Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26882 - pubb. 11/01/2021

Stato passivo e del piano di riparto: le questioni che possono essere discusse nelle due sedi

Cassazione civile, sez. I, 11 Gennaio 1995, n. 257. Pres. Montanari Visco. Est. Grieco.


Fallimento - Ripartizione dell’attivo - Ordine di distribuzione - Ripartizione - Progetto - Osservazioni dei creditori sul progetto presentato dal curatore - Questioni ammissibili . INPS - pagamento ai lavoratori di quanto loro dovuto per la cessazione del rapporto di lavoro - Conseguente credito dell'INPS - Omissione nel piano di riparto parziale per non essere compreso nello stato passivo - Legittimità



In sede di ripartizione dell'attivo fallimentare, il giudice delegato, nel valutare le osservazioni dei creditori sul progetto presentato dal curatore, deve limitarsi a risolvere le questioni relative alla graduazione dei privilegi e, comunque, alla collocazione dei diversi creditori, mentre non può esaminare quelle concernenti l'esistenza o l'ammontare dei crediti ammessi e l'esistenza delle cause di prelazione, stante l'intangibilità dello stato passivo non impugnato nelle forme e nei termini previsti dalla legge fallimentare. Ne consegue che il piano di riparto stabilito dal giudice delegato non può che svilupparsi in riferimento ai crediti "come già ammessi", per cui è legittimo il provvedimento con cui il Tribunale fallimentare conferma quello del giudice delegato che ha reso esecutivo il piano di riparto parziale non considerando - in quanto non compreso nello stato passivo del fallimento - il credito dell'INPS sorto per il pagamento ai lavoratori di quanto loro dovuto per la cessazione del rapporto di lavoro con surroga nei loro diritti. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE I

 

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Giancarlo MONTANARI VISCO Presidente

" Angelo GRIECO Rel. Consigliere

" Mario Rosario VIGNALE "

" M. Gabriella LUCCIOLI "

" Giulio GRAZIADEI "

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del Presidente, elettivamente domiciliato in Roma, via della Frezza 17 c-o l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati Giuseppe Pansarella e Luigi Cantarini, giusta delega in calce al ricorso;

Ricorrente

contro

FALLIMENTO SOCIETÀ FABBRI VIAGGI SAS di Bruno Filomia;

Intimato

Avverso il decreto del Tribunale di Orvieto dep.to II.12.91. Il Consigliere, Dr. Angelo Grieco svolge la relazione. il P.M. Dr. Mario Delli Priscoli conclude per il rigetto del ricorso.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il ricorso, ex art. 111 della Costituzione, è proposto avvero il decreto pronunziato, in sede di reclamo, dal tribunale di Orvieto che, nella procedura fallimentare contro la Fabbri viaggi sas di bruno Filomia, aveva ritenuto prive di fondamento le critiche dell'INPS al decreto del G.D. esecutivo del "piano di riparto parziale" del fallimento.

L'INPS aveva dedotto la lesione del suo diritto al pagamento privilegiato delle somme anticipate ai lavoratori dipendenti per il "trattamento di fine rapporto", credito ammesso al passivo in base all'art. 2 della L. 25. (NDR: così nel testo) 5.82 n. 297. In particolare, l'Istituto si era doluto che il Curatore, nel predisporre il piano di riparto, avesse proposto il credito di T.F.R. (trattamento fine rapporto) a quello per le retribuzioni vantate dai lavoratori dipendenti della società fallita siccome ammesso al passivo, consentendo ai lavoratori così si assume di lucrare le retribuzioni arretrate, non lasciando "capienza" per il pagamento del credito concernente il trattamento di fine rapporto, corrisposto dall'INPS.

Il Tribunale rilevò che il Curatore, in puntuale adempimento dell'art. 110, comma 1 , LF. aveva fatto esclusivo riferimento alle risultanze dello stato passivo formatosi e che tra tale passivo non figuravano crediti INPS ex legge 297-82; che, pur riconoscendo la operatività di diritto della surroga, il relativo credito doveva essere inserito nello stato passivo tramite lo strumento della verifica tardiva di cui all'art. 101 LF. al fine di consentire agli organi di procedura di controllare l'esistenza dei presupposti di legge; che, per altro, l'INPS - che non si era insinuato al passivo per i pagamenti del TRF - si era limitato a segnalare una situazione di fatto (richiesta di pagamento dai dipendenti). Il tribunale sottolineò, inoltre, che la ripartizione predisposta dal Curatore e resa esecutiva dal G.D. aveva assegnato somme per crediti assistiti da uguale privilegio (retribuzioni ed indennità di fine rapporto) senza violare ne' l'ordine di graduazione ne' i diritti potiori di altri creditori già insinuati al passivo; che, in definitiva, il danno dedotto dall'Istituto non era imputabile al "riparto parziale" impugnato ma alla mancata ammissione al passivo, così come per ogni credito tardivamente ammesso.

Ricorre per cassazione l'INPS sulla base di due "mezzi".

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'ammissibilità del ricorso consegue al rilievo che, nella specie, deve esaminarsi la lesione di un diritto soggettivo dell'INPS (diritto di credito scaturito dalla surroga nella posizione creditoria dei lavoratori per il "trattamento di fine rapporto") per effetto di un provvedimento definitivo e decisorio. Questa Corte ha ripetutamente affermato che la violazione di legge determina da siffatti provvedimenti, sempre che incidano su diritti soggettivi, è denunciabile ex art. 111 della Costituzione (cfr. da ultimo Cass. 24.5.94 n. 5073). Con la prima censura, il ricorrente contesta la violazione degli artt. 2751 bis n. 1, 2777, 110, 111, LF, in relazione all'art. 360 n.3 cpc. Deduce che il Curatore era tenuto ad includere nel piano di riparto parziale non solo i crediti per retribuzioni ma anche i crediti per TFR che usufruiscono dello stesso grado di privilegio dei primi ed afferma che il suo diritto ad una corretta formulazione del progetto di riparto non era condizionato al concreto esercizio della garanzia da parte dei lavoratori ma dalla sua posizione di obbligato in solido atteso che la parziale soddisfazione del credito per TFR avrebbe finito per ridurre la esposizione debitoria del soggetto garante.

Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia la violazione dell'art. 101 della LF e dell'art. 2 L. n. 297-82 e difetto di motivazione, deducendo che l'ente previdenziale non era tenuto ad insinuare al passivo il proprio credito dopo aver corrisposto al lavoratore il TFR atteso che l'art. 2 della L. 297-82 prevede la surrogazione ex legge nella posizione del lavoratore già presente nel passivo del fallimento.

Era, al riguardo, sufficiente una semplice segnalazione al Curatore per fare individuare il diverso soggetto legittimato all'esercizio del diritto.

Erroneamente, poi, il tribunale si era riferito alla insinuazione tardiva al passivo posto che, nella specie, non si trattava di "nuovo" credito bensì solo di modificazioni soggettive di un soggetto creditore.

Le censure - che per essere strettamente connesse vanno esaminate congiuntamente mentre evidenziano natura ed essenza del provvedimento asseritamente pregiudizievole, sono superate dalla costatazione che l'istituto ricorrente ha, infondatamente, individuato la pronuncia lesiva nel decreto che ha reso esecutivo il piano di riparto parziale del "fallimento" e non il provvedimento che ha chiuso lo "stato passivo".

Al riguardo, questa Corte (cfr. Cass. 24.5.94 n. 5073; 954- 87; 6036-79) ha ribadito il principio secondo cui, in sede di ripartizione dell'attivo fallimentare, il giudice delegato anche nel valutare le osservazioni dei creditori sul progetto presentato dal Curatore, deve limitarsi a risolvere le questioni relative alla graduazione dei privilegi e, comunque, alla collocazione dei diversi crediti,mentre non può esaminare quelle concernenti l'esistenza e lo ammontare dei crediti ammessi e l'esistenza delle cause di prelazione, in conseguenza della intangibilità dello stato passivo non impugnato nelle forme e nei termini previsti dalla legge fallimentare.

Dal che si ricava che il piano di riparto (cfr. Cass. 5073-94 cit.) stabilito dal giudice delegato non può che svilupparsi in riferimento ai crediti "come già ammessi".

Alla stregua di queste considerazioni, il provvedimento impugnato, decidendo il reclamo avverso il decreto del G.D. che aveva reso esecutivo il piano del riparto parziale del fallimento non considerando l'asserito credito dell'INPS (determinato da pagamento ai lavoratori di quanto loro dovuto per la cessazione del rapporto di lavoro con surroga nei loro diritti), è conforme a legge essendo incontestabile che il credito dell'Istituto non era stato compreso nello "stato passivo" ed era, perciò, estraneo al riparto parziale. E mentre può affermarsi che la tutela dei diritti dell'INPS andava diversamente attuata, non devono in questa sede indicarsene le modalità di attuazione. Resta, quindi, superato l'esame degli altri aspetti delle questioni prospettate dal ricorrente concernenti sia gli effetti e l'operatività della surroga ex art. L. 297-82 sia le modalità per far valere i diritti conseguenti nell'attivo fallimentare.

La dedotta violazione di legge non sussiste mentre è inammissibile la censura, proposta con il ricorso ex art. 111 della Costituzione, laddove adita insufficienza di motivazione il mezzo deve considerarsi limitato alla denuncia della violazione di legge e della totale mancanza di motivazione che è "riconducibile" all'art. 360 n. 3 cpc. Non essendo costituito l'intimato, non v'è da provvedere sulle spese.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Camera di consiglio della prima sezione civile della Corte Suprema di Cassazione. Roma 22.9.1994.