimento nell'amministrazione della società, nella quale si era ingerito in forza di due procure, qualificate speciali ma di fatto generali, rilasciategli dal socio accomandatio Enzo Scambia.
La Corte d'appello di Reggio Calabria, con sentenza n. 54 depositata il 24 febbraio 2006, in accoglimento del gravame interposto da Scambia Mario, ha invece revocato il fallimento, rilevando che il mero conferimento del potere gestorio in forza delle menzionate procure, cui il primo giudice aveva attribuito decisivo rilievo in ragione del loro ampio contenuto, non implicava "ex se" la perdita del beneficio della responsabilità limitata, siccome occorreva che i loro effetti si riverberassero verso terzi concretandosi nell'effettivo espletamento dell'attività delegata, e nel compimento di scelte di carattere gestionale, che nella specie dovevano escludersi.
Le attività che avrebbero comprovato la partecipazione dello Scambia all'amministrazione erano prive del suddetto carattere, in quanto inerivano alla fase esecutiva di obbligazioni assunte dalla società senza la sua partecipazione e non avevano inciso sulle scelte genetiche.
In particolare:
il licenziamento dei dipendenti, che, inserendosi nell'ambito consueto dell'operatività dell'azienda, era inevitabile in presenza di certe condizioni, non esprimeva scelta gestionale, individuabile al contrario nel mantenimento dei livelli occupazionali;
la verbalizzazione della consegna dei lavori rappresentava atto dovuto;
parimenti l'inserimento della riserva all'atto del collaudo costituiva attività esecutiva;
la scelta di fornitori nell'ambito di un contratto già concluso non esprimeva determinazione;
la sussistenza di contrasti con il socio accomandatario, valorizzato dal Tribunale, non era idoneo ad alterare il regime delle responsabilità aziendali.
La Corte territoriale ha infine respinto l'istanza, già disattesa dal primo giudice, con cui l'opponente aveva chiesto di essere ammesso a provare d'aver operato sotto il controllo del socio accomandatario, perché la circostanza, peraltro incontestata, non era suscettibile di essere dimostrata a mezzo prova orale, e peraltro era superflua.
Contro questa decisione il fallimento della società Saline Costruzioni ha proposto il presente ricorso per cassazione con due mezzi resistiti con controricorso da Mario Scambia. Nessuno degli altri intimati ha spiegato attività difensiva. Entrambe le parti hanno depositato memore difensive a mente dell'art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il resistente eccepisce "in limine" l'inammissibilità del ricorso in quanto impugna una sola delle "rationes decidendi", che fondano la decisione impugnata, che non è stata censurata laddove accerta l'incontroverso esercizio delle attività espletate dallo Scambia sotto il controllo del socio accomandatario, che rappresenta passaggio logico idoneo a sorreggerne autonomamente la conclusione. L'eccezione devesi dichiarare infondata dal momento che, come verrà più diffusamente illustrato nel prosieguo, le censure articolate nel secondo motivo muovono critica alla decisione impugnata anche "in parte qua".
Col primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2320 c.c., e L. Fall., art. 147, ascrive al giudice d'appello d'aver apprezzato l'attività espletata dal socio accomandante senza tener conto nel contempo del contenuto pregnante delle due procure che gli erano state conferite dal socio accomandatario, il cui esame contestuale non poteva essere pretermesso.
Incontestato in punto di fatto che le anzidette procure, per quanto denominate speciali, conferirono ampio potere decisionale e di rappresentanza, in contrasto col disposto dell'art. 2320 c.c., e che lo Scambia vi diede loro effettiva esecuzione, vi fu perciò ingerenza del socio accomandante nella gestione dell'ente. Di qui la perdita della responsabilità limitata.
Richiama a conforto l'enunciato espresso nei precedenti di questa Corte nn. 4824/1986, 64229/1984, 9659/1997, 6096/1982, che considerano configgente col dettato della norma citata il potere generale di rappresentanza conferito al socio accomandante, e rileva che, di contro, i precedenti richiamati dal giudice d'appello governano diversa fattispecie, in cui l'attività esaminata era stata espletata dal socio accomandante in assenza di procura - Cass. nn. 3563/79 e 21891/04.
La procura, di fatto generale data la sua illimitatezza ed indeterminatezza, ha in conclusione, determinato violazione del divieto posto dalla norma sostanziale rubricata.
Il resistente replica deducendo "in primis" inammissibilità del mezzo, siccome investe la ricostruzione dei fatti. Laddove, denuncia "error in judicando", sull'assunto che il rilascio di procura generale in favore dell'accomandante determina di per sè violazione del divieto di immistione, la censura è infondata, perché la Corte ha escluso in concreto il compimento di atti di ingerenza. Tanto meno, può desumersi dal testo delle procure che fra i soci fosse intervenuto un patto di gestione.
Col secondo motivo il fallimento ricorrente, deducendo violazione falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all'art. 2697 c.c., e vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, critica la decisione nella parte in cui ha ritenuto le attività esaminate meramente esecutive i ancorché l'opponente non avesse adempiuto all'onere, da cui era gravato, di provare di aver agito in esecuzione di specifiche e precise istruzioni dell'altro socio amministratore. In assenza di un principio di prova di tale decisiva circostanza, sarebbe stata necessario sottoporre a valutazione, sulla base della documentazione acquisita, il rilievo giuridico delle attività delegate, che è stata invece del tutto omessa.
Il resistente eccepisce l'infondatezza della censura, osservando che la prova che il ricorrente afferma a suo carico, venne offerta, ma non fu ammessa dalla Corte d'appello. Nel resto le censure non hanno pregio, dal momento che attività esaminate attengono, come si afferma in sentenza, alla fase esecutiva di obbligazioni assunte dal socio accomandatario.
Il primo motivo appare fondato.
La Corte territoriale, pur rilevando che, dato il loro ampio contenuto, le procure versate in atti dal fallimento consentivano allo Scambia - socio accomandante - di sostituirsi all'amministratore nella sfera di deliberazione di sua esclusiva pertinenza, ha ritenuto la circostanza non esaustiva, reputando necessario che l'attività delegata fosse stata effettivamente esercitata. Tanto, espressamente superando l'orientamento secondo cui il conferimento della procura generale al socio accomandante gli attribuisce un potere gestorio che confligge col regime di responsabilità limitata, connessa alla sua veste. Ha sostenuto inoltre la necessità che suddette procure dispiegassero i loro effetti verso terzi i estrinsecandosi nel compimento di scelte di carattere gestionale. Ha quindi esaminato le attività compiute dallo Scambia, ritenendo che fossero prive del suddetto carattere, in quanto attenevano all'esecuzione di obbligazioni già assunte dall'organo gestorio senza la sua partecipazione, prive peraltro d'incidenza sulle scelte genetiche. Segnatamente, il licenziamento dei dipendenti, inserendosi nell'ambito consueto dell'operatività dell'azienda, non esprimeva scelta gestionale, individuabile al contrario nel mantenimento dei livelli occupazionali; la verbalizzazione della consegna dei lavori rappresentava atto dovuto;
parimenti l'inserimento della riserva all'atto del collaudo costituiva attività esecutiva;
la scelta di fornitori nell'ambito di un contratto già concluso non esprimeva determinazione;
la sussistenza di contrasti con il socio accomandatario, valorizzato dal Tribunale, non era idoneo ad alterare il regime delle responsabilità aziendali.
Il percorso logico che sorregge siffatta soluzione del nodo controverso appare affetto dai vizi denunciati.
La disposizione dettata dalla dall'art. 2320 c.c., esclude l'assunzione della responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali da parte del socio accomandante, anche se questi abbia compiuto un atto di gestione, ma solo se abbia agito in forza di procura speciale rilasciatagli per singolo affare dal socio accomandatario. La "ratio legis" è chiara: il rilascio della procura esprime pur sempre una scelta gestionale dell'organo cui tale potere è istituzionalmente attribuito.
Ben diversamente, la procura, se, come nel caso di specie risulta indiscusso, al di là della sua espressa denominazione, conferisce invece un ventaglio di attribuzioni, anche indeterminate, che implicano un astratto potere di scelta, rimette al delegato il potere decisionale, tassativamente spettante all'accomandatario consentendogli un'ingerenza indiscriminata nell'amministrazione e lo espone per l'effetto alla responsabilità illimitata e solidale con l'altro socio (cfr. Cass. n. 6429/1984, v. n. 1632/82, 431/1992, 2854/1998).
Essa infatti, come sostiene il ricorrente, esprime in tal caso un preciso accordo fra i soci, che immette l'accomandante nella gestione della società, consentendogli di partecipare alle scelte dell'organo deputatovi "ex lege", il tutto a prescindere dalla qualificazione attribuitagli nell'atto costitutivo e nello statuto, non potendo suddetta sfera d'intervento indiscriminato identificarsi col "singolo affare", che ex art. 2320 c.c., il socio accomandante può compiere in forza di procura speciale.
Come si sostiene in dottrina, nonché nel precedente citato n. 2854/1998 che si richiama, "la disposizione contenuta nell'art. 2320 c.c., applica il principio di tipicità posto dall'art. 2249 c.c., mirando ad impedire che la società in accomandita semplice perda i suoi connotati essenziali, primo tra i quali la conferibilità soltanto ai soci accomandatari dell'amministrazione della società (art. 2318 c.c., comma 2), presupposto e, al medesimo tempo, effetto della loro responsabilità solidale ed illimitata per le obbligazioni sociali (art. 2313 c.c., comma 1)".
Se il socio accomandante non può ne' compiere atti di
amministrazione, ne' trattare o concludere affari, il carattere di specialità della procura conferita dall'accomandatario deve perciò essere necessariamente rapportato alla predeterminazione degli atti che, in virtù di essa, gli sono conferiti; se tali atti sono illimitati e privi di collegamento al singolo determinato "affare", egli acquisisce un potere che non gli spetta; e se effettivamente lo esplica, merita lo stesso trattamento riservato all'accomandatario. Alla luce di tale premessa la decisione impugnata non resiste alle critiche esposte nel mezzo in esame.
Svaluta infatti la portata decisiva delle procure esaminate, in quanto, pur ammettendone ampiezza di contenuto tale da consentire al sig. Mario Scambia di sostituirsi all'amministratore nella sfera delle deliberazioni di sua esclusiva spettanza e d'ingerirsi nella sfera delle sue attribuzioni, ne giudica il rilascio, ai fini considerati, non esaustivo, postulando non solo che i poteri ivi previsti fossero stati effettivamente esplicati, il che è senz'altro corretto dal momento che la perdita del beneficio della responsabilità limitata è correlata ex art. 2320 c.c., al compimento da parte dell'accomandante dell'atto di gestione, e non certo alla mera astratta attribuzione del potere di porlo in essere, ma peraltro che l'attività compiuta avesse dispiegato effetti, non solo e non tanto nella sfera interna all'ente, quanto piuttosto verso i terzi.
Costruisce insomma un requisito che non risulta predicato dalla norma contenuta nell'art. 2320 c.c., che sancisce il divieto d'ingerenza dell'accomandante nella gestione degli affari sociali senza porre alcun distinguo tra atti di gestione interni o esterni, bensì riferendo indistintamente l'assunzione della responsabilità illimitata e solidale al mero svolgimento dell'attività d'amministrazione tipica dell'altra categoria di soci (cfr, Cass. n. 3563/1979). La decadenza dalla limitazione di responsabilità non postula affatto che gli atti di gestione compiuti dall'accomandante, non importa se "sua sponte" o in forza di delega illimitata o indeterminata, esplichino necessariamente effetti destinati ad interferire nella sfera giuridica dei terzi nella conclusione dell'affare (cfr. Cass. n. 7554/2000). La portata effettiva del divieto di compiere atti d'amministrazione ne' trattare o concludere affari in nome della società se in forza di procura speciale per singoli affari deve intendersi nel senso che all'accomandante è precluso il compimento di tutti gli atti - interni o esterni -, tranne quelli indicati, sicché egli non può ne' compiere attività pertinente all'oggetto sociale - atti esterni -, ne' deciderne l'assunzione - atto interno -.
Sulla scorta della riferita errata premessa, la decisione impugnata si sofferma quindi, ma inutilmente, ad indagare sulla natura dell'attività compiuta dallo Scambia, che qualifica solo esecutiva, pervenendo alla conclusione che, in quanto tale, essa non esprime potere decisionale. Il tutto richiamando a conforto i precedenti di questa Corte n. 3563/1973 e n. 21891/2 004, secondo cui non concreta atto d'ingerenza nell'amministrazione l'attività espletata dall'accomandante nel momento esecutivo dell'obbligazione già assunta, che non sono però indicativi, siccome si riferiscono all'attività compiuta dall'accomandante in assenza di delega, dunque ad un caso che non è omologo a quello in esame.
La contraddizione insita in tale passaggio logico appare palese. L'accertamento sulla natura dell'attività esaminata ha riguardato gli atti in cui si è esplicata l'attività delegata, che peraltro ha spiegato effetto verso i terzi, come, seppur erroneamente, la Corte aveva ritenuto necessario. È stato infatti condotto sulle attività, sopra specificamente riferite, che il primo giudice aveva qualificato di gestione, che lo Scambia eseguì in esecuzione delle due procure che gli avevano attribuito il potere di amministrare il cantiere sito in territorio reggino.
Se così è, la sentenza in esame ha dato atto del verificarsi della condizione di cui aveva postulato la sussistenza onde attribuire alle procure generali l'effetto previsto dall'art. 2320 c.c., vale a dire la perdita del beneficio della responsabilità limitata, presupposto per l'estensione della dichiarazione di fallimento L. Fall., ex art. 147, che per l'effetto aveva assorbito, rendendola inutile, l'indagine compiuta.
Tanto premesso, il motivo merita accoglimento con assorbimento del secondo mezzo.
L'impugnata sentenza deve per l'effetto essere cassata e non essendo necessarie ulteriori acquisizioni istruttorie, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., respingendo l'opposizione del ricorrente Mario Scambia avverso la sentenza che ha esteso nei suoi confronti il fallimento già dichiarato confronti della s.a.s. Saline Costruzioni, con. condanna del ricorrente al pagamento delle spese dell'intero giudizio liquidate come da dispositivo. P.Q.M.
Accoglie il ricorso e decidendo nel merito rigetta l'opposizione del ricorrente Mario Scambia proposta avverso la sentenza che ha esteso nei suoi confronti il fallimento già dichiarato nei confronti della s.a.s. Saline Costruzioni, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida per il primo grado in Euro 200,00 per spese, Euro 1.800,00 per diritti ed Euro 2.700,00 per onorari, per il giudizio d'appello in Euro 480,00 per spese, Euro 1.800,00 per diritti ed Euro 3.500,00 per onorari e per la presente fase di legittimità in Euro 5.000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge per ciascuna liquidazione. Così deciso in Roma, il 4 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2008